Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-12-24, n. 201908768

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-12-24, n. 201908768
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201908768
Data del deposito : 24 dicembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/12/2019

N. 08768/2019REG.PROV.COLL.

N. 02107/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sull’appello n. 2107 del 2015, proposto dal signor F M, rappresentato e difeso dagli avvocati M V S, A P e L A, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato L A in Roma, via Etruria, n. 65;

contro

La Croce Rossa Italiana, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sede di Roma (Sezione Terza), n. 10531/2014, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Croce Rossa Italiana;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2019 il pres. L M e uditi per le parti l’avvocati M V S, l’avvocato A P e l'avvocato dello Stato Verdiana Fedeli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con l’atto n. 245 del 26 maggio 2010, il commissario straordinario della Croce rossa italiana ha comunicato all’appellante di dover recuperare l’importo di euro 42.959,80, corrisposto a titolo di retribuzioni in realtà non dovute, per l’erronea valutazione del periodo lavorativo dal 1986 al 1991, svolto senza rivestire i gradi di ufficiale.

2. Con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, poi trasposto al TAR per il Lazio, Sede di Roma (nel giudizio n. 9039 del 2010), l’interessato ha impugnato l’atto di data 26 maggio 2010 e ne ha chiesto l’annullamento.

3. Il TAR, con la sentenza n. 10531 del 2014, ha respinto i primi quattro motivi del ricorso, ha accolto il quinto (con cui l’interessato ha lamentato che l’atto impugnato ha disposto il recupero delle somme non dovute ‘al lordo’, invece che ‘al netto’ delle trattenute fiscali) ed ha compensato tra le parti le spese del giudizio.

4. Con l’appello in esame, l’interessato ha impugnato la sentenza del TAR ed ha riproposto il secondo, il terzo ed il quarto motivo del ricorso originario.

Con il primo motivo d’appello (che ripropone il secondo motivo di primo grado), l’interessato ha dedotto che i decreti emessi nel corso della sua carriera (di nomina a sottotenente commissario con decorrenza dal 7 ottobre 1984, come ribadita dalla commissione centrale del personale in data 26 aprile 1990, e di promozione al grado di tenente con decorrenza dal 24 aprile 1988) non sono stati mai annullati dalla CRI, così come invece erroneamente assunto dal TAR.

Pertanto, l’Ente avrebbe errato nel rideterminare l’anzianità nel grado, giacché egli rivestiva la qualifica di ufficiale fin da epoca precedente.

Con il secondo motivo (che ripropone il terzo ed il quarto motivo di primo grado), l’interessato ha lamentato che, in conformità alle conclusioni della commissione appositamente istituita, la retroattività della decorrenza giuridica nel nuovo grado era stata decisa per ovviare al grave ritardo con cui l’Ente aveva emanato i decreti di promozione al grado superiore.

Il TAR, inoltre, non avrebbe tenuto conto né della relazione dell’ispettore nazionale della Croce rossa del 15 giugno 2009 nella quale erano stato contestate le conclusioni del SIFIP (Servizio ispettivo finanza pubblica) né dei documenti, depositati in giudizio, nei quali veniva in vario modo attestata la legittima attribuzione al ricorrente della c.d. “omogeneizzazione stipendiale”.

5. In data 13 aprile 2015 la Croce rossa italiana si è costituita in giudizio ed ha chiesto che l’appello sia respinto.

6. Con memoria del 13 maggio 2019, l’appellante ha ribadito l’illegittimità del recupero ‘al lordo’ di quanto a suo tempo corrisposto ed ha prospettato che, se egli si dovesse considerare sottufficiale, l’Ente si sarebbe avvalso di prestazioni di un ufficiale, pagato come un sottufficiale, ed ha inoltre rilevato che, se per gli anni in questione non si dovesse qualificare come ufficiale, sarebbero nulli gli atti emessi, anche nei confronti dei subalterni.

Con memoria di data 18 novembre 2019, l’Ente ha articolato le proprie difese, chiedendo che l’appello sia respinto.

7. Ritiene il Collegio che l’appello sia infondato e vada respinto.

7.1. Va richiamata la giurisprudenza di questa Sezione che si è pronunciata su casi analoghi a quello ora in esame (cfr. Sez. IV, 23 luglio 2019, n. 5179;
19 luglio 2019, n. 5092).

L’art. 5 comma 3 bis della legge 8 agosto 1990, n. 231, come aggiunto dall’art. 2 del d.l. 3 maggio 2001, n. 157, convertito con modificazioni, nella legge 3 luglio 2001, n. 250 e, successivamente, modificato dall'art. 1 della legge 30 dicembre 2002 n. 295, ha previsto che “ Fino a quando non ricorrano le condizioni per l'attribuzione dei trattamenti previsti dal comma 3 agli ufficiali che abbiano prestato servizio senza demerito per 13 anni e 23 anni dal conseguimento della nomina ad ufficiale o della qualifica di aspirante è attribuito, a decorrere dal 1° aprile 2001, lo stipendio spettante rispettivamente al colonnello e al brigadier generale e gradi equiparati. Il predetto trattamento non costituisce presupposto per la determinazione della progressione economica, fatta eccezione per gli ufficiali appartenenti ai ruoli del servizio permanente per i quali è previsto il diretto conseguimento del grado di tenente o corrispondente, ai quali il predetto trattamento è attribuito secondo le modalità previste dal comma 3 ”.

Tale disposizione è applicabile al personale del corpo militare ausiliario della Croce Rossa Italiana, per il principio di omogeneità rispetto al trattamento del personale militare, già sancito dall’art. 136, comma 1, del r.d. 10 febbraio 1936, n. 484, e ora dall’art. 1757 del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66.

Per l’applicazione dei relativi benefici economici è dunque stata prevista la necessità che il militare abbia svolto il servizio in qualità di ufficiale e che tale servizio sia stato assolto ‘senza demerito’.

Con la citata sentenza n. 5179 del 2019 [con argomentazioni che il Collegio condivide e fa proprie, anche ai sensi dell’art. 88, comma 2, lettera d), del codice del processo amministrativo], e con i pareri n. 3397 del 3 novembre 2014 e n. 1308 del 5 giugno 2017, l’attribuzione del trattamento stipendiale di cui al citato art. 5, comma 3 bis, richiede che nell’intervallo temporale ivi previsto il servizio sia stato prestato quale ufficiale.

Questo Consiglio ha così evidenziato che la sopra citata disposizione ha inteso attribuire rilevanza alla specifica professionalità degli ufficiali, sicché nel computo dell’anzianità di servizio, ai fini considerati, non può essere incluso il periodo in cui il soggetto non abbia svolto effettivamente il servizio in tale qualità.

7.2. Non si può ritenere che per l’appellante si siano verificati i presupposti richiesti per fruire dei benefici.

Nel caso di specie, risulta che l’interessato abbia prestato servizio quale ufficiale del corpo ausiliario dal 24 aprile 1984 al 24 luglio 1985 e dal 6 maggio 2001 (mentre ha svolto servizio come sottufficiale dal 21 novembre 1986 al 21 febbraio 2001).

Risulta quindi che l’appellante, pur con lo status di “militare”, non ha svolto sempre e complessivamente il servizio da ufficiale e che, dunque, non vi è stata continuità nel servizio prestato da ufficiale.

In sostanza, l’errata applicazione della normativa in esame gli ha consentito di anticipare il periodo dei tredici anni previsti dalla legge n. 250 del 2001, di fruire anzitempo dei correlati benefici economici e di potersi avvalere anzitempo del requisito di cui all’art. 78, secondo comma, lett. b), del regio decreto n. 484 del 1936 per l’avanzamento al grado superiore, mentre - per il riconoscimento dello specifico beneficio retributivo disciplinato dal citato art. 5, comma 3 bis - non si può prescindere dall’effettività del servizio quale ufficiale.

In tale prospettiva, e in disparte il rilievo che sono in effetti stati emanati atti di autotutela con riferimento al riconoscimento del trattamento stipendiale, nessun rilievo può assumere la circostanza che non vi sia stata rettifica degli atti relativi al riconoscimento del grado di ufficiale, quando anche con riconoscimento, a fini più generali, della retroattività, poiché ai fini dello specifico beneficio retributivo disciplinato dall’art. 5, comma 3 bis, non si può prescindere dall’effettività del servizio quale ufficiale.

Pertanto, risulta legittimo l’atto che ha disposto il recupero degli emolumenti non dovuti già corrisposti all’interessato (limitatamente a quanto effettivamente percepito dall’appellante, dal momento che già la sentenza impugnata ha accolto la doglianza che contestava il recupero ‘al lordo’, in coerenza con la giurisprudenza di questo Consiglio: Sez. IV, 12 febbraio 2015, n. 750;
19 luglio 2019, n. 5092).

7.3. Neppure sono fondate le osservazioni dell’appellante circa l’ipotizzata invalidità degli atti da lui emanati nel periodo nel quale la sua attività va intesa svolta quale sottufficiale.

Per la pacifica giurisprudenza di questo Consiglio (che ha tenuto conto dei principi risalenti al diritto romano e tuttora applicabili quando sono svolte funzioni pubbliche di natura non solo giurisdizionale, ma anche amministrativa), restano imputabili all’Amministrazione e non sono di per sé invalidi gli atti riguardanti procedimenti autonomi e non collegati e che siano stati emanati da una autorità i cui atti di nomina si siano rivelati invalidi, anche se siano stati annullati (Cons. Stato, Sez. V, 14 febbraio 1996, n. 232).

8. Per le ragioni che precedono, l’appello va respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del secondo grado del giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi