Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-02-05, n. 202101079

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-02-05, n. 202101079
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202101079
Data del deposito : 5 febbraio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/02/2021

N. 01079/2021REG.PROV.COLL.

N. 00559/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso per ottemperanza iscritto al numero di registro generale 559 del 2020, proposto da
C G P, rappresentata e difesa dagli avvocati G F e V T, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato P C V in Roma, piazza Bainsizza, n. 10;

contro

Comune di Cagnano Varano, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato T S, con domicilio digitale come da Pec Registri di giustizia;

nei confronti

S L e F A C, non costituiti in giudizio;

per l’ottemperanza

della sentenza del Consiglio di Stato, Sezione V, n. 164/2015, resa tra le parti.


Visti il ricorso per ottemperanza ed i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Cagnano Varano;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 gennaio 2021, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 25 d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla l. 18 dicembre 2020, n. 176, il Cons. Valerio Perotti e dato atto, ai sensi e per gli effetti del citato art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, delle note d’udienza depositate dall'avvocato Scattarelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.Il Comune di Cagnano Varano con nota n. 32656 del 27 ottobre 1993 chiedeva all’Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione di Foggia il nominativo di persone da avviare al lavoro, ai sensi dell’allora vigente art. 42 del d.lgs. 3 marzo 1993, n. 29, nelle categorie di invalido civile con qualifica di autista, di orfano o vedova con qualifica di impiegato d’ordine e di un invalido civile del lavoro quale operaio.

Con nota n. 33406 del 6 novembre 1993 l’UPLMO comunicava per l’avviamento al lavoro ai sensi della l. 2 aprile 1968, n. 482, i nominativi dei signori D’Errico Antonio e C G P nelle prime due categorie di soggetti riservatari indicate dall’amministrazione comunale;
quest’ultima non provvedeva all’assunzione dei sigg.ri D’Errico e C, né comunicava i tempi e le modalità per il loro accesso al lavoro.

2. Con ricorso al Tribunale amministrativo della Puglia i predetti signori D’Errico Antonio e C G P chiedevano: a) in via principale che fosse accertato l’obbligo del Comune di Cagnano Varano di assumerli alle sue dipendenze a far data dal 6 novembre 1993, con conseguente condanna dell’ente al pagamento in loro favore delle somme dovute a titolo di retribuzione e di indennità dalla predetta data sino a quella di effettiva immissione in servizio, oltre agli interessi ed alla rivalutazione monetaria;
b) in subordine che l’ente fosse condannato al risarcimento del danno subito in misura pari alle retribuzioni da loro non riscosse per la mancata assunzione, oltre a interessi e rivalutazione monetaria.

Con motivi aggiunti chiedevano inoltre l’annullamento della deliberazione della Giunta comunale di Cagnano Varano n. 433 del 30 ottobre 2001, con la quale era stata disposta l’assunzione a tempo indeterminato, ai sensi dell’art. 78, sesto comma, della l. 23 dicembre 2000 n. 388, nel profilo professionale di operaio qualificato, dei signori S L e F A C, già impegnati in un progetto di pubblica utilità.

3. Con la sentenza n. 1646 del 28 marzo 2002 l’adito Tribunale , il giudice adito respingeva il ricorso.

Avverso tale decisione i sigg.ri D’Errico e C interponevano appello, chiedendone la riforma;
ma con sentenza n. 4781 del 28 giugno 2004 il Consiglio di Stato, Sezione Quinta, dichiarava inammissibile il ricorso di primo grado sul presupposto che gli interessati vantassero solamente una posizione di interesse legittimo e non potessero pertanto proporre innanzi al giudice amministrativo un’azione di accertamento dell’obbligo dell’ente di assumerli.

4. Nel frattempo i predetti signori D’Errico e C avevano anche adito (sin dal 14 gennaio 1998, ancor prima di esperire il ricorso innanzi al giudice amministrativo) il Tribunale civile di Lucera, proponendo la medesima domanda di accertamento del diritto ad essere assunti dall’amministrazione comunale, con ogni conseguente statuizione patrimoniale ovvero, in alternativa, del proprio diritto al risarcimento del danno discendente dalla mancata assunzione.

Detto tribunale con la sentenza n. 1554 del 31 maggio 2000 dichiarava però il difetto di giurisdizione del giudice ordinario sulla controversia, mentre la Corte d’Appello di Bari con la sentenza n. 1446 del 25 novembre 2002 respingeva il relativo gravame, sul rilievo che, a seguito della pubblicazione della sentenza impugnata, gli interessati, proponendo ricorso al giudice amministrativo (di cui si è fatto cenno ai par. 2 e 3), avessero prestato acquiescenza alla statuizione di difetto della giurisdizione del giudice ordinario.

La Corte d’appello rilevava inoltre che il giudice amministrativo aveva respinto la domanda avente ad oggetto l’assunzione alle dipendenze del Comune, nel mentre aveva dichiarato il proprio difetto di giurisdizione sulle domande di risarcimento del danno, escludendo che tale seconda statuizione potesse assumere rilievo sulla preclusione derivante dall’acquiescenza.

5. I signori D’Errico e C proponevano due autonomi ricorsi per Cassazione, uno nei confronti della sentenza della Corte di Appello di Bari e l’altro nei confronti della sentenza n. 4781 del 28 giugno 2004 della Quinta Sezione del Consiglio di Stato.

Con la sentenza n. 13 del 4 gennaio 2007 le SS.UU. civili della Corte di Cassazione, riuniti i due ricorsi, quanto a quello (sub R.G. 21327 del 2003) proposto avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari respingevano il primo motivo del ricorso proposto e dichiaravano inammissibile il secondo;
quanto a quello (sub R.G. 16973 del 2005) proposto avverso la decisione n. 4781 del 2004 resa dalla V Sezione del Consiglio di Stato rigettavano il primo motivo e dichiaravano inammissibili il secondo ed il terzo motivo e, per l’effetto, dichiaravano la sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nella controversia de qua ..

6. Con nuovo ricorso ( sub n.r.g. 365 del 2008) al Tribunale amministrativo della Puglia, la signora C ed il signor D’Errico riproponevano l’azione di accertamento dell’obbligo del Comune di Cagnano Varano di assumerli a far tempo dal 6 novembre 1993, con conseguente condanna dell’amministrazione al pagamento delle somme loro dovute a titolo di retribuzione e di indennità decorrenti da tale data all’effettiva immissione in servizio, con ogni ulteriore conseguenza patrimoniale, e, in subordine, al risarcimento del danno subito per la mancata assunzione pari alle retribuzioni non riscosse maggiorate di interessi e rivalutazione.

Nella resistenza dell’ente, che eccepiva l’inammissibilità del ricorso in ragione del giudicato già formatosi in materia, l’adito tribunale con la sentenza n. 184 del 4 febbraio 2009 dichiarava inammissibile il ricorso per avere i ricorrenti prospettato “ una questione identica per petitum e causa petendi a quella originariamente prospettata al giudice amministrativo al tempo del primo ricorso ”, questione sulla quale si era ormai formato il giudicato.

Decidendo sull’appello proposto ( sub n.r.g. 2671 del 2010) dalla sola signora C, il Consiglio di Stato, Sezione Quinta, con la sentenza n. 3533 del 7 giugno 2012, lo respingeva.

7. Avverso tale decisione la sig.ra C proponeva ricorso per revocazione, deducendo la sussistenza di un errore di fatto rilevante ai fini del combinato disposto dell’art. 395, n. 4, Cod. proc. civ. e dell’art. 81 r.d. 17 agosto 1907 n. 642;
ciò in quanto il giudice d’appello aveva affermato che sulla decisione n. 4781 del 2004 si era formato un giudicato preclusivo della riproposizione della domanda di accertamento del proprio diritto all’assunzione alle dipendenze del Comune con ogni connesso diritto patrimoniale.

Con la sentenza 20 gennaio 2015, n. 164, la V Sezione del Consiglio di Stato accoglieva il ricorso per revocazione, statuendo che: “ la domanda della ricorrente va accolta nel senso che l’Amministrazione deve pronunciarsi sulla sua posizione, disponendo – nel caso in cui sussistano i presupposti per l’assunzione – la decorrenza giuridica sopra individuata e la decorrenza economica dalla data eventuale di svolgimento della effettiva attività lavorativa ”.

8. Deducendo in seguito la mancata esecuzione da parte dell’amministrazione della predetta sentenza n. 164 del 2015 la sig.ra C ha proposto ricorso per ottemperanza, chiedendo:

1) la declaratoria dell’“… obbligo, ex art.42 del D.Lgs.vo 3.3.1993 n.29(all’epoca vigente), del Comune di Cagnano Varano di assumere alle sue dipendenze la sig.ra Grazia Palma C nell’ambito della disciplina del collocamento obbligatorio, e con riguardo alla programmata previsione del fabbisogno di personale necessario nella categoria di orfana riservataria, e

con la qualifica d’impiegata d’ordine, a far tempo dalla data del 6 nov.1993 ”;

2) di ordinare “ al Comune di Cagnano Varano, in persona del suo sindaco pro-tempore, l’ottemperanza della predetta sentenza, prescrivendo le relative modalità, anche mediante la determinazione del contenuto del provvedimento stesso in luogo dell’amministrazione ”, se del caso disponendosi anche la nomina di un Commissario ad acta .

Costituitosi in giudizio, il Comune di Cagnano Verano ha eccepito l’infondatezza del ricorso, chiedendone la reiezione.

9. Precisate dalle parti con apposite memorie le rispettive tesi difensive, all’udienza del 14 gennaio 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

10. Il ricorso in ottemperanza deve essere respinto.

11. Per giurisprudenza consolidata ( ex plurimis , Cons Stato, V, 13 marzo 2014, n. 1256), l’oggetto del giudizio di ottemperanza è rappresentato dalla puntuale verifica da parte del giudice dell’esatto adempimento dell’obbligo dell’amministrazione di conformarsi al giudicato per far conseguire concretamente all’interessato l’utilità o il bene della vita riconosciutogli in sede di cognizione (Cons. Stato, V, 30 agosto 2013, n. 4322;
V, 23 novembre 2007, n. 6018;
V, 3 ottobre 1997, n. 1108;
IV, 15 aprile 1999, n. 626;
IV, 17 ottobre 2000, n. 5512).

Detta verifica, che deve essere condotta nell’ambito dello stesso quadro processuale che ha costituito il substrato fattuale e giuridico della sentenza di cui si chiede l’esecuzione (Cons. Stato, V, 9 maggio 2001, n. 2607;
IV, 9 gennaio 2001, n. 49;
IV, 28 dicembre 1999, n. 1964), comporta una puntuale attività di interpretazione del giudicato, al fine di enucleare e precisare il contenuto del comando, sulla base della sequenza “ petitum – causa petendi – motivi – decisum ” (Cons. Stato, IV, 19 maggio 2008, n. 2312;
V, 7 gennaio 2009, n. 10): di conseguenza in sede di giudizio di ottemperanza non può essere riconosciuto un diritto nuovo ed ulteriore rispetto a quello fatto valere ed affermato con la sentenza da eseguire, anche se sia ad essa conseguente o collegato (Cons. Stato, V, 24 gennaio 2013, n. 462;
IV, 17 gennaio 2002, n. 247) e non possono essere neppure proposte domande che non siano contenute nel decisum della sentenza da eseguire (Cons. Stato, IV, 9 gennaio 2001 n. 49;
IV, 10 agosto 2000, n. 4459), trovando ingresso solo questioni che sono state oggetto dell’accertamento nel giudizio di cognizione (Cons. Stato, VI, 8 marzo 2013, n. 1412;
VI, 3 giugno 2013, n. 3023;
IV, 28 maggio 2013, n. 2911).

E’ stato osservato che la delineata ricostruzione dei poteri del giudice dell’ottemperanza non implica un vulnus alla stessa effettività della tutela giurisdizionale amministrativa ed ai principi costituzionali sanciti dagli artt. 24, 111 e 113, rappresentando piuttosto il naturale e coerente contemperamento della pluralità degli interessi e dei principi costituzionali che vengono in gioco nel procedimento giurisdizionale amministrativo, ed in particolare di quello secondo cui la durata del processo non deve andare a detrimento della parte vittoriosa e di quello della stessa dinamicità dell’azione amministrazione e dell’esercizio della relativa funzione da parte della pubblica amministrazione che ne è titolare (che non consente di poter ragionevolmente ipotizzare una sorta di “congelamento” o di “fermo” della stessa, tant’è che sia l’atto amministrativo che la sentenza di primo grado, ancorché impugnati, non perdono in linea di principio la loro efficacia e la loro idoneità a spiegare gli effetti loro propri, tranne che questi ultimi non siano ritenuti meritevoli di essere sospesi, su istanza degli interessati, da parte rispettivamente del giudice di primo grado o da quello di appello).

Per completezza deve aggiungersi che è stato anche sottolineato come nel giudizio di ottemperanza può essere dedotta come contrastante con il giudicato non solo l’inerzia della pubblica amministrazione cioè il non facere (inottemperanza in senso stretto), ma anche un facere , cioè un comportamento attivo, attraverso cui si realizzi un’ottemperanza parziale o inesatta ovvero ancora la violazione o l’elusione attiva del giudicato (Cons. Stato, VI, 12 dicembre 2011, n. 6501).

Il nuovo atto emanato dall’amministrazione, dopo l’annullamento in sede giurisdizionale del provvedimento illegittimo, può essere considerato adottato in violazione o elusione del giudicato solo quando da quest’ultimo derivi un obbligo assolutamente puntuale e vincolato, così che il suo contenuto sia integralmente desumibile nei suoi tratti essenziali dalla sentenza (Cons. Stato, VI, 3 maggio 2011, n. 2602;
IV, 13 gennaio 2010, n. 70;
IV, 4 ottobre 2007, n. 5188), con la conseguenza che la verifica della sussistenza del vizio di violazione o elusione del giudicato implica il riscontro della difformità specifica dall’atto stesso rispetto all’obbligo processuale di attenersi esattamente all’accertamento contenuto nella sentenza da eseguire (Cons. Stato, IV, 21 maggio 2010, n. 3233;
V, 6 maggio 2013, n. 2418;
VI, 7 giugno 2011, n. 3415;
VI, 5 dicembre 2005, n. 6963).

La violazione del giudicato è pertanto configurabile quando il nuovo atto riproduca gli stessi vizi già censurati in sede giurisdizionale ovvero quando si ponga in contrasto con precise e puntuali prescrizioni provenienti dalla statuizione del giudice, mentre si ha elusione del giudicato allorquando l’amministrazione, pur provvedendo formalmente a dare esecuzione alle statuizioni della sentenza, persegue l’obiettivo di aggirarle dal punto di vista sostanziale, giungendo surrettiziamente allo stesso esito già ritenuto illegittimo (Cons. Stato, IV, 1° aprile 2011, n. 207;
IV, 4 marzo 2011, n. 1415;
IV, 31 dicembre 2009, n. 9296).

12. Ciò posto, con riferimento al caso di specie, deve rilevarsi che, come accennato in precedenza, la sentenza di cui si chiede l’ottemperanza ha precisato in modo puntuale l’oggetto del contendere ed il vincolo conformativo scaturente dall’accoglimento del ricorso per revocazione allora vittoriosamente proposto dalla sig.ra C, affermando che: “ l’Amministrazione deve pronunciarsi sulla sua posizione, disponendo – nel caso in cui sussistano i presupposti per l’assunzione – la decorrenza giuridica sopra individuata e la decorrenza economica dalla data eventuale di svolgimento della effettiva attività lavorativa ”.

La sentenza ottemperanda non ha perciò riconosciuto in alcun modo un diritto incondizionato e perfetto della ricorrente ad essere assunta – ora per allora – dal Comune di Cagnano Verano, ordinando piuttosto a quest’ultimo di pronunciarsi, alla luce della normativa vigente e delle proprie necessità organizzative, sulla posizione dell’interessata.

Dagli atti prodotti in giudizio risulta che il Comune di Cagnano Varano si è effettivamente pronunciato sulla questione con la deliberazione di Giunta n. 61 del 15 dicembre 2015 nella quale, richiamata espressamente la sentenza da ottemperare e dato atto di aver eseguito la verifica della sussistenza delle condizioni per assumere la ricorrente, in conformità delle indicazioni contenute nella predetta sentenza – ossia in base alla situazione di fatto in essere ed in applicazione della legge n. 68 del 1999 – ha escluso la ricorrenza dei presupposti (di legge e di esigenze organizzative interne) per potersi procedere in tal senso, cioè all’assunzione.

Ciò è sufficiente a far ritenere che il vincolo conformativo discente dalla sentenza ottemperanda sia stato pienamente attuato, senza che residui alcun ulteriore potere non esercitato: il che esclude peraltro che quella delibera possa considerarsi elusiva del giudicato ottemperanda.

13. Quella delibera è certamente impugnabile in sede di legittimità. Sul però non può sottacersi che, sempre dagli atti di causa, emerge che avverso la stessa l’interessata ha effettivamente proposto ricorso al Tribunale amministrativo della Puglia (iscritto a n.r.g. 375 del 2016), ricorso che però è stato dichiarato perento, con conseguente passaggio in giudicato del provvedimento gravato.

14. Deve aggiungersi per completezza che le domande attualmente proposte comunque travalicano il contenuto della sentenza n. 164 del 2015, che rappresenta – come in precedenza evidenziato – il limite da non superare, anche dove si voglia riconoscere una accezione ampia alla funzione del giudizio di ottemperanza.

Al riguardo va evidenziato che detta pronuncia non ha mai riconosciuto come sussistente un obbligo del Comune di procedere all’assunzione diretta della sig.ra C, né ha ritenuto applicabile la normativa pregressa invocata dalla ricorrente (ossia il d.lgs. n. 29 del 1993), avendo piuttosto dato atto della necessità di applicare alla fattispecie controversa la l. n. 68 del 1999;
l’accertata inesistenza dei presupposti per l’assunzione esclude sotto altro profilo la stessa ammissibilità della domanda risarcitoria.

15. In conclusione Ne consegue, alla luce dei rilievi che precedono, la reiezione del ricorso.

La particolarità della vicenda giustifica peraltro, ad avviso del Collegio, l’integrale compensazione, tra le parti, delle spese di lite del giudizio.

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