Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-01-30, n. 202301043

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-01-30, n. 202301043
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202301043
Data del deposito : 30 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/01/2023

N. 01043/2023REG.PROV.COLL.

N. 03501/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3501 del 2021, proposto da:
R F, rappresentato e difeso dagli avvocati S G ed E G, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato S G in Roma, via di Monte Fiore, 22

contro

F T, rappresentato e difeso dagli avvocati A M e M T, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Alberico II, 33

nei confronti

Comune di Agordo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Francesco Armenante, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Annalisa Di Giovanni in Roma, via di San Basilio, 61

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima) n. 13/2021.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di F T e del Comune di Agordo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il Cons. Laura Marzano;

Nessuno presente per le parti nell'udienza pubblica del giorno 10 gennaio 2023;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il sig. R F ha impugnato la sentenza del TAR Veneto, Sez. I, di accoglimento del ricorso proposto dal sig. F T per l’annullamento della delibera n. 16/2004, con cui il Consiglio comunale di Agordo ha sdemanializzato un reliquato stradale della strada comunale della “Val di Frela”, ora identificato come mappale n. 278 del foglio 17, declassificando il sito ad area “non più soggetta a pubblico transito” ed ha, contestualmente, approvato la permuta dello stesso tratto sdemanializzato con un terreno di proprietà del sig. R F, catastalmente censito come mappale n. 276 del foglio 17, stabilendo altresì che, in corrispondenza del mappale n. 172 del foglio 17 (di proprietà T) “dovrà essere costituita una servitù di passaggio al pubblico transito in favore del Comune, della larghezza di ml 3,00, a collegamento tra la strada comunale esistente ed il mappale n. 276”.

Si sono costituiti nel presente grado di giudizio sia il Comune di Agordo, che ha chiesto l’accoglimento dell’appello, sia il controinteressato T, il quale ha chiesto la conferma della sentenza impugnata riproponendo le argomentazioni difensive e le eccezioni già svolte in primo grado.

In vista della trattazione del ricorso tutte le parti hanno depositato memorie conclusive.

All’udienza pubblica del 10 gennaio 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

2. Devono essere tratteggiati i fatti di causa.

Con delibera consiliare n. 114 del 18 aprile 1986 il Comune di Agordo decideva di permutare un’area di sedime adibita a viabilità pubblica, di circa mq 15, non più in uso (catastalmente non identificata e consistente in un tratturo di strette dimensioni) con un’area di pari estensione di proprietà del sig. F Ro, identificata al foglio 17, mapp. 178, in quanto, per una migliore viabilità (ossia la connessione di due strade comunali), era stato di fatto modificato da tempo il tracciato della strada con abbandono dell’imbocco esistente sul foglio 17 di proprietà comunale. Nella delibera si dava atto che si trattava di “formalizzare una situazione già esistente”, demandando a successivi adempimenti la sdemanializzazione del mappale in questione e la sottoscrizione della permuta.

Nel 1988 il F, in forza di concessione edilizia n. 61/1987, realizzava, sul reliquato stradale che il Comune si era impegnato a sdemanializzare e cedergli in permuta, un locale adibito ad autorimessa al servizio del suo immobile, ubicato (nel mezzo) fra il vecchio tracciato della strada ormai dismesso e il nuovo tracciato, da anni di fatto utilizzato come strada, insistente sulla porzione di terreno che il F si era impegnato a cedere al Comune.

La permuta, tuttavia, rimaneva inattuata per diversi anni, tanto che il F sollecitava al Comune il perfezionamento dell’atto presentando il frazionamento catastale n. 5277 del 10 luglio 2003, con cui venivano rinumerati i mappali oggetto della delibera consiliare n. 114/1986 come “foglio 17 mappale n. 278” di proprietà comunale e “foglio n. 17 mappale n. 276” di proprietà del sig. F Ro, ora indicati come di pari consistenza di mq 44.

Quindi, con delibera consiliare n. 16 del 27 aprile 2004, il Comune di Agordo, premettendo il contenuto della precedente delibera n. 114/1986, deliberava la definitiva sdemanializzazione del mappale 278 e la conseguente cessione dello stesso al F, in permuta del mappale 276 (mappali così identificati in forza del frazionamento citato).

Al contempo la delibera prevedeva anche la costituzione di una servitù di passaggio su parte di un fondo di proprietà del Tarmontan, esattamente su parte del mappale 172, già di fatto adibita al pubblico transito.

Tale ultima delibera è stata impugnata dal T dinanzi al TAR Veneto ed è stata censurata per violazione di legge ed eccesso di potere.

A seguire, con decreto comunale n. 2 del 6 giugno 2009 veniva disposta la declassificazione stradale del reliquato a cedersi e, nelle more del giudizio, con atto del 18 febbraio 2010, veniva sottoscritto l’atto di permuta.

Il TAR Veneto, con la sentenza n. 13 del 5 gennaio 2021 ha accolto il ricorso per difetto di motivazione sulla scelta di alienare un bene, senza prima indire una gara.

3. L’appellante espone che, fino all’alluvione del 1966 esisteva in loco , sul lato est dell’allora mappale n. 178, un mulino (annesso all’abitazione) con la relativa ruota che emungeva acqua dal limitrofo torrente: i disastrosi eventi alluvionali portarono al perimento dell’infrastruttura e alla costruzione di un argine di contenimento con la creazione, sul sedime occupato dalle pertinenze dell’ex mulino, di un più ampio scoperto inedificato, consolidato dalle opere di regimazione.

Ricorda che, prima dei lavori di regimazione successivi all’alluvione del 1966, (che ha stravolto lo stato dei luoghi distruggendo l’antico mulino ivi insistente), l’unico modo per transitare dalla via pubblica alla “strada comunale dei pascoli” era quello di aggirare la casa F (mappale n. 178, oggi 277), percorrendo il viottolo sassoso di proprietà comunale, estremamente stretto in quanto inserito fra due costruzioni e, quindi, non carrabile. Dopo la distruzione del mulino F, lo stesso non fu più ricostruito, pur essendo stato realizzato un intervento di consolidamento dell’argine, sicché l’area in questione rimase libera tanto che sulla stessa di fatto si “fece strada” una bretella stradale che consente il collegamento della viabilità pubblica alla “strada comunale dei pascoli”, oggetto della delibera per cui è causa e della conseguente permuta.

Il secolare tratturo comunale di servizio della zona insisteva infatti sull’opposto lato ovest ma non consentiva il transito con mezzi meccanici.

Da qui la scelta, ragionevole e logica secondo l’appellante, di permutare i due sedimi, vale a dire il sedime del mappale 178, a suo tempo occupato dalle strutture dell’ex mulino, e il sedime della direttrice (pressoché solo pedonale) posta sul lato opposto, peraltro di impossibile allargamento in quanto frapposta tra due abitazioni.

4. L’appello è affidato ai seguenti motivi.

1) Erronea interpretazione e falsa applicazione al caso di specie dell’art. 192 del D.Lgs. n. 267 del 2000 anche in relazione all’art. 12, comma 2, della legge n. 127 del 1997 e all’art. 41 del regio decreto n. 827 del 1924 .

La sentenza, laddove (pur in modo formalmente corretto) afferma che l’alienazione di beni pubblici deve essere di regola preceduta dall’instaurazione di procedure competitive tra più aspiranti all’acquisizione del medesimo bene, denoterebbe il travisamento dei fatti.

Espone l’appellante che il fine perseguito dall’amministrazione con la deliberazione n. 16/2004 ed il successivo contratto di permuta del 18 febbraio 2010 è l’acquisto del mappale n. 276 del fg. 17, già deliberato nel 1986: su tale sedime (originariamente di proprietà privata del sig. F), infatti, insiste l’unica bretella stradale carrabile che collega la “strada comunale dei pascoli” alla viabilità pubblica.

Pertanto l’appellante censura l’affermazione contenuta in sentenza secondo cui non sarebbe stata adeguatamente motivata la decisione di addivenire alla permuta osservando che, per acquistare la particella catastale 276, il Comune di Agordo non poteva che rivolgersi al proprietario.

Dunque la scelta del contraente non poteva essere operata, come affermato in sentenza, mediante asta “tra più aspiranti” essendo, il bene che l’amministrazione pubblica intendeva procacciarsi per riconnettere la “strada comunale dei pascoli” alla via pubblica, uno solo ed esattamente individuabile nel mappale n. 276 di proprietà del F, sul quale già insisteva di fatto la bretella stradale.

L’appellante sottolinea che la delibera impugnata sarebbe meramente esecutiva della precedente delibera del 1986, prospettando l’irrilevanza della diversa metratura delle due particelle, che hanno mantenuto la stessa identificazione, l’una come mappale 178 (178 a divenuto 276) e l’altra come “reliquato stradale” (poi catastalmente identificato come mappale 278).

Quindi ritiene che sia errato affermare che la delibera n. 16/2004 abbia introdotto una “sdemanializzazione più ampia”, poiché la natura demaniale o non demaniale si correla all’intera particella catastale e non ad una sua sezione espressa in metri quadri.

2) Violazione dell’art. 111, comma 6, cost. e dell’art. 3 c.p.a.: omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della decisione appellata con riguardo alla ritenuta insufficienza delle ragioni che hanno giustificato la selezione della ditta permutante .

L’appellante ritorna sul difetto di motivazione della delibera, ravvisato dal TAR, osservando che sarebbe stato sufficiente riguardare le ragioni formalizzate nel testo del provvedimento impugnato a pag. 2, laddove il Comune di Agordo espressamente dà atto che la deliberazione n. 16 del 27 aprile 2004 costituisce esecuzione della “ delibera di Consiglio Comunale n. 114 del 18.04.1986 con la quale si stabiliva di permutare porzione di strada comunale della Val di Frela, ormai dismessa, con pari area di proprietà del Sig. F Ro, distinta al N.C.T. al Foglio n. 17 mappale n. 178 ”.

In ordine alla asserita sdemanializzazione di un’area più ampia e alle scelte inerenti la viabilità, l’appellante osserva che l’amministrazione gode di ampia discrezionalità, sicché le relative scelte non sono sindacabili se non per manifesta illogicità e irragionevolezza.

Aggiunge che, peraltro, egli è stato autorizzato con apposito titolo edilizio ad edificare un manufatto sull’ex tratturo comunale sicché, nelle more del perfezionamento della permuta, egli avrebbe acquisito quanto meno il diritto di superficie;
di conseguenza, tale essendo la situazione di fatto, sussistevano anche circostanze tali da giustificare la possibilità di alienazione diretta ai sensi dell’art. 41, n. 6, del regio decreto 23 maggio 1924 n. 827, il quale ammette la trattativa privata diretta con un solo soggetto qualora la condizione giuridica e/o quella di fatto del bene da alienare rendano non praticabile, o non conveniente per il Comune, il ricorso all’asta pubblica.

3) Violazione dell’art. 111, comma 6, cost. e dell’art. 3 c.p.a.: sotto diverso profilo omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della decisione appellata .

Il TAR erroneamente si sarebbe appiattito sulle tesi del ricorrente in primo grado, il quale si doleva del fatto che non fosse stata presa in considerazione l’offerta da lui formalizzata al Comune di Agordo il 19 settembre 2003 al fine di “ poter avere in uso, anche a fronte di un canone d’affitto, una porzione del tracciato frazionato, al fine di poterne ricavare un parcheggio fruibile da tutti i condomini del mappale n. 172 ”.

Ribadisce l’appellante che l’operazione negoziale per cui è causa era stata già decisa nella deliberazione n. 114/1986, nelle more della cui esecuzione (implicante sdemanializzazione e sottoscrizione del contratto di permuta) è sopravvenuta la proposta contrattuale del sig. T.

Dunque l’area in questione era stata già oggetto di impegno con la citata delibera del 1986: il Comune non si sarebbe potuto sottrarre e all’adempimento degli obblighi già assunti con il F, sia perché dopo 17 anni dall’approvazione del riassetto della viabilità locale mediante sdemanializzazione e permuta del sedime, il potere amministrativo si era definitivamente esaurito, sia per l’affidamento legittimo ingenerato nel promesso permutante.

4) Violazione dell’art. 111, comma 6, cost. e dell’art. 3 c.p.a.: sotto diverso ed ulteriore profilo omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della decisione appellata .

La sentenza è censurata nella parte in cui annulla la delibera del 2004 anche per aver « previsto la costituzione di una servitù di passaggio sul fondo di proprietà del ricorrente senza notiziarlo, in alcun modo, dell’avvio del procedimento, in violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990 »: osserva che la delibera consiliare non ha imposto alcuna servitù sui mappali di proprietà del sig. T, essendo l’oggetto della delibera l’approvazione dello schema di contratto (con allegata documentazione catastale e cartografica) concernente la “sdemanializzazione e declassificazione di un reliquato stradale della vecchia strada comunale di Val di Frela – Permuta relitto stradale con area di proprietà del sig. F Ro”.

Solo in conseguenza di quanto sopra il Consiglio comunale ha ravvisato l’opportunità dell’acquisizione di una servitù d’uso pubblico.

Secondo l’appellante il sig. T resterebbe libero di accettare o rifiutare l’eventuale proposta negoziale, una volta che questa sarà stata formalizzata dall’amministrazione ma non potrebbe considerare pregiudizievole la delibera n. 16/2004, in quanto meramente attuativa degli effetti già consolidatisi con la delibera del 1986, non solo non impugnata nei termini dopo la sua adozione ma, viepiù, non impugnata neanche contestualmente alla delibera attuativa.

5. Il controinteressato T, nel costituirsi in giudizio, descrive la situazione di fatto in modo pressoché analogo quanto alle vicende alluvionali e alla situazione topografica ma sostiene che negli anni ottanta abusivamente “ il sig. F ha occupato ed occluso il tratto iniziale della “strada dei pascoli”, costruendovi un’autorimessa ” e aggiunge che da circa trentacinque anni, perciò, l’unica via di accesso alla sua proprietà è la striscia di terreno sita sul lato est dell’abitazione di F. Sostiene che quest’ultimo avrebbe “spezzato” la strada comunale in due tronconi e “trasferito” il primo tratto di strada dal lato ovest (su cui ha edificato un garage) al lato est della propria abitazione.

A fronte di tale situazione, il Comune di Agordo avrebbe assunto un contegno gravemente illegittimo, seguendo un procedimento tanto contorto quanto sintomatico di sviamento di potere.

Dapprima infatti, su impulso del F, con delibera consiliare n. 114/1986, ha sdemanializzato i primi 15 mq della “strada dei pascoli”, (all’epoca privi di identificativo catastale e su cui oggi insiste il garage dell’appellante) e ne ha previsto la permuta con altrettanta superficie del mappale n. 178 di proprietà del sig. F. Due anni dopo, il Comune ha rilasciato al sig. F la concessione edilizia n. 61/87 del 18 aprile 1988, autorizzando la costruzione di un garage di circa 18 mq sul mappale n. 178 che sarebbe, però, di proprietà del comune.

Quindi così sarebbe stata occlusa l’entrata della strada demaniale, intercludendo sia il restante tratto di strada comunale sia gli altri fondi sovrastanti appartenenti a diversi proprietari (tra i quali il ricorrente in primo grado), costringendo i confinanti a transitare sul terreno di proprietà del F e su parte del terreno di proprietà T.

L’appellato rappresenta che nulla è poi mutato per i successivi quindici anni e che, nel luglio del 2003, improvvisamente, i primi 44 mq della “strada dei pascoli” sono stati oggetto del frazionamento catastale n. 5277 del 16 luglio 2003.

La descrizione della situazione dei luoghi è accompagnata da rappresentazioni grafiche.

Ciò posto, l’appellato ripropone le eccezioni e deduzioni già svolte in primo grado e chiede la conferma della sentenza.

Deduce l’inammissibilità di tutte le produzioni documentali e difese del F (oggi trasfuse in appello) in quanto depositate nel giudizio di primo grado soltanto allo scadere del termine per il deposito delle repliche.

In ragione di quanto sopra deduce l’inammissibilità dell’appello, in quanto fondato su documenti a suo dire inammissibili.

Ribadisce che la motivazione del provvedimento impugnato, laddove afferma che “per consentire una migliore viabilità si è reso necessario un diverso tracciato della strada comunale”, sarebbe illogica, apodittica e comunque insufficiente.

Ripropone, quindi, i motivi dichiarati assorbiti in primo grado:

- il terzo con cui denunciava la violazione dell’art. 35, DPR n. 380/2001, ed eccesso di potere sotto il profilo della disparità di trattamento e dello sviamento dal perseguimento del pubblico interesse, ritornando sulla tesi che il F avrebbe illegittimamente realizzato il garage su suolo pubblico e opinando che il Comune ne avrebbe dovuto ordinare la demolizione;

- il quarto motivo con cui denunciava la violazione dei principi di economicità ed efficacia dell’azione amministrativa, in quanto sarebbero svantaggiose e incomprensibili sia la permuta, sia la modifica della viabilità nel senso di “spezzare” la strada pubblica in due tronconi non connessi tra loro, sia la costituzione di una servitù di passaggio sul suolo privato, per di più disposta senza coinvolgere i proprietari dei fondi serventi;

- il quinto motivo con cui denunziava la manifesta inopportunità ed irragionevolezza del provvedimento impugnato.

6. Preliminarmente va rilevato che il Comune di Agordo non ha impugnato direttamente la sentenza ma si è costituito, spendendo argomentazioni analoghe a quelle dell’appellante e chiedendo l’accoglimento dell’appello.

L’interesse del Comune è omologo a quello dell’appellante a vedere annullata la sentenza per gli stessi motivi.

La suddetta costituzione, pertanto, va qualificata come intervento ad adiuvandum che, come tale, è inammissibile essendo il Comune titolare di un interesse diretto ad impugnare la sentenza con cui è stata annullata la delibera consiliare n. 16 del 27 aprile 2004.

7. Passando all’esame del merito, le eccezioni dell’appellato, di inammissibilità della produzione documentale e difensiva di primo grado dell’odierno appellante, vanno disattese sia perché il T non ha mai contestato né impugnato la delibera consiliare n. 114 del 18 aprile 1986, sia perché la descrizione e la rappresentazione grafica dello stato dei luoghi è fornita dallo stesso appellato, sicché questo giudice ne può senz’altro tener conto ai fini della decisione.

Peraltro va rilevato che, anche volendo ritenere inammissibile quanto sopra, l’appellante comunque potrebbe introdurre tali difese e documenti in appello, atteso che il c.d. divieto dei nova di cui all'art. 104, comma 1, c.p.a. non può impedire all’appellante di confutare tutte le argomentazioni poste a base della sentenza impugnata perché le mere difese sono sempre esaminabili per la prima volta in grado di appello, mentre è l’impugnazione proposta per la prima volta in appello di atti rimasti estranei alla cognizione dei giudici del primo grado ad essere inammissibile (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 11 agosto 2021, n. 5850).

8. L’ulteriore censura, ripetuta più volte, secondo cui la costruzione del garage realizzato dal F sarebbe illegittima è smentita innanzitutto dal dato inequivocabile, ricordato anche dall’appellato, che il Comune ha rilasciato al sig. F la concessione edilizia n. 61/87 del 18 aprile 1988, autorizzando la costruzione di un garage di circa 18 mq sul mappale n. 178.

In proposito non risulta che l’appellato abbia mai sollecitato al Comune l’esercizio di poteri di autotutela, né che abbia mai agito in giudizio per l’annullamento del permesso di costruire rilasciato.

Quanto alla doglianza secondo cui, così facendo, sarebbe stata occlusa l’entrata della strada demaniale, intercludendo sia il restante tratto di strada comunale sia gli altri fondi sovrastanti appartenenti a diversi proprietari (tra i quali il ricorrente in primo grado), costringendo i confinanti a transitare sul terreno di proprietà del F e su parte del terreno di proprietà T, il Collegio non può che limitarsi a rilevarne la tardività dal momento che, fin dalla realizzazione del garage, mai il T risulta essersi lamentato della presunta interclusione (peraltro non prospettata in primo grado), né dello spostamento del tratto di strada carrabile anche su parte del terreno di sua proprietà.

9. Anche tutti gli altri motivi proposti in primo grado e non esaminati sono infondati, investendo, in sostanza, l’unica questione della asserita illogicità e insufficienza della motivazione del provvedimento, laddove afferma che “per consentire una migliore viabilità si è reso necessario un diverso tracciato della strada comunale”, spingendosi fino a sostenerne la non “opportunità”.

Osserva il Collegio che le scelte inerenti la viabilità comunare rientrano nella discrezionalità tecnica del Comune e non sono censurabili solo perché non incontrano il gradimento di un cittadino.

Sotto tale profilo le censure, in quanto impingono nel merito delle scelte dell’amministrazione investendone perfino l’opportunità, sono inammissibili.

Si tratta, infatti, di scelte caratterizzate da lata discrezionalità, che si sottraggono al sindacato giurisdizionale, salvo che non appaiano manifestamente illogiche o irragionevoli.

Ciò posto, dall’esame della documentazione versata in atti anche dall’appellato, emerge la razionalità dello spostamento del tratto stradale del quale, giova ancora una volta ricordarlo, da anni anche l’appellato si avvale senza essersi mai lamentato.

Invero il precedente tratturo non carrabile è stato sostituito da un tracciato ben più ampio e più comodo e, dunque, carrabile.

10. Respinte le censure non esaminate dal TAR, l’appello è fondato e va accolto.

10.1. La delibera del 2004 impugnata in primo grado è meramente attuativa di quanto già deciso con la precedente delibera del 1986, che non è stata impugnata né all’epoca della sua adozione né contestualmente all’impugnazione della delibera attuativa, pertanto la stessa è divenuta inoppugnabile.

Ne discende che il ricorso introduttivo, sotto tale profilo, era inammissibile.

10.2. Quanto alla precisazione dell’estensione delle particelle da permutare, ferma l’evidenza che l’ampiezza delle stesse è pur sempre pari (inizialmente mq 15, ora mq 44) si tratta di operazione resa necessaria dalla situazione di fatto creatasi, senza che l’appellato (giova ripeterlo) se ne sia mai doluto: permutare due aree, una delle quali da molti anni ormai destinata alla pubblica viabilità.

Non è ravvisabile, in tale nuova perimetrazione delle particelle, come derivante dal frazionamento catastale n. 5277 del 10 luglio 2003, il lamentato sviamento di potere né la delibera si configura quale nuova determinazione, rappresentando l’attuazione (e la definizione alla stregua dello stato di fatto), di quanto già deliberato nel 1986.

10.3. Tale ultima considerazione conduce all’esame della motivazione resa dal TAR nella sentenza n. 13 del 5 gennaio 2021, oggetto di impugnazione.

La suddetta pronuncia afferma che l’amministrazione non ha adeguatamente motivato in ordine alle ragioni per le quali ha deciso di procedere alla stipula di un contratto di alienazione (permuta) di un terreno comunale mediante trattativa privata (negoziazione diretta con il signor F);
e ciò benché alla stessa amministrazione comunale fossero pervenute, relativamente al terreno di cui trattasi, altre manifestazioni d’interesse, in particolare una richiesta di concessione in uso onerosa formulata da T.

Secondo il TAR, tale modus operandi , caratterizzato dalla mancata esternazione delle eccezionali ragioni che giustificano il ricorso alla trattativa privata e dall’assenza di ogni forma di pubblicità della decisione di cedere a terzi l’immobile, renderebbe illegittimo l’atto impugnato.

10.4. Dalla descrizione dei fatti di causa e, viepiù dall’esame della rappresentazione dei luoghi, emerge, al contrario, che il Comune, nel caso di specie, già dal 1986, ha perseguito l’interesse pubblico non già di “alienare” un bene bensì di “acquistare” un altro e che la cessione del primo ha rappresentato semplicemente il “corrispettivo” in natura di tale acquisto, che l’amministrazione ha, dunque, potuto effettuare senza esborso di denaro pubblico, liberandosi di un bene dismesso.

Dal che discende che il Comune non poteva indire una procedura ad evidenza pubblica né per il bene da acquisire, che non poteva essere ricercato sul mercato, trattandosi di bene infungibile, né per la cessione della particella in corrispettivo che, in disparte la “promessa” in tal senso già intervenuta con la delibera del 1986, era anch’essa infungibile, rappresentando l’unica condizione alla quale il F aveva aderito alla cessione del tratto carrabile.

10.5. Si è trattato, come emerge chiaramente dagli atti e senza che sul punto vi sia contestazione, di acquisire una piccola area da anni destinata al pubblico transito, per la quale era, dunque, necessario formalizzare la corrispondenza della situazione di fatto al corretto regime giuridico, senza che fosse necessaria alcuna particolare motivazione.

Il che spiega l’ulteriore determinazione del Comune di prevedere la costituzione di una servitù di passaggio su parte del fondo di proprietà T: anche in questo caso si trattava di trasformare una situazione di fatto in situazione di diritto.

10.6. La doglianza formulata sul punto dall’originario ricorrente era inammissibile: ciò in quanto, da una parte, tale porzione di fondo, al pari di quella del F, era da anni nel possesso del Comune e adibita a sede stradale per il pubblico transito, quindi “di fatto” già gratuitamente assoggettata ( nec vi nec clam ) a servitù di uso pubblico, dall’altra, proprio tale circostanza già di per sé dequota il mancato coinvolgimento del T, il quale era evidentemente edotto che su tale segmento della sua proprietà era stata “di fatto” creata una strada.

10.7. Quanto, nello specifico, alla mancata comunicazione di avvio del procedimento si osserva che la delibera impugnata integra la mera “determinazione a contrarre”, alla quale dovrà far seguito il procedimento, non ancora attivato, per l’imposizione della servitù che, come ricorda lo stesso appellato, è onerosa e, perciò, rispetto alla situazione di fatto, vantaggiosa per l’appellato.

Profilo, questo, che depone ulteriormente per la carenza di interesse dell’originario ricorrente a dolersi della suindicata determinazione a contrarre.

Conclusivamente, per tutto quanto precede, l’appello deve essere accolto e, in riforma della sentenza impugnata, deve essere dichiarato inammissibile il ricorso introduttivo.

11. In considerazione della particolarità delle questioni trattate, le spese del doppio grado di giudizio possono essere integralmente compensate fra le parti.

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