Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-07-22, n. 202206423

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-07-22, n. 202206423
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202206423
Data del deposito : 22 luglio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/07/2022

N. 06423/2022REG.PROV.COLL.

N. 04146/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4146 del 2018, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato G B con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Ministero dell’interno e la Questura di Massa Carrara, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tar Toscana, sez. II, -OMISSIS-, che ha respinto il ricorso proposto avverso il decreto -OMISSIS- con il quale il Questore della Provincia di Massa Carrara revocava il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo in applicazione degli artt. 4, 5, e 9, d.lgs. n. 286 del 1998.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Vista l’ordinanza -OMISSIS-, con la quale è stato disposto il rinnovo della notifica perché effettuata presso l’Avvocatura distrettuale in luogo dell’Avvocatura generale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 luglio 2022 il Cons. Giulia Ferrari e uditi per le parti gli avvocati presenti, come da verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Il signor -OMISSIS-, cittadino senegalese in Italia dal 1996, ha impugnato innanzi al Tar Toscana il decreto -OMISSIS- notificatogli in data 8 febbraio 2017, con cui il Questore della Provincia di Massa Carrara gli ha revocato il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo n. -OMISSIS-.

Tale provvedimento ha tratto fondamento dalla circostanza che l’istante fosse stato raggiunto da alcune segnalazioni per ricettazione e introduzione e commercio nel territorio dello Stato di prodotti con marchi falsi e da due condanne per reato ostativo ai sensi degli artt. 4, comma 3, 5 e 9 D.l.gs. n. 286/1998. Il sig. -OMISSIS-, infatti, era stato condannato con decreto penale emesso in data 19 marzo 2012 dal GIP del Tribunale di Lucca, esecutivo il 1 novembre 2013, per il reato di ricettazione ex art. 648, comma 2, c.p. e commercio di prodotti con segni falsi ex art. 474 c.p., alla pena di giorni 20 di reclusione ed euro 5.000 di multa e in data 17 luglio 2012, con sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell’art. 444 c.p.p. del Tribunale di Massa, sezione distaccata di Carrara, divenuta irrevocabile in data 15 ottobre 2012, per il reato di commercio di prodotti con segni falsi in concorso ex art. 110 c.p. alla pena di anni 1 di reclusione ed euro 258,00 di multa.

2. La sez. II del Toscana, con sentenza -OMISSIS-, ha giudicato il provvedimento di diniego legittimo in considerazione del disposto di cui all’art. 9, comma 4, d.lgs. n. 286 del 1998. Il giudice di prime cure, dopo aver riportato la normativa di riferimento ed elencato le motivazioni alla base del provvedimento questorile, ha ritenuto esente da censure il decreto di revoca. In particolare il Tar ha evidenziato che, oltre alla rilevanza delle condanne subite dallo straniero, l’Amministrazione aveva debitamente valutato l’incapacità reddituale del ricorrente e l’indisponibilità di idonea sistemazione alloggiativa. Trattasi di indici che, come affermato dall’amministrazione, qualificano complessivamente l’inclinazione a delinquere dello straniero desunta non da un mero automatismo ma da una valutazione globale degli interessi coinvolti.

3. Con appello notificato il 17 maggio e depositato il successivo 23 maggio, il signor -OMISSIS- ha chiesto, in riforma della decisione impugnata, l’accoglimento del ricorso di primo grado, riproducendo sostanzialmente le censure non accolte in primo grado ponendole in chiave critica rispetto alla sentenza avversata.

A sostegno dell’azione impugnatoria l’odierno appellante deduce, quale primo motivo di gravame, la violazione dell’art. 9, d.lgs. n. 286 del 1998 per l’erronea applicazione dell’automatismo tra precedenti penali e presunzione di pericolosità sociale ed altresì per difetto di motivazione. Con il secondo motivo, invece, il sig. -OMISSIS- denuncia la violazione dell’art. 9, comma 4, d.lgs. n. 286 del 1998 per la mancata considerazione della lunga durata del suo soggiorno in Italia e del suo inserimento nel tessuto sociale. Con l’ultimo motivo, invece, è denunciata la violazione degli artt. 4 e 5, commi 5 e 5 bis, d.lgs. n. 286 del 1998, per la mancata considerazione del tempo di commissione dei reati e per la mancata valutazione delle irregolarità amministrative sanabili in relazione alla sussistenza di un alloggio.

4. Con le ordinanze cautelari 22 giugno 2018, n. -OMISSIS-, la Sezione ha respinto le istanze cautelari di sospensione dell’efficacia della sentenza del Tar Toscana di reiezione del ricorso di primo grado.

5. Con ordinanza -OMISSIS-, è stato disposto il rinnovo della notifica perché effettuata presso l’Avvocatura distrettuale in luogo dell’Avvocatura generale.

In data 26 maggio 2022 è stata data prova dell’avvenuta notifica dell’appello all’Avvocatura generale dello Stato.

6. Il Ministero dell’interno e la Questura di Massa Carrara non si sono costituiti in giudizio.

7. All’udienza pubblica del 14 luglio 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. L’appello è fondato.

I motivi dedotti che possono trattarsi congiuntamente in quanto connessi tra loro, fanno leva sulla violazione dell’art. 9, d.lgs. n. 286 del 1998 e, in particolare, sulla mancata valutazione di tutti i parametri ivi elencati ai fini del giudizio di pericolosità sociale in presenza di un reato ostativo.

Giova preliminarmente ricordare che, ai sensi dell’art. 9, comma 4, d.lgs. 286 del 1998, “il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo non può essere rilasciato agli stranieri pericolosi per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. Nel valutare la pericolosità si tiene conto anche dell'appartenenza dello straniero ad una delle categorie indicate nell'art. 1, l. 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall'art. 2, l. 3 agosto 1988, n. 327, o nell'art. 1, l. 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'art. 13, l. 13 settembre 1982, n. 646, ovvero di eventuali condanne anche non definitive, per i reati previsti dall'art. 380 c.p.p. nonché, limitatamente ai delitti non colposi, dall'art. 381 del medesimo codice. Ai fini dell'adozione di un provvedimento di diniego di rilascio del permesso di soggiorno di cui al presente comma il questore tiene conto altresì della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell'inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero”.

In materia di revoca del permesso U.E. per soggiornanti di lungo periodo si è consolidato un indirizzo giurisprudenziale, costantemente seguito anche da questa Sezione (23 luglio 2018, n. 4455;
id. 20 ottobre 2016, n. 4401;
id. 15 novembre 2016, n. 4708) secondo il quale, ai sensi dell'art. 9, comma 4, d.lgs. 286 del 1998, il diniego e la revoca del permesso di soggiorno di lungo periodo non possono essere adottati per il solo fatto che lo straniero abbia riportato sentenze penali di condanna: al contrario, tali misure richiedono un giudizio di pericolosità sociale dello straniero e una motivazione articolata su più elementi, che tenga conto anche della durata del soggiorno sul territorio nazionale e dell'inserimento sociale, familiare e lavorativo dell'interessato, tale da escludere ogni automatismo tra provvedimento sfavorevole e condanne penali (cd. tutela rafforzata dei soggiornanti di lungo periodo).

La gravità dei precedenti penali riportati dallo straniero e la prevalenza delle esigenze di sicurezza pubblica, di conseguenza, non possono esentare l’amministrazione dal fondare i propri atti su un motivato e non meramente apparente raffronto con gli elementi favorevoli rappresentati dallo straniero e, quindi, su un’effettiva ponderazione comparativa tra l'interesse pubblico al mantenimento dell'ordine e della sicurezza e l'interesse dello straniero ad integrarsi nel tessuto sociale. Tale giudizio di bilanciamento va operato sulla base di una serie di indici, quali l'esistenza di legami familiari, di un lavoro stabile, di un conseguente adeguato reddito, di una dimora fissa, e di tutte le numerose situazioni che possono in vario modo comprovare un effettivo e pacifico radicamento sul territorio italiano in conformità alle regole fondamentali del nostro ordinamento. Solo all'esito di tale raffronto, adeguatamente motivato, si può pervenire ad una ponderata e sindacabile valutazione di pericolosità sociale dello straniero, espressiva di un corretto esercizio del potere discrezionale rimesso all’autorità amministrativa (Cons. St., sez. III, 22 maggio 2017, n. 2382).

L’obbligo di una articolata motivazione è rafforzata dal fatto che, nel caso di specie, si tratta non di un iniziale diniego della carta di soggiorno UE di lungo periodo, ma di revoca, per la quale la normativa europea di cui alla direttiva 2009/109/CE prevede necessariamente una specifica valutazione in ordine alla minaccia attuale per la sicurezza pubblica. Inoltre, ai fini della valutazione della pericolosità sociale, l’art. 9, d.lgs. n. 286, al comma 7 rinvia al comma 4. Dal combinato disposto di tali norme si ricava che la revoca può essere disposta per gli stranieri pericolosi per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato e che a tal fine possano costituire uno, ma non l’unico elemento di valutazione le condanne anche non definitive, per i reati previsti dall'art. 380 c.p.p., nonché, limitatamente ai delitti non colposi, dall'articolo 381 del medesimo (Cons. St., sez. III, 10 dicembre 2014, n. 6064).

2. Il Tar, pur condividendo tali principi, ha giudicato legittimo il provvedimento impugnato. Nel decreto questorile qui all’esame, infatti, manca un’approfondita valutazione e motivazione di questi plurimi fattori che tenga conto in particolar modo della durata del soggiorno sul territorio nazionale e dell'inserimento sociale e lavorativo dell’interessato. Lo stesso, negli atti difensivi depositati nel corso del procedimento, aveva segnalato di risiedere in Italia dal 1996, inizialmente con permesso di soggiorno per lavoro subordinato e poi dal 2003 come soggiornante di lungo periodo.

Da documentazione Inps versata agli atti del giudizio si evince che l’appellante ha lavorato dal 1996 dal 2009, anno, quest’ultimo, in cui ha richiesto il sussidio di disoccupazione mentre all’atto dell’adozione del provvedimento impugnato (10 novembre 2016) in primo grado, non aveva un impiego. Il fatto che, come si evince dalla documentazione depositata in appello, il sig. -OMISSIS- abbia successivamente provveduto a intraprendere un’attività lavorativa è indice dell’impegno nel ricercare una fonte lecita di sostentamento.

L’incapacità di produrre reddito per un determinato periodo, imputabile a specifiche e particolari cause addotte dall’istante nel procedimento di primo grado, non può precludere il rilascio del titolo di soggiorno, laddove sussista la concreta possibilità – dimostrata dall’appellante – di riacquistare in tempi brevi la capacità di guadagnare lavorando onestamente.

Per quanto concerne, invece, la presenza di un alloggio, erroneamente si fa riferimento alla “mancata dimostrazione di idonea sistemazione alloggiativa ai sensi delle disposizioni di legge attesa, di fatto, l’irreperibilità dello straniero” quando, invece, come emerge dalla documentazione versata in atti, il sig. -OMISSIS- aveva un idoneo indirizzo di residenza.

Nel caso di specie, pertanto, sussistevano plurimi elementi sui quali l’amministrazione avrebbe dovuto esprimersi, nelle forme del ponderato giudizio di bilanciamento richiesto dall’art. 9, comma 4, d.lgs. n. 286 del 1998, prima di revocare il titolo di soggiorno anche ed eventualmente ai fini del rilascio di un diverso permesso di soggiorno come previsto dal comma 9 del citato.

Passando, infine, alla valutazione di pericolosità sociale effettuata dalla Questura occorre premettere che le condanne subite dall’appellante costituiscono episodi risalenti nel tempo, rispetto alle quali, come si evince dalla documentazione depositata dall’Amministrazione in primo grado, sono state concesse le attenuanti generiche e la sospensione condizionale della pena. Ne consegue che la spiccata pericolosità sociale a cui fa riferimento la Questura non trova riscontro nei fatti alla base delle condanne riportate dall’appellante. La Questura, in particolare, afferma che “la condotta posta in essere dal nominato in atti evidenzia uno stile in contrasto con le norme dell’ordinamento giuridico ed altresì, nella sua globalità risulta essere incline alla commissione di reati considerati ostativi da parte del legislatore oltre all’assoluta produzione di autonomo reddito”. Tali affermazioni, tuttavia, si pongono in contrasto con le valutazioni effettuate dal giudice penale.

Il giudizio di pericolosità sociale reso dalla Questura, pertanto, difetta della valutazione di attualità e di concretezza, limitandosi a fare riferimento alla presenza delle condanne per i reati di cui agli artt. 648 e 474 c.p. senza un’idonea a approfondita motivazione degli altri elementi contemplati dall’art. 9, comma 4, d.lgs. n. 286 del 1998.

3. In conclusione, per i suesposti motivi, l’appello va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va annullato, per difetto di motivazione, il provvedimento impugnato in primo grado.

Dall’accoglimento dell’appello consegue l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

Nulla va disposto per le spese, stante la mancata costituzione della parte appellata.

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