Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-06-21, n. 202306078

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-06-21, n. 202306078
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202306078
Data del deposito : 21 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/06/2023

N. 06078/2023REG.PROV.COLL.

N. 09805/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9805 del 2022, proposto da
-OMISSIS- rappresentati e difesi dagli avvocati G D e A S, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

contro

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Presidenza della Repubblica, Provveditorato Interregionale Opere Pubbliche Veneto, Trentino A. A., Friuli V. G., Venezia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Comune di -OMISSIS- non costituito in giudizio;

per la revocazione

della sentenza del Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sez. VI, n. -OMISSIS- pubblicata il 26/4/2022, resa tra le parti;


Visti il ricorso per revocazione e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, della Presidenza della Repubblica e del Provveditorato Interregionale Opere Pubbliche Veneto, Trentino A. A., Friuli V. G., Venezia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 maggio 2023 il Cons. S F;

Udito l’avvocato G D;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con la sentenza revocanda sopra indicata il Consiglio di Stato ha rigettato, previa riunione, i ricorsi in appello proposti rispettivamente dai sig.ri -OMISSIS- avverso la sentenza n.-OMISSIS- (ricorso n.r.g. -OMISSIS-) e dai sig.ri -OMISSIS-) avverso la sentenza n. -OMISSIS- (ricorso n.r.g. -OMISSIS-), con cui il Tar Veneto aveva:

- dichiarato in parte inammissibile e in parte rigettato il ricorso proposto dai sig.ri -OMISSIS- avverso l’ordinanza del Comune di -OMISSIS- n. 1 del 13 febbraio 2019, con cui l’Amministrazione aveva loro ordinato il rilascio e lo sgombero dell’immobile sito in -OMISSIS- già acquisito al patrimonio comunale, occupato sine titulo e dichiarato privo di prevalenti interessi pubblici in virtù della deliberazione C.C. n. 45 del 30/09/2010, al fine di consentire l’esecuzione dell’ordinanza di demolizione n. 3256/2009 (sentenza n. 230/2020);

- dichiarato inammissibile il ricorso proposto dai sig.ri -OMISSIS- avverso il decreto del Presidente della Repubblica del 14.3.2018, recante il rigetto di quattro ricorsi straordinari diretti ad ottenere l’annullamento del diniego di condono edilizio n. 6448 del 3.12.2008, dell’ordinanza di demolizione n. 3256 del 15.6.2009, nonché del provvedimento di acquisizione gratuita al patrimonio comunale n. 5879 del 9.11.2009 (sentenza n.-OMISSIS-).

2. Gli interessati segnati in epigrafe, ritenendo che tale sentenza, al pari dei provvedimenti amministrativi impugnati, si fondino sul presupposto della abusività delle opere realizzate, dell’assenza di un valido titolo edilizio e del rigetto della relativa domanda di condono a suo tempo presentata, e deducendo di avere solo recentemente scoperto, “alla fine del mese di giugno” 2022 (cfr. pag. 15 del ricorso per revocazione), un documento decisivo, che non avrebbero potuto produrre nelle cause predette (documento rappresentato dalla sentenza penale pronunciata in data 1.7.1992 dal Tribunale di -OMISSIS-, che aveva dichiarato non doversi procedere a carico dei signori -OMISSIS- per i reati di abuso edilizio loro ascritti perché estinti per intervenuta oblazione), ne hanno chiesto la revocazione sulla base dei seguenti motivi:

- ex art. 106 c.p.a. in relazione all’art. 395, n. 3 c.p.c., per l’avvenuto reperimento di atto pubblico decisivo ai fini del decidere;

- ex art. 106 c.p.a. in relazione all’art. 395 n. 5 c.p.c., in quanto la predetta sentenza del Consiglio di Stato sopra indicata, confermativa di quella in precedenza resa dal Tar Veneto nonché sostanzialmente confermativa del decreto del Presidente della Repubblica (di rigetto del ricorso straordinario), sarebbe contraria ad altra avente fra le parti autorità di cosa giudicata.

3. Le sole Amministrazione statali convenute resistendo al gravame con memoria pro forma.

4. Sulle difese e conclusioni in atti, la controversia è stata trattenuta in decisione all’esito dell’udienza pubblica del 16.5.2023.

DIRITTO

5. Il ricorso per revocazione è inammissibile.

5.1. Secondo i ricorrenti, il ragionamento giuridico sotteso ai provvedimenti amministrativi oggetto di impugnazione causa, come pure la sentenza revocanda, sarebbero incompatibili con la citata sentenza penale del Tribunale di -OMISSIS- secondo cui, in relazione alla domanda di condono edilizio rubricata al Comune di -OMISSIS- al protocollo n. 3371, con versamento di oblazione in data 30/9/1986, che quell’ente non aveva fatto conoscere (al luglio 1992) le proprie determinazioni e che il decorso del termine di 24 mesi dalla presentazione della domanda di condono e i 36 mesi per l’eventuale diritto al conguaglio, ai sensi dell’art. 35, co. 2, legge 28.2.1985, n. 47 la domanda di condono doveva “intendersi accolta”, con conseguente estinzione dei reati edilizi per intervenuta oblazione.

5.2. Sennonché tale assunto è manifestamente infondato.

Il “nuovo” documento (la sentenza penale del Tribunale di -OMISSIS-) non costituisce elemento “decisivo” (ai fini di cui all’art. 395, n. 3, c.p.c.) rispetto al contenuto della sentenza di cui si discute né afferma, con “autorità di cosa giudicata” tra le parti, circostanze con la stessa contrarie e incompatibili (ai fini di cui all’art. 395 n. 5 CPC).

Invero, per quanto sopra riportato, la questione della presunta esistenza di un valido condono non ha formato oggetto del ragionamento su cui si è incentrata la sentenza revocanda;
anzi, secondo il letterale tenore della stessa, il giudice di appello ha chiarito di non poter entrare sulle questioni già a suo tempo devolute ai ricorsi straordinari al Capo dello Stato (cfr. decreto del Presidente della Repubblica del 14.3.2018, recante il rigetto di quattro ricorsi straordinari diretti ad ottenere l’annullamento del diniego di condono edilizio n. 6448 del 3.12.2008, dell’ordinanza di demolizione n. 3256 del 15.6.2009, nonché del provvedimento di acquisizione gratuita al patrimonio comunale n. 5879 del 9.11.2009);
si legge infatti nella sentenza di cui si chiede la revocazione che “…la censura articolata dai ricorrenti, incentrata sull’esistenza di un titolo edilizio legittimante il manufatto in parola, tende a rimettere in discussione una questione di merito già decisa in sede straordinaria, in cui (….) è stato accertato che l’intervento edilizio sanzionato con l’ordine di demolizione integrava gli estremi della nuova costruzione, mentre il titolo edilizio invocato dalle parti private concerneva un intervento (diverso) di demolizione e ricostruzione . Con tale decreto, dunque, è stata confermata la legittimità dell’ordine di demolizione, negando l’esistenza di un titolo edilizio ostativo all’applicazione della sanzione ripristinatoria, con un accertamento che, sebbene recato in un atto formalmente amministrativo (decreto presidenziale), in quanto pubblicato successivamente all’entrata in vigore della L. n. 69/2009, è idoneo a produrre effetti giuridici assimilabili a quelli del giudicato amministrativo (Cass. Sez. Un., 19 dicembre 2012, n. 23464), sia in funzione preclusiva della riproposizione delle medesime domande già decise in sede straordinaria, sia in funzione conformativa in relazione alla decisione di successive e diverse domande, proposte in sede giurisdizionale, aventi ad oggetto questioni giuridiche o fattuali su punti fondamentali comuni .

Poiché l’eventuale perfezionamento dell’istanza di condono edilizio finirebbe pur sempre per rientrare nella tematica “ sull’esistenza di un titolo edilizio legittimante il manufatto ”, è evidente che, a tutto concedere, la revocazione avrebbe dovuto essere proposta nei confronti del decreto presidenziale di rigetto del ricorso straordinario, ma non già avverso la sentenza.

5.3. Sussistono peraltro ulteriori profili di inammissibilità.

5.3.1. Con riferimento al motivo di revocazione ex art.395, n. 3, c.p.c. non può ignorarsi che, a fronte della notifica del presente ricorso in data 25.11.2022, i ricorrenti non dimostrano, e neppure indicano con adeguata precisione, ai fini di cui all’art. 398 c.p.c., gli elementi dai quali desumere la tempestività del motivo di revocazione straordinaria in questione, il cui termine perentorio di sessanta giorni “decorre dal giorno in cui è stato (….) recuperato il documento” (cfr., art. 92, comma 2, c.p.a.);
è ben vero che l’espressa sanzione dell’inammissibilità, dettata dall’art. 398 c.p.c., non è espressamente trascritta nel c.p.a., ma la stessa deve comunque ritenersi richiamata ex art 39 c.p.a. (cfr., in tal senso, Cons. Stato, sez. III, n. 821/2020).

5.3.2. D’altra parte non è fornito alcun elemento probatorio o anche solo indiziario a supporto della tesi che i signori -OMISSIS- non abbiano conosciuto e non abbiano potuto produrre in giudizio “per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario” la citata sentenza penale resa dal Tribunale di -OMISSIS- in data 1.7.1992 (che ha dichiarato non doversi procedere nei loro confronti, nel giudizio penale in cui erano imputati, per effetto del versamento di una somma a titolo di oblazione): la deduzione della mancata produzione della sentenza penale nel giudizio amministrativo per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario risulta sfornita di adeguata dimostrazione.

5.3.3. Inoltre deve osservarsi che la sentenza revocanda (cfr. pag. 3) riconosce espressamente che in sede penale è stata dichiarata l’avvenuta “estinzione del reato” di abuso edilizio (contestato al Sig. -OMISSIS-) per versamento dell’oblazione su domanda di condono, aspetto che costituisce elemento indiziario “forte” per ritenere che la questione attinente al perfezionamento di un condono edilizio sia stata comunque rappresentata dalle parti e conosciuta da parte del giudice;
sicchè, anche il profilo della “decisività” del “nuovo documento” in parola risulta tutt’altro che evidente.

5.4. Quanto poi al motivo di revocazione ex art. 395, n. 5, c.p.c. devesi rilevare che la sentenza penale in questione non reca l’annotazione di passaggio in giudicato, elemento essenziale laddove si voglia dedurre un “contrasto di giudicati”.

5.4.1. Deve poi aggiungersi che l’oggetto dell’accertamento penale di cui si è detto non comporta alcun contrasto di giudicati ai fini di causa. Al riguardo, secondo l’insegnamento offerto dalle SS.UU. della Corte di Cassazione ( cfr., sentenza n. 72 del 12/10/1993) in tema di "condono edilizio" previsto dalla legge n. 47 del 1985, il silenzio dell'Amministrazione comunale protrattosi per ventiquattro mesi dalla data di presentazione della domanda di condono ed il versamento della somma dovuta ed autodeterminata ai sensi dell'art. 35 della detta legge determinano, in virtù del disposto del successivo art. 38, l'estinzione del reato di cui all'art. 17, lett. b), legge 28 gennaio 1977, n. 10 e dei connessi reati di cui alla legge 2 febbraio 1974, n. 64 e 221 T.U. leggi sanitarie. In tale sede la Corte di Cassazione ha precisato, con riferimento alla questione dell’eventuale sussistenza della concessione in sanatoria, per silenzio assenso, ai sensi dell'art. 35, co. 19, l. 28 febbraio 1985, n. 47, “che al giudice penale è inibito accertare se le opere siano o meno suscettibili di sanatoria - trattandosi di valutazione riservata in via esclusiva alla amministrazione comunale”- dovendo egli solo verificare la tempestività della domanda di sanatoria e l'avvenuto versamento della somma dovuta ai fini dell'oblazione.

Alla luce di tale insegnamento deve ritenersi che l’accertamento operato dalla sentenza penale del Tribunale di -OMISSIS- sia limitato al riconoscimento del perfezionamento del versamento dell’oblazione (interamente corrisposta nella sua entità determinata al momento della presentazione della domanda di condono), fattore che ex se determina l’estinzione dei reati edilizi, e che non riguardi, invece, il profilo dell’eventuale sussistenza, per silenzio assenso, della concessione in sanatoria.

6. Il ricorso per revocazione va pertanto dichiarato inammissibile.

La peculiarità delle questioni trattate giustifica nondimeno la compensazione delle spese tra le parti costituite, mentre non vi è luogo a provvedere sulle spese di giudizio nei confronti del Comune, atteso che quest’ultimo non si è costituito in giudizio .

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