Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2012-09-03, n. 201204664
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N. 04664/2012REG.PROV.COLL.
N. 00971/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 971 del 2012, proposto da:
Ditta P Raffaele, rappresentato e difeso dall'avv. L L, con domicilio eletto presso Giuseppe Placidi in Roma, via Cosseria n. 2;
contro
- U.T.G. - Prefettura di Caserta, in persona del Prefetto p.t., il Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
- il Comune di Villa Literno, in persona del Sindaco p.t., n.c.;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, Sezione I, n. 5788 del 13 dicembre 2011, resa tra le parti, concernente un provvedimento interdittivo antimafia e la conseguente revoca dell’aggiudicazione di un appalto relativo alla realizzazione dei lavori di risanamento igienico-sanitario del Rione Via Vecchia Aversa;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Avvocatura Generale dello Stato;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 giugno 2012 il Cons. Dante D'Alessio e uditi per le parti l'avv. L L e l’avvocato dello Stato Maria Luisa Spina;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- La Ditta P Raffaele aveva impugnato, davanti alla Sede di Napoli del T.A.R. per la Campania, il provvedimento interdittivo antimafia prot. n. 58/2010/SUAP/12b.16/ANT/Area 1^ del 21 febbraio 2011 adottato dal Prefetto di Caserta, ed il conseguente provvedimento con il quale il Comune di Carinola ha disposto, il 28 febbraio 2001, la cessazione del rapporto contrattuale relativo alla realizzazione di lavori di risanamento igienico-sanitario del Rione via Vecchia Aversa.
Il T.A.R. di Napoli, con sentenza della Sezione I, n. 5788 del 13 dicembre 2011, ha ritenuto il ricorso infondato.
Dopo aver ricordato che il sig. R P era stato già destinatario, il 20 marzo 2008, di informative prefettizie annullate dallo stesso Tribunale Amministrativo per l’insufficienza degli elementi evidenziati, il T.A.R. di Napoli ha affermato che, nel caso in esame, la Prefettura aveva indicato nuove risultanze che avevano determinato una riconsiderazione complessiva della posizione della impresa ricorrente.
Il T.A.R. ha inoltre escluso che i provvedimenti impugnati fossero viziati per una elusione del giudicato formatosi sulle precedenti decisioni.
2.- La Ditta P ha appellato l’indicata sentenza ritenendola erronea sotto diversi profili.
Dopo aver ricordato che, in seguito all’annullamento delle precedenti interdittive del 2008, la Prefettura di Caserta, nel 2010, aveva reso una informativa liberatoria, l’appellante ha sottolineato che l’interdittiva antimafia oggetto di impugnazione era stata determinata in sostanza da due episodi:
1) l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in danno di R P, per il reato di falsa fatturazione, in concorso con i fratelli T e S I, ritenuti contigui al clan dei Casalesi;
2) l’omessa denuncia da parte del P di un episodio estorsivo consumato per un subappalto nel Comune di Santa Maria a Vico.
In relazione alla vicenda che aveva determinato l’ordinanza di custodia cautelare, l’appellante ha evidenziato che il GIP presso il Tribunale di Napoli, pur confermando l’arresto ai domiciliari, aveva tuttavia escluso l’associazione per delinquere tra i signori Iorio T e S e il sig. P. In particolare il GIP aveva escluso cointeressenze o interferenze gestorie dei signori Iorio T e S in Beton Campania, che risultava di P I e gestita da N C, immuni da controindicazioni antimafia. In conseguenza, il GIP aveva escluso nella vicenda la contestata aggravante di cui all’art. 7 della legge n. 203 del 1991 (reato finalizzato a favorire i clan).
Inoltre la Commissione Tributaria di Caserta, con decisione del 22 febbraio 2011, poi confermata dalla Commissione Regionale di Napoli con decisione del 26 settembre 2011, aveva escluso che il P fosse responsabile di false fatturazioni.
Per quanto riguarda poi l’episodio del subappalto nel Comune di Santa Maria a Vico, l’appellante ha affermato di essersi costituito parte civile nel procedimento avviato per estorsione nei confronti del soggetto al quale aveva pagato la tangente, dovendo ritenersi vittima del clan malavitoso.
3.- Al riguardo, si deve innanzitutto ricordare che, con riferimento alla cd. interdittiva antimafia "tipica", prevista dall’art. 4 del d. lgs. n. 490 del 1994 e dall’art. 10 del D.P.R. 3 giugno 1998, n. 252 (ed oggi dagli articoli 91 e segg. del d. lgs. 6 settembre 2011, n. 159, recante il Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione), questa Sezione (sentenze n. 1068 del 23 febbraio 2012, n. 5995 del 12 novembre 2011) ha affermato:
- che l'interdittiva prefettizia antimafia costituisce una misura preventiva volta a colpire l'azione della criminalità organizzata impedendole di avere rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione;
- che, trattandosi di una misura a carattere preventivo, l’interdittiva prescinde dall'accertamento di singole responsabilità penali nei confronti dei soggetti che, nell’esercizio di attività imprenditoriali, hanno rapporti con la pubblica amministrazione e si fonda sugli accertamenti compiuti dai diversi organi di polizia valutati, per la loro rilevanza, dal Prefetto territorialmente competente;
- che tale valutazione costituisce espressione di ampia discrezionalità che può essere assoggettata al sindacato del giudice amministrativo solo sotto il profilo della sua logicità in relazione alla rilevanza dei fatti accertati;
- che, essendo il potere esercitato espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata, la misura interdittiva non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo e certi sull'esistenza della contiguità dell’impresa con organizzazione malavitose, e quindi del condizionamento in atto dell'attività di impresa, ma può essere sorretta da elementi sintomatici e indiziari da cui emergano sufficienti elementi del pericolo che possa verificarsi il tentativo di ingerenza nell’attività imprenditoriale della criminalità organizzata;
- che, anche se occorre che siano individuati (ed indicati) idonei e specifici elementi di fatto, obiettivamente sintomatici e rivelatori di concrete connessioni o possibili collegamenti con le organizzazioni malavitose, che sconsigliano l’instaurazione di un rapporto dell’impresa con la pubblica amministrazione, non è necessario un grado di dimostrazione probatoria analogo a quello richiesto per dimostrare l’appartenenza di un soggetto ad associazioni di tipo camorristico o mafioso, potendo l’interdittiva fondarsi su fatti e vicende aventi un valore sintomatico e indiziario e con l’ausilio di indagini che possono risalire anche ad eventi verificatisi a distanza di tempo;
- che di per sé non basta a dare conto del tentativo di infiltrazione il mero rapporto di parentela con soggetti risultati appartenenti alla criminalità organizzata (non potendosi presumere in modo automatico il condizionamento dell’impresa), ma occorre che l’informativa antimafia indichi (oltre al rapporto di parentela) anche ulteriori elementi dai quali si possano ragionevolmente dedurre possibili collegamenti tra i soggetti sul cui conto l’autorità prefettizia ha individuato i pregiudizi e l’impresa esercitata da loro congiunti;
- che, infine, gli elementi raccolti non vanno considerati separatamente dovendosi piuttosto stabilire se sia configurabile un quadro indiziario complessivo, dal quale possa ritenersi attendibile l’esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata.
4.- Ciò premesso, nella fattispecie, come ricordato anche dal giudice di primo grado, l’interdittiva prefettizia risulta fondata, sulla relazione del 16 febbraio 2011 del Nucleo Investigativo Interforze della Provincia di Caserta che, oltre agli elementi già oggetto di precedente valutazione, ha fatto riferimento alla nota dei Carabinieri di Caserta del 25 settembre 2010, che aveva evidenziato un ulteriore episodio in cui il P era stato accusato di aver pagato una tangente ad esponenti di un clan malavitoso per l’esecuzione di lavori in subappalto nel Comune di Santa Maria a Vico, nonché sulla circostanza che il P, a seguito di accertamenti compiuti dalla Guardia di Finanza, era stato incriminato e sottoposto alla misura della custodia cautelare (con ordinanza n. 53 del 21 gennaio 2011 del GIP presso il Tribunale di Napoli) per una vicenda di false fatturazioni (per operazioni ritenute inesistenti) in favore della società Beton Campania S.r.l., produttrice di calcestruzzo, nella quale erano coinvolti anche esponenti della famiglia Iorio contigui al clan dei casalesi.
5.- Alla stregua dei consolidati principi che si sono su ricordati, l’interdittiva oggetto del presente giudizio, come affermato dal T.A.R. di Napoli, risulta giustificata dagli elementi indiziari che sono stati indicati nel relativo provvedimento dalla Prefettura di Caserta e che sommariamente sono stati ricordati.
E’ stata infatti evidenziata una serie di circostanze che, nel loro complesso, hanno fatto ritenere possibile agli organi preposti che l’attività della ditta appellante potesse, anche in maniera indiretta, essere condizionata dalla contiguità con la criminalità organizzata.
In particolare rispetto alle circostanze già oggetto delle precedenti interdittive (annullate dal T.A.R.) la Prefettura ha indicato nuove risultanze che hanno determinato una riconsiderazione complessiva della posizione della impresa appellante.
6.- E la valutazione prefettizia sulla rilevanza di tali circostanze non appare affetta da manifesta illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti, tenuto anche conto che la legittimità di un provvedimento interdittivo deve essere valutata sulla base degli elementi conosciuti dall’amministrazione al momento della sua emanazione. Fatti salvi gli eventuali successivi provvedimenti (anche di segno diverso) in relazione a sopravvenuti nuovi elementi di valutazione.
7.- Nella fattispecie, gli elementi che erano stati indicati nella interdittiva oggetto di impugnazione, come è stato affermato dal T.A.R. per la Campania, hanno condotto ad una nuova e complessa valutazione di possibile permeabilità dell’impresa ad ingerenze della malavita organizzata.
E tale valutazione, come si è detto, non risulta affetta da illogicità, travisamento o manifesta irragionevolezza, tenuto conto che al precedente quadro indiziario (ritenuto insufficiente dal T.A.R. di Napoli) si era comunque aggiunta la vicenda dell’arresto del sig. P, per le false fatturazioni nei rapporti con la Beton Campania, di sicura rilevanza sia «in relazione alla tipologia di fornitura (calcestruzzo), sia per la peculiare posizione della Beton Campania rispetto alle organizzazioni malavitose insistenti sul territorio», nonché l’ulteriore vicenda del subappalto nel Comune di Santa Maria a Vico.
8.- Non può peraltro ritenersi il provvedimento interdittivo viziato per il fatto che il rilievo della vicenda delle false fatturazioni sia stato (parzialmente) attenuato dalla circostanza che il GIP presso il Tribunale di Napoli, nell’incriminare il P per false fatturazioni per operazioni ritenute inesistenti e disporre la misura della custodia cautelare domiciliare, ha poi escluso l’aggravante (richiesta dal P.M.) di cui all’art. 7 della legge n. 203 del 1991 (reato finalizzato a favorire i clan), per non essere stata dimostrate interferenze dei fratelli Iorio T e S (ritenuti contigui alla malavita organizzata), nella gestione della Beton Campania (risultata gestita di fatto da I P, anche lui figlio di G I, condannato nel processo Spartacus per concorso esterno nell’associazione camorristica dei Casalesi, insieme all’amministratore unico N C).
Tantomeno possono avere rilevanza la decisione della Commissione Tributaria di Caserta, del 22 febbraio 2011, e la successiva decisione della Commissione Regionale di Napoli del 26 settembre 2011, che hanno escluso che il sig. P fosse responsabile delle false fatturazioni, trattandosi di circostanze comunque rilevanti sul piano fiscale e comunque verificatesi dopo l’adozione dell’interdittiva impugnata.
9.- Non può poi essere sufficiente a dimostrare l’insussistenza di pericoli di infiltrazione della malavita organizzata nemmeno la costituzione di parte civile del P nel giudizio riguardante la vicenda del subappalto nel Comune di Santa Maria a Vico.
10.- Ciò consente di prescindere dalla rilevanza dell’ulteriore elemento, citato nella nota dei Carabinieri del 25 settembre 2010, riguardante la compartecipazione del sig. P nella società IP Immobiliare, di cui era comproprietario ed era stato amministratore il già citato T Iorio (fratello di P I e figlio di G I) ritenuto contiguo alla criminalità organizzata.
11.- Sulla base delle esposte considerazioni l’appello si rileva infondato e deve essere respinto.
Si ritiene di disporre comunque la compensazione integrale fra le parti delle spese e competenze del grado di appello.