Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2022-04-28, n. 202203372
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Pubblicato il 28/04/2022
N. 03372/2022REG.PROV.COLL.
N. 08978/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8978 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati M O, D D A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'economia e delle finanze, Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, Commissione tributaria regionale delle Marche, Commissione tributaria provinciale Ascoli Piceno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'economia e delle finanze, del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, della Commissione tributaria regionale delle Marche e della Commissione tributaria provinciale Ascoli Piceno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 aprile 2022 il Cons. Marco Valentini;
nessuno presente per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
L’attuale appellante, ricorrente in primo grado, componente della Commissione tributaria provinciale di Ascoli Piceno, ha impugnato avanti al TAR per le Marche la delibera n. -OMISSIS- del 12 aprile 2019, emessa dal Consiglio di presidenza della giustizia tributaria (CPGT), con la quale è stata dichiarata la sua decadenza da giudice tributario per incompatibilità, unitamente ai provvedimenti connessi.
L’impugnazione avanti il giudice di prime cure è stata affidata a quattro motivi.
Con il primo, è stata dedotta incompetenza e violazione dell’art. 12 comma 2 del D.lgs. n. 545/1992, in quanto il CPGT avrebbe dichiarato la decadenza per essere incorso nella causa di incompatibilità senza attendere il necessario decreto ministeriale, impedendo immediatamente al ricorrente di esercitare le proprie funzioni.
Con il secondo motivo, è stata dedotta la violazione dell’art. 16 del D.lgs. n. 545/1992, degli artt. 7, 8 e 10 della legge n. n. 241/1990, eccesso di potere per violazione del diritto di difesa e del diritto al contraddittorio, in quanto l’istruttoria del CPGT si sarebbe svolta senza portare a conoscenza degli esiti l’interessato e si sarebbe svolta dopo l’audizione del ricorrente.
Con il terzo motivo, è stato dedotto eccesso di potere per violazione del diritto di opzione e ad un termine per rimuovere l’incompatibilità, sostenendo l’illegittimità del provvedimento in quanto non è stato concesso un termine per la rimozione dell’incompatibilità.
Con il quarto motivo è stato dedotto eccesso di potere per erronea interpretazione dell’attività di consulenza, eccesso di potere per travisamento dei fatti, sviamento della causa, irrazionalità e contraddittorietà manifesta, illogicità, e contraddittorietà dell’attività istruttoria e della motivazione dei provvedimenti impugnati. Parte ricorrente ha dedotto, sul punto, che le attività contestatigli costituivano consulenza secondo quanto previsto dalla disciplina applicabile in materia e lamentato l’erronea valutazione effettuata dal CPGT.
Con ordinanza n. -OMISSIS-del TAR per le Marche, è stata rigettata l’istanza di sospensiva degli atti impugnati proposta dal ricorrente.
Con decreto in data 11 giugno 2019, il Ministro dell’economia e delle finanze ha dichiarato il ricorrente decaduto dall’incarico di vicepresidente di Sezione della Commissione tributaria regionale per le Marche in quanto incorso nella causa di incompatibilità prevista dall’art. 8, comma 1, lett. i) del D.lgs. n. 545/1992. Il provvedimento è stato impugnato con ricorso per motivi aggiunti depositati il 9 ottobre 2019. Il ricorrente ha proposto tre ulteriori motivi di ricorso, alcuni dei quali riprendevano e ampliavano i motivi del ricorso introduttivo.
Con sentenza n.-OMISSIS-il TAR per le Marche ha respinto il ricorso introduttivo e il ricorso per motivi aggiunti.
DIRITTO
In sede di appello, il ricorrente ha chiesto la riforma della sentenza impugnata, previa sospensione dell’esecutività, reiterando le censure disattese dal TAR.
In particolare, ha dedotto cinque motivi.
Con il primo motivo, lamenta l’erroneità della sentenza di primo grado per non aver ritenuto la sussistenza dei vizi di incompetenza e violazione di legge, sub specie di violazione dell’art. 12, secondo comma del D. lgs. n. 545/1992. In particolare, la parte ricorrente ritiene che erroneamente il CPGT aveva attribuito alla delibera n.-OMISSIS- del 2.4.2019 valore ed efficacia di decadenza dall’incarico di giudice tributario, dando quindi disposizioni alle Commissioni tributarie di escludere l’interessato dalle funzioni di giudice, mentre avrebbe dovuto soltanto espletare la fase istruttoria del procedimento di decadenza, spettando poi al Ministro dell’economia e delle finanze l’adozione del vero e proprio provvedimento di decadenza.
Con il secondo motivo, la parte ricorrente lamenta l’erroneità della sentenza di prime cure per aver ritenuto che la mancata comunicazione dell’intera attività istruttoria del CPGT e la mancata audizione del ricorrente prima del provvedimento finale non abbiano viziato gli atti impugnati, così ricorrendo violazione dell’art. 16 del D.lgs. n. 545/1992, degli artt. 7,8 e10 della legge n. 241 del 1990, ed eccesso di potere per violazione del diritto di difesa e del diritto al contraddittorio. Il ricorrente argomenta che dopo l’iniziale contestazione con delibera CPGT n. -OMISSIS-e a seguito di una prima audizione dell’appellante, il CPGT aveva richiesto alla Direzione regionale dell’Agenzia delle entrate alcune ulteriori informazioni. La Direzione regionale aveva risposto e le informazioni fornite erano state riportate dal CPGT nella delibera n. -OMISSIS-/2019, quale unica motivazione. Il ricorrente ha sostenuto che il CPGT ha violato le norme sulla partecipazione al procedimento previste dalle disposizioni richiamate, in quanto non ha dato notizia delle informazioni fornite dalla Direzione regionale né ha comunicato la data della seduta finale del CPGT per poter eventualmente richiedere copia dei documenti ed essere sentito. Inoltre, la parte ricorrente evidenzia, tra l’altro, che nella delibera CPGT n. -OMISSIS-erano state contestate all’appellante alcune circostanze completamente diverse da quelle indicate nella delibera CPGT n.-OMISSIS-/2019. Il vizio denunciato avrebbe comportato un’ulteriore lesione del diritto e dell’interesse del ricorrente, risultando evidente, secondo l’appellante, che gli è stata sottratta la possibilità di far cessare le asserite cause di incompatibilità prima di essere dichiarato decaduto.
Con il terzo motivo, la parte ricorrente deduce l’erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha ritenuto non necessario che fosse fissato dal CPGT un termine per rimuovere l’incompatibilità, tale da consentire di evitare in tal modo la dichiarazione di decadenza, configurando eccesso di potere per violazione del diritto di opzione e ad un termine per rimuovere l’incompatibilità
Con il quarto motivo, la parte ricorrente deduce l’erroneità della sentenza per aver ritenuto la fondatezza delle circostanze contestate al ricorrente e che le stesse costituiscano causa di incompatibilità con la carica di giudice tributario, lamentando eccesso di potere per erronea interpretazione dell’attività di consulenza, ex art. 8 lett. i) del D. lgs. n. 545/1992, ed. eccesso di potere per travisamento dei fatti, sviamento della causa, irrazionalità e contraddittorietà manifesta, eccesso di potere per difetto, illogicità e contraddittorietà dell’attività istruttoria e della motivazione dei provvedimenti impugnati. Il ricorrente ha contestato che le circostanze indicate dal CPGT nelle delibere nn. -OMISSIS-e -OMISSIS-/2019 e dal Ministro dell’economia e delle finanze nel decreto impugnato, siano causa di incompatibilità con la carica di giudice tributario, poiché non danno luogo ad alcuna forma di consulenza tributaria. La sentenza sarebbe errata in quanto la parte ricorrente ha denegato la circostanza di aver percepito compensi dalla SO.CAF. S.a.s, tanto da averne fatto oggetto di esposti all’autorità giudiziaria penale, e altresì tutte le altre circostanze che nei provvedimenti impugnati e nella sentenza appellata lo vedono legato in qualche modo alla predetta società. Il ricorrente asserisce di non prestare, quindi, e di non aver mai prestato consulenza tributaria e che le affermazioni del CPGT e del Ministero, fatte proprie dalla sentenza appellata, sono del tutto sfornite di prova. Non esiste, ad avviso della parte appellante, alcun documento o altro mezzo probatorio che attesti la veridicità delle circostanze contestate. Era peraltro compito della P.A. resistente, ad avviso dell’appellante, dimostrare la sussistenza di tutte le circostanze dedotte nei propri atti, in quanto spetta alle parti l’onere di fornire la prova dei fatti posti a fondamento delle rispettive domande ed eccezioni in applicazione, nel giudizio amministrativo, del principio dell’onere della prova sancito dall’art. 2697 cod. civ. .
Con il quinto motivo di ricorso, l’appellante deduce l’erroneità della sentenza per aver ritenuto l’irrilevanza del motivo con cui il ricorrente aveva lamentato la diversità tra le contestazioni indicate nella delibera del CPGT n. -OMISSIS-/2019 e il decreto ministeriale di decadenza, concretizzandosi violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, eccesso di potere per omessa motivazione, eccesso di potere per travisamento dei fatti emersi dall’istruttoria per aver preso in considerazione circostanze non riportate nella delibera n. -OMISSIS-/2019 del CPGT.
Il collegio rileva preliminarmente la gravità, sotto il profilo dell’imparzialità e della terzietà che deve assistere le funzioni del giudice tributario, delle condotte poste a base della motivazione della delibera n. -OMISSIS-/2019 del CPGT, puntualmente riportate nella sentenza di primo grado. Da queste si desume, tra l’altro, che la parte ricorrente, autorizzata all'accesso al servizio telematico "Entratel", ha operato, in qualità di intermediario autorizzato, su una comunicazione di anomalia nei dati degli Studi di Settore riguardante la società di cui è consulente, depositario delle scritture contabili, nonché titolare di una quota di partecipazione. Inoltre, dalla stessa motivazione emerge che egli è rappresentante e titolare di quote di partecipazione di tre società per le quali sarebbe stato consulente e depositario di scritture contabili e ha percepito compensi da società che ha la sede nel suo stesso studio. Altri elementi resi dettagliatamente in motivazione concernono il numero di invii telematici effettuati dal ricorrente relativi alle dichiarazioni di quelle società di cui la parte ricorrente è "obbligatoriamente" tenuto a svolgere l'attività di consulenza (società in liquidazione volontaria o in fallimento) effettuati a volte dalla società avente la stessa sede ed identico numero di fax. Inoltre, la richiamata delibera evidenzia come, secondo quanto emerge dalle stesse dichiarazioni rese dal ricorrente in sede di audizione e nelle memorie difensive, “lo stesso esercita l'attività professionale in locali comuni alla società interessata e ad altri professionisti che esplicano l'attività di consulenza ed assistenza tributaria ”. Nel provvedimento in esame è quindi contestata la commistione tra l’attività del ricorrente e quello di uno studio di consulenza fiscale, del quale in precedenza il ricorrente era socio e nei cui locali ha sede la propria attività. In tali locali egli ha inviato dichiarazioni utilizzando il proprio collegamento Entrate.
Tanto premesso, appare invero condivisibile, circa il primo motivo di appello, quanto osservato dal giudice di prime cure in ordine alla ragionevole giustificazione delle misure interinali di cui alla deliberazione n. -OMISSIS-/2019, volte a non pregiudicare lo svolgimento dell’attività giurisdizionale. Come si evince dalla Risoluzione n. 3/2000, infatti, il CPGT, ai sensi dell’articolo 24, lettera d) del D.lgs. n. 545/1992 “ delibera sulle nomine e su ogni altro provvedimento riguardante i componenti delle commissioni tributarie ”. E se è vero che ai sensi dell’art. 12, n. 2, dello stesso decreto legislativo “ la decadenza è dichiarata con decreto del Ministro delle finanze, previa deliberazione del Consiglio di Presidenza ”, nella stessa delibera si specifica il carattere recettizio del decreto ministeriale conclusivo del procedimento, in virtù del potere di autorganizzazione riconosciuto dalla legge al citato Consiglio (art. 24, sub c) e f) del D.lgs. n. 545/1992), che costituisce uno dei poteri nei quali si articola l’amministrazione della giurisdizione. Da ciò discende che ragionevolmente la delibera consiliare spieghi i propri effetti dalla data di adozione e motiva coerentemente il conseguente invito, contenuto nella delibera stessa, a non inserire nei collegi giudicanti i componenti dichiarati decaduti, al fine di non dar luogo ad irregolari composizioni dei collegi giudicanti che, diversamente, nelle more del provvedimento conclusivo, potrebbero vedere la presenza di giudici già dichiarati decaduti per provvedimento del CPGT. Il motivo è pertanto infondato.
Anche il secondo motivo di appello è ad avviso del collegio infondato. Risulta infatti corretto e comprovato agli atti quanto osservato dal giudice di prima cure relativamente alla circostanza che la delibera impugnata riporta puntualmente in motivazione le contestazioni contenute nella delibera di apertura del procedimento dell’ottobre 2017, e che pertanto la mancata notifica al ricorrente della nota dell’Agenzia delle entrate del 3 agosto 2019 si configuri come un’anomalia procedimentale non influente sul corso del procedimento, essendo quest’ultima limitata a una mera ricognizione della dimensione quantitativa della causa di incompatibilità contestata. Peraltro, come pure osservato dal giudice di prime cure, le motivazioni della delibera n. -OMISSIS-/2019 risultano fondate anche su quanto emerso dalle dichiarazioni rese dal ricorrente in sede di audizione e nelle memorie difensive.
Il terzo motivo di appello è parimenti infondato. Sul punto, il richiamo alla giurisprudenza del Consiglio di Stato effettuato dalla stessa parte appellante, circa la non necessità di previa diffida “ a cessare l'attività professionale incompatibile quando il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria risulta aver attivato un apposito procedimento per la declaratoria della decadenza stessa, rispettoso delle garanzie del contraddittorio” (Consiglio di Stato , Sez. IV, 14.4.2014, n. 1815), va letto, diversamente da quanto argomentato dalla parte ricorrente, proprio alla luce di quanto appena rappresentato con riferimento al secondo motivo di appello e alla non ravvisata violazione del principio del contraddittorio.
Il quarto motivo di appello è infondato. Correttamente il giudice di primo grado ha ritenuto che l’incompatibilità è sufficientemente definita dalla commistione di sede e attività tra lo studio dove opera il ricorrente e l’attività di quest’ultimo, con l’aggravante che il ricorrente era in precedenza socio di tale studio e dunque idonea a supportare il provvedimento impugnato. Sul punto, il dettato normativo (art. 8, comma 1, lett i) del D. lgs. n. 545/1992) risulta nel contempo ampio e univoco nel definire l’impossibilità di essere parte delle Commissioni tributarie, tra l’altro, per “ i) coloro che in qualsiasi forma, anche se in modo saltuario o accessorio ad altra prestazione, direttamente o attraverso forme associative, esercitano l'attività di consulenza tributaria, detengono le scritture contabili e redigono i bilanci, ovvero svolgono attività di consulenza, assistenza o di rappresentanza, a qualsiasi titolo e anche nelle controversie di carattere tributario, di contribuenti singoli o associazioni di contribuenti, di società di riscossione dei tributi o di altri enti impositori ” La giurisprudenza del Consiglio di Stato, pure richiamata dal giudice di prime cure, ha avuto modo di precisare che qualsiasi attività descritta dalla norma appena citata risulta preclusiva senza che sia necessario verificare in concreto se il suo contenuto qualitativo o la continuità nel suo svolgimento compromettano il requisito della terzietà e dell'indipendenza del giudice, essendo siffatta verifica puntuale propria dei soli istituti della ricusazione e dell'astensione del giudice (Cons. Stato, IV, 12 marzo 2009, n. 1478;Cons. Stato, IV, 6 novembre 2009, n. 6953). Parimenti condivisibili sono le conclusioni del giudice di primo grado – con riferimento alle allegazioni difensive volte a contestare di aver ricevuto compensi da terzi o di aver effettuato gli invii telematici redatti da altri – con le quali si conclude che per la rilevazione dell’incompatibilità non è necessaria la presenza di un’effettiva compromissione dell’indipendenza del giudice tributario, ma è sufficiente che la prestazione di consulenza di qualsiasi tipo possa gettare dubbi sulla sua terzietà e indipendenza.
Il quinto motivo di appello è ad avviso del collegio infondato. Sul punto, si rinvia a quanto argomentato con riferimento al primo e al secondo motivo di appello, da ritenere assorbente.
Conclusivamente, il collegio ritiene che il ricorso vada respinto. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.