Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2013-09-11, n. 201304490
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N. 04490/2013REG.PROV.COLL.
N. 03454/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3454 del 2010, proposto dalla s.r.l. Tecno Beton, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati F B e F S, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via XXIV Maggio, 43;
contro
il Comune di San Vittore del Lazio, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Piero D'Orio, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato R G, in Roma, viale Ippocrate, 92;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - SEZIONE STACCATA DI LATINA, SEZIONE I, n. 1287/2009, resa tra le parti e concernente l’imposizione di un vincolo su un’area inquinata;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della parte appellata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 9 aprile 2013, il Cons. Bernhard Lageder e uditi, per le parti, gli avvocati Giovanni Pesce, per delega dell’avvocato Brunetti, e R G, per delega dell’avvocato D’Orio;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza in epigrafe, il T.a.r. per il Lazio, Sezione staccata di Latina, respingeva (a spese compensate) il ricorso n. 797 del 2003, proposto dalla s.r.l. Tecno Beton avverso la deliberazione della Giunta municipale del Comune di San Vittore del Lazio n. 97 del 27 novembre 2002, con la quale a carico del complesso industriale per la produzione di laterizi (con circostante terreno della superficie complessiva di mq. 73.510, sito in San Vittore del Lazio, alla Via Casilina sud, km 148,600, acquistato dalla società ricorrente in esito ad asta giudiziaria in forza di decreto di trasferimento del giudice delegato del Tribunale di Cassino del 24 febbraio 2003, per il fallimento della s.r.l. F.lli Musto) era stato apposto il vincolo previsto dall’art. 17, comma 10, d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 ( Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio ), trattandosi di area considerata inquinata e soggetta ad obbligo di bonifica.
La società ricorrente aveva esposto che, dopo l’acquisto del compendio in questione, in data 31 marzo 2003 alcuni tecnici comunali, intervenuti per un sopralluogo, le avevano comunicato che la visita era stata effettuata in esecuzione di una delibera comunale inerente alla bonifica del bene acquistato, di cui la ricorrente, a seguito di espressa richiesta, aveva ricevuto dall’ente territoriale intimato una copia, venendo solo allora a conoscenza della circostanza che l’intero compendio acquistato era stato considerato area inquinata, e che il vincolo ex art. 17, comma 10, d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, era stato apposto in forza dell’impugnata delibera comunale, ossia in epoca antecedente alla celebrazione della predetta asta giudiziaria.
L’adito T.a.r., previa reiezione dell’eccezione di irricevibilità del ricorso per tardività – sul rilievo che la società ricorrente solo il 29 aprile 2003, a seguito di espressa richiesta al Comune, era venuta a conoscenza dell’impugnata delibera –, basava la pronuncia di rigetto sui seguenti rilievi:
- l’art. 17, comma 10, d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, applicabile ratione temporis alla fattispecie dedotta in giudizio, impone l’esecuzione di interventi di recupero ambientale, anche di natura emergenziale, al responsabile dell’inquinamento, che può non coincidere con il proprietario o con il gestore dell'area interessata;
- a carico del proprietario dell’area inquinata, non responsabile della contaminazione, non incombe alcun obbligo di porre in essere gli interventi ambientali in argomento, ma solo la facoltà di eseguirli al fine di evitare l'espropriazione del terreno interessato gravato da onere reale, al pari delle spese sostenute per gli interventi di recupero ambientale, assistite anche da privilegio speciale immobiliare;
- la normativa citata prevede infatti che, in caso di mancata esecuzione degli interventi in argomento da parte del responsabile dell'inquinamento, ovvero in caso di mancata individuazione del predetto, le opere di recupero ambientale vanno eseguite dall'Amministrazione competente, la quale potrà rivalersi sul soggetto responsabile anche esercitando, nel caso in cui la rivalsa non vada a buon fine, le garanzie gravanti sul terreno oggetto dei suddetti interventi;
- conseguentemente il proprietario, ove non sia responsabile della violazione, non ha l’obbligo di provvedere direttamente alla bonifica, ma solo l’onere di farlo, se intende evitare le conseguenze derivanti dai vincoli che gravano sull’area sub specie di onere reale e di privilegio speciale immobiliare;
- pertanto, il provvedimento di messa in sicurezza e bonifica ben può essere notificato al proprietario, al fine di renderlo edotto di tale onere (che egli ha facoltà di assolvere per liberare l’area dal relativo vincolo), ma non può imporre misure di bonifica senza un adeguato accertamento della responsabilità, o corresponsabilità, del proprietario per l'inquinamento del sito;
- tale conclusione è aderente al principio enunciato nell’ordinanza 112/2004 del Consiglio di Stato, di rigetto dell’appello cautelare proposto avverso l’ordinanza di rigetto dell’istanza cautelare in limine litis proposta dinanzi al T.a.r., secondo cui la procedura prevista dal menzionato art. 17 d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, è funzionale alla messa in sicurezza delle aree inquinanti con imposizione del vincolo dell’onere reale sulla stessa, rilevante anche nei confronti di una curatela fallimentare e degli acquirenti dei beni della massa;
- è da escludere la dedotta violazione degli artt. 7 e 8 l. 7 agosto 1990, n. 241 – per l’omessa comunicazione, alla società ricorrente, dell’avviso di avvio del procedimento diretto all’imposizione dell’onere reale –, attesa l’incontestata anteriorità dell’imposizione del vincolo alla procedura d’asta.
2. Avverso tale sentenza interponeva appello la ricorrente soccombente, deducendo i seguenti motivi:
a) “ Violazione e falsa applicazione del d.lgs. 22/1997, in particolare dell’art. 17, nonché del DM n. 471/1999, in particolare dell’art.