Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2016-04-28, n. 201601630
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N. 01630/2016REG.PROV.COLL.
N. 10700/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10700 del 2015, proposto dalla Domus Caritatis Società Cooperativa Sociale, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, in proprio e quale mandataria del r.t.i con Associazione Virtus Italia Onlus, rappresentati e difesi dall’Avv. M B, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Antonio Bertoloni, n. 26/B;
contro
Il Comune di Ardea, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’Avv. G A, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Simeto, n. 12;
il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro
pro tempore
, non costituito;
l’U.T.G. - Prefettura di Roma, in persona del Prefetto
pro tempore
, non costituito;
l’Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona del Presidente
pro tempore
, non costituita;
nei confronti di
Parsifal Consorzio di Cooperative Sociali - Società Cooperativa Sociale Onlus, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’Avv. Antonio Ascenzi, con domicilio eletto presso l’Avv. Filippo Calcioli in Roma, via Muzio Clementi, n. 58;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il Lazio, Sede di Roma, Sez. II bis, n. 14039/2015, resa tra le parti;
visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Ardea, nonché di Parsifal Consorzio di Cooperative Sociali – Società Cooperativa Sociale Onlus;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell’udienza pubblica del giorno 31 marzo 2016 il Cons. Massimiliano Noccelli e uditi per l’appellante Domus Caritatis Società Cooperativa Sociale l’Avv. M B, per il Comune di Ardea appellato l’Avv. G A e per il controinteressato Parsifal Consorzio di Cooperative Sociali – Società Cooperativa Sociale Onlus l’Avv. Antonio Ascenzi;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Col ricorso di primo grado n. 10473 del 2015, Domus Caritatis Società Cooperativa Sociale (di qui in avanti, per brevità, Domus Caritatis) ha impugnato avanti al T.A.R. Lazio il provvedimento con il quale il Comune di Ardea, in data 8 luglio 2015, ha esercitato il recesso dal contratto per l’affidamento del servizio di assistenza educativa e scolastica ad alunni diversamente abili frequentanti la scuola dell’infanzia, primaria e primo grado, ai sensi dell’art. 94, comma 2, del d. lgs. 159/2011, in seguito all’informativa interdittiva antimafia adottata dal Prefetto di Roma a carico di alcune imprese del «Gruppo La Cascina», tra le quali la odierna appellante.
1.1. La società interessata ha lamentato principalmente che, essendo stata disposta dal Prefetto il 2 luglio 2015 la straordinaria e temporanea gestione dell’impresa ai sensi dell’art. 32, comma 10, del d.l. 90 del 2014, il Comune non avesse più il potere di recedere dal contratto, alla data dell’8 luglio 2015, poiché la valutazione circa la prosecuzione o la risoluzione del rapporto sarebbe rimessa, ormai, all’autorità degli amministratori nominati dal Prefetto.
1.2. La ricorrente, deducendo quattro distinti vizi del provvedimento, ne ha chiesto, previa sospensione, l’annullamento, in una con l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione provvisoria e di aggiudicazione definitiva dell’appalto in favore del controinteressato Parsifal Consorzio di Cooperative Sociali – Società Cooperativa Sociale (di qui in avanti, per brevità, Consorzio Parsifal).
1.3. Nel primo grado di giudizio si sono costituiti il Comune di Ardea e il Consorzio Parsifal per resistere al ricorso.
1.4. Il T.A.R. Lazio, con la sentenza n. 14039 del 15 dicembre 2015, ha respinto il ricorso.
2. Avverso tale sentenza ha proposto appello Domus Caritatis, deducendo quattro distinti motivi di censura, che saranno in seguito singolarmente esaminati, e chiedendone, previa sospensione, la riforma, con conseguente accoglimento del ricorso proposto in primo grado.
2.1. Si sono costituiti il Comune di Ardea e il controinteressato Consorzio Parsifal per resistere all’appello.
2.2. Nella camera di consiglio del 14 gennaio 2016, fissata per l’esame della domanda sospensiva proposta dall’appellante, la causa è stata rinviata all’udienza pubblica del 31 marzo 2016 per il sollecito esame del merito.
2.3. Infine in tale udienza il Collegio, sentite le parti, ha trattenuto la causa in decisione.
3. Ritiene il Collegio di poter prescindere - stante l’infondatezza, nel merito, del ricorso e per un principio di economia processuale - dall’eccezione riproposta ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a. dal controinteressato Consorzio Parsifal nella propria memoria (pp. 10-11) sulla inammissibilità del ricorso originario per mancata notifica nei termini nei suoi riguardi.
3.1. L’appello è infondato e, pur con le precisazioni che seguiranno, deve essere respinto.
4. Il T.A.R. del Lazio ha ritenuto anzitutto che, per il contratto intercorso tra Domus Caritatis e il Comune di Ardea, non sussistessero i presupposti per evitare il recesso e per l’applicazione, ad esso, della temporanea e straordinaria gestione, « in quanto l’interdittiva è intervenuta in periodo estivo e l’amministrazione ha avuto comunque modo di sostituire la contraente in tempi rapidi, venendo meno dunque, anche il criterio alle richiamate Linee guida ANAC (alle quali peraltro non può che assegnarsi valore interpretativo), che presuppone la sussistenza dei presupposti applicativi » (p. 6 della sentenza impugnata).
4.1. Il primo giudice sembra insomma ritenere che il presupposto fondamentale per l’adozione della misura di amministrazione straordinaria sia la necessità di consentire la prosecuzione del servizio, ma l’Amministrazione, laddove possa far proseguire l’appalto in altro modo, può recedere dal contratto.
4.2. La statuizione del T.A.R. postulerebbe che, pur in presenza di un provvedimento prefettizio che disponga la temporanea e straordinaria gestione della società o, comunque, anche più blandamente l’avvio del procedimento teso a valutare i presupposti per l’applicazione delle misure di cui all’art. 32, comma 10, del d.l. 90 del 2014, convertito con modifiche nella l. 114 del 2014, la stazione appaltante abbia il potere di valutare l’insussistenza dei presupposti previsti da tale disposizione e statuire, comunque, il recesso dal contratto, poiché è stato possibile garantire con l’aggiudicazione ad un terzo la continuità del contratto.
4.3. E ciò, ad avviso del T.A.R., nonostante il recesso del Comune sia stato disposto l’8 luglio 2015, sei giorni dopo l’emanazione delle misure della straordinaria e temporanea gestione.
4.4. Con il primo motivo (pp. 8-14 del ricorso), l’appellante contesta tale statuizione e sostiene che, ogniqualvolta sia disposta una misura di temporanea e straordinaria gestione, attuata dal Prefetto per superiori esigenze di ordine pubblico, le singole stazioni appaltanti perderebbero il potere sul contratto e, per così dire, la facoltà di deciderne le sorti, perché ogni singolo contratto viene esaminato da un’autorità sovraordinata come funzionale non solo all’interesse pubblico “particolare” della singola amministrazione, bensì al più ampio interesse pubblico “generale”, la cui tutela è attribuita ex lege al Prefetto, in quanto per l’art. 32 « le misure sono disposte di propria iniziativa dal Prefetto ».
4.5. Ciò significa in altri termini, secondo Domus Caritatis, che una volta disposta la gestione straordinaria, di cui all’art. 32 del d.l. n. 90 del 2014, il potere di far proseguire o meno l’esecuzione del contratto spetterebbe al Prefetto, non all’Amministrazione contraente o, meglio ancora, sarebbero gli amministratori di nomina prefettizia a dover verificare se, per ciascun contratto, sussistano o meno i presupposti di cui al citato art. 32, comma 10, al fine di consentirne la prosecuzione e solo nell’ipotesi in cui i commissari – e, quindi, il Prefetto – non ritengano che ricorrano tali presupposti, l’Amministrazione potrà esercitare il diritto di recesso.
4.6. Per valutare la sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle misure previste dall’art. 32, comma 10, del d.l. n. 90 del 2014, il Prefetto deve quindi considerare tutti i contratti ancora efficaci alla data di emanazione del provvedimento interdittivo, sicché sarebbero illegittimi tutti quei provvedimenti di risoluzione o recesso adottati durante la naturale discrasia temporale tra l’interdittiva e le misure di salvaguardia degli stessi, sottraendo al Prefetto la possibilità di compiere le proprie valutazioni su tutto il perimetro aziendale.
5. La tesi dell’appellante non risulta fondata.
5.1. Va premesso che non risulta condivisibile la decisione del primo giudice, quando afferma che – poiché l’interdittiva è stata disposta nel periodo estivo - l’Amministrazione avrebbe legittimamente esercitato il recesso in quanto avrebbe tempestivamente consentito la prosecuzione del servizio mediante la sostituzione del contraente in tempi rapidi: queste ragioni risultano ininfluenti o quanto meno insufficienti per sostenere la legittimità del recesso qui contestato.
Ciò posto, si deve osservare che la tesi dell’appellante non risulta anch’essa condivisibile, quando si spinge ad affermare che la stazione appaltante, una volta disposte le misure straordinarie da parte del Prefetto, non conserverebbe alcun potere sulle sorti del contratto, rimesse alla sola valutazione del Prefetto stesso.
5.2. Si deve osservare che lo stesso provvedimento prefettizio n. 185626 del 2 luglio 2015 (doc. 5 fasc. parte appellante), con il quale sono stati nominati amministratori per la straordinaria e temporanea gestione dell’impresa il dott. Raf. Fer. e l’Avv. Ant. Ila., non ha stabilito fin ab origine a quali contratti la medesima misura dovesse essere applicata, chiarendo anzi che la straordinaria e temporanea gestione non incidesse sui contratti e sulle concessioni nei confronti dei quali le stazioni appaltanti avessero già esercitato la revoca o il recesso, ai sensi dell’art. 94, comma 2, del d. lgs. n. 159 del 2011, e incaricando i due amministratori di eseguire preliminarmente e, comunque entro i 15 giorni dall’emissione del provvedimento, « una ricognizione di tutti i contratti i pubblici di appalto e di tutte le concessioni di natura pubblica in corso di esecuzione o di completamento, escludendo, ovviamente, tutti i contratti ovvero tutte le concessioni, nel frattempo revocati, di cui il Gruppo è titolare ».
5.3. Tale ricognizione, dopo la nomina del terzo amministratore nella persona del dott. Ste. Gra. con provvedimento n. 189319 del 7 luglio 2015, è avvenuta successivamente, ad opera degli amministratori stessi, dapprima con la nota del 17 luglio 2015 e, infine e soprattutto, con il provvedimento prefettizio n. 203314 del 21 luglio 2015, che non a caso non comprende il contratto in questione tra quelli per i quali è stata, infine, disposta e autorizzata la straordinaria e temporanea gestione dell’impresa ai sensi dell’art. 32, comma 10, del d.l. n. 90 del 2014.
5.4. Si evince da questa successione temporale, anzitutto, che alla data del recesso da parte del Comune, l’8 luglio 2015, non fosse stata autorizzata dal Prefetto la straordinaria e temporanea gestione in ordine al contratto di cui è causa, ma che a quella data, pur essendo stata adottata il precedente 2 luglio 2015 tale misura ed essendo stati nominati due dei tre amministratori, fosse in corso la ricognizione, ad opera degli amministratori nominati dal Prefetto, di tutti i contratti i pubblici di appalto e di tutte le concessioni di natura pubblica in corso di esecuzione o di completamento da parte del Gruppo, escludendo da tale ricognizione (come poi si è verificato con il provvedimento del 17 luglio 2015), ovviamente, tutti i contratti ovvero tutte le concessioni, nel frattempo revocati dalle singole stazioni appaltanti, di cui il Gruppo era titolare.
5.5. Dalla lettura del decreto del 2 luglio 2015 non si desume in alcun modo che il Prefetto di Roma abbia inibito la revoca dei contratti, doverosa ai sensi dell’art. 94, comma 2, del d. lgs. n. 159 del 2011 per effetto dell’interdittiva, adottata dal Prefetto il precedente 22 giugno 2015, ma si ricava, semmai, l’esatto contrario.
5.6. E tanto in coerenza, osserva il Collegio, con la ratio dell’art. 32, comma 10, del d.l. n. 90 del 2014.
La sua ratio non è quella, sostenuta dall’appellante, di privare la stazione appaltante di ogni potere circa la risoluzione o la prosecuzione del rapporto una volta disposta la gestione straordinaria e temporanea dell’impresa, sia nell’ipotesi generale di cui all’art. 32, comma 1 (procedimenti o processi per taluni reati o situazioni anomale sintomatiche di condotte illecite) che in quella particolare, di cui ora si dirà, del comma 10 (informativa antimafia).
Il medesimo comma 10 ha invece inteso consentire eccezionalmente al Prefetto di valutare l’adozione della straordinaria e temporanea gestione dell’impresa limitatamente alla completa esecuzione del contratto di appalto o dell’accordo contrattuale o della concessione, ove l’impresa non rinnovi gli organi sociali o, nei casi più gravi, anche in via immediata e diretta, « in ragione delle esigenze funzionali alla realizzazione dell’opera pubblica, al servizio o alla fornitura oggetto del contratto ovvero dell’accordo contrattuale e comunque non oltre il collaudo » (art. 32, comma 2, del d.l. n. 90 del 2014).
5.7. Come questo Consiglio ha già avuto modo di rilevare (Cons. St., sez. III, 24 luglio 2015, n. 3653), l’attività di temporanea e straordinaria gestione « è considerata di pubblica utilità ad ogni effetto » (art. 32, comma 4, del d.l. n. 90 del 2014), poiché essa risponde al solo interesse generale di assicurare la realizzazione dell’opera, del servizio o della fornitura.
5.8. La misura della temporanea e straordinaria gestione può essere adottata dal Prefetto, ai sensi dell’art. 32, comma 10, del d.l. n. 90 del 2014, anche « nei casi in cui sia stata emessa dal Prefetto un’informazione antimafia interdittiva e sussista l’urgente necessità di assicurare il completamento dell’esecuzione del contratto ovvero dell’accordo contrattuale, ovvero la sua prosecuzione al fine di garantire la continuità di funzioni e servizi indifferibili per la tutela dei diritti fondamentali, nonché per la salvaguardia dei livelli occupazionali o dell’integrità dei bilanci pubblici, ancorché ricorrano i presupposti di cui all’articolo 94, comma 3, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 ».
5.9. Questo Consiglio ha già chiarito che la misura straordinaria può dunque seguire l’emissione dell’informativa e non deve necessariamente precederla (Cons. St., sez. III, 24 luglio 2015, n. 3653), come prevede, del resto, chiaramente l’art. 32, comma 10, del d.l. n. 90 del 2014, ponendo certo delicati problemi di coordinamento tra gli effetti interdittivi scaturenti dall’informativa e quelli conservativi propri della temporanea e straordinaria gestione.
5.10. Occorre osservare, anzitutto, che fino all’adozione della misura in questione – laddove, ovviamente, il Prefetto ritenga sussistenti i presupposti di cui all’art. 32, comma 10, del d.l. n. 90 del 2014 – l’informativa mantiene inalterati tutti gli effetti interdittivi, di cui all’art. 94, commi 1 e 2, del d. lgs. n. 159 del 2011, salva l’eccezionale ipotesi di cui al suo comma 3, che consente alla stazione appaltante di non procedere alle revoche e ai recessi di cui al comma 2, « nel caso in cui l’opera sua in corso di ultimazione ovvero, in caso di fornitura di beni e servizi ritenuta essenziale per il perseguimento dell’interesse pubblico, qualora il soggetto che la fornisce non sia sostituibile in tempi rapidi ».
5.11. La stazione appaltante, dunque, è vincolata a recedere dal contratto, quando sia stata emessa l’informativa (e salva l’eccezionale ipotesi dell’art. 94, comma 3, del d. lgs. n. 159 del 2011), se e fino a quando non sopraggiunga l’eventuale provvedimento di straordinaria e temporanea gestione adottata dal Prefetto per le eccezionali esigenze contemplate dall’art. 32, comma 10, del d.l. n. 90 del 2014.
5.12. Ciò non si è verificato nel caso di specie, perché il provvedimento del 2 luglio 2015, pur nominando in via generale gli amministratori prefettizi, ha riservato ad un successivo provvedimento – poi adottato il 17 luglio 2015 – la “ricognizione” e la determinazione dei singoli contratti rispetto ai quali gli stessi avrebbero statuito l’opportunità di consentire la completa esecuzione del rapporto tramite la gestione straordinaria e temporanea, facendo salvo il potere-dovere delle singole stazioni appaltanti, medio tempore , di procedere al recesso del rapporto e alla risoluzione del contratto con la previsione che « resta inteso che, salvo casi particolari, che saranno oggetto di valutazione ad hoc , la straordinaria e temporanea gestione […] non incide sui contratti e le concessioni nei confronti dei quali le stazioni appaltanti abbiano già esercitato la revoca o il recesso, ai sensi dell’art. 94, comma 2 del D.Lgs. 159/2011 ».
5.13. Le stesse Linee Guida dell’ANAC del 27 gennaio 2015 per l’applicazione delle misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese, invocate dall’odierna appellante, chiariscono a p. 8 che, in presenza di una informativa antimafia interdittiva, la regola generale è quella della revoca dell’aggiudicazione o, se la stipula negoziale è già intervenuta, della risoluzione del contratto, ai sensi dell’art. 94, commi 1 e 2, del d. lgs. n. 159 del 2011, costituendo la prosecuzione del contratto pubblico un rimedio di carattere straordinario, in presenza degli eccezionali requisiti, rispondenti ad esclusive finalità di interesse pubblico, e nei rigorosi limiti stabiliti dall’art. 32, comma 10, del d.l. n. 90 del 2014.
5.14. Rispetto al tema di causa, peraltro, risulta ininfluente la previsione dell’art. 94, comma 3, del d. lgs. n. 159 del 2001, dovendo qui osservarsi, solo incidenter tantum , che tale disposizione assume valenza di carattere residuale rispetto alla previsione dell’art. 32, comma 10, del d.l. n. 90 del 2014, come pure ha chiarito l’ANAC nelle sue Linee Guida , la quale consente la prosecuzione “protetta” e amministrata del contratto in un regime di c.d. legalità controllata.
5.15. La prosecuzione della esecuzione del contratto, laddove disposta dall’Amministrazione ai sensi dell’art. 94, comma 3, del d. lgs. n. 159 del 2011, cederà il passo, perché recessiva, al preminente pubblico dell’amministrazione controllata di cui all’art. 32, comma 10, del d.l. n. 90 del 2014, come chiarisce lo stesso dato letterale di tale ultima disposizione.
6. Così inquadrata la questione, nei suoi corretti termini di fatto e di diritto, il provvedimento adottato l’8 luglio 2015 dal Comune di Ardea, con il quale esso ha doverosamente esercitato il recesso dal contratto ai sensi dell’art. 94, comma 2, del d. lgs. n. 159 del 2011, non è affetto dai vizi dedotti, perché adottato dopo l’emissione dell’informativa antimafia, ed anzi risulta vincolato, per gli effetti interdittivi della stessa, senza alcuna necessità che il Comune attendesse la “messa a riparo” e la ricognizione dei singoli contratti da parte degli amministratori prefettizi, che comunque, laddove avessero ritenuto la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 32, comma 10, del d.l. n. 90 del 2014 nel solo – giova qui sottolinearlo – interesse pubblico , avrebbero potuto invalidare o privare di efficacia il recesso, da parte del Comune, e disporre la prosecuzione del rapporto in amministrazione straordinaria, ciò che, anche ex post , non hanno ritenuto di fare, non inserendo il contratto in oggetto tra quelli per i quali la straordinaria e temporanea gestione è stata poi autorizzata.
7. Le ragioni sin qui espresse comportano il rigetto del secondo motivo (pp. 15-21 del ricorso) e del quarto motivo (pp. 26-28 del ricorso) dell’appello, rispettivamente incentrati sulla natura del provvedimento prefettizio del 2 luglio 2015 e sulla mancata comunicazione di avvio del procedimento inteso al recesso dal contratto, poiché – pur risultando il decreto prefettizio n. 185626 del 2.7.2015 l’atto finale del relatvo procedimento (e non ‘endoprocedimentale’, come ritenuto dal primo giudice) - alla luce di quanto esposto il recesso statuito dal Comune il successivo 8 luglio 2015 risulta basato sui relativi presupposti e per di più vincolato, stante la piena e vincolante efficacia dell’interdittiva, ai sensi dell’art. 94, comma 2, del d. lgs. n. 159 del 2011, fino all’adozione di diverso provvedimento “conservativo” del singolo e specifico contratto da parte degli amministratori prefettizi (che alla data dell’8 luglio 2015 non era stato adottato né è stato adottato, successivamente, nemmeno con il citato decreto del 21 luglio 2015, con conseguente irrilevanza della mancata comunicazione dell’avvio del procedimento finalizzato al recesso ai sensi dell’art. 21- octies , comma 2, della l. n. 241 del 1990).
8. Resta da scrutinare, infine, il secondo motivo di appello (pp. 21-26 del ricorso), con il quale Domus Caritatis lamenta che il successivo 27 luglio 2015 il Tribunale di Roma ha disposto l’amministrazione giudiziaria delle imprese del Gruppo La Cascina (tra cui l’odierna appellante), ai sensi dell’art. 34 del d. lgs. n. 159 del 2011, per consentire al Gruppo di proseguire la propria rilevantissima attività aziendale senza soluzione di continuità rispetto al passato, con conseguente inefficacia della misure adottate in precedenza dal Prefetto ai sensi dell’art. 32, comma 5, del d.l. n. 30 del 2012, nonché, a suo dire, portata retroattiva della restituzione in bonis di Domus Caritatis ad un momento antecedente al 2 luglio 2015.
8.1. Il motivo, non esaminato dal primo giudice, è destituito di fondamento.
8.2. La validità del recesso deve essere anzitutto apprezzata, per il principio del tempus regit actum , con riferimento alla data della sua adozione, l’8 luglio 2015, allorché, come si è rilevato, era pienamente operante e vincolante l’efficacia interdittiva dell’informativa, rimanendo dunque ininfluenti sulle sue sorti gli atti sopravvenuti.
8.2. L’amministrazione giudiziaria dei beni connessi ad attività economiche suscettibili di condizionamento mafioso, di cui all’art. 34 del d.l. n. 159 del 2011, disposta nel caso di specie dal Tribunale di Roma, è del resto una misura di prevenzione di carattere patrimoniale e, diversamente da quanto deduce l’appellante, non ha carattere retroattivo, non incidendo ex tunc sull’efficacia dei provvedimenti amministrativi in precedenza adottati.
8.3. Lo stesso Prefetto di Roma, su impulso proveniente dalla Sezione delle Misure di Prevenzione del Tribunale di Roma pronunciatasi con ordinanza del 17 settembre 2015 (doc. 16 fasc. parte appellante), ha revocato con effetto ex nunc , con provvedimento del 22 settembre 2015 (doc. 16 fasc. parte appellante), ai sensi dell’art. 91, comma 5, del d. lgs. n. 159 del 2011 e, cioè, in sede di aggiornamento delle misure antimafia, tutte le misure interdittive nonché anche quelle conservative, peraltro già in precedenza sospese, adottate ai sensi dell’art. 32, comma 10, del d.l. n. 90 del 2014.
8.4. È evidente, dunque, che i successivi provvedimenti, giudiziari e amministrativi, adottati rispettivamente dal Tribunale di Roma e dal Prefetto di Roma con efficacia, peraltro, ex nunc non possono incidere sulla validità del recesso qui contestato.
8.5. Ne deriva l’infondatezza, quindi, anche del secondo motivo qui proposto.
9. In conclusione l’appello deve essere respinto, meritando conferma, con le ragioni in parte diverse e anche ulteriori sin qui esposte, la sentenza impugnata, che è pervenuta - per quanto sulla base di considerazioni non sempre condivisibili e qui, infatti, parzialmente emendate e integrate - alla corretta statuizione di disattendere il ricorso proposto in primo grado da Domus Caritatis.
10. Le spese del presente grado di giudizio, attesa la complessità e la novità delle questioni sin qui esaminate di cui non constano al Collegio precedenti di questo Consiglio, possono essere interamente compensate tra le parti.
10.1. Rimane definitivamente a carico dell’odierna appellante, stante, comunque, la sua sostanziale soccombenza, il contributo unificato anticipato per la proposizione del gravame.