Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-03-10, n. 202302541
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
Pubblicato il 10/03/2023
N. 02541/2023REG.PROV.COLL.
N. 08910/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8910 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Santoverde P.V.Q. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Kristian Cosmi e Alfredo Niro, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, viale di Porta Tiburtina 36;
contro
Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Angela Raimondo, Antonio Ciavarella, con domicilio eletto presso gli Uffici della Avvocatura del Comune di Roma, via del Tempio di Giove 21;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio – sede di Roma (sezione seconda) n. 7115/2018, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 28 febbraio 2023 il Cons. Massimo Santini e, preso atto del deposito delle note di passaggio in decisione, è data la presenza degli avvocati Cosmi, Niro, Raimondo, mentre in collegamento da remoto è presente l’avv. Ciavarella;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La appellante era stata selezionata dal Comune di Roma, sin dal 1996, quale assegnataria di un’area in concessione da destinare a punto verde qualità (PVQ).
A seguito di protratta inerzia nonché di numerosi inadempimenti, nel 2015 la suddetta concessione è stata revocata dal Comune stesso.
La revoca veniva impugnata dinanzi al TAR Lazio che rigettava il ricorso per le seguenti ragioni:
a) La presenza di un vincolo archeologico sull’area era nota sin dall’inizio. Dunque la società avrebbe avuto tutto il tempo per tenere conto di tale fattore, interloquire con la competente soprintendenza ministeriale e infine presentare un progetto idoneo;
b) L’unico progetto presentato, pur a seguito dei pareri successivamente ottenuti dalle due soprintendenze ministeriali (archeologica e paesaggistica), contemplava peraltro un impianto di distribuzione del carburante del tutto incompatibile con gli obiettivi della assegnazione (punti verde qualità);
c) L’inerzia della società si è protratta sino alla fine del procedimento, allorché era stato assegnato un ulteriore termine di 90 giorni, con nota del 14 maggio 2014, anch’esso infruttuosamente spirato;
d) Il TAR dichiarava inoltre inammissibile una serie di ulteriori motivi, surrettiziamente introdotti quali ragioni di nullità dell’atto con memoria non notificata in data 5 aprile 2018.
2. La sentenza formava oggetto di appello sotto plurimi profili così sintetizzabili:
2.1. Omessa considerazione circa la assenza di comportamenti dilatori da parte della società appellante;
2.2. Mancata tempestiva comunicazione, da parte del Comune di Roma, circa la sussistenza di un vincolo archeologico di matrice ministeriale;
2.3. Omessa considerazione circa l’illegittimo contegno del Comune di Roma;
2.4. Mancata considerazione di ulteriore documentazione acquisita con istanza di accesso in data 8 agosto 2018;
2.5. Erronea statuizione di inammissibilità dei motivi di nullità sollevati, in primo grado, con memoria del 5 aprile 2018.
3. Si costituiva in giudizio l’appellata amministrazione comunale per chiedere il rigetto del gravame.
4. In vista della pubblica udienza la difesa di parte appellante:
a) formulava atto di motivi aggiunti di cui più avanti si terrà conto;
b) depositava documentazione ottenuta in data 23 gennaio 2023, a seguito di accesso agli atti, dal Comune di Roma;
c) formulava istanza di rinvio per esame documentazione.
5. All’udienza di smaltimento del 28 febbraio 2023 la causa veniva infine trattenuta in decisione.
6. Tutto ciò premesso va innanzitutto rigettata l’istanza di rinvio in quanto i documenti invocati alla base di tale richiesta sono in parte già noti o comunque dovevano esserlo quanto meno al momento del giudizio di primo grado (cfr. nota Comune di Roma in data 14 maggio 2014) oppure sono ininfluenti ai fini del decidere (la documentazione riguardante il carteggio tra l’associazione “Civica in quarta” e le amministrazioni locali e statali coinvolte disvela infatti la presenza di atti del tutto interlocutori e dunque privi di lesività alcuna).
7. Nel merito, la sentenza del TAR ha formato oggetto di numerose censure tutte ad ogni modo infondate per le ragioni di seguito sintetizzate:
7.1. Con il primo motivo si lamenta la omessa considerazione circa la assenza di comportamenti dilatori da parte della società appellante. Il motivo non può trovare accoglimento in quanto la società ha avuto a disposizione quasi 20 anni (a fronte di 90 giorni stabiliti dalla disciplina comunale) per non completare poi il progetto. E ciò nonostante la ampia e leale collaborazione