Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2017-01-16, n. 201700109
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Pubblicato il 16/01/2017
N. 00109/2017REG.PROV.COLL.
N. 01351/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1351 del 2012, proposto da:
Istituto Figlie di San Camillo - Ospedale Madre Giuseppina Vannini, con sede in Roma, in persona del procuratore generale, reverenda G M, secondo la procura rilasciata dalla Superiora generale dell’Istituto, reverenda madre L B, rappresentato e difeso dall'avv. S B, con domicilio eletto presso S B in Roma, corso Trieste, 88;
contro
Regione Lazio, rappresentata e difesa per legge dall' avvocato R M P, domiciliata in Roma, Via Marcantonio Colonna N. 27;
nei confronti di
Provincia Italiana della Congregazione dei Figli dell'Immacolata Concezione - IDI, AUSL Roma C;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE III n. 05803/2011, resa tra le parti, concernente ripartizione per il 2006 delle risorse del Fondo Sanitario Regionale per il Lazio, destinate al finanziamento dei tre macrolivelli di assistenza, di cui alla DGR Lazio n.143/2006
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Lazio;
Vista l’ordinanza istruttoria n. 959/2015 con cui questa Sezione ha chiesto una documentata Relazione alla Direzione Regionale della Salute della regione Lazio, che ha adempiuto con nota 26 marzo 2015 n.168475, depositata dal difensore della Regione Lazio in data 27 marzo 2015;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 maggio 2015 il Cons. Lydia Ada Orsola Spiezia e uditi per le parti gli avvocati S B e Maria Rosa Privitera;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Con DGR 22 marzo 2006 n.143 la Giunta Regione Lazio approvava la ripartizione per l’anno 2006 dei livelli di assistenza del fondo sanitario regionale e la definizione del sistema di remunerazione delle prestazioni ospedaliere dei soggetti erogatori pubblici e privati per l’anno 2006.
Avverso tale delibera l’Istituto Figlie di San Camillo “Ospedale Madre Giuseppina Vannini”, con sede a Roma, ospedale classificato (disciplinato dal D.LGS. n. 502/1992) accreditato con il SSN nell’ambito della AUSL Roma C, proponeva ricorso al TAR Lazio, chiedendone, previa sospensione, l’annullamento in parte qua, nonché, in via subordinata, sollevando la questione di legittimità costituzionale dell’art. 9 del D.L. n.203/2005 convertito nella legge n. 248/2005 con riferimento all’art.3 Cost.ne.
In particolare il ricorrente ospedale deduceva l’illegittimità della DGR impugnata per vizi di violazione di legge, sotto profili procedimentali e sostanziali, e di eccesso di potere sotto molteplici aspetti, nella misura in cui ricomprende nel regime dei tetti di spesa prefissati per le strutture private anche gli ospedali c.d. classificati, che, invece, ad avviso del ricorrente, opererebbero sul territorio come l Aziende ospedaliere pubbliche.
1.1. Con sentenza n. 5803/2011 il TAR Lazio, preliminarmente dichiarata la carenza di legittimazione della AUSL Roma C, nel merito ha respinto il ricorso, ritenendo infondate le censure procedimentali e sostanziali dedotte avverso la DGR impugnata e dichiarando, altresì, la manifesta infondatezza della eccezione di illegittimità costituzionale sopra indicata, spese compensate.
1.2. Avverso la sentenza sfavorevole del TAR Lazio l’Ospedale Madre Giuseppina Vannini ha proposto l’appello in epigrafe, chiedendone la riforma con sette motivi di impugnazione (con riproposizione anche di una censura non esaminata in primo grado) e sollevando, in via subordinata, questioni di legittimità costituzionale sia dell’art.8 quinquies, comma2, lettera d, D.LGS. n.502/1992, con riferimento agli articoli 31, 41 e 97 Cost.ne, sia dell’art.9 D.L. n. 2013/1005 convertito nella legge n.248/2005 con riferimento agli artt. 3,41 e 97 Cost.ne;in via istruttoria chiede di acquisire i bilanci dell’anno 2006 relativi ad AUSL ed Aziende Ospedaliere operanti nell’ambito della circoscrizione della città di Roma, al fine di verificare se anche la remunerazione delle prestazioni sanitarie erogate dagli ospedali pubblici è vincolata al limite dei tetti di spesa.
1.3. Si è costituita in giudizio la Regione Lazio, che, con attenta ricostruzione del quadro normativo di riferimento, ha puntualmente contro dedotto alle avverse censure, chiedendo il rigetto dell’appello .
Con successiva memoria la Regione ha, altresì, contro dedotto anche in ordine alla questione di costituzionalità dell’art.9 del D.L. n.2013/2005 (convertito nella legge n.248/2005) sollevata dall’appellante.
Con memoria del 20 ottobre 2014 l’appellante, dopo aver depositato la DGR n.482/2009 (Determinazione remunerazione delle prestazioni rese per esercizi 2005-2008 dai Policlinici universitari non statali, dagli IRCCS privati e dagli ospedali classificati), rappresentava che, poiché la medesima (a suo dire) riconoscerebbe per il periodo 2005-2008 la pretesa degli ospedali classificati alla remunerazione completa delle prestazioni erogate (anche oltre il limite stabilito dal tetto annuo), il Collegio la potrebbe valutare “ come ragione sopravvenuta di cessazione della materia del contendere, in quanto satisfattiva degli interessi della ricorrente in primo grado”;in tal caso l’ospedale appellante rinuncerebbe ai motivi di appello ed alle censure non esaminate dal giudice di primo grado e riproposte in secondo grado.
1.4. Con ordinanza 20 novembre 2014 n.959 la Sezione chiedeva una relazione sulla portata della DGR n.982/2009 (invocata dall’appellante a sostegno del suo assunto) alla Regione Lazio, Direzione Regionale della Salute, che provvedeva all’adempimento con nota 26 marzo 2015, n.168475, precisando che la DGR n.982/2009, quanto alla determinazione della remunerazione delle prestazioni erogate dagli ospedali classificati, aveva esplicita natura programmatica come si desumeva dalla previsione di “successiva decretazione ad avvenuta istruttoria da parte della competente Direzione regionale”(vedi premesse DGR n.982/2009).
Con memoria di replica (al deposito istruttorio della Regione Lazio) l’appellante ospedale, rappresentando che la giurisprudenza amministrativa ha affermato la sussistenza di tetti di remunerazione per gli ospedali classificati solo a partire dal 2009 e che la DGR n.0982/2009 prevede l’assenza di tetti nel periodo2005-2008, asserisce che la DGR n.982/2009 avrebbe superato la precedente DGR n.423/2006, oggetto del presente contenzioso, che aveva assoggettato l’ospedale appellante ai tetti previsti per il 2006;pertanto l’appellante conclude chiedendo la cessazione della materia del contendere, nonché insistendo, in subordine, per l’accoglimento del ricorso in conformità all’orientamento dettato in materia di tetti di remunerazione degli ospedali classificati dal Consiglio di Stato (vedi CdS, Sez. III, n.697/2013).
Alla pubblica udienza indicata in epigrafe,uditi i difensori presenti, la causa è passata in decisione.
2. Quanto sopra premesso in fatto, in diritto la controversia concerne la contestata legittimità in parte qua della DGR. n.143/2006, con cui la Regione Lazio ha disposto la ripartizione del fondo sanitario per l’anno 2006 nei tre macrolivelli di assistenza, distinguendo gli ospedali in quattro categorie .
E’opportuno far presente che l’Ospedale classificato madre Giuseppina Vannini, innanzi al TAR, ha impugnato in parte qua la DGR n.143/2006 per i seguenti vizi: mancata partecipazione soggetti interessati;errata classificazione ospedale classificato;tardività della DGR n.143/2006;esclusione di tetti per gli ospedali classificati con subordinata violazione di art.41 Cost;mancata equiparazione dei classificati a quelli pubblici;mancata remunerazione prestazioni di emergenza extra tetto;mancata determinatezza dei sistemi di remunerazione;mancato rimborso del costo per i rinnovi contrattuali del personale e per l’indennità di esclusiva;eccezione incostituzionalità di DLGS n502/1992, art.8 quinquies, comma 2, lett d, e D.L. n203/2005 art.9.
2.1.Per ragioni di ordine logico va esaminata preliminarmente la domanda di cessata materia del contendere formulata dall’appellante con le memorie del 20 ottobre 2014 e del 29 aprile 2015, sull’esplicito presupposto che con la DGR n.982/2009, adottata nel corso del giudizio di primo grado, la Regione Lazio si sia auto vincolata “al riconoscimento ed alla remunerazione di tutte le prestazioni effettivamente ed appropriatamente erogate per il SSR negli anni oggetto del provvedimento “ e, quindi, avesse “superato le precedenti determinazioni, oggetto del ricorso, che hanno assoggettato l’ospedale ai tetti originariamente previsti per il 2006”.
L’assunto non è condivisibile.
Quindi, considerato che la DGR n.982/2009, in realtà, non risulta satisfattiva degli interessi dell’appellante, non sussistono i presupposti invocati dall’appellante per far dichiarare la cessazione della materia del contendere.
Infatti, nonostante che l’oggetto della citata DGR n.982/2009 si riferisca (genericamente) alla determinazione della remunerazione delle prestazioni erogate per gli esercizi 2005-2008 da varie tipologie di strutture sanitarie (tra cui gli Ospedali classificati), tuttavia, poiché nel testo risulta determinata soltanto la remunerazione complessiva per le prestazioni sanitarie erogate dal Campus Bio-medico e da IRCCS Santa Lucia per il periodo 2005-2008, nel dispositivo la stessa DGR si limita a prendere atto dell’ammontare delle remunerazioni per le prestazioni sanitarie erogate dalle suddette strutture, come indicate nelle tabelle allegate alla DGR medesima, mentre precisa “che per le restanti strutture regionali equiparate ed in particolar modo gli ospedali classificati della Regione, si procederà con successive decretazioni ad avvenuta istruttoria da parte della competente Direzione Regionale”.
Pertanto, come correttamente ha rappresentato la Direzione Regionale della Salute nella relazione istruttoria, la DGR n.982/2009 ha carattere programmatico e, pur senza essere stata ritirata, non ha mai avuto alcuna attuazione nei confronti degli ospedali classificati da parte della gestione commissariale, che, come è noto, nel 2007 è stata instaurata nella Regione Lazio con la nomina di un Commissario ad acta da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri per attuare, secondo le prescritte modalità, il Piano di rientro dal disavanzo finanziario del SSR .
2.3. A sostegno di queste affermazioni la Direzione della Salute ha allegato la successiva determinazione 4 giugno 2012 n.B3341 (a firma del Direttore Programmazione e Risorse SSR), che, pur essendo successiva, non contiene alcun riferimento alla DGR n.982/2009, nel mentre effettua la ricognizione delle remunerazioni delle prestazioni sanitarie, erogate nel periodo 2004-2010 da alcuni ospedali classificati tra cui l’Ospedale Madre Giuseppina Vannini (cui per le prestazione del 2006 risulta erogato l’importo complessivo di euro 47.688.442);peraltro anche la citata determinazione ricognitiva del direttore del 2012 ( secondo quanto risulta dagli atti) è stata ritualmente impugnata dall’appellante in parte qua innanzi al TAR Lazio con ricorso (RG n.6703/2013) ancora in attesa di definizione.
Pertanto, in considerazione degli elementi esposti, non sussistono i presupposti per dichiarare cessata la materia del contendere e, quindi, va respinta la relativa domanda proposta dall’appellante.
3. Si passa, quindi, all‘esame dei motivi di appello avverso la sentenza TAR Lazio n. 5803/2011.
La sentenza merita conferma con motivazione integrata in parte qua.
Con il primo articolato motivo di appello l’Ospedale classificato censura la statuizione della sentenza, che ha ritenuto insussistente la violazione di norme procedimentali sotto il profilo della mancata partecipazione al procedimento regionale di fissazione dei tetti della spesa sanitaria (dedotta in primo grado).
In particolare, ad avviso dell’ospedale appellante, pur riconosciuta agli atti di assegnazione dei tetti di spesa la natura di atti plurimi, la sentenza avrebbe ignorato che, ferma restando la discrezionalità della Regione nel fissare il tetto massimo di spesa ed il corrispondente vincolo di spesa generale, tuttavia la normativa di settore (tra cui la legge n.449/1997 e la legge n.502/1992, art 8 quinquies) prevede (a suo avviso) un modello bifasico di pianificazione nel quale la contrattazione con le associazioni ed i soggetti erogatori risulterebbe fondamentale per individuare quali siano i soggetti rispetto ai quali sarebbe necessario prevedere un eventuale incremento delle quantità e delle tipologie di prestazioni sulla base di valutazioni comparative di costi e qualità.
3.1. L’assunto dell’appellante va disatteso.
Infatti la sentenza impugnata, premesso che le delibere regionali nella parte in cui fissano i tetti di spesa annuali hanno natura di atti generali, e non di atti plurimi (e quindi non rientrano nell’ambito i applicazione delle norme sulla partecipazione al procedimento), correttamente precisa che, secondo la consolidata giurisprudenza, la determinazione dei budget dei singoli operatori sanitari e l’individuazione dei criteri di calcolo degli stessi costituisce oggetto di atto autoritativo di esclusiva competenza regionale da adottarsi senza obbligo di previa intesa con le associazioni di categoria interessate.
In argomento la più recente giurisprudenza, in conformità all’orientamento dettato dalla A.P. n.3/2012, ha affermato che spetta ad un atto autoritativo e vincolante di programmazione regionale (e non già ad una fase concordata e convenzionale) la fissazione del tetto massimo annuale di spesa sostenibile con il fondo sanitario per singola istituzione o per gruppi di istituzioni, nonché la determinazione dei preventivi annuali delle prestazioni.
3.2. In conseguenza va escluso l’obbligo della Regione di assicurare la compartecipazione dei soggetti erogatori alla determinazione dei tetti di spesa annui.
L’appello passa, poi, a censurare la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto infondate le censure avverso la DGR n143/2006, che, nell’inserire le strutture sanitarie sia pubbliche sia private in quattro categorie (A, B, C e D) in corrispondenza alla tipologia di attività svolta, ha posto l’Ospedale ricorrente in categoria C, prevedendo che le loro prestazioni siano remunerate secondo la tariffa base regionale.
Ad avviso dell’appellante, infatti, illegittimamente l’Allegato 2 bis della DGR n.143/2006 dispone l’inserimento dell’Ospedale M.G.Vannini tra le strutture elencate nella categoria C, in quanto la penalizzerebbe sia con riguardo alla assegnazione dei DGR sia con riguardo alle funzioni svolte dalla struttura, con riguardo (tra l’altro) alla remunerazione delle prestazioni oltre il budget, che è fissata al 50% per le strutture di categoria C.
3.3. Le censure vanno disattese.
Infatti la DGR n.143/2006 ha disposto l’inserimento dell’Ospedale in questione nella categoria C in base alla presenza di requisiti strettamente oggettivi, quali strutture di ricovero per acuti con svolgimento di attività di didattica e/o di ricerca oppure strutture di ricovero per acuti con almeno 50 posti letto in tre alte specialità, per cui si tratta di criteri di assegnazione predeterminati, mentre quelli ulteriori, indicati dall’appellante (sede di DEA di I° livello, attività chirurgica oncologica e attività diagnostica per immagine ad alta tecnologia) risultano in conferenti, in quanto non riconducibili a quelli individuati a livello regionale per tuttii soggetti erogatori di prestazioni.
4. Con il secondo motivo di appello l’Ospedale censura la DGR 22 marzo 2006, n.143, anche per pretesa tardività nella determinazione dei tetti di spesa.
Ad avviso dell’appellante la DGR impugnata avrebbe illegittimamente efficacia retroattiva anche per i mesi del 2006 anteriori alla sua adozione, impedendo agli operatori del settore di organizzare tempestivamente la loro attività imprenditoriale, mentre la prevalente giurisprudenza affermerebbe che la programmazione delle tariffe non può comportare che le decurtazioni introdotte in corso di esercizio incidano anche sulle prestazioni già erogate, specie ove la Regione abbia stabilito i tetti di spesa senza alcuna contrattazione né con le Associazioni rappresentative né con gli specifici soggetti erogatori.
4.1. L’assunto non è fondato.
Infatti correttamente la sentenza impugnata ha affermato che, secondo l’orientamento indicato dalla A.P. n.4/2012, la retroattività della delibera regionale sui tetti di spesa, adottata in corso di anno di riferimento, non risulta illegittima (per contrasto con il principio dell’affidamento e con quello della certezza del diritto), in quanto, se da un lato gli interessati possono disporre di altri punti di riferimento per l’erogazione delle loro prestazioni, dall’altro, comunque, applicando comuni regole di precauzione, possono fare riferimento agli importi desumibili dai tetti di spesa fissati dalla Regione per l’anno precedente, detratta la riduzione della spesa sanitaria disposta dalle norme finanziarie già operanti per l’anno in corso.
In conseguenza la censura di illegittimità della DGR n143/2006 per tardività va respinta.
5. Con il terzo articolato motivo l’appellante Ospedale (nel riproporre in sostanza varie censure dedotte in primo grado) contesta la sentenza impugnata con riguardo alla mancata valutazione della speciale natura degli ospedali c.d. “ classificati”, deducendo che per tale ragione gli stessi non siano soggetti ai tetti di spesa e che, quindi, poiché sono obbligati ad erogare tutte le prestazioni richieste come le strutture ospedaliere pubbliche, debba essere riconosciuta loro anche la remunerazione delle prestazioni erogate extra budget.
Tale favorevole regime sarebbe stato disposto dalla Regione Lazio con la stessa DGR n.143/2006, al terzo ultimo comma delle premesse, e con il DCA n.54/2009.
In particolare (ad avviso dell’appellante) la DGR n.143/2006 nelle premesse prevedeva che la Regione Lazio per il 2004 e per il 2005 doveva concludere gli accordi con le strutture equiparate (tra cui gli ospedali classificati) e che gli accordi si dovevano concludere sulla base del valore della produzione (al netto dei controlli e dell’appropriatezza) dell’attività specialistica effettivamente svolta;successivamente nel 2009 anche il decreto del commissario avrebbe disposto che la remunerazione delle prestazioni andava definita entro il limite della valorizzazione delle prestazioni erogate.
5.1. L’assunto dell’appellante è infondato.
Innanzitutto (a differenza di quanto asserisce l’appellante) la giurisprudenza consolidata, in conformità al quadro normativo di riferimento, non ha affermato che gli ospedali religiosi siano completamente assimilati alle strutture ospedaliere pubbliche, rilevando, invece, che restano, tra l’altro, enti di diritto privato con autonomia gestionale e sono sottratti al sistema della finanza pubblica di cui alla legge n.468/1978 .
Infatti la distinzione degli ospedali classificati (secondo la terminologia usata nella legge n.132/1968) dalle strutture pubbliche dl SSN è stata confermata sia dalla legge n.833/1978 (che ha istituito il SSN) sia dalla normativa successiva introdotta con il D. LGS n.502/1992 e succ. modifiche, che ha espressamente escluso qualsiasi innovazione per la disciplina relativa agli ospedali classificati (di cui all’art 41 della legge n.833/1978).
5.2. Anche il più recente D.L. n.112/2008 (convertito nella legge n.133/2008) conferma la distinzione tra strutture sanitarie pubbliche ed ospedali classificati, ove si consideri che, all’art 79, dispone che le attività assistenziali delle strutture equiparate con oneri a carico del SSN sono esercitate esclusivamente nei limiti di quanto stabilito dagli specifici accordi di cui all’art 8 quinquies del D.LGS. n.502/1992.
Pertanto correttamente la sentenza impugnata ha affermato che l’ospedale ricorrente, equiparato ma non totalmente assimilabile ad una struttura ospedaliera pubblica, è soggetta al rispetto del tetto di spesa predeterminato fissato dalla Regione Lazio.
5.3. Né appare condivisibile l’assunto dell’appellante secondo il quale la stessa Regione avrebbe riconosciuto l’assenza di tetti di spesa nei confronti degli ospedali classificati, come si desumerebbe dalla terza ultima premessa della stessa DGR n.143/2006.
Infatti la DGR in realtà, nel predisporre il Riparto del Fondo sanitario per il 2006, si limita a rappresentare soltanto la necessità che i rapporti di debito/credito tra la Regione e gli ospedali classificati, erogatori di prestazioni sanitarie, siano definiti e precisa che per gli anni 2004 e 2005 il tetto di spesa va calcolato con riferimento al valore della produzione dell’attività specialistica effettivamente svolta.
Quindi tale precisazione non comporta che la Regione abbia stabilito che i tetti di spesa annuali non si applicano agli ospedali classificati, ma significa soltanto che, nella remunerazione delle prestazioni erogate, i tetti di spesa annui preventivati, nella vigenza dell’art. 8 quinquies, comma 2, lettera d, del D.LGS. n.502/1992, non sono rigidamente vincolanti, ma consentono una verifica a consuntivo, sulla base delle attività effettivamente svolte, in applicazione dei criteri definiti dalla Regione ai sensi del comma 1, lettera d, dello stesso art.8 quinquies.
Quindi dal quadro sistematico esposto deriva che le strutture ospedaliere classificate (essendo solo equiparate a quelle pubbliche), mentre non sono tenute ad erogare prestazioni extra budget, sono, comunque, assoggettate al regime del budget annuo predeterminato .
5.4. Per considerazioni analoghe va dichiarata manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzional dell’art.8 quinquies, lettere b e d, del D.LGS. n.502/1992 con riferimento agli artt.41 e 97 Cost., in quanto manca il presupposto di fatto ( cioè l’obbligo di erogare tutte le prestazioni richieste) che comporterebbe il contrasto della disposizione con i principi del buon andamento e della libera iniziativa economica .
5.5.Né la sentenza risulta censurabile nella parte in cui afferma che, per la differenza ontologica della situazione, la mancata previsione di tetti di spesa annui per le aziende ospedaliere pubbliche non comporta la dedotta disparità di trattamento tra gli ospedali classificati e le strutture ospedaliere pubbliche.
Infatti, come ha ribadito la consolidata giurisprudenza (vedi CdS ,Sez. III, n.697/2013) , risulta evidente che la Regione si debba fare carico degli oneri finanziari connessi alla erogazione di prestazioni sanitarie da parte delle aziende ospedaliere pubbliche e che, comunque, “non sussiste un obbligo di ripiano neppure nei confronti delle Aziende ospedaliere pubbliche, posto che nei confronti di esse la decisione della Regione di procedere al ripiano delle perdite non è configurabile come un riconoscimento di maggiori oneri rispetto a quelli programmati, bensì come ristoro del capitale netto” ( CdS, n.697/2013 citata);cioè la Regione interviene per il ripianamento delle Aziende ospedaliere pubbliche in qualità di titolare dell’azienda che rientra nei beni patrimonioniali pubblici, mentre le altre strutture sanitarie, pur equiparate, sono, comunque, soggetti di proprietà privata, al cui titolare (che ha piena autonomia di gestione) compete di provvedere alla copertura di eventuali perdite;inoltre dal quadro normativo emerge che le strutture in questione, in quanto soggetti distinti dall’Amministrazione pubblica, non hanno obblighi di rendicontazione e non sono soggette alle dirette interferenze pubbliche nelle scelte aziendali, ma solo ai vincoli della programmazione pubblica, che si estrinsecano mediante l’assegnazione di finanziamenti agli investimenti oppure la determinazione dei tetti di spesa .
5.6. Inoltre l’appellante censura la sentenza impugnata per non aver ritenuto illegittima la DGR n143/2006 nella parte in cui non ha dettato per le strutture classificate un regime differente da quello previsto per le strutture sanitarie private.
La contestazione appare non pertinente, visto che la DGR n.143/2006 ha distinto le strutture sanitarie in quattro categorie sulla base di elementi oggettivi relativi alle dimensioni della struttura ( posti letto) oppure alla tipologia di attività ( ricerca e/o didattica).
Pertanto (esaminando l’allegato 2 bis della delibera impugnata) è agevole rilevare che nella stessa categoria “C”sono inserite strutture sanitarie sia pubbliche sia private o classificate.
6. Con il quarto motivo l’appellante contesta la sentenza nella parte in cui ha affermato che la delibera impugnata è immune dalle censure dedotte in primo grado in ordine ai criteri di rimborso delle prestazioni di pronto soccorso, atteso che l’allegato 6 sul punto dispone che le medesime siano rimborsate totalmente, anche se a tariffa, e che si versi anche un finanziamento aggiuntivo proporzionale al valore dei ricoveri per acuti.
Ad avviso dell’appellante, invece, la DGR impugnata sarebbe in contrasto con le disposizioni contenute nel D.LGS. n.502/1992, art 8 quinquies, nel D.M. Sanità 15 dicembre 1994, art.2, e nel D.M. Sanità 30 giugno 1997, art.3, che disporrebbero l’integrale pagamento delle prestazioni di emergenza, mentre le previsioni della impugnata DGR sarebbero insufficienti, in quanto si risolverebbero in una mera verifica a consuntivo secondo criteri generici ed indeterminati soprattutto con riferimento ai costi del personale ( che ammontano a circa l’80%) .
6.1. In realtà l’assunto dell’appellante non trova riscontro nelle disposizioni dell’art.8 quinquies, comma 2, lettera d, D.LGS. n.502/1882 né in quelle dei richiamati decreti ministeriali del 1994 e del 1997.
Infatti le suddette disposizioni, ben lungi dal definire l’integrale remunerazione delle prestazioni di emergenza, in effetti prevedono, da un lato, una remunerazione extratariffaria di non meglio individuata portata e, dall’altro, la semplice possibilità di programmi finalizzati di finanziamento regionale, di cui il decreto ministeriale del 1997 fissa modalità ed ambito di applicazione.
6.2. Quindi il sistema di remunerazione dell’emergenza (fissato dalla DGR impugnata all’allegato 6) non risulta in contrasto con le corrispondenti disposizioni statali vigenti in materia, ove si consideri che, oltre alla remunerazione per tariffa, la suddetta DGR prevede, in via integrativa ed all’espresso fine del “mantenimento delle funzioni di emergenza”, che vi sia un finanziamento aggiuntivo proporzionale al valore del ricovero per acuti ed, infine, che si proceda a consuntivo a verificare la rimuneratività del metodo di valorizzazione del sistema dell’emergenza e del pronto soccorso in ordine ai costi del personale.
6.3. Inoltre va dichiarata manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art 8 quinquies, comma 2, lettera d, D.LGS. n.502/1992, sollevata con riferimento agli artt. 31, 41 e 97 Cost., ove la disposizione di legge sia intesa nel senso che le prestazioni di emergenza possano non essere remunerate in relazione al numero reale delle prestazioni medesime.
Al riguardo è sufficiente osservare che i parametri di remunerazione fissati dal legislatore statale appaiono ragionevoli e non contrastanti con gli altri parametri costituzionali invocati quali, da un lato, l’iniziativa economica e, dall’altro, il buon andamento (cui deve essere improntata la programmazione economica), tenuto conto della immanente necessità di assicurare il rispetto dell’equilibrio di bilancio, altro principio costituzionalmente protetto
7. Con il quinto articolato motivo l’appellante ripropone le censure già dedotte in primo grado in ordine alla asserita mancanza dei requisiti di certezza e determinatezza dei sistemi di remunerazione mentre il sistema di remunerazione previsto dalla legge consentirebbe all’operatore sanitario privato di valutare la convenienza sulla base di parametri certi .
In particolare (ad avviso dell’Ospedale appellante) la DGR impugnata (allegato 3, commi 11 e 12), quando dispone che le prestazioni extra budget vengano remunerate (con tariffa regressiva) solo nel limite di uno sforamento del 2% e solo se viene rispettato il tasso di ospedalizzazione programmato, in effetti ne condizionerebbe la remunerazione ad una variabile esterna, che non può assolutamente governata dalla struttura erogatrice.
Il problema dell’indeterminatezza del sistema di remunerazione sarebbe evidente nel caso delle prestazioni ambulatoriali di RMN, per le quali la DGR impugnata (all’allegato 10, punto 7) dispone l’attribuzione alle singole strutture del valore corrispondente al numero di prestazioni erogate nel triennio 2003-2005, nonché alla produzione media più alta degli altri soggetti, ove si tratti di strutture con produzione media non compatibile con le risorse programmate dalla Regione.
7.1. L’assunto va disatteso.
Infatti, premesso che il sistema non obbliga la struttura sanitaria classificata ad erogare prestazioni a carico del SSN oltre il tetto di pesa annuo, appare evidente che, in primo luogo, rientra nelle scelte imprenditoriali del singolo soggetto erogatore la decisione di superare il tetto stabilito con prestazioni la cui remunerazione è condizionata ad elementi variabili esterni quale la verifica a consuntivo del tasso di ospedalizzazione programmato.
Inoltre va osservato che la censurata indeterminatezza, al più, concerne il calcolo della remunerazione (delle prestazioni oltre il tetto assegnato) ex ante, ma non ex post, quando a consuntivo viene verificato il tasso di ospedalizzazione programmato.
7.2. Quanto, poi, alla indeterminatezza della remunerazione delle prestazioni di RMN, la Regione osserva che la asserita indeterminatezza non sussiste in quanto la stessa DGR contiene i dati sufficienti per elaborare quali siano le prestazioni e le risorse programmate dalla Regione.
8. Con il sesto motivo l’appellante censura le modalità di remunerazione riservate ad alcune tipologie di prestazioni, che sarebbero viziate da illogicità ed irrazionalità, e contesta la sentenza nella parte in cui, “con esame lacunoso”, il giudice di primo grado non avrebbe valutato le ragioni poste a sostegno di tali censure, limitandosi ad affermare che si tratta di scelte di politica sanitaria ampiamente discrezionali, che nel caso di specie sono sostanzialmente corrette e che, comunque, in via di principio sono sindacabili solo in presenza di una manifesta illogicità ed irrazionalità.
8.1. Sul punto la sentenza appellata conferma con motivazione integrata.
In primo luogo, quanto all’incentivazione dei parti spontanei, la contestazione dell’appellante non appare suffragata dal confronto con la disposizione censurata, ove si consideri che l’allegato 7 precisa che la incentivazione del parto spontaneo mediante intervento tariffario è indirizzata ai parti a basso rischio, visto che questi rappresentano il 75% dei parti e risultano più suscettibili di interventi di modifica delle pratiche assistenziali.
Pertanto tale incentivazione tariffaria, mentre da un lato non risulta in contrasto con la tutela della salute della donna, dall’altro non può essere considerata penalizzante della specifica qualificazione dell’ospedale appellante come struttura di I livello in neonatologia, in quanto, in punto di fatto, l’incentivazione si rivolge ai casi semplici che non richiedono prestazioni di neonatologia, mentre, in punto di diritto, si tratta di scelte di politica sanitaria, e quindi di merito dell’azione amministrativa, non sindacabili in sede di giudizio di legittimità.
8.2. Analoghe considerazioni vanno fatte per le censure formulate sulle verifiche di appropriatezza delle prestazioni e conseguente eventuale riclassificazione della remunerazione delle medesime con passaggio dal regime di ricovero per acuti a quello di day hospital (vedi allegato 4 ed allegato 5) .
Come si è detto, si tratta di esercizio della potestà programmatoria della Regione e di scelte di merito dell’azione amministrativa.
Inoltre. quanto alla prevista retroattività al 1 gennaio 2006 della verifica di appropriatezza di alcune prestazioni (allegato 4), non vi ragione per censurare la DGR impugnata, in quanto (come rileva la memoria della Regione) l’appellante non ha considerato che per il 2006 la Regione (come si legge nello stesso allegato) conferma per i vari DRG ( diagnostic related group)le soglie di ammissibilità, ai fini della valutazione di appropriatezza già previste dalla DGR n.731/2005 e, quindi, realizza una perfetta sovrapponibilità delle soglie regionali, che non lede l’affidamento della struttura erogatrice circa il sistema di remunerazione in concreto applicato alle prestazioni .
8.3. Quanto, poi, alla pretesa illegittimità sotto plurimi aspetti dello stesso sistema dei valori soglia con conseguente riclassificazione delle prestazioni, si tratta di censure di merito e, quindi, in quanto tali non ammissibili.
8.4. Analoga considerazione va fatta per le censure relative alla remunerazione delle prestazioni ambulatoriali, che, con lo scopo di una migliore utilizzazione delle strutture sanitarie e di una indifferibile riduzione dei costi, vengono potenziate come forme di assistenza alternative al ricovero che è la modalità più costosa e più rigida di assistenza.
L’appellante critica il sistema APA(accorpamenti di prestazioni ambulatoriali) e PAC (pacchetti ambulatoriali complessi), confermato per il 2006 nell’allegato 4 della DGR impugnata, in quanto, a suo avviso, per le prestazioni APA sarebbe illegittimamente prevista una tariffa ridotta rispetto a quelle fissate dal tariffario nazionale per le corrispondenti prestazioni erogate in regime di day hospital;in particolare la DGR impugnata non terrebbe conto della ulteriore attività, con i conseguenti costi, che richiede l’erogazione di un PAC.
8.5. In punto di fatto, peraltro, va osservato che (a differenza di quanto deduce l’ospedale appellante) il PAC viene remunerato con una tariffa pari alla somma delle tariffe fissate dal nomenclatore tariffario regionale per le singole prestazioni erogate;per cui (come rileva la memoria della Regione) spetta alla struttura sanitaria adottare modelli organizzativi atti alla migliore utilizzazione delle risorse aziendali anche nei trasferimenti delle attività da un regime all’altro.
Inoltre si tratta di modelli organizzativi ancora in sperimentazione, considerato che la stessa DGR n.143/2006 prevede che le tariffe individuate per il PAC abbiano carattere provvisorio e possano essere modificate in seguito ad opportune valutazioni dei costi di produzione od a variazioni del nomenclatore tariffario.
8.6. Né, al fine di valutare la razionalità della tariffazione, risulta rilevante la circostanza che in via transitoria per il 2006, secondo quanto dispone l’allegato 4, gli assistiti, per le prestazioni PAC, non sono tenuti alla compartecipazione diretta alla spesa sanitaria mediante il pagamento del ticket.
Infatti si tratta di modalità di pagamento della prestazione erogata (con riflessi sui flussi di cassa), che non può incidere sul censurato profilo di irrazionalità della tariffa, che attiene, invece, ai criteri di valorizzazione della remunerazione delle prestazioni in questione.
9. Infine l’appellante ripropone il motivo di ricorso che il giudice di primo grado avrebbe omesso di considerare, e cioè la censura della mancata previsione di rimborso dei costi sostenuti dall’ospedale ricorrente per i rinnovi contrattuali dei dipendenti e per l’indennità di esclusiva (settimo articolato ed ultimo motivo di appello).
La pretesa (come rileva la Regione nella sua difesa) è destituita di fondamento, atteso che la Regione acquista dalla struttura prestazioni sanitarie con un sistema di costi predefiniti, che sono comprensivi di ogni onere derivante dalla erogazione della medesima, come risulta dal quadro normativo in materia di programmazione sanitaria e di stipulazione degli accordi/contratti tra Regione ed ospedali classificati aventi ad oggetto il corrispettivo complessivamente preventivato a fronte delle attività concordate, salva verifica a consuntivo.
In particolare (come ha affermato questo Consiglio di Stato con il parere della A.G. n.4949/2013, reso alla Regione Lazio su affare R.G. 3748/2013) anche nel quadro normativo vigente per la valorizzazione delle prestazioni erogate nel 2006 (cioè prima delle modifiche apportate dall’art.79 del D.L. n.112/2008 convertito nella legge n.133/2008) gli accordi con le strutture sanitarie non prendono in considerazione gli oneri finanziari derivanti da specifiche voci come i rinnovi contrattuali dei dipendenti, ma stabiliscono che l’attività assistenziale sia finanziata globalmente a prestazione nell’ambito di volumi di prestazioni e di tetti di spesa, entrambi predeterminati annualmente dalla Regione nel rispetto dei vincoli di bilancio (pur in presenza di una non assoluta vincolatività dei suddetti tetti).
10. Infine l’appellante rappresenta che la Regione Lazio non avrebbe dato applicazione all’art.9 del D.L. 203/2005 (convertito nella legge n.38/2005), in quanto non avrebbe predisposto nel bilancio gli accantonamenti delle somme necessarie alla copertura degli oneri finanziari, derivanti dal rinnovo dei contratti collettivi nazionali della dirigenza medica e del personale del comparto del SSN.
L’appellante, comunque, per l’ipotesi in cui si ritenga che il beneficio di tale finanziamento degli oneri contrattuali non si estenda agli ospedali classificati, eccepisce, in via subordinata, l’illegittimità costituzionale della suddetta norma con riferimento agli artt. 3, 41 e 97 Cost.
10.1. L’eccezione, oltre ad essere manifestamente infondata, presenta anche profili di non rilevanza per la decisione della presente controversia.
Infatti, nel caso in questione, in realtà lo stesso appellante sollecita la Regione Lazio a provvedere al riconoscimento degli oneri derivanti dal rinnovo dei contratti del personale degli Ospedali classificati, in asserita attuazione di quanto già stabilito nell’accordo sottoscritto tra la Regione Lazio e lo stesso ospedale appellante per il 2004 e per il 2006, pur se subordinato al vincolo del finanziamento della voce alle corrispondenti determinazioni governative.
Pertanto, nel presente giudizio, il mancato finanziamento degli oneri contrattuali (compresa l’indennità di esclusiva della dirigenza medica) a favore degli ospedali classificati viene dedotto innanzitutto come profilo di illegittimità della DGR n.143/2006, che, quanto al sistema di remunerazione delle prestazioni sanitarie per il 2006, non avrebbe adempiuto ad un asserito obbligo specifico regionale, incorrendo nella violazione dell’art.9 del D.L. n.203/2005, di cui si invoca l’attuazione.
10.2. L’appellante, comunque, nel dubbio che la mancata adozione dei necessari provvedimenti sul punto da parte della Regione sia da addebitare ad una lettura restrittiva della norma in questione, in via subordinata, solleva l’eccezione di legittimità costituzionale della norma medesima, ove la Regione implicitamente escluda l’estensione del beneficio in questione anche agli ospedali classificati .
L’eccezione, ad avviso del Collegio, è anche manifestamente infondata.
10.3. Al riguardo, ai fini della determinazione del finanziamento globale delle singole strutture sanitarie per le “funzioni non tariffate”, la Regione (nella seconda memoria) ha correttamente rappresentato che l’art.8 sexies del D.LGS. n.502/1992 (introdotto nel 1999) stabilisce sia un sistema di remunerazione per funzione assistenziale in base al costo standard di produzione del programma di assistenza sia un sistema di remunerazione per prestazione “ a tariffe predefinite”;inoltre la stessa Regione ha precisato che l’individuazione delle singole funzioni rientra nella competenza del Ministero della Salute, che (previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni) definisce i criteri generali per la remunerazione massima, sulla base di standard organizzativi, dei costi unitari predefiniti dei fattori produttivi, tenendo conto del volume ( appropriato) dell’attività svolta.
10.4. Peraltro in questo giudizio di appello la Regione Lazio ha fatto presente che, poiché il provvedimento ministeriale non era stato adottato, mancavano i criteri generali per definire quali fossero i fattori produttivi da prendere in considerazione e quali fossero i relativi “costi unitari predefiniti”, ma ha aggiunto che i competenti organi regionali, in via transitoria, hanno, comunque, deliberato di privilegiare, tra le funzioni, le attività di emergenza, terapia intensiva e di trapianto organi.
Peraltro, specularmente, la posizione della Regione Lazio trovava conferma nella giurisprudenza, che evidenziava come la remunerazione forfettaria delle funzioni ha carattere aggiuntivo e viene erogata dalla Regione nel rispetto dei vincoli di bilancio .
10.6. Nel caso specifico (come abbiamo già detto sopra) la DGR n.143/2006, quanto alla remunerazione dei maggiori costi relativi alla rete dell’emergenza, ha individuato un sistema basato sulla remunerazione degli accessi (senza ricovero) computati per tariffa-codice triage ed una remunerazione aggiuntiva proporzionale al ricovero per acuti.
Quindi, in tal guisa, la Regione (con la remunerazione di due fattori) provvede anche a finanziare i maggiori costi per le attività di PS/DEA, pur nel rispetto dei vincoli di bilancio per la gestione delle risorse del FSR- Fondo Sanitario Regionale.
10.6. In particolare la Regione Lazio già con DGR n.1914/2000 e DGR n.1094/2001 (vedi giudizio di primo grado), modificando la precedente DGR 7.3.2000, n.703, aveva previsto il finanziamento a tariffa, anziché quello a totale copertura dei costi, con una verifica a consuntivo per assicurare la rimuneratività dei costi del personale ed aveva introdotto tale sistema proprio per salvaguardare la migliore utilizzazione delle limitate risorse di bilancio.
La regione Lazio, comunque, a favore delle strutture sanitarie dotate di servizio di P.S. di particolare complessità, già all’epoca aveva riconosciuto (ad integrazione della remunerazione tariffaria) non solo il costo del personale adibito al servizio (ove superiore al valore della tariffa per gli accessi al P.S.), ma anche un finanziamento aggiuntivo proporzionale al valore degli eventuali connessi ricoveri per acuti.
Per le esposte considerazioni, ad avviso del Collegio, l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art.9 del D.L. n.203/2005 con riferimento agli artt.3, 41 e 97 Cost. non ha pregio, in quanto manifestamente infondata.
11.In conclusione, preliminarmente dichiarate manifestamente infondate le eccezioni di illegittimità costituzionale dell’art. 8 quinquies, comma 2, lettera d, del D.LGS. n.502/1992, sollevata con riferimento agli artt.31,41 e 97 Cost, e dell’art. 9 del D.L.n.203/2005 convertito nella legge n.248/2005 con riferimento agli art.3,41 e 97 Cost., nel merito respinge l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata con motivazione integrata in parte qua.
Considerate le caratteristiche della controversia, che si inserisce in un più ampio contenzioso instauratosi tra la Regione Lazio ed i c.d. ospedali classificati in ordine ad alcune caratteristiche dei tetti di spesa annuali, sussistono i presupposti per compensare le spese di questo grado di giudizio tra le parti.