Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-04-27, n. 202002675
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Pubblicato il 27/04/2020
N. 02675/2020REG.PROV.COLL.
N. 06215/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6215 del 2019, proposto dalla s.p.a. Acquedotto Pugliese, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato G S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio del difensore in Roma, viale Bruno Buozzi, n. 47;
contro
il Consorzio per la bonifica della Capitanata e la Regione Puglia, in persona dei rispettivi rappresentanti legali
pro tempore
, non costituiti in giudizio;
nei confronti
dell’Autorità idrica pugliese per la Regione Puglia, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, non costituita in giudizio;
per l’annullamento ovvero la riforma
della sentenza del TAR Puglia, Sede di Bari, sezione I, 11 gennaio 2019 n.33, che ha dichiarato inammissibile il ricorso n. 1186/2014 R.G. proposto per l’annullamento di atti impositivi adottati il giorno 17 giugno 2014 dal Consorzio di bonifica per la Capitanata, e in particolare:
a) della nota prot. 10304 (per il depuratore di Stornara);
b) della nota prot. 10303 (per il depuratore di Ascoli Satriano);
c) della nota prot. 10309 (per il depuratore di Cerignola — San Lorenzo);
d) della nota prot. 10310 (per il depuratore di Cerignola- Borgo Libertà);
e) della nota prot 10308 (per il depuratore di Orta Nova — località Palata);
f) della nota prot.10307 (per il depuratore di Gavitella);
g) della nota prot.10306 (per il depuratore di Trinitapoli);
con le quali il Consorzio ha richiesto alla ricorrente di trasmettere la ricevuta di versamento di "spese di istruttoria" per € 1000,00 per ciascuno dei suddetti impianti;
g) della deliberazione 26 marzo 2014 n.535, pubblicata sul Bollettino ufficiale della Regione Puglia- BURP del 9 aprile 2014, con la quale la Giunta regionale ha introdotto le tariffe per spese d'istruttoria;
h) della nota interlocutoria 26 febbraio 2014 prot. n.3513 del Consorzio;
i) della deliberazione 11 novembre 2013 n.927 del Consorzio;
nonché per la condanna del Consorzio stesso a restituire le somme già versate dalla ricorrente;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 aprile 2020 il Cons. Francesco Gambato Spisani e senza la presenza delle parti, come da art. 84, comma 5, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’appellante è una società pubblica, creata come tale dal d. lgs. 11 maggio 1999, n. 141, la quale gestisce il servizio idrico nella Regione Puglia ovvero, ai sensi dell’art. 2, comma 2, del d. lgs. 141/1999 citato, “ provvede … alla gestione del ciclo integrato dell'acqua e, in particolare, alla captazione, adduzione, potabilizzazione, distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e depurazione delle acque reflue ”. Essa in particolare gestisce alcuni depuratori di acque reflue urbane che si trovano nella provincia di Foggia e scaricano all’interno di canali – tecnicamente detti a questi fini “ corpi ricettori ” - di pertinenza del Consorzio intimato appellato, che li ha in concessione (fatto non contestato in causa).
2. Il Consorzio appellato, per parte sua, è una persona giuridica pubblica, la quale, ai sensi della l.r. Puglia 13 marzo 2012, n. 4, e in particolare dell’art. 4, comma 1, lettera a), gestisce, nella zona di competenza, “ la realizzazione, la sistemazione e l'adeguamento della rete scolante, le opere di raccolta, di approvvigionamento, utilizzazione e distribuzione di acqua a prevalente uso irriguo ”.
3. Il regolamento regionale 1° agosto 2013, n. 17, ha disciplinato “ l'uso dei beni del demanio pubblico di bonifica e di irrigazione ” e in particolare, ai sensi dell’art. 1, comma 1, “ il procedimento e le condizioni per l'affidamento in concessione dei beni del demanio regionale - ramo bonifica - nella disponibilità dei Consorzi di Bonifica a qualsiasi titolo ”. In tale ambito, il regolamento ha previsto, per quanto qui interessa, all’art. 2, comma 5, che “ è sempre ammesso lo scarico degli impianti di depurazione di acque reflue urbane nelle opere di bonifica, purché conforme a quanto previsto dal Piano di Tutela delle Acque della Regione Puglia, ferma restando la competenza dei consorzi a definire le opportune modalità tecniche di immissione degli scarichi nelle opere di bonifica. A tal fine, il Consorzio di bonifica territorialmente competente rilascerà parere tecnico ”.
Per gli scarichi già esistenti come quelli per cui è causa, il regolamento prevede poi una disposizione transitoria, all’art. 30 comma 2, per cui “ Per le utilizzazioni senza titolo dei beni demaniali, in atto alla data di entrata in vigore del presente regolamento, nei casi in cui è previsto il preventivo rilascio di concessione o autorizzazione, è possibile il rilascio della concessione o autorizzazione in sanatoria, previa verifica dei requisiti soggettivi ed oggettivi del possessore e per la durata di un solo anno, da richiedersi al consorzio entro e non oltre 180 giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento ”, ovvero entro il giorno 19 febbraio 2014, data che si determina tenendo conto che il regolamento è stato pubblicato sul bollettino della Regione – BUR il giorno 7 agosto 2013, ed è entrato in vigore, secondo le norme generali, il quindicesimo giorno successivo.
4. Ciò posto, si controverte degli atti, meglio indicati in epigrafe, con i quali il Consorzio appellato ha richiesto alla società appellante il pagamento di somme di denaro, a titolo dichiarato di “spese di istruttoria” per rilasciarle le autorizzazioni in sanatoria da lei richieste, ai sensi dell’art. 30, comma 2, del regolamento citato, con istanze presentate tutte nei termini il giorno 5 novembre 2013 (documenti da 4 a 10 dell’appellante, atti di richiesta impugnati;la data di presentazione delle istanze risulta a p. 7 dell’appello ed è incontroversa).
5. Successivamente alla presentazione di queste istanze, ovvero il giorno 11 novembre 2013, con deliberazione n. 927, il Consorzio si è avvalso del potere conferitogli dall’art. 9 del regolamento 17/2013 ed ha determinato i canoni per la concessione di effettuare opere ovvero interventi sui propri beni;contestualmente, esso ha determinato anche le spese di istruttoria per il singolo tipo di pratica e per quanto qui interessa ha fissato in 500 euro il dovuto per la parte di istruttoria amministrativa relativa alla valutazione del manufatto tramite cui viene operato lo scarico e in altri 500 euro il dovuto per la parte di istruttoria amministrativa relativa alla valutazione dello scarico stesso (doc. 11 dell’appellante, allegato A, pag. 5, voce E.1, Manufatto di scarico e voce E.2, Scarico d’acqua).
6. Di conseguenza, con lettera 26 febbraio 2014, prot. n. 3513, il Consorzio ha invitato la società a trasmettere una serie di documenti e per quanto qui interessa la ricevuta del pagamento di 1.000 euro di spese di istruttoria – date dalla somma delle due voci di cui si è detto- per ciascuno degli impianti interessati (la lettera citata non è agli atti, ma i suoi estremi e contenuto si ritrovano alle pp. 7, ultime tre righe, e 8, prime due righe dell’appello, e non risultano contestati).
7. Subito dopo, la Giunta regionale, con deliberazione 26 marzo 2014, n. 540 (doc. 12 ricorrente appellante) ha approvato la suddetta delibera 927/2013 del Consorzio.
8. Da ultimo, con le note citate in epigrafe, tutte del giorno 17 giugno 2014, il Consorzio ha sollecitato “l'invio della documentazione integrativa richiesta con consortile n°3529 del 26.02.2014, indispensabile per il completamento della istruttoria ed il rilascio dell'autorizzazione in sanatoria”, avvertendo che in mancanza avrebbe dato corso “all'azione sanzionatoria prevista dalla vigente legislazione” (documenti da 4 a 10 dell’appellante sopra citati).
9. Contro questi atti, il Consorzio, dopo avere pagato le somme richieste dichiarando di averlo fatto con riserva di ripetizione (doc. 12 dell’appellante, quietanza e appello p. 8 in fine per la riserva apposta, che non risulta dalla quietanza, ma è incontroversa) ha proposto ricorso in primo grado avanti il competente TAR sulla base di quattro motivi:
- con il primo di essi, ha dedotto violazione del divieto di aggravio del procedimento amministrativo di cui all’art. 1 della l. 7 agosto 1990, n. 241, sostenendo che l’importo delle spese di istruttoria richiestole sarebbe manifestamente eccessivo, anche per raffronto con le spese richieste ai sensi della l.r. Puglia 14 giugno 2017, n. 7, per procedimenti di impegno pari, se non superiore;
- con il secondo motivo, ha dedotto violazione dell’art. 4, comma 1, della l. 18 aprile 2005 n. 62, per cui “ Gli oneri per prestazioni e controlli da eseguire da parte di uffici pubblici nell'attuazione delle normative comunitarie sono posti a carico dei soggetti interessati, ove ciò non risulti in contrasto con la disciplina comunitaria, secondo tariffe determinate sulla base del costo effettivo del servizio. Le suddette tariffe sono predeterminate e pubbliche ”, il che non sarebbe avvenuto in questo caso;
- con il terzo motivo, ha dedotto violazione del principio di non retroattività dell’atto amministrativo, osservando che le somme richieste sono determinate in base ad una tariffa approvata successivamente alla presentazione delle istanze cui si riferisce;
- con il quarto motivo, ha dedotto infine la manifesta ingiustizia degli atti sotto un aspetto particolare, poiché le note impugnate, oltre per le spese di istruttoria propriamente dette, richiedono il pagamento anche per “la determinazione del contributo dovuto ai sensi dell'art. 166 del d. lgs. n°152/2006” e ciò sarebbe illegittimo, in quanto il consorzio non si starebbe limitando a chiedere un mero contributo all'attività amministrativa necessaria ad esaminare le richieste di sanatoria avanzate, ma anticiperebbe, senza ammetterlo, la richiesta di pagamento di un contributo a spese di gestione e manutenzione dei singoli canali, che non avrebbe ancora definito.
10. Con la sentenza indicata in epigrafe, il TAR ha dichiarato inammissibile il ricorso, aggiungendo che esso comunque si sarebbe dovuto ritenere infondato nel merito, per le ragioni che seguono.
10.1 In primo luogo, il TAR ha ritenuto che il ricorso non abbia in effetti impugnato la nota prot. 10306 relativa al depuratore di Trinitapoli, perché non indicata nell’epigrafe dell’atto.
10.2 In secondo luogo, il TAR ha ritenuto il ricorso inammissibile, perché le note impugnate sarebbero atti privi di efficacia immediatamente lesiva: si tratterebbe non di atti impositivi, ma di semplici richieste non idonee a incidere in modo definitivo sulla sfera giuridica altrui, da cui potrebbero al massimo derivare “conseguenze di tipo sanzionatorio” (motivazione, p. 5 in fine).
10.3 In terzo luogo, la sentenza impugnata ha ritenuto il ricorso inammissibile quanto alla impugnazione degli atti presupposti, ovvero della delibera del Consorzio che ha fissato le tariffe, n. 927/2013 sopra citata e della delibera regionale di approvazione, rilevando che quest’ultima è erroneamente indicata nel ricorso. Esso infatti si riferisce alla diversa delibera 26 marzo 2014, n. 535, relativa all’approvazione delle tariffe deliberate da un altro consorzio, estraneo ai fatti di causa: nel corso del giudizio di primo grado la società ricorrente, informata dell’errore, non ha ritenuto di rettificarlo.
Da ciò, il Giudice di primo grado ha desunto l’inammissibilità del ricorso contro l’atto presupposto, rappresentato dalla delibera del consorzio intimato appellato di cui si è detto.
10.4 Il Giudice di primo grado ha poi precisato di ritenere il ricorso infondato comunque nel merito.
Quanto al primo motivo, la sentenza appellata afferma che il carattere sproporzionato degli oneri richiesti non sarebbe comunque provato e, quanto al secondo e al terzo motivo, afferma che l’amministrazione non avrebbe fatto altro che applicare a procedimenti non ancora conclusi le norme sopravvenute per essi dettate.
Quanto all’ultimo motivo, il TAR afferma infine che non si potrebbe escludere che l'attività svolta dal Consorzio nel caso di specie fosse intesa sia al rilascio dell'autorizzazione in sanatoria, cui si riferivano le spese di istruttoria, sia alla determinazione del contributo, che sarebbe comunque dovuto da chi i canali utilizza.
11. Contro questa sentenza, la società ha proposto impugnazione, con appello che contiene i seguenti otto motivi:
- con il primo di essi, contesta la decisione di inammissibilità del ricorso per mancata impugnazione della delibera 540, di approvazione della delibera consortile 927/2013, e sostiene
che l’approvazione della delibera dei consorzi sarebbe prevista solo al fine di fissare i canoni di concessione, non le spese di istruttoria, che invece i consorzi stessi fisserebbero in modo autonomo;da ciò deriverebbe l’irrilevanza dell’impugnazione della delibera regionale relativa;
- con il secondo motivo, contesta la decisione di inammissibilità del ricorso contro le note impugnate, sostenendo che esse avrebbero invece carattere immediatamente lesivo;
- con i motivi terzo, quarto e quinto, ripropone i motivi primo, secondo, terzo e quarto del ricorso di primo grado, criticando la sentenza impugnata per non averli accolti;
- con il sesto motivo, ripropone la domanda di restituzione delle somme versate;
- con il settimo motivo, contesta la condanna alle spese adottata nei suoi confronti in primo grado;
- con l’ottavo motivo, chiede che i motivi dedotti come sopra valgano anche per l’impugnazione della nota prot. 10306 relativa al depuratore di Trinitapoli, poiché l’intento di proporla si desumerebbe comunque in modo chiaro dai contenuti del ricorso di I grado.
12. Le controparti non si sono costituite.
13. Con memorie 14 marzo e 9 aprile 2020, l’appellante ha ribadito le proprie difese, citando altri esempi di procedimenti amministrativi anche più gravosi, per i quali si pagano spese di istruttoria molto inferiori.
14. All’udienza del 16 aprile 2020, la Sezione ha quindi trattenuto il ricorso in decisione.
15. L’appello è fondato e va accolto, nei termini che seguono.
16. È fondato il primo motivo, con il quale la ricorrente appellante contesta la decisione di inammissibilità del ricorso presa in primo grado.
16.1 Come correttamente sottolineato dalla parte, la delibera del Consorzio impugnata n. 927/2013 fissa uno schema di tariffe tanto per i canoni di concessione, per i quali non vi è contestazione in questa sede, quanto per le spese di istruttoria contestate, e dispone “di sottoporre alla Regione Puglia il detto schema per l’approvazione di cui al comma 1 lettera b) dell’art. 9 del Regolamento”, ciò è a dire del citato regolamento 17/2013.
A sua volta, l’art. 9, comma 1, lettera b), di esso stabilisce che “ per le concessioni e le autorizzazioni relative alle utilizzazioni previste nell'allegato A) "Schema spese istruttorie e canoni annui di concessione", il canone viene calcolato secondo quanto determinato da ciascun consorzio e approvato con Deliberazione della Giunta Regionale ”.
16.2 È quindi corretta la deduzione della appellante, per cui l’approvazione regionale si riferisce ai “ canoni ” e non alle spese di istruttoria. La conseguenza qui rilevante è allora quella per cui, per contestare la determinazione delle spese di istruttoria stesse, l’impugnazione della delibera regionale che approva lo schema non è necessaria: la prima ragione per cui il ricorso in primo grado è stato dichiarato inammissibile, dunque, non sussiste.
16.3 Ulteriore conseguenza di quanto si è evidenziato è poi che l’impugnazione proposta va correttamente interpretata in modo da escludere dal suo oggetto la delibera di approvazione 26 marzo 2014, n. 535, della Regione Puglia, che, quale ne sia il contenuto, non interessa la materia del contendere.
17. Fondato è altresì il secondo motivo di appello, volto a contestare la seconda ragione per cui il ricorso in primo grado è stato dichiarato inammissibile, ovvero il presunto carattere non lesivo delle note impugnate.
In contrario, va richiamato quanto lo stesso Giudice di primo grado riconosce, ovvero che, come si è sopra rilevato, dall’inosservanza di quanto le note imponevano potevano derivare sanzioni.
Da questo elemento, e dall’elemento ulteriore per cui le note impugnate comunque impongono un facere , ovvero la consegna di dati documenti, al pari di un qualsiasi atto di ingiunzione, si desume in modo non equivoco il loro immediato carattere lesivo, e quindi l’onere di impugnarle immediatamente, così come l’interessata ha fatto.
18. I motivi terzo, quarto e quinto sono connessi, in quanto affrontano la medesima questione, ovvero la possibilità per il Consorzio di imporre i pagamenti richiesti, vanno affrontati congiuntamente e risultano fondati.
18.1 Ad avviso del Collegio, è fondato e prevalente sugli altri il profilo di violazione dell’art. 4, comma 1, della l. 62/ 2005, per cui, come si è detto, gli oneri del tipo di quelli per cui è causa, relativi a prestazioni da eseguire in base a norme europee, sono commisurati al “ costo effettivo del servizio ” in base a “ tariffe … predeterminate e pubbliche ”.
Tale disposizione è senz’altro applicabile al caso di specie, perché le “ prestazioni ” coinvolte riguardano la tutela ambientale delle acque, materia sulla quale dispone il d. lgs. 152/2006, in attuazione di numerose direttive europee.
Gli scarichi per cui è causa infatti sono quelli disciplinati dall’art. 166 del d. lgs. 152/2006 citato e la direttiva di riferimento è la 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1991.
18.2 Nel caso di specie, l’art. 4, comma 1, della l. 62/2005 è rispettato solo in parte.
Si deve ritenere che la tariffa fosse in effetti predeterminata, perché, come evidenziato dalla sentenza di primo grado, essa fu approvata prima di essere applicata alla parte interessata, anche se risale ad un momento successivo alla presentazione delle istanze di sanatoria.
La tariffa in questione però non rispetta il principio generale per cui essa deve essere commisurata al “ costo effettivo del servizio ”.
In proposito, l’appellante ha fornito una prova indiziaria, allegando numerosi esempi di attività istruttoria anche molto complesse, che però comportano pagamenti di importo inferiore.
Sul punto va richiamato quanto dedotto già nel ricorso di primo grado, ovvero che in base alla l.r. Puglia 14 giugno 2007, n. 17, le spese istruttorie per procedimenti di VIA per importi di progetto fino a 200.000 euro sono pari a 100 euro, e per lo stesso importo di progetto sono pari a 50 euro per le autorizzazioni alle emissioni in atmosfera;sono infine pari a 250 euro per l’autorizzazione alla posa in mare di cavi e condotte.
Questi sono all’evidenza importi molto inferiori a quelli richiesti in questo caso e fanno ragionevolmente presumere che questi ultimi superino i costi: si osserva che sul punto il Consorzio, che pure secondo logica disponeva degli elementi per farlo, non ha ritenuto di svolgere difesa alcuna.
18.3 Un ultimo profilo va considerato per completezza. L’appellante ha criticato la tariffa applicatale anche per il rilievo sopra esposto, secondo il quale essa avrebbe inteso richiedere il pagamento anche per la determinazione del contributo dovuto ai sensi dell'art. 166 del d. lgs. n°152/2006. In proposito, si osserva che si tratta di un’ipotesi non provata, ma comunque ininfluente ai fini del decidere, dato che quello che viene contestato è l’importo del contributo applicato nella sua globalità per le voci di cui si è detto.
19. Dall’accoglimento dei motivi di cui sopra, che comportano, come si preciserà meglio più avanti, l’annullamento delle note impugnate, segue la fondatezza del sesto motivo di appello, che ripropone la domanda di restituzione delle somme pagate cautelativamente, e con riserva, per ottemperarvi. La domanda stessa va quindi accolta, nei termini precisati oltre.
20. Il settimo motivo di appello, concernente la condanna alle spese, è a sua volta fondato, per le ragioni che si esporranno in chiusura.
21. Va accolto infine anche l’ottavo motivo di appello, nel senso che tutto quanto sin qui esposto circa l’illegittimità delle note impugnate va riferito anche alla nota prot.10306 per il depuratore di Trinitapoli, contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice di primo grado.
Va richiamata la pacifica giurisprudenza per la quale la volontà della parte di impugnare un dato atto amministrativo non richiede l’uso di formule particolare e in particolare non va desunta dal semplice e formalistico riferimento all’epigrafe del ricorso;al contrario, per considerare proposta l’impugnazione, occorre e basta che dal contesto del ricorso stesso emerga una volontà non equivoca di contestare l’atto: così per tutte C.d.S., sez. IV, 29 luglio 2003, n. 4327, e sez. IV, 28 agosto 2001, n. 4540.
Ciò premesso, l’appellante evidenzia correttamente che nel ricorso di primo grado ha fatto sempre riferimento a sette note del Consorzio, producendo la copia di ciascuna di esse (appello, p. 40 dal quattordicesimo rigo), e di tutte queste ha chiesto l’annullamento, con restituzione di quanto pagato con riserva a fronte di ciascuna.
Questi elementi ad avviso del Collegio sono sufficienti per ritenere che la volontà della parte fosse quella di impugnare tutti gli atti del contenuto in esame dei quali era stata destinataria.
22. Riepilogando quindi, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso proposto in primo grado va accolto anzitutto quanto alla domanda di annullamento, e quindi vengono annullati gli atti indicati in epigrafe, ovvero tutte le note relative ai singoli depuratori, compresa la nota prot. 10306 per il depuratore di Trinitapoli, e la delibera 927/2013 del Consorzio nella parte relativa alla determinazione delle spese di istruttoria qui contestate.
Come già si è sopra rilevato, il ricorso non è in realtà riferito alla delibera regionale 535/2014 e la nota interlocutoria 26 febbraio 2014, prot. n. 3513, del Consorzio è un atto endoprocedimentale, privo come tale di autonomo carattere lesivo.
Il ricorso di primo grado va poi accolto anche quanto alla domanda restitutoria, sicché il Consorzio va condannato a restituire alla appellante tutte le somme che questa ha pagato, ottemperando con riserva alle note impugnate, compreso quanto pagato a fronte della citata nota prot.10306 per il depuratore di Trinitapoli.
Di conseguenza, il Consorzio intimato appellato, in sede di emanazione degli atti ulteriori, dovrà determinare, attraverso una corretta e completa istruttoria, le spese in questione nel rispetto di quanto prevede l’art. 4 della l. 62/2005, ovvero dovrà commisurarle al “ costo effettivo del servizio ”, che appunto l’istruttoria dovrà determinare in modo trasparente.
Dopo aver rideterminato le tariffe, il Consorzio potrà poi farne applicazione, richiedendo alla società ricorrente appellante quanto effettivamente dovuto per le autorizzazioni in sanatoria richieste.
23. Le spese, rendendo con ciò esplicita la decisione sul settimo motivo di appello, seguono la soccombenza, e si liquidano così come da dispositivo nei confronti del Consorzio;nulla per spese nei confronti delle residue parti costituite, che appaiono sostanzialmente estranee alla controversia e citate in giudizio solo per scrupolo di difesa.