Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-02-12, n. 201901022

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-02-12, n. 201901022
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201901022
Data del deposito : 12 febbraio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/02/2019

N. 01022/2019REG.PROV.COLL.

N. 05125/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5125 del 2017, proposto da
D S, rappresentato e difeso dagli avvocati A C, S G, domiciliato presso la Segreteria della Terza Sezione del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, N. 13;

contro

Questura B, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma, previa sospensione, della sentenza del T.A.R. Lombardia, sezione staccata di B n. 356/2017, resa tra le parti, concernente il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno, di cui al decreto del Questore di B 24 novembre 2014.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Questura B;

Vista l’ordinanza cautelare 27 luglio 2017, 3232, con cui questa Sezione ha sospeso l’esecutività della sentenza impugnata;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 novembre 2017 il Cons. L A O S e udito per la parte appellata l’avvocato dello Stato Mario Antonio Scino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.Con decreto 24 novembre 2014 il Questore della Provincia di B, vista l’istanza del signor Singh Daljit, cittadino indiano, considerato che dalle banche dati dal 2001 risultava aver percepito redditi inferiori al livello minimo previsto dalla vigente normativa, rilevato che, comunque, l’immigrato non svolgeva alcuna attività lavorativa e non aveva legami familiari in Italia, gli negava il rinnovo del permesso di soggiorno, intimandogli, altresì, di lasciare il territorio nazionale entro 10 giorni dalla notifica del decreto medesimo.

1.1.Avverso tale provvedimento l’immigrato ha proposto ricorso al TAR Lombardia, Sezione Staccata di B, chiedendone l’annullamento, previa sospensione, per violazione degli artt.4 e 5 del D.LGS n286/1998, e per eccesso di potere, in quanto il Questore non avrebbe considerato che l’immigrato, in Italia da alcuni anni, aveva provveduto al proprio sostentamento con mezzi leciti, quali lavori saltuari cd in nero e con l’aiuto di altro amico indiano, ma che tali redditi, provenendo da rapporti di lavoro irregolari, non risultavano registrati dalle banche dati INPS.

Invece, ad avviso del ricorrente, sussisterebbero i presupposti per il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, in quanto la Questura di B, ove avesse compiuto una valutazione prognostica circa la possibilità di una futura occupazione, avrebbe dovuto tener conto del fatto che, nel frattempo, l’immigrato aveva finalmente ricevuto una proposta di assunzione con un regolare rapporto di lavoro subordinato.

1.2. Pertanto il giudice di primo grado con ordinanza cautelare 12 maggio 2015, n.778, ritenendo che, comunque, l’immigrato avesse titolo ad un permesso per attesa occupazione, sospendeva il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno, ma, poi, decidendo la causa nel merito, con sentenza 13 marzo 2017, n.356, preso atto che il ricorrente, successivamente alla ordinanza cautelare e nelle more della trattazione della causa nel merito, non aveva depositato alcuna documentazione quale prova della sopravvenuta (e preannunciata) instaurazione di uno stabile rapporto di lavoro, respingeva il ricorso, rilevando che la valutazione prognostica favorevole non aveva dato esito positivo.

1.3. Avverso tale sentenza l’immigrato ha proposto l’appello in epigrafe, chiedendone la riforma, previa sospensione dell’esecutività, con unico articolato motivo.

In particolare il difensore dell’appellante (depositando le buste paga relative all’attività lavorativa svolta dall’ immigrato presso un ‘impresa di confezione di abbigliamento con sede ad Asola (MN) nel periodo dal settembre 2016 al marzo 2017, nonché il CUD rilasciato dal datore di lavoro per il 2016) rappresentava che, in realtà, la Questura di B (in esecuzione dell’ordinanza cautelare emessa nel maggio 2015 dal giudice di primo grado) aveva rilasciato all’immigrato un permesso di soggiorno per attesa occupazione valido fino al dicembre 2016 e che, comunque, da ottobre 2015 l’immigrato, aveva trovato lavoro in provincia di Mantova e nel novembre 2016 aveva presentato domanda di rinnovo del permesso di soggiorno alla Questura di Cremona, competente per territorio, visto che, nel frattempo, si era trasferito ad abitare ad Ostiano (CR);
pertanto l’immigrato, per un equivoco, non si era reso conto che avrebbe dovuto consegnare al proprio difensore (per il successivo deposito in giudizio) la documentazione attestante il suo nuovo rapporto lavorativo regolare e le relative buste paga e, quindi, si era limitato a depositare tale documentazione in data 3 novembre 2016 (cioè alcuni giorni prima dell’udienza pubblica fissata al 14 dicembre 2016) presso la Questura di Cremona (competente per territorio);
infatti la Questura di Cremona, ricevuta la domanda di rinnovo del permesso dall’immigrato, aveva correttamente chiesto alla Questura di B la trasmissione del fascicolo relativo all’immigrato.

1.4. Pertanto, espone il difensore dell’appellante, la Questura di B, da un lato, non aveva a disposizione la documentazione lavorativa che il ricorrente aveva presentato solo alla Questura di Cremona, mentre, per altro verso, nel giudizio innanzi al TAR non aveva dato atto di aver ricevuto da Cremona la richiesta di trasmissione del fascicolo relativo all’immigrato;
quindi, in conseguenza di tali problemi di coordinamento dati, da un lato, il TAR Lombardia respingeva il ricorso con la sentenza ora appellata e, dall’altro, vista la sentenza sfavorevole, il Questore di Cremona con decreto 6 maggio 2017 respingeva la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno (presentata dall’immigrato nel novembre 2016), quale “atto conseguenziale del suddetto provvedimento di rigetto”.

Per le esposte ragioni, quindi, l’immigrato chiede l’accoglimento dell’appello, previa sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata.

1.5. Per la Questura di B si è costituita in giudizio l’Avvocatura generale dello Stato, con atto di mera forma, per resistere all’appello proposto dall’immigrato ed ha chiesto di essere sentita in camera di consiglio.

1.6.Con ordinanza cautelare 27 luglio 2017, n.3232, la Sezione, con motivata ordinanza cautelare sospendeva l’esecutività della sentenza impugnata.

1.7. Successivamente con nota 27 novembre 2017 l’appellante insisteva per l’accoglimento dell’appello, confermando che l’immigrato (nelle more della fissazione della udienza pubblica) aveva proseguito regolarmente l’attività lavorativa e depositando ulteriori buste paga relative agli ultimi mesi.

Alla pubblica udienza meglio indicata in epigrafe, udito l’avvocato dello Stato presente, la causa è passata in decisione.

2. Quanto sopra premesso in fatto, in diritto l’appellante chiede la riforma della sentenza di primo grado, deducendo che porrebbe a proprio fondamento una circostanza di fatto inesatta, cioè che l’immigrato (ricorrente avverso il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato), nel periodo successivo alla sospensione cautelare del suddetto diniego (12 maggio 2015) non avesse instaurato uno stabile e regolare rapporto di lavoro da cui trarre adeguati mezzi per vivere;
presupposto necessario per ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno.

2.1.L’appello va accolto.

Infatti dagli atti del giudizio emerge che l’immigrato, avendo spostato la residenza ad Ostiano (CR) nelle more del giudizio di primo grado, in data 3 novembre 2016 ha presentato alla Questura di Cremona, competente per territorio, la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno per attesa occupazione (già rilasciatogli dalla Questura di B a seguito dell’ordinanza cautelare 12 maggio 2015, n.778), allegando la documentazione sul rapporto di lavoro in corso, tra cui il Modello UNILAV del 6 ottobre 2015, con cui il datore di lavoro denunciava all’INPS il rapporto di lavoro a tempo indeterminato come rifinitore di sartoria presso un’azienda di confezioni di abbigliamento ubicata sulla via Emilia ad Asola.

2.2. Inoltre l’appellante ha depositato agli atti anche il modello CUD 2017 per il 2016 e le buste paga relative al periodo da settembre 2016 a marzo 2017, da cui risulta una retribuzione mensile di circa 850,00 – 900,00 euro.

2.3. Dai fatti esposti emerge, quindi, che, per un probabile disguido in sede di trasmissione dati, la Questura di B, che aveva rilasciato il titolo di soggiorno per attesa occupazione da rinnovare nel dicembre 2016, non ha avuto conoscenza della circostanza che l’immigrato, realizzando la pregressa previsione prognostica favorevole circa il reperimento di una stabile attività lavorativa, aveva tempestivamente presentato presso la Questura di Cremona (nel cui ambito territoriale risiedeva) sia una istanza di rinnovo del permesso per attesa occupazione ormai in imminente scadenza sia la documentazione da cui risultava la sopravvenuta circostanza favorevole consistente nello svolgimento di una stabile attività lavorativa a tempo indeterminato.

2.4. Ne consegue che, in conformità a quanto stabilito dal giudice di primo grado nell’ordinanza cautelare, la Questura di B, laddove correttamente informata, avrebbe dovuto considerare che l’instaurazione di uno stabile rapporto di lavoro in capo all’immigrato configurava il prefigurato elemento favorevole sopravvenuto, che (rimuovendo la pregressa ragione che la Questura aveva posto a fondamento dell’impugnato decreto di diniego) perfezionava la sussistenza dei presupposti per il rinnovo del titolo di soggiorno in controversia.

3. Pertanto, alla luce delle esposte considerazioni, l’appello va accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va annullato il decreto 24 novembre 2014, con cui il Questore di B ha negato all’appellante il rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro dipendente.

Le caratteristiche in punto di fatto della vicenda consentono di compensare tra le parti le spese di lite per entrambi i gradi di giudizio.

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