Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2016-11-21, n. 201604855

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2016-11-21, n. 201604855
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201604855
Data del deposito : 21 novembre 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/11/2016

N. 04855/2016REG.PROV.COLL.

N. 01424/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1424 del 2015, proposto da:
S M, rappresentata e difesa dall'avvocato P L (C.F. LNEPLA66A12F839R), con domicilio eletto presso lo Studio Legale Pieretti in Roma, via di Priscilla n. 106;

contro

Comune di Afragola, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato R B (C.F. BLSRSO70T48A024C), con domicilio eletto in Roma presso la Segreteria del Consiglio di Stato;

per la riforma:

della sentenza del T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, Sezione II, n. 3336 del 13 giugno 2014, resa tra le parti, concernente ordine di demolizione di opere edilizie e ripristino dello stato dei luoghi.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Afragola;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 novembre 2016 il Cons. Dante D'Alessio e uditi per le parti l’avvocato A. Orefice, per delega orale dell’avvocato P L, e l’avvocato R B;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.- La signora M Serenella ha impugnato davanti al T.A.R. per la Campania l’ordinanza n. 81 del 7 agosto 2012 con la quale il Comune di Afragola le ha ingiunto la demolizione di opere edili realizzate al Corso Enrico De Nicola n. 56, difformi dal permesso di costruire in sanatoria n. 1035 del 25 settembre 2007.

Con successivi motivi aggiunti la signora M ha poi impugnato il provvedimento, in data 29 gennaio 2013, con il quale il Comune ha negato il rilascio dell’accertamento di conformità per le opere in questione e la nuova ordinanza di demolizione, n. 10 del 5 febbraio 2013.

2.- Il T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, dopo aver disposto consulenza tecnica d’ufficio, con sentenza della Sezione II, n. 3336 del 13 giugno 2014, ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti successivamente proposti.

Dopo aver preso atto che la signora M aveva rinunciato, in corso di causa, alla impugnazione del diniego di sanatoria (che era stato opposto, in data 29 gennaio 2013, dal Comune sull’istanza presentata dall’interessata), il T.A.R. ha ritenuto che le opere oggetto delle ordinanze impugnate dovevano ritenersi prive dei necessari titoli abilitativi e che, per quanto riguardava la chiusura delle aperture al piano terra e la chiusura del ballatoio di smonto, non erano interventi che potevano essere compiuti mediante semplice denuncia di inizio attività, tenuto anche conto che « nella Regione Campania, ai sensi dell’art. 2 della l.r. 28 dicembre 2001, n. 19, non possono essere realizzati in base a semplice denuncia di inizio attività, tra gli altri, interventi che alterino la sagoma dell’edificio o ne trasformino l’aspetto esteriore ovvero realizzino la totale chiusura volumetrica di un’area ».

3.- La signora M ha appellato l’indicata sentenza ritenendola erronea sotto diversi profili.

All’appello si oppone il Comune di Afragola che ne ha chiesto il rigetto.

4. - Al riguardo si deve preliminarmente ricordare che, come si rileva dagli atti, le opere ritenute abusive ed oggetto delle due ordinanze di demolizione impugnate consistono:

a) nella chiusura dell'androne di collegamento tra il fabbricato posto all'interno del cortile e la parte allungata verso nord (sul confine ovest della particella), realizzata previa installazione di una struttura leggera in alluminio e vetro, completa di porte d'ingresso, con un incremento della superficie utile (e del volume chiuso) di circa mq. 26,00;

b) nella tompagnatura (e quindi nella chiusura) di due piccoli vani di accesso ad ambienti posti al piano terra del corpo di fabbrica allungato che ha comportato la modifica del prospetto esterno del manufatto rispetto al grafico allegato al Permesso di Costruire in sanatoria n. 1035 del 2007;

c) nella chiusura del ballatoio di smonto del vano scala al primo piano del corpo di fabbrica allungato verso nord (sul confine ovest della particella) che ha comportato la modifica del prospetto esterno del manufatto rispetto al grafico allegato al Permesso di Costruire in sanatoria n. 1035 del 2007;

d) nella installazione, al primo piano del corpo di fabbrica allungato verso nord (sul confine ovest della particella), di una pensilina realizzata in struttura portante in ferro e copertura in vetro, per una superficie di circa 80,00 mq, anch'essa non riportata nel grafico di progetto allegato al Permesso di Costruire in sanatoria n. 1035 del 2007.

5.- Tali opere, come ha accertato anche il CTU nominato dal T.A.R., con relazione depositata il 20 marzo 2014, risultano realizzate in assenza dei necessari titoli abilitativi e devono ritenersi quindi abusive, come ha ritenuto il Comune di Afragola con le ordinanze impugnate.

In particolare, come pure ha accertato il CTU, tali opere, nella loro consistenza, non risultavano assentite con la originaria concessione edilizia n. 5496 del 1979 e nemmeno con il permesso di costruire in sanatoria n. 1035 del 2007.

6.- Considerato che l’appellante doveva munirsi di appositi titoli abilitativi per realizzare le opere in questione, comportanti una permanente trasformazione edilizia del territorio e una modifica dei prospetti di opere in parte assentite con la concessione edilizia rilasciata nel 1979 ed in parte assentite con il condono edilizio del 2007, l’appello non è fondato e deve essere respinto.

6.1.- Correttamente, come ha ritenuto il T.A.R., tali opere sono state, infatti, sanzionate, ai sensi delle disposizioni contenute nel D.P.R. n. 380 del 2001, recante il T.U. dell’edilizia, con un ordine di demolizione, poi reiterato dopo il diniego dell’accertamento di conformità che aveva presentato l’interessata.

6.2.- Infatti le opere che si sono prima indicate al punto a) hanno comportato uno stabile incremento delle superfici utili e dei volumi chiusi per i quali era necessario un titolo abilitativo che la ricorrente non aveva richiesto (nemmeno con la domanda di condono edilizio).

Egualmente non potevano essere realizzate, in assenza di titolo abilitativo, le opere indicate ai punti b), c) e d) che hanno comportato la modifica dei prospetti dell’immobile.

6.3.- Peraltro, come ha ricordato il T.A.R., nella Regione Campania, ai sensi dell’art. 2 della l. r. 28 dicembre 2001, n. 19, non possono essere realizzati in base a semplice denuncia di inizio attività interventi che, come quelli di specie, alterano la sagoma dell’edificio o ne trasformino l’aspetto esteriore ovvero comportino la totale chiusura volumetrica di un’area.

7.- Con il primo motivo di impugnazione la signora M ha sostenuto l’erroneità della sentenza del T.A.R. nella parte in cui ha accolto in modo acritico le conclusioni del C.T.U., senza dare rilievo alle difficoltà riscontrate dallo stesso nell’esecuzione del proprio mandato e riportate nel corpo della stessa consulenza tecnica.

Infatti, ha aggiunto l’appellante, il CTU ha redatto la propria consulenza in mancanza dei grafici tecnici di cui alla concessione edilizia n. 5496 del 1979 e sulla base dei grafici allegati al permesso di costruire in sanatoria n. 1035 del 2007 che erano stati redatti con molteplici e macroscopici errori e sviste grafiche di cui doveva ritenersi autore il tecnico incaricato.

7.1.- Il motivo è chiaramente infondato. Il CTU ha, infatti, redatto la sua consulenza sulla base dei dati dei quali ha potuto disporre, che non risultano comunque contraddetti da diversi e certi elementi in atti.

Né può essere dato rilievo a possibili (ma non dimostrati) errori compiuti dal tecnico incaricato della redazione dei grafici allegati al permesso di costruire in sanatoria n. 1035 del 2007.

Giustamente il T.A.R. ha, quindi, ricordato che la sanatoria era stata rilasciata in conformità ai grafici allegati che evidentemente individuavano i contenuti della stessa.

In conseguenza, anche a voler ammettere che le opere oggetto delle ordinanze di demolizione impugnate, siano state realizzate (in tutto o in parte) prima della domanda di sanatoria (poi rilasciata nel 2007) in ogni caso tali opere non facevano parte del contenuto della domanda di sanatoria e non potevano pertanto ritenersi assentite con il rilascio (nel 2007) del condono edilizio.

8.- La signora M ha poi contestato le conclusioni alle quali è giunto il T.A.R. quanto alla correttezza della sanzione irrogata.

Secondo l’appellante, il T.A.R., con particolare riferimento alla realizzazione delle strutture in alluminio e vetro agli estremi dell’androne, comportanti un modesto aumento della volumetria, erroneamente non ha dato rilievo alla censura secondo cui il Comune aveva omesso di prendere in considerazione l’ipotesi della conservazione del manufatto edilizio previa eventuale irrogazione di una sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 34 del T.U. dell’edilizia.

8.1.- Anche tale motivo non è fondato.

Infatti, la sanzione ripristinatoria costituisce la prima e obbligatoria fase del procedimento repressivo di abusi edilizi ed è quindi il rimedio ordinario di reazione dell’ordinamento contro l'abuso edilizio, mentre l'applicazione della sanzione pecuniaria sostitutiva, disciplinata dall'art. 33 comma 2, del D.P.R. n. 380 del 2001, rappresenta solo un'ipotesi subordinata alla quale si può fare ricorso quando emergano difficoltà tecniche in sede di esecuzione della demolizione (da ultimo, Consiglio di Stato, Sez. VI, 13 maggio 2016 n. 1940).

La valutazione circa la possibilità di dar corso alla sanzione pecuniaria in luogo di quella ripristinatoria costituisce, pertanto, una mera eventualità della fase esecutiva, successiva all'atto di diffida a demolire. Con la conseguenza che la mancata valutazione della possibile applicazione della sanzione pecuniaria sostitutiva non può costituire un vizio dell'ordine di demolizione ma, al più, della successiva fase riguardante l'accertamento delle conseguenze derivanti dall'omesso adempimento al predetto ordine di demolizione e della verifica dell'incidenza della demolizione sulle opere non abusive (Consiglio di Stato, Sez. VI, 13 maggio 2016 n. 1940, cit.).

8.2.- Peraltro la repressione degli abusi edilizi è espressione di attività strettamente vincolata e non soggetta nemmeno a termini di decadenza o di prescrizione, potendo la misura repressiva intervenire in ogni tempo, anche a notevole distanza dall'epoca della commissione dell'abuso (fra le più recenti, Consiglio di Stato, Sez. VI, 8 aprile 2016 n. 1395).

Infatti l'illecito edilizio ha carattere permanente, che si protrae e che conserva nel tempo la sua natura. Con la conseguenza che l'interesse del privato al mantenimento dell'opera abusiva è recessivo rispetto all'interesse pubblico all'osservanza della normativa urbanistico - edilizia e al corretto governo del territorio.

Né sussiste la necessità di motivare in modo particolare un provvedimento col quale sia stata ordinata la demolizione di un manufatto, quando sia trascorso un lungo periodo di tempo tra l'epoca della commissione dell'abuso e la data dell'adozione dell'ingiunzione di demolizione, poiché l'ordinamento tutela l'affidamento solo qualora esso sia incolpevole, mentre la realizzazione di un'opera abusiva si concretizza in una volontaria attività del costruttore contra legem (Consiglio di Stato, Sez. VI, 8 aprile 2016 n. 1395, cit.)

9.- Con un ulteriore motivo la signora M ha sostenuto, con riferimento alla contestata tompagnatura dei due piccoli vani di accesso posti al piano terra del corpo di fabbrica allungato, che il T.A.R. non ha considerato che tali opere erano eseguibili con semplice D.I.A., con la conseguente applicazione della sanzione pecuniaria di cui all’art. 37 del D.P.R. n. 380.

9.1.- Il motivo è infondato, considerato che, come si è prima evidenziato (ed ha ricordato anche il T.A.R.), tali opere hanno determinato una alterazione del prospetto dell’immobile e non potevano essere quindi realizzate con una semplice DIA.

10.- Con l’ultima censura la signora M ha insistito nel sostenere che la pensilina in ferro e vetro installata al primo piano del corpo di fabbrica doveva ritenersi sanata con il rilascio del permesso di costruire in sanatoria n. 1035 del 2007, in quanto la stessa preesisteva alla domanda di condono, come si può rilevare anche dalla rappresentazione fotografica allegata alla pratica di condono che riguardava l’intero primo piano dell’immobile.

Con memoria depositata il 15 settembre 2016, l’appellante ha poi aggiunto che lo stesso Comune di Afragola, con nota inviata alla Procura della Repubblica di Napoli, in data 12 ottobre 2012, ha sostenuto che « la stratificazione delle foro aeree tratte dal sistema Google Eath ha consentito di accertare che la pensilina a servizio del passetto pensile del primo piano del corpo di fabbrica allungato è stata realizzata in epoca remota, tant’è che il primo fotogramma utile del 12 ottobre 2003, già evidenziava la presenza della stessa ».

10.1.- Anche tale motivo non è tuttavia fondato.

La pensilina in questione, che interessa una superficie di circa 80 mq, e non può considerarsi quindi irrilevante sotto il profilo edilizio, non è risultata oggetto della domanda di condono, come ha accertato anche il CTU nominato dal T.A.R., le cui conclusioni non risultano smentite dagli atti di causa.

Non risulta, in particolare, sufficiente l’accertata vetustà dell’opera per far ritenere che la stessa sia stata oggetto della domanda di condono edilizio né la presenza della pensilina nelle foto allegate alla domanda di condono, tenuto conto che, come ha giustamente sottolineato il T.A.R., il condono è espressamente rilasciato in conformità ai grafici allegati che ne formano parte integrante e ne delimitano l’ambito.

11.- In conclusione, per tutti gli esposti motivi l’appello deve essere respinto e la ben motivata sentenza del T.A.R. per la Campania deve essere integralmente confermata.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

12.- Sono fatti ovviamente salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione anche volti a valutare la possibile applicazione di sanzioni pecuniarie, ai sensi degli articoli 33 e 34 del T.U. dell’edilizia, per le opere oggetto delle ordinanze impugnate.

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