Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-11-12, n. 201806349

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-11-12, n. 201806349
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201806349
Data del deposito : 12 novembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/11/2018

N. 06349/2018REG.PROV.COLL.

N. 04486/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4486 del 2016, proposto da
Istituto Luso Farmaco D'Italia S.p.A, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato S G, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza Barberini, 12;

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero della Salute, Cipe - Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domiciliano ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 13181/2015, resa tra le parti, concernente risarcimento danni a seguito della determinazione del prezzo massimo di medicinali.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell'Economia e delle Finanze, del Ministero della Salute e del Cipe - Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 ottobre 2018 il Cons. Giovanni Pescatore e uditi per le parti l’Avvocato Andrea Grazzini su delega di S G e l'Avvocato dello Stato Gianni De Bellis;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La società qui appellante ha agito in primo grado chiedendo la condanna delle Amministrazioni resistenti al risarcimento del danno patrimoniale asseritamente procuratole dalla delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) del 25 febbraio 1994.

2. Questo l’antefatto posto a base della domanda risarcitoria:

- l'articolo 8, dodicesimo comma, della legge 24 dicembre 1993 n. 537, nel trasformare il regime dei prezzi dei medicinali (in precedenza " amministrato ") sottoponendolo alla sola sorveglianza delle autorità amministrative " secondo modalità dettate dal CIPE ", ha obbligato le imprese a rispettare, nella determinazione del prezzo delle specialità medicinali, il limite del prezzo medio europeo (ovvero " la media dei prezzi risultanti per prodotti similari e inerenti al medesimo principio nell’ambito della Comunità europea" );

- alla scelta dell’impresa di porre in vendita la specialità medicinale ad un prezzo superiore al prezzo medio europeo, conseguiva la facoltà del Ministro della Sanità di disporne il trasferimento nella classe C (escludendo il rimborso dal Servizio sanitario nazionale) oppure di mantenerla nella classe di appartenenza, limitando tuttavia il rimborso ad un valore pari al prezzo medio europeo;

- il CIPE, con deliberazione del 25 febbraio 1994, ha fissato i criteri per la determinazione del prezzo medio europeo disponendo essenzialmente: i) la riduzione autoritativa del prezzo dei medicinali qualora risultante superiore di almeno il 5% rispetto a quello medio europeo; ii) il riferimento ai prezzi di quattro Paesi (Francia, Inghilterra, Germania e Spagna) per la determinazione della media dei prezzi europei; iii) l'applicazione, ai fini del calcolo della media, dei tassi di conversione basati sulla parità dei poteri di acquisto delle varie monete come determinati annualmente dal CIPE stesso;

- il Consiglio di Stato, con sentenza n. 118 del 27 gennaio 1997, ha annullato la delibera del 25 febbraio 1994 rilevando: a) l’illegittimità della pretesa di determinare direttamente con un meccanismo automatico i prezzi dei medicinali; b) l’illegittimità della scelta di soli quattro Paesi al fine di individuare il prezzo medio europeo; c) l’illegittimità della esclusione del calcolo della media nei casi in cui il medicinale non fosse stato commercializzato in almeno due Paesi di cui almeno uno con regime di prezzi amministrati; d) l’illegittimità della scelta di riferirsi ad un criterio di conversione del valore delle monete diverso dal tasso di cambio ufficiale;

- il CIPE ha presentato ricorso in Cassazione contro detta decisione, rinunciandovi poi in data 18 dicembre 1997, rinuncia di cui la Corte di Cassazione ha dato atto con ordinanza n. 36 del 24 marzo 1999;

- nel frattempo, con la legge 27 dicembre 1997 n. 449 (articolo 36, terzo e quarto comma) è stata introdotta una nuova disciplina del prezzo dei medicinali, che prevede l'applicazione dei tassi ufficiali di cambio relativi alle monete di tutti i Paesi dell’Unione europea e la considerazione dei prezzi dei medicinali praticati in tutti i Paesi dell'Unione Europea al fine di individuare il prezzo medio europeo;

- nello stesso articolo 36 della legge 449/1997 è stata, altresì, disposta la sanatoria degli effetti prodotti dalla delibera CIPE del 25 febbraio 1994 attraverso la previsione della perdurante efficacia delle disposizioni dettate in tale delibera dal 1° settembre 1994 fino al momento della entrata in vigore dei nuovi criteri per la determinazione del prezzo medio europeo di cui al terzo e quarto comma dell'articolo 36 (secondo comma);
inoltre, è stata dettata l'interpretazione autentica dell'articolo 8, dodicesimo comma, della legge 537/1993, in un senso corrispondente alla scelta effettuata dal CIPE con la delibera del 1994.

3. Su queste premesse in fatto, la parte ricorrente in primo grado ha prospettato la sussistenza dei presupposti per la civile responsabilità dell’Amministrazione, individuandoli:

-nella violazione dell’art. 8 comma 12 L. n. 537/1993, come accertata dalla sentenza n. 118/1997 del Consiglio di Stato;

-nell’esistenza di un rapporto di causalità tra la condotta dell’Amministrazione (approvazione della delibera CIPE) e il danno lamentato;

-nell’esistenza dell’elemento soggettivo della colpa in capo all’Amministrazione;

-nella inapplicabilità al presente giudizio dell’art. 36 della legge n. 449/1997, del quale è stata eccepita sia la illegittimità costituzionale, per essere venuta tale disposizione ad incidere su una situazione cristallizzata da una sentenza passata in giudicato;
sia il contrasto con l’art. 28 del trattato CE.

Il danno a ristoro del quale ha agito la società ricorrente è rappresentato dalla perdita netta di fatturato derivatale dall’aver dovuto ridurre entro i parametri imposti dal CIPE i prezzi di vendita delle proprie specialità medicinali.

4. Il Tribunale ha respinto il ricorso della Società ritenendo, in sintesi, che: a) il disposto dell'articolo 36, primo e secondo comma, esclude il diritto al risarcimento dei danni in quanto la deliberazione del

CIPE

25 febbraio 1994 non può essere considerata illegittima in forza della sanatoria disposta dal legislatore, venendo così a mancare il presupposto, necessario per l'imputazione di un danno risarcibile, della esistenza di un atto illegittimo adottato con dolo o colpa dall'Amministrazione; b) nel caso di specie non sussisteva un giudicato amministrativo, in ragione della pendenza del ricorso per Cassazione al momento della entrata in vigore della legge di sanatoria, con il che è esclusa una ingerenza del legislatore incisiva delle prerogative proprie dell'ordine giudiziario; c) neppure è prospettabile alcun profilo di eventuale fondatezza della questione di legittimità costituzionale delle norme qui sopra richiamate, in quanto la Corte Costituzionale ha ripetutamente affermato che il legislatore può intervenire, anche con norme retroattive (di sanatoria e interpretative), quando sia necessario assicurare una copertura normativa in settori determinati e non vi sia la diretta specifica intenzione di vanificare un giudicato; d) in ogni caso, a fronte di una vicenda complessa, con elementi di novità nella disciplina legislativa, non vi è alcun profilo rilevante di colpa nella determinazione presa dal CIPE e poi sanata con l'articolo 36 della legge 449/1997, e ciò anche se, nel dettare la nuova regolamentazione, il legislatore ha poi deciso di seguire, in buona parte, le indicazioni fornite dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 118/1997.

5. Il presente giudizio di appello si fonda su una argomentata critica della pronuncia di primo grado e una conseguente reiterazione delle istanze risarcitorie.

6. Si sono ritualmente costituiti in giudizio le quattro amministrazione intimate, meglio indicate in epigrafe.

Oltre a controdedurre nel merito, la parte intimata ha eccepito il difetto di legittimazione passiva dei Ministeri dell’Economia e delle Finanze, del Ministero della Salute e della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

7. In assenza di istanze cautelari, la causa è stata discussa e posta in decisione all’udienza pubblica del 18 ottobre 2018.

DIRITTO

1. Con il primo motivo di censura (riferito all’ “ elemento oggettivo dell’azione ”) la società appellante lamenta l’illogicità della motivazione della sentenza impugnata e la violazione degli artt. 8, comma 17, L. 537/1993 e 36 L. n. 449/1997.

A suo dire:

- (i) il coordinato disposto dei commi da 1 a 3 dell'articolo 36 sarebbe inapplicabile alla fattispecie oggetto del presente giudizio perché, nella parte in cui mira a convalidare in senso retroattivo il contenuto della deliberazione

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