Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-02-04, n. 201300647

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-02-04, n. 201300647
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201300647
Data del deposito : 4 febbraio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08832/2009 REG.RIC.

N. 00647/2013REG.PROV.COLL.

N. 08832/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello n. 8832 del 2009, proposto da
ANM Azienda napoletana mobilità s.p.a.,

CSTP

Azienda della mobilità di Salerno s.p.a.,

SASA

Società autobus servizi d’area s.p.a. ag, START s.p.a. e CONTRAM s.p.a., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall’avv. M M, ed elettivamente domiciliate presso quest’ultimo in Roma, via dei Gracchi n. 81, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;

contro

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in persona del ministro legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi n.12;

nei confronti di

ENI Gestione fondo bombole a metano s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione terza ter, n. 7329 del 24 luglio 2008;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 dicembre 2012 il Cons. D S e uditi per le parti l’avvocato Luigi Paccione (su delega di Massimo Malena) e l'avvocato dello Stato Giovanni Palatiello;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso iscritto al n. 8832 del 2009, ANM Azienda napoletana mobilità s.p.a.,

CSTP

Azienda della mobilità di Salerno s.p.a.,

SASA

Società autobus servizi d’area s.p.a. ag, START s.p.a. e CONTRAM s.p.a. propongono appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione terza ter, n. 7329 del 24 luglio 2008 con la quale è stato respinto il ricorso proposto contro il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e ENI Gestione fondo bombole a metano s.p.a. per l'annullamento della nota n. 3171-Mot2/C del 19 settembre 2005 del Direttore Gene-rale per la Motorizzazione – Dipartimento per i Trasporti Terrestri del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con la quale sono state dettate norme in materia di verifica periodica delle bombole di gas metano compresso destinate all’autotrazione, nonché dell’allegato alla predetta nota e di ogni altro provvedimento connesso, conse-guenziale e comunque correlato ai primi, nonché della nota n. 131- Mot2/C del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 13 gennaio 2006.

Dinanzi al giudice di prime cure, con atto notificato in data 13 febbraio 2006 e depositato il successivo 27 febbraio, le ricorrenti impugnavano gli atti in epigrafe indicati e ne chiedevano l’annullamento.

Esponevano, in fatto, di essere società proprietarie di autobus destinati al TPL ed alimentati con gas metano. In ottemperanza alle indicazioni fornite dall’art. 2, sesto comma, L. n. 194 del 1998, si sono dotate di un parco rotabile parzialmente costituito da autobus alimentati con combustibili alternativi a basso impatto ambientale. In particolare sono stati acquistati autobus alimentati con gas metano compresso e contenuto in bombole di tipo CNG2, CNG3 o CNG4 a partire dall’anno 2004.

La massima parte di questi tipi di bombole, presenti sul mercato e utilizzate dalle ricorrenti, è fornita dalla ditta Dynetek, che garantisce all’acquirente che le specifiche tecniche delle bombole da essa prodotte sono conformi a quanto indicato nel regolamento ECE ONU 110, il quale prevede controlli periodici di corretta funzionalità e sicurezza consistenti in una mera ispezione visiva delle bombole stesse e una garanzia minima di durata non inferiore a 20 anni, per mille cicli di carica all’anno.

In questo settore, nel quale le specifiche tecniche emanate dal costruttore per il mantenimento della corretta funzionalità e sicurezza durante tutto il ciclo utile di vita tecnica delle proprie bombole prevedono, in coerenza con il regolamento ECE ONU 110 anzidetto, una ispezione periodica solo visiva delle bombole, è intervenuta l’impugnata nota, con la quale il Direttore generale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha disposto per le bombole CNG2, CNG3 e CNG4 – in asserita ottemperanza al regolamento ECE ONU 110 – l’obbligo dell’effettuazione di una prova idraulica.

Peraltro, poiché per effettuare tali prove idrauliche è necessario smontare e rimontare le bombole dall’autoveicolo, è evidente il rischio che la capacità di resistenza alla pressione delle bombole di gas risulti compromessa da urti anche lievi subiti durante tutte le diverse fasi della verifica.

Avverso i predetti provvedimenti le ricorrenti sono insorte deducendo:

a) Violazione art. 70 Cost.. Non esiste alcuna norma di legge, né interna né comunitaria, che imponga ai detentori di bombole di gas metano compresso, conformi al regolamento ECE ONU 110, di effettuare prove idrauliche periodiche, norma certamente necessaria considerato che detto obbligo non è per gli autotrasportatori di poco momento sotto il profilo sia organizzativo che economico.

b) Violazione artt. 3 ss e disposizioni sulla legge in generale.

c) Violazione art. 17 L. n. 400 del 1988.

d) Incompetenza. A tutto voler concedere una siffatta prescrizione avrebbe dovuto essere introdotta con regolamento, ma non certo con circolare. Né si potrebbe ritenere che l’atto impugnato ha natura regolamentare, non essendo stati coinvolti i soggetti istituzionali che partecipano all’adozione di un regolamento.

e) Violazione art. 17 L. n. 400 del 1988 sotto diverso profilo. L’atto impugnato non ha natura regolamentare anche perché non si verte in nessuna delle ipotesi alle quali l’art. 17 L. 23 agosto 1988 n. 400 riserva l’adozione di tale strumento.

f) Incompetenza.

g) Violazione art. 44 D.L.vo n. 300 del 1999. Anche ammettendo che la prova idraulica possa essere imposta con una circolare, la stessa sarebbe viziata per incompetenza, atteso che l’art. 44, secondo comma, lett. a), D.L.vo 30 luglio 1999 n. 300 attribuisce detto potere all’Agenzia dei trasporti terrestri e delle infrastrutture. Segue da ciò che nelle more della sua istituzione la competenza doveva intendersi del Ministro e del Capo Dipartimento ex art. 5 D.L.vo n. 300 del 1999.

h) Eccesso di potere: sviamento, difetto di istruttoria, erroneità. Dal tenore letterale della nota dirigenziale impugnata si evince che il potere esercitato dal Direttore Generale per la Motorizzazione è dichiaratamente limitato alla mera traduzione in italiano delle prescrizioni contenute nel Regolamento ECE ONU 110. Segue da ciò che la correttezza delle prescrizioni impartite è legata all’esatta traduzione del testo del regolamento delle Nazioni Unite. Peraltro, mettendo a con-fronto i due testi è facilmente evincibile che il regolamento ECE ONU 110 non prevede le prove idrauliche a pressione elevata da effettuare in occasione delle verifiche periodiche.

i) Eccesso di potere: difetto di istruttoria e di motivazione. L’introduzione della prova idraulica non è stata motivata.

l) Eccesso di potere: illogicità. La prova idraulica potrebbe forse sortire risultati utili solo sulle bombole CNG1, per le quali l’esame visivo esterno potrebbe essere inadeguato, essendo frequente l’usura interna.

m) Eccesso di potere: illogicità, contraddittorietà, sviamento. La prova idraulica non può essere effettuata sugli autobus, ma richiede il previo smontaggio delle bombole, il loro trasporto presso un centro specializzato ed il successivo rimontaggio, con conseguente possibile danneggiamento delle bombole stesse.

Con memoria depositata il 13 giugno 2008 le ricorrenti hanno ribadito la propria tesi difensiva rinunciando, stante l’approssimarsi dell’udienza di merito, alla trattazione dell’istanza cautelare depositata il 21 aprile 2008.

Costituitosi il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le censure proposte, sottolineando la correttezza dell’operato della pubblica amministrazione, in relazione alla competenza dell’organo emanante e alla con divisibilità delle ragioni utilizzate.

Contestando le statuizioni del primo giudice, le parti appellanti, ossia solo alcune delle originarie ricorrenti, evidenziano l’errata ricostruzione in fatto ed in diritto operata dal giudice di prime cure, in relazione al contenuto della normativa tecnica gravata e ai margini di attribuzioni in capo al Ministero.

Nel giudizio di appello, si è costituita l’Avvocatura dello Stato per il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

Alla pubblica udienza del giorno 11 dicembre 2012, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.

DIRITTO

1. - L’appello non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.

2. - In via preliminare, va evidenziata la struttura dell’atto di appello, in cui sono riportati prima i motivi di ricorso proposti in primo grado e poi, con censure articolate e con numerazione abbastanza anomala, le ragioni poste contro la sentenza gravata. Le questioni da esaminare sono quindi solo quelle contenute in tale seconda parte, risultando inammissibile la mera ripetizione delle ragioni proposte in primo grado senza ulteriori critiche alla decisione gravata.

3. - Il primo motivo di doglianza, intitolato “Erroneità nella valutazione. Omesso esame di un aspetto rilevante. Erroneità derivata” e non sviluppato, va probabilmente letto congiuntamente con il secondo motivo di doglianza, intitolato illogicità manifesta, ad esso adiacente e composto di tre diversi sottopunti. Nel dettaglio si censura la sentenza per non aver considerato il ruolo del regolamento gravato, che aveva provveduto a introdurre surrettiziamente prescrizioni obbligatorie ulteriori. In questo senso, pare errata alle appellanti la considerazione del giudice di prime cure sulla natura di atto amministrativo generale, poiché lo stesso ha un fine precettivo e cogente, nonché innovativo dell’ordinamento.

Alcuni aspetti dei primi due motivi di ricorso vengono poi sviluppati nel quinto motivo, in relazione ai limiti del recepimento dei regolamenti internazionali, e nel sesto, in relazione alle ragioni per cui possono introdursi aggravamenti disciplinari. Anche questi due motivi possono essere qui contestualmente esaminati.

3.1. - Le censure non hanno pregio.

Come correttamente evidenziato dal giudice di prime cure, appare essenziale la previa valutazione del valore giuridico dell’atto gravato dalle parti appellanti, al fine di individuarne il regime e quindi la fondatezza delle ragioni di doglianza vantate.

Dall’esame delle disposizioni in esame, diventa palmare la constatazione che si tratti di prescrizioni con le quali il Dipartimento per i trasporti terrestri – Direzione generale della motorizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha fissato i criteri per la periodica revisione delle bombole contenenti gas metano compresso e montate sugli autoveicoli per il trasporto di persone. I contenuti di tale documento dimostrano, come ben notato in prime cure, la natura di prescrizioni di carattere tecnico imposte nel rispetto della disciplina di cui agli artt. 3, primo comma, lett. d) e 7, primo e secondo comma, lett. a), del D.P.R. 2 luglio 2004 n. 184 (applicabile ratione temporis e ora abrogato dagli artt. 8 D.P.R. 19 novembre 2007 n. 254 e 13 D.P.R. 8 dicembre 2007 n. 271). Tali norme conferivano all’organo de qua l’attribuzione e la competenza per l’adozione delle prescrizione adatte ad assicurare “sicurezza e regolazione tecnica dei trasporti”, nonché la “omologazione nazionale, CEE ed ECE/ONU” non solo dei veicoli, ma anche dei “dispositivi ed unità tecnico indipendenti”.

Dal detto inquadramento derivano inoltre una serie di conseguenze che incidono sui diversi aspetti dell’appello, anche se trattati come motivi diversi di doglianza. In particolare, la presenza di un esplicito presupposto normativo rende ragione dell’esistenza dell’attribuzione e della competenza dell’organo.

Tali considerazioni permettono di respingere le questioni attinenti i temi relativi, primo tra tutti quello del superamento delle attribuzioni censurato nel motivo sotto forma di impossibilità di introduzione di prescrizioni e obblighi nuovi rispetto a quelli previsti ex lege.

Infatti, stante l’assetto normativo, non è dato cogliere quale sia la fonte della supposta riserva di legge nella materia in esame. Infatti è ben vero che le prescrizioni vengono ad imporre obblighi anche rilevanti alle aziende appellanti, con un risvolto economico e logistico di non lieve impatto, ma è del pari vero che l’esistenza di un limite così cogente, quale quello della riserva di legge, deve trovare fondamento in una previsione esplicita, che qui non solo manca ma è contraddetta dal rinvio per l’adozione delle specifiche tecniche alla prescrizione di rango amministrativo. E a suffragare tale assunto non vale ripercorre la storia della disciplina sui manufatti in esame (punto III del motivo di ricorso) atteso che non è l’evoluzione cronologica ma l’inquadramento istituzionale a costituire il punto di aggancio dell’attribuzione.

Nello stesso ambito rientra anche il tema della censura per la violazione del regolamento internazionale ECE-ONU 110 (punto II del motivo di ricorso), dove si asserisce che la disciplina de qua comporterebbe un aggravio non previsto per le aziende interessate. La doglianza si fonda su un presupposto che, valido in alcuni ambiti particolari (si pensi al diritto europeo, dove l’aggravamento di norme cogenti può refluire sulla disciplina della concorrenza e della libera circolazione dei fattori produttivi e di mercato), non si presta ad essere esteso oltre misura, e quindi nel senso di ritenere che spetti solo al regolamento internazionale determinare le modalità con le quali dovrebbero essere svolti i controlli sulle bombole di metano compresso per autotrasporto. Infatti, vista la natura di tale provvedimento, questo non solo non impone sic et simpliciter un obbligo conformativo per gli Stati esteri ma, principalmente, non impone nemmeno un obbligo di astensione o di ulteriore regolamentazione in capo al singolo Stato il quale, in relazione a esigenze diverse, ben può varare modi di controllo di carattere più cogente. Il che comporta anche la reiezione del quinto motivo di ricorso.

Pertanto, va condivisa l’analisi del primo giudice, dove ha rinvenuto nell’azione dell’organo tecnico del competente Ministero l’applicazione di una norma tecnica rimessa alla sua valutazione, aggiungendo poi che questo contenuto appare mirato ad assicurare un maggior livello di sicurezza, disponendo un esame non solo limitato alle pareti esterne dell’involucro, e che appare ricompresa nell’ambito delle attribuzioni rimesse dalla norma al Ministero stesso. Sebbene quest’ultimo inciso sia argomentazione rinvenuta unicamente dal giudice di prime cure, come si nota nel sesto motivo di ricorso, ciò appare vicenda esterna al thema decidendum, atteso che ben avrebbe potuto fermarsi il T.A.R. nell’attribuire tale facoltà alla discrezionalità tecnica dell’amministrazione, e quindi non è elemento in grado di incidere sulla correttezza della decisione che si regge anche espungendo tale passaggio argomentativo.

4. - Il terzo motivo di doglianza, intitolato “Erronea valutazione circa l’oggetto dell’impugnativa e l’interesse per il quale si invoca tutela. Illogicità manifesta” e non sviluppato, va probabilmente letto congiuntamente con il quarto motivo di doglianza, intitolato “Omesso esame dei vizi motivi nn. 6, 7, 8 e 9”, ad esso adiacente e composto anch’esso di tre diversi sottopunti. Nel dettaglio si censura la sentenza per non aver considerato la parte dell’atto oggetto di contestazione, in relazione alla carenza di potere in capo all’organo ed alla circostanza che nemmeno la legge avrebbe potuto attribuire alla direzione generale del Ministero un potere regolamentare, visto che ciò non è permesso nemmeno dalla Costituzione.

4.1. - La doglianza non ha pregio.

Al contrario di quanto sostenuto dalle appellanti, il T.A.R. ha espressamente valutato la censura in esame, sotto i diversi punti della natura del potere esercitato, escludendo che si fosse davanti ad un atto regolamentare o che avrebbe dovuto essere espresso nella forma del regolamento, e della effettiva competenza della direzione generale della motorizzazione.

Dal primo punto di vista, va condivisa la considerazione che non vi sono spazi per l’applicazione dell’art. 17 L. 23 agosto 1988 n. 400, stante la già esaminata natura non regolamentare, ma di atto amministrativo a carattere generale. Appaiono quindi fuori centro le considerazioni sulla necessità di far adottare il detto tipo di atto con la procedura regolamentare. Peraltro, la fonte regolamentare invocata esiste in concreto, ed è identificabile nel D.P.R. n. 184 del 2004 che ha definito le attribuzioni dei diversi dipartimenti che costituiscono il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, assegnando al dipartimento in questione, quello dei trasporti terrestri e alla sua articolazione interna, ossia la direzione generale per la motorizzazione, i compiti su cui si verte.

Dal secondo punto di vista, premesso che la materia disciplinata dall’atto impugnato non appartiene a quelle che, ex art. 17 cit. L n. 400 del 1988, devono essere disciplinate a mezzo di norma regolamentare, non essendoci una norma primaria che attribuisca al governo tale funzione, si evidenzia come il succitato D.P.R. n. 184 del 2004, non impugnato, rappresenta lo strumento disciplinare di attuazione del D.L.vo 12 giugno 2003 n. 152, superando quindi anche le questioni relative al riparto delle funzioni mai concretamente esercitate dall’Agenzia dei trasporti terresti e delle infrastrutture.

Incidentalmente, va evidenziato, come peraltro sopra già tratteggiato, che la norma sopra invocata è distributiva di una competenza e quindi ripartisce le attribuzioni affidate al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, rendendo così irrilevanti le distinzioni fatte nel punto II del motivo di ricorso.

5. - Con il settimo (ma rubricato ottavo) motivo di ricorso, si lamenta la considerata inammissibilità dell’impugnazione della nota n. 131- Mot2/C del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 13 gennaio 2006. A parere delle appellanti, seppure è vero che detto atto prolunga da 36 a 48 mesi la durata dell’arco temporale massimo che deve intercorrere fra una verifica e l’altra, esso doveva essere considerato come rilevante in quanto collegato alle verificazioni impugnate.

5.1. - La censura è inconferente.

Allungando il periodo di intervallo tra una verificazione e l’altra, come osservato dal T.A.R. e confermato dalle appellanti, vi è un palese vantaggio economico e funzionale per le ricorrenti. Pertanto, l’atto può essere certamente sindacato per vizi derivati, per cui la censura è ammissibile, ma non è fondata. Ciò in quanto, non essendovi vizi derivati, stante la legittimità dell’atto a monte, non vi sono nemmeno vizi propri, visto il concreto utile arrecato alle parti.

6. - Con l’ottavo (ma rubricato settimo) motivo di diritto, viene dedotta l’omessa valutazione delle conseguenze delle verifiche dal punto di vista economico e organizzativo. Si tratta tuttavia di un argomento non scrutinabile, atteso che non è attribuito al giudice il compito di valutare gli effetti economici e giuridici di un determinato provvedimento normativo, compito tipico del legislatore.

7. - L’appello va conclusivamente respinto. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalla parziale novità della questione decisa.

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