Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-02-24, n. 201101170

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-02-24, n. 201101170
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201101170
Data del deposito : 24 febbraio 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03118/2008 REG.RIC.

N. 01170/2011REG.PROV.COLL.

N. 03118/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3118 del 2008, proposto dal signor B G D, e dalla signora B A, in qualità di successore di della signora P B V, rappresentati e difesi dall'avv. A M, con domicilio eletto presso lo studio Grez e Associati S.R.L. in Roma, Lungotevere Flaminio, 46 Iv/B;;

contro

Il Ministero delle Infrastrutture, il Ministero dell'Internoe la Prefettura di Forlì-Cesena, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, tutti rappresentati e difesi dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, sono ope legis domiciliati, Enel S.p.A.;

e con l'intervento di

ad opponendum, della Terna S.p.A., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Cesare Caturani, Giuseppe De Vergottini e Filomena Passeggio, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giuseppe De Vergottini in Roma, via A. Bertoloni, 44;

per la riforma della sentenza del T.A.R. del LAZIO – Sede di ROMA- SEZIONE I n. 14204/2007, resa tra le parti, concernente OCCUPAZIONE D'URGENZA E IMPOSIZIONE SERVITU' PERPETUA DI ELETTRODOTTO


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture, del Ministero dell'Interno e della Prefettura di Forlì-Cesena;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1° febbraio 2011 il Consigliere F T e uditi per le parti l’avvocato Salvatore, per delega dell’avvocato Mantero, l’avvocato dello Stato Borgo, e l’avvocato Caturani;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con il ricorso di primo grado n. 11947 del 1995, gli odierni appellanti (proprietari dei terreni asserviti al vincolo di elettrodotto passivo perpetuo in favore di Enel SPA, linea 308 KV Forlì-Fano) hanno impugnato innanzi al TAR del Lazio –Sede di Roma – il decreto impositivo della servitù emesso in data 5 aprile 1995 e notificato il 3 giugno 1995, nonché gli atti presupposti, rilevando che non sono stati notificati gli atti riguardanti la pubblica utilità dell’opera.

Essi hanno dedotto numerose censure di violazione di legge e di eccesso di potere.

Con la sentenza impugnata, il TAR ha dichiarato inammissibile il ricorso, in quanto contenente unicamente censure di illegittimità derivata dagli atti presupposti, che non sono stati tempestivamente impugnati.

Il TAR ha rilevato che:

- il piano particolareggiato di esecuzione e l’elenco delle ditte interessate alla esecuzione dei lavori di asservimento sono stati depositati nella segreteria del comune di Misano Adriatico interessato, e pubblicato sul FAL della provincia di Forlì:

- l’amministrazione ha legittimamente applicato l’art. 17 della legge n. 2359 del 1865, ratione temporis applicabile, sicché il termine di impugnazione avverso i medesimi atti decorreva dalla scadenza del termine di pubblicazione dei medesimi, a nulla rilevando la omessa notifica individuale dell’atto.

2 La sentenza del TAR è stata appellata da un originario ricorrente e dall’avente causa dell’altra ricorrente, che ne hanno contestato la correttezza, proponendo articolati motivi di impugnazione.

In primo luogo essi hanno chiesto che il Consiglio di Stato dichiari il difetto di giurisdizione del plesso giurisdizionale amministrativo.

In secondo luogo, essi hanno dedotto che il ricorso di primo grado sarebbe tempestivo, poiché:

- gli atti dichiarativi della pubblica utilità non afferivano, se non in minima parte (mq 400 della particella n. 31 del foglio 15), alle particelle nella titolarità degli appellanti;

- l’approvazione del progetto sarebbe carente, come anche la dichiarazione di pubblica utilità e la decretazione di occupazione d’urgenza, sicché si sarebbe in presenza di un mero comportamento di fatto e di un comportamento illecito, con il conseguente difetto di giurisdizione amministrativa.

In via subordinata, gli appellanti hanno dedotto il termine di proposizione del ricorso di primo grado sarebbe cominciato a a decorrere non già dalla pubblicazione del provvedimento disciplinato dall’art. 17 della legge n. 2359 del 1865, ma dalla data di notifica o comunicazione individuale dell’atto.

Gli appellanti hanno inoltre richiamato i motivi di primo grado non esaminati dal primo giudice ed hanno chiesto l’annullamento della sentenza con rinvio al TAR, ovvero l’accoglimento del gravame nel merito da parte della Sezione.

Le Amministrazioni appellate hanno depositato una memoria, chiedendo la reiezione dell’appello, e – in particolare – eccependo l’inammissibilità del motivo, proposto per la prima volta in appello, sulla insussistenza della giurisdizione amministrativa.

La s.p.a. Terna (in qualità di successore a titolo particolare della s.p.a. Enel) ha depositato una memoria, chiedendo la reiezione dell’appello.

Gli appellanti hanno depositato una memoria in data 22 dicembre 2010, con cui hanno insistito nelle già formulate conclusioni ed hanno riportato le censure formulate in primo grado.

La s.p.a. Terna ha ribadito le proprie conclusioni, depositando una memoria di replica in data 21 gennaio 2011.

DIRITTO

1. L’appello è infondato e deve essere respinto, con conseguente conferma della appellata sentenza.

2. Col primo motivo, gli appellanti hanno dedotto che non sussisterebbe la giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere il loro ricorso di primo grado.

2.1. La censura – contrariamente a quanto sostenuto dalle parti appellate – è ammissibile sebbene proposta dall’originario ricorrente di primo grado e sebbene questi, nell’ottavo motivo del ricorso di primo grado, avesse prospettato i fatti sottesi alla doglianza qualificandoli unicamente quale vizio di legittimità dell’azione amministrativa.

Per la pacifica giurisprudenza che il collegio condivide e fa propria (Corte di Cassazione, Sez. Un., 10 agosto 1996, n. 7405;
Consiglio Stato, sez. V, 5 dicembre 2008, n. 6049), il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo può essere dedotto, in sede di impugnazione, anche dalla parte che ha proposto il ricorso di primo grado.

2.2. La censura risulta infondata e va respinta.

Risulta dalla documentazione acquisita (e dallo stesso ottavo motivo del ricorso di primo grado) che:

- la particella n. 75 del foglio di mappa 15 venne frazionata e che una delle particelle risultanti dal frazionamento è la n. 405 (mentre le particelle 416, 417, 418 non esistevano al momento della dichiarazione di pubblica utilità);

- il provvedimento di occupazione di urgenza fa riferimento alle particelle 31, 75, e 76.

In ordine alla particella n. 31 non v’è contestazione alcuna;
ugualmente non v’è contestazione con riferimento alla n. 76, non appartenente più agli appellanti.

Quanto a quella n. 75, vi è stata una non aggiornata indicazione del dato catastale, che non ha tenuto conto dell’avvenuto frazionamento: ciò è reso palese anche dalla indicazione della superficie da occupare (pari a mq 8474 circa), laddove invece risulta che l’intera superficie della originaria particella 75 era pari a circa 30 mila metri quadri.

Per la costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, l'inesatta individuazione del frazionamento delle particelle catastali interessate dall'espropriazione non inficia la legittimità della procedura espropriativa stessa (Consiglio Stato , sez. IV, 23 gennaio 1984 , n. 28) e a maggior ragione tale principio va applicato nella specie, in cui è facilmente rilevabile la corrispondenza dei dati a seguito del frazionamento.

Del resto, l'inesatta indicazione degli estremi di immobili oggetto di espropriazione, quando non generi incertezze, al più dà luogo ad errori materiali che possono essere rettificati in ogni momento (Consiglio Stato , sez. II, 24 ottobre 1990, n. 264).

Ritiene inoltre il collegio che in nessun caso, tuttavia, l’imprecisa indicazione delle particelle possa dar luogo alla giurisdizione del giudice civile: la controversia riguarda comunque l’esercizio del pubblico potere, preso in considerazione dapprima dall’art. 53 del testo unico sugli espropri (come osservato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 191 del 2006) e poi dall’art. 133 del Codice del processo amministrativo, ed in ogni caso non incide sulla natura autoritativa degli atti emessi nel corso del procedimento, di per sé incidenti su posizioni di interesse legittimo.

Per di più, il decreto ministeriale n. 1806 del 15 gennaio 1998, con cui è stata dichiarata la pubblica utilità ed indifferibilità ed urgenza dell’elettrodotto, aveva espressamente autorizzato la s.p.a. Enel ad apportare modesti spostamenti di tracciato nel corso della fase esecutiva dell’opera, sicché anche sotto tale profilo emerge che le doglianze degli appellanti sono rivolte ad un atto espressivo di una pubblica funzione.

In ogni caso, le aree di proprietà degli appellanti risultano prese in considerazione negli atti ministeriali dichiarativi della pubblica utilità, sicché la giurisdizione amministrativa sussiste ai sensi del sopra richiamato art. 53, rilevante nel giudizio quanto meno ai sensi dell’art. 5 c.p.c., perché entrato in vigore nel corso del primo grado del giudizio.

3. Nella sua restante parte, l’atto di appello si è limitato a richiamare le censure di primo grado.

Il gravame per questa parte risulta inammissibile, poiché per la giurisprudenza di questo Consiglio, che il collegio condivide e fa proprie, l’originario ricorrente ha l’onere di riproporre le censure di primo grado, senza poterle genericamente richiamare(Consiglio Stato, sez. V, 28 marzo 2007, n. 1446).

L’appellante non ha assolto a tale onere posto che nel ricorso in appello ha unicamente fatto generico rinvio “ai motivi proposti in primo grado e non esaminati”

Ciò comporta che, quand’anche fosse riformata la statuizione del TAR sulla tardività delle censure formulate in primo grado, questo non potrebbero essere esaminate.

5. Tuttavia, la Sezione ritiene di confermare la statuizione di inammissibilità, poiché sono infondate le censure al riguardo dedotte dagli appellanti.

Col ricorso di primo grado, proposto a seguito dell’emanazione del decreto di asservimento del 5 aprile 1995 e notificato il 3 giugno 1995, sono state dedotte censure riguardanti i decreti ministeriali declaratori della pubblica utilità ed indifferibilità ed urgenza dell’elettrodotto, emessi il 15 gennaio 1988 e 30 giugno 1989.

Il Tribunale amministrativo ha rilevato la tardività dell’impugnazione di tali decreti, evidenziando che ai sensi dell’art. 17 della legge n. 2359 del 1865 non era prevista la notifica individuale dell’atto dichiarativo della pubblica utilità, di guisa che il termine di impugnazione decorreva dalla pubblicazione del piano esecutivo (si veda sulle conseguenze discendenti dall’applicazione dell’art. 17, Consiglio Stato, sez. VI, 2 marzo 2004, n. 972).

Ritiene la Sezione che tale statuizione del TAR vada confermata, poiché si è basata sul dato testuale dell’art. 17, volto alla semplificazione del procedimento.

Peraltro, è decisivo considerare che il provvedimento di occupazione di urgenza dell’area, emesso il 6.4.1990, è stato notificato agli allora proprietari (che, infatti, di tale circostanza danno atto): risulta agli atti anche l’avviso di ricevimento del 6 maggio 1990, riguardante la spedizione della raccomandata trasmessa in data 28-30 aprile 1990.

L’ordinanza di occupazione d’urgenza ha espressamente richiamato i decreti ministeriali declaratori della pubblica utilità ed urgenza ed indifferibilità dell’opera, sicché la notifica della medesima ordinanza (che pure indicava la particella 31, tra le altre) ha comportato la decorrenza del termine di impugnazione degli atti presupposti (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 27 maggio 2002 , n. 2924).

Risulta pertanto palesemente tardiva la proposizione delle censure avverso gli atti presupposti (autonomamente lesivi ed impugnabili), in sede di impugnazione del provvedimento conclusivo del procedimento.

4. Per le ragioni che precedono, l’appello va respinto.

Le spese processuali seguono la soccombenza e pertanto gli appellanti devono essere condannati in solido al pagamento delle medesime in favore delle amministrazioni appellate e di Terna SPA in misura che appare congruo quantificare, avuto riguardo alla natura della controversia, in euro duemila (€ 2000/00) in favore delle amministrazioni statali appellate ed euro quattromila (€ 4000/00) in favore di Terna SPA, oltre accessori di legge, se dovuti.

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