Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2022-03-08, n. 202201665

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2022-03-08, n. 202201665
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202201665
Data del deposito : 8 marzo 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/03/2022

N. 01665/2022REG.PROV.COLL.

N. 08563/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8563 del 2021, proposto da
A E, R P, rappresentati e difesi dall'avvocato A S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Francesco Villa Pizzi in Roma, via Donatello n.23;

contro

Ministero dell’Università e della Ricerca, Cineca Consorzio Interuniversitario, non costituiti in giudizio;
Ministero dell'Istruzione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Presidenza del Consiglio dei Ministri, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 09927/2021, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Presidenza del Consiglio dei Ministri e di Ministero dell'Istruzione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 febbraio 2022 il Cons. Rosaria Maria Castorina e uditi per le parti l’avvocato Giulio Castrogiovanni in dichiarata delega dell'avv. A S;

Nessuno è comparso per le amministrazioni appellate;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO


A E e R P, medici di medicina generale convenzionati con il SSN, nell’ambito del servizio di emergenza sanitaria territoriale di cui al capo V dell’Accordo Collettivo Nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, hanno partecipato alla prova di concorso per l’accesso alle scuole di specializzazione, per l’a.a. 2020/2021, indetto con D.D. n. 1205 del 21 maggio 2021 collocandosi in posti utili in graduatoria.

Entrambi, tuttavia, non hanno perfezionato l’iscrizione alla scuola di specializzazione, versando in situazione di incompatibilità;
impugnavano quindi il bando concorsuale emesso dal Ministero dell’Università e della Ricerca con specifico riferimento all’art. 13 che, nel prevedere l’incompatibilità con l’iscrizione o la frequenza ai corsi di specializzazione di cui al D.lgs. 368/1999” “per i medici che rientrano nell’accordo collettivo nazionale per la disciplina con i medici di medicina generale, compresi quelli dell’Emergenza Sanitaria Territoriale” impediva loro qualsivoglia chance, sia attuale che futura, di conseguire una formazione medico specialistica, salvo dover forzatamente rinunciare ed abbandonare il proprio lavoro, risolvendo il rapporto convenzionale in essere.

Il Tar del Lazio rigettava il ricorso.

I ricorrenti appellavano la sentenza.

Resistevano il Ministero dell’istruzione e la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

All’udienza del 15.2.2022 la causa passava in decisione.

DIRITTO

1. Con il motivo di appello i ricorrenti lamentano: illogica e erronea motivazione;
manifesta fondatezza della questione di costituzionalità proposta;
violazione degli artt. 3, 4, 34 della Costituzione.

La censura non è fondata.

L’art. 4, comma 2, lett. c,d,e) del D.P.R. n. 484 del 1996, prevede l'incompatibilità del medico che sia iscritto o frequenti i corsi di specializzazione previsti dal menzionato D.Lvo n. 257 del 1991 e per quelli previsti dal D.Lvo n. 256 del 1991. Il comma cinque del medesimo articolo prevede che l’insorgenza di una delle situazioni di incompatibilità previste dall'articolo medesimo comporta la cessazione del rapporto convenzionale secondo le modalità previste dall'art. 6 del medesimo decreto presidenziale.

Detta incompatibilità è confermata dall’art. 4, comma 2, lett. f) del successivo D.P.R. n. 270 del 2000.

L’art. 8 del D.P.R. 484/1996, a proposito dell’aggiornamento obbligatorio e facoltativo nonché della formazione permanente del medico convenzionato prevede che, salva una diversa determinazione concordata a livello regionale, i corsi si svolgono il sabato mattina per almeno 8 sabati per almeno 32 ore annue. Pertanto il legislatore ha previsto un determinato sistema per la formazione e l’aggiornamento del medico convenzionato in corso di rapporto convenzionale.

L’esclusività del rapporto di lavoro con il Servizio sanitario emerge, con chiarezza, dall’art.4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991 n. 412, secondo cui: “Con il Servizio sanitario nazionale può intercorrere un unico rapporto di lavoro. Tale rapporto è incompatibile con ogni altro rapporto di lavoro dipendente, pubblico o privato, e con altri rapporti anche di natura convenzionale con il Servizio sanitario nazionale. Il rapporto di lavoro con il Servizio sanitario nazionale è altresì incompatibile con l’esercizio di altre attività.”

2. Il  D.P.R. 10 marzo 1982, n. 162, concernente il riordinamento delle scuole di specializzazione, prevede che le scuole di specializzazione fanno parte dell’ordinamento universitario e concorrono a realizzare i fini istituzionali dell’Università. Più precisamente il medesimo decreto specifica che presso le Università possono essere costituite “scuole di specializzazione per il conseguimento, successivamente alla laurea, di diplomi che legittimino nei rami di esercizio professionale l’assunzione della qualifica di specialista” (art. 1). Con legge 30 novembre 1989, n. 398 recante norme in materia di borse di studio universitarie, è stato previsto che le Università conferiscano borse di studio per la frequenza dei corsi di specializzazione previste dal precedente D.P.R. 162/1982, assegnate con decreto del Rettore sulla base di graduatorie di merito formate in occasione degli esami di ammissione. L’art. 6 del medesimo testo di legge disciplina le menzionate borse di studio e al comma 7 prevede che ai “dipendenti pubblici che usufruiscono delle borse di studio è estesa la possibilità di chiedere il collocamento in congedo straordinario per motivi di studio senza assegni".

La formazione specialistica dei medici ammessi alle scuole universitarie di specializzazione si svolge “a tempo pieno” (art. 1 e 4, comma 4, D. Lvo 257/1991);
e ai sensi dell'art. 35, comma 4, del D.Lvo 368/1999, per specifiche esigenze del servizio sanitario nazionale è possibile l’ammissione alle scuole di un 10% in più del numero globale degli specializzandi da formare individuati al comma uno, riservato al “personale medico di ruolo” che versi nelle condizioni ivi previste. Tale aliquota, inferiore a quella ordinaria (30%), è riferita ai medici che svolgono la formazione al di fuori della rete formativa, ossia presso strutture pubbliche non convenzionate con le aziende sanitarie.

3. Alla luce del menzionato quadro normativo, risulta inequivocabile l'incompatibilità dei medici convenzionati con il Servizio sanitario nazionale alla frequentazione dei corsi di specializzazione e risulta, inoltre, una diversa disciplina delle incompatibilità tra il personale medico di ruolo e quello con rapporto a convenzione. Detta incompatibilità è da sempre prevista e ribadita sia nelle norme di disciplina del rapporto medico a convenzione sia in quelle che disciplinano la formazione specialistica e le scuole di specializzazione.

Nessuna confusione di “status” lavorativo può poi fondarsi sul menzionato quadro normativo in cui la legge è chiara nel ritenere che per il personale appartenente agli enti del servizio sanitario si debba fare esclusivamente riferimento al personale di ruolo o comunque legato con vincolo di subordinazione (in contrapposto a quello di lavoro autonomo).

Solo per quello di ruolo, infatti, la legge prevede che "Lo specializzando, ove sussista un rapporto di pubblico impiego, ...è collocato in posizione di congedo straordinario”.

4. Questo Consiglio di Stato (Sent. n. 2171/17) ha già affermato la legittimità dell’art. 11 del D.M. del Ministero della Salute del 7 marzo 2006 nella misura in cui, valorizzando debitamente la ratio dell’art. 24 del d. lgs. n. 368 del 1999 e il significato della frequentazione a tempo pieno dei corsisti, inibisce al medico in formazione l’esercizio di attività libero-professionali ed ogni rapporto convenzionale, precario o di consulenza con il Servizio sanitario nazionale o enti e istituzioni pubbliche o private, anche di carattere saltuario o temporaneo ed esclude altresì, durante la frequenza del corso, la contemporanea iscrizione o frequenza a corsi di specializzazione o dottorati di ricerca, anche qualora si consegua tale stato successivamente all’inizio del corso di formazione specifica in medicina generale.

L’art. 24 comma 3 del D. Lgs. 368/99, come modificato dal D. Lgs. 277/03, prevede che “La formazione a tempo pieno implica la partecipazione alla totalità delle attività mediche del servizio nel quale si effettua la formazione, comprese le guardie, in modo che il medico in formazione dedichi a tale formazione pratica e teorica tutta la sua attività professionale per l’intera durata della normale settimana lavorativa e per tutta la durata dell’anno.”

Ancor più esplicito è, in tal senso, il comma 4 dello stesso art. 24 del D. lgs. n. 368 del 1999, laddove prevede che la formazione a tempo pieno “implica la partecipazione alla totalità delle attività mediche del servizio nel quale si effettua la formazione, comprese le guardie, in modo che il medico in formazione dedichi a tale formazione pratica e teorica tutta la sua attività professionale per l’intera durata della normale settimana lavorativa e per tutta la durata dell’anno”.

5. Nella prospettazione degli odierni appellanti esiste una differenza di trattamento giuridico tra i medici dipendenti del SSN a tempo indeterminato, ed i medici convenzionati con il servizio medesimo quali essi sono.

Occorre chiarire che la situazione giuridica del medico convenzionato non è eguale, né è comparabile sotto il profilo che rileva, con quello di medico dipendente a tempo indeterminato del SSN. La prima essendo fondata, appunto, su di una convenzione la quale risponde, nel momento in cui viene scelta come strumento operativo delle Pubblica Amministrazione, ad un interesse pubblico concreto da amministrarsi anche secondo discrezionalità tecnica;
essa fonda su di un interesse valutato al momento dalla pubblica amministrazione.

Altra è la situazione giuridica del medico dipendente, assunto sulla base di un concorso pubblico, fondata sulla esigenza della pubblica amministrazione assolutamente strutturale, di dotarsi periodicamente di personale, in questo caso medico, assunto sulla base delle ordinarie necessità di organico.

E ciò quale che sia il complesso di titoli fatti valere dal concorrente al concorso pubblico ovvero dall’aspirante ad una convenzione, ordinariamente previsti dalla pubblica amministrazione nel momento in cui predispone un concorso ovvero la possibilità di concludere una convenzione.

La diversa disciplina di cui si tratta, la quale viene accusata di contrarietà alla Costituzione, conseguente alla circostanza per la quale la legge oggi consente solo al medico dipendente a tempo indeterminato del Servizio Nazionale di partecipare ad un corso di specializzazione, senza con ciò che venga messa in pericolo l’esistenza giuridica del suo rapporto con il Servizio stesso, e non lo consente invece al medico convenzionato, non appare irragionevole.

È ben evidente che la pubblica amministrazione quando permette ad un proprio dipendente di arricchire il proprio bagaglio culturale, non va incontro soltanto ad una legittima aspirazione del singolo, bensì anche al proprio interesse di poter disporre di personale sempre più fornito di strumenti professionali. Situazione che non si può ravvisare a proposito del medico convenzionato, il cui bagaglio culturale e professionale viene valutato, relativamente alle necessità che la Pubblica Amministrazione deve soddisfare, al momento della conclusione della convenzione.

Peraltro, le stesse conseguenze del diniego di autorizzazione, la cui rottura da parte del medico convenzionato comporta l’interruzione della convenzione, non può essere paragonata alla situazione che in astratto dovrebbe poter affrontare anche il medico dipendente qualora al medesimo fosse applicabile la stessa proibizione in corso di lavoro. Il medico convenzionato infatti può, comunque, al termine del suo corso di specializzazione, concludere altra convenzione. Il medico dipendente che per una qualunque ragione uscisse dal rapporto di pubblico impiego, dovrebbe affrontare un nuovo concorso pubblico, se ritenesse di volervi rientrare. Due situazioni che sono dunque strutturalmente diverse cosicché non sussistono i lamentati profili di ingiustificata diversità di trattamento: sonp, al contrario, trattamenti coerenti con la logica e la funzione dei rapporti nei quali si possono svolgere.

Non rileva a togliere valore alla funzione appena espressa la considerazione della possibilità riconosciuta ai medici specializzandi di poter lavorare in convenzione con il servizio sanitario nazionale in esternalizzazione, assumendo incarichi di medicina generale. Detta possibili realtà rientra nell’esercizio specifico di una squisita discrezionalità amministrativa e tecnica, che spetta alla pubblica amministrazione e mediante la quale essa risolve bisogni ed esigenze pubbliche del momento. La previsione di legge non pone in capo allo specializzando alcun interesse legittimo alla conclusione di una convenzione.

6. Parimenti, non si pone un tema di lesione del diritto al lavoro del cittadino, giacché questo è garantito effettivamente, per tutta la durata della convenzione, come del rapporto di impiego, fino a che sono rispettate le sue regole;

Non si pone neanche un tema di lesione dell’articolo 34 Cost., giacché il diritto del cittadino al miglioramento della propria ricchezza professionale in ogni caso deve essere esercitato nel pieno rispetto di tutti gli obblighi legittimamente assunti dal lavoratore in quanto tale.

La questione di costituzionalità complessivamente posta dagli odierni appellante è, dunque, come correttamente stabilito dal primo giudice, manifestamente infondata.

Il ricorso in appello deve essere, pertanto, respinto.

In considerazione della particolarità e della novità della questione trattata, sussistono i presupposti per compensare le spese del presente grado di giudizio.

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