Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2015-07-27, n. 201503660
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Testo completo
N. 03660/2015REG.PROV.COLL.
N. 01180/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1180 del 2014, proposto dalla s.p.a. Somed Societa' Meridionale Distributori, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato L P, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, Via Cosseria, 2;
contro
s.r.l. Società Gestione Distributori (S.G.D.) Vending, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati A L, I L, con domicilio eletto presso il primo in Roma, Via Ombrone, 12 Pal. B;
nei confronti di
Politecnico di Bari, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
per la revocazione
della sentenza del CONSIGLIO DI STATO - SEZ. VI n. 152/2014, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto il ricorso per revocazione proposto dalla SOMED avverso la sentenza della Sezione n.152 del 2014
Visti l’atto di costituzione in giudizio della Società Gestione Distributori (S.G.D.) Vending S.r.l. e del Politecnico di Bari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 giugno 2015 il consigliere Maurizio Meschino e uditi per le parti l’avvocato Distante, per delega dell’avvocato Paccione, l’avvocato Pafundi per delega dell’avvocato A L, e l’avvocato dello Stato Basilica;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La S.G.D. Vending Dimatica s.r.l., con il ricorso n. 566 del 2012 e motivi aggiunti proposto al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, ha chiesto:
A) con il ricorso introduttivo:
-l’annullamento: del decreto del direttore amministrativo n. 19 del 29 febbraio 2012 di aggiudicazione definitiva della gara indetta dal Politecnico di Bari in favore della SO.ME.D. s.p.a., comunicato con nota raccomandata a/r prot. n.783 dell'8 marzo 2012 a firma della dott.ssa Luciana Balducci (ove occorra impugnato contestualmente);di tutti i verbali di gara;del decreto direttoriale n. 139 del 14 novembre 2011 di nomina della commissione di gara;ove occorra, nei limiti dell'interesse dedotto in giudizio, del bando e del disciplinare di gara per l'affidamento del servizio di somministrazione di alimenti e bevande tramite distributori automatici presso le sedi del Politecnico di Bari;
-la declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente medio tempore stipulato ai sensi e per gli effetti degli articoli 121 e 122 cod. proc. amm.;
- nonché per la reintegrazione in forma specifica mediante esclusione della ditta SO.ME.D. s.p.a. ed aggiudicazione del contratto di cui è causa in favore della ricorrente ovvero, in subordine, per il risarcimento dei danni subiti e subendi dalla ricorrente e derivati dal mancato utile e dalla perdita curriculare, oltre interessi e rivalutazione, con riserva di quantificazione in corso di causa anche a mezzo di apposita c.t.u.;
B) con primo atto di motivi aggiunti: l’annullamento del provvedimento di cui alla nota del direttore generale del Politecnico di Bari, prot. n. 2472 del 18 luglio 2012, ricevuta il 27 luglio 2012, recante l'ordine di rimuovere entro tre giorni i distributori automatici installati presso le sedi del Politecnico, contenente l'implicita revoca dell'autorizzazione n. 16940 del 30 novembre 2006;di tutti gli atti precedenti, presupposti e/o consequenziali, ancorché non conosciuti.
C) con secondo atto di motivi aggiunti, l’annullamento dei suddetti provvedimenti già impugnati con i primi motivi aggiunti.
La SO.ME.D. s.p.a. ha presentato ricorso incidentale.
2. Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione prima, con la sentenza n. 2061 del 2012, ha dichiarato irricevibile il ricorso principale e irricevibili i motivi aggiunti;ha dichiarato improcedibile il ricorso incidentale;ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese di lite a favore del Politecnico di Bari e della SO.ME.D. s.p.a. liquidate in 4.000 euro per ciascuno, oltre gli accessori di legge.
3. La La S.G.D. Vending Dimatica s.r.l. ha impugnato la sentenza di primo grado con l’appello n. 8869 del 2012 integrato da motivi aggiunti.
4. Il Consiglio di Stato con la sentenza di questa Sezione n. 152 del 2014 ha accolto l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, ha accolto il ricorso di primo grado, compensando tra le parti delle spese del doppio grado del giudizio.
5. Con il ricorso in epigrafe la SO.ME.D. s.p.a. (in seguito: ricorrente) ha chiesto la revocazione dell’ora citata sentenza in appello ai sensi dell’art. 395, n. 4 e n. 5, cod. proc. civ..
6. All’udienza del 23 giugno 2015 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Nel ricorso si afferma:
- a) che nella sentenza di primo grado, n. 2061 del 2012, con il capo 2 è stato dichiarato il carattere paralizzante del ricorso incidentale della SO.ME.D., poiché diretto all’annullamento degli atti della gara limitatamente alla mancata esclusione del ricorrente principale ma che, in applicazione della sentenza n. 4 del 2011 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, il ricorso incidentale è stato dichiarato improcedibile data l’evidente irricevibilità per tardività del ricorso principale, esaminato perciò prioritariamente per ragioni di economia processuale;
- b) che la sentenza di appello deve essere revocata, ai sensi dell’art. 395, n. 5, cod. proc. civ., per violazione del giudicato interno formatosi tra le parti sul detto capo 2, non appellato, poiché, superata in appello la questione della tardività del ricorso principale, il Collegio avrebbe dovuto esaminare prioritariamente, ai sensi della stessa sentenza n. 4 Ad. Plen., il ricorso incidentale “paralizzante” della SO.ME.D. e non, come fatto, esaminare dapprima quello principale con assorbimento di quello incidentale, così riformando d’ufficio il detto capo 2;
c) che la sentenza di appello è anche da revocare, ai sensi del n. 4 del citato art. 395:
-c.1.) per non avere accolto, giudicandola inammissibile, l’eccezione in rito riguardo alla carenza dei poteri di rappresentanza della società appellante in capo al sig. S S (come invece dichiarato nell’atto di appello), in ragione di un errore di fatto commesso dal giudice per l’omessa percezione del contenuto meramente materiale della delibera assembleare del 20 settembre 2012, da cui al contrario emerge che il sig. S era, alla data della sottoscrizione della procura speciale, un semplice consigliere di amministrazione, fermo che, anche ammettendo che la sua delega alle funzioni commerciali lo titolasse alla rappresentanza processuale, avrebbe potuto esercitarla soltanto in firma congiunta con il Presidente del Consiglio d’amministrazione;
- c.2.) per essere affetta altresì da errore di percezione della detta delibera assembleare, essendosi ritenuto, nel medesimo capo della sentenza, che il difetto di rappresentanza fosse in base alla delibera comunque sanato dalla presentazione dell’atto di motivi aggiunti a firma del Presidente del Consiglio di amministrazione mentre nella delibera è disposto con chiarezza l’obbligo della firma congiunta del Presidente e di uno dei consiglieri.
Sono quindi riproposti, a fini rescissori, i motivi dell’appello incidentale.
2. Con memoria notificata depositata il 17 febbraio 2014 la ricorrente ha proposto i seguenti ulteriori motivi di revocazione:
a) in relazione all’art. 395, n. 5, cod. proc. civ., per violazione del giudicato interno formatosi tra le parti sui capi 3.1. e 3.2. della sentenza del T.a.r. per la Puglia n. 2061 del 2012, nella parte in cui vi è affermata l’applicabilità alla fattispecie dell’art. 120, comma 5, cod. proc. amm..
b) in relazione all’art. 395, n. 4, cod. proc. civ. per errore di fatto su un punto decisivo della causa in relazione all’art. 112 del medesimo codice.
Riguardo il precedente punto 2.a), si afferma in particolare:
- che il primo giudice ha dichiarato la tardività del ricorso principale, poiché notificato decorsi 30 giorni dalla comunicazione dell’avvenuto affidamento del servizio di cui qui si tratta e perciò in violazione dell’art. 120, comma 5, cod. proc. amm. (punto 3.1. della sentenza) negando al riguardo l’errore scusabile (punto 3.2.);
- che l’appellante non ha impugnato tali capi della sentenza, avendo contestato soltanto l’individuazione del dies a quo del decorso del termine, e che perciò sulla dichiarazione del principio di diritto dell’applicazione nella specie del rito acceleratorio di cui all’art. 120 cod. proc. amm. si è formato tra le parti il giudicato;
- che con la sentenza di appello è stato violato il giudicato interno che si è così formato essendovi affermato che nella specie tale rito non si applica trattandosi di un contratto non riconducibile alla categoria dei contratti di appalto pubblico.
Riguardo il precedente punto 2.b), si afferma che, per quanto sopra dedotto, la sentenza è viziata per errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa perché, violando l’art. 112 cod. proc. civ., ha annullato la sentenza di primo grado in punto di irricevibilità del ricorso sulla base di argomentazioni non prospettate dall’appellante principale, con omessa percezione del contenuto dell’atto di appello e conseguente accoglimento di un motivo inesistente.
3. Il ricorso è inammissibile per le ragioni che seguono.
3.1. I motivi sopra sintetizzati sub 1.a) e 1.b) non possono essere accolti.
La decisione sull’ordine di trattazione dei ricorsi non reca l’effetto del giudicato amministrativo di porre la regola del caso concreto in controversia, attraverso l’accertamento del corretto esercizio del potere amministrativo in rapporto alle situazioni soggettive nella specie con esso incise, né in quanto siano decisi profili di legittimazione o di interesse a ricorrere;essa infatti concerne la diversa questione dello “ ordine logico di trattazione delle domande ” (come indicato nel citato punto 2 della sentenza di primo grado) che il giudice, equilibrando l’applicazione del principio dispositivo e la valutazione della relazione logico-giuridica tra i ricorsi, ha sempre la facoltà di regolare per il migliore esercizio del compito ordinatorio del processo che gli è proprio, e che deve sempre svolgere in primo e in secondo grado, perché essenziale alla sua funzione di garante dell’efficacia del processo, cioè del suo compimento con la definizione della controversia nel pieno esercizio dell’azione giurisdizionale delle parti.
Non si forma perciò alcun giudicato interno sulla decisione in materia che non sia stata oggetto di appello, né alcuna preclusione processuale in quanto impedimento all’esercizio della relativa facoltà.
Ciò rilevato, quand’anche si volesse ritenere erronea la decisione assunta al riguardo in appello, tale errore costituirebbe, al più, errore di diritto e non già errore revocatorio.
3.2. Anche il motivo di ricorso di cui sopra sub 1.c) non può essere accolto, poiché l’asserito errore di fatto nella specie non sussiste.
Al riguardo questo Consiglio ha chiarito con giurisprudenza unanime che si ha errore di fatto revocatorio quando la decisione sia fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita e, tanto nell’uno quanto nell’altro caso, se il fatto non ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza si è pronunciata ( ex multis , da ultimo, Cons. Stato, Sez. IV, 11 giugno 2015, n. 2855).
Nella specie nella sentenza revocanda la questione della nullità della procura è esaminata nel punto 10, dove è trattata compiutamente analizzando le previsioni dello statuto della S.G.D. e la correlata delibera assembleare nonché l’ulteriore profilo, in ogni caso, della sanatoria della procura.
Si esclude perciò che la questione attenga a un punto non controverso sul quale la sentenza non abbia espressamente motivato.
3.3. Non sono altresì ammissibili i motivi sintetizzati sopra sub 2.
La ritenuta applicabilità nella specie del comma 5 dell’art. 120 cod. proc. amm. implica quella dell’applicazione delle disposizioni speciali sugli affidamenti relativi a pubblici lavori, servizi e forniture cui è dedicato l’intero articolo e quindi presuppone che l’affidamento de quo rientri tra quelli ivi regolati.
Il giudice, in primo grado come in appello, nel momento in cui tratta della tardività del ricorso, valuta un profilo di applicazione della normativa speciale di cui si tratta che non è scindibile dall’esame del presupposto della pertinenza al caso di tale normativa;la questione della tardività del ricorso nei termini esaminati sussiste se si tratta di un affidamento ai sensi dell’art. 120 e non se il ricorso sia stato proposto in materia non regolata da questa specifica normativa.
Non vi è perciò ragione perché il giudice di appello sia vincolato alla pronuncia di primo grado erronea su tale presupposto, né è sufficiente a tale scopo che non sia stata appellata tale parte della pronuncia, perché egli non potrebbe decidere sulla rilevanza del comma 5 dell’art. 120 senza contestualmente decidere sulla rilevanza dell’intera normativa per il caso di specie.
La questione perciò non può essere portata all’esame del giudice di appello isolandone una parte dal tutto che a quella parte conferisce la sua ratio . Non sono invero individuabili, all’interno dell’eccezione di tardività, profili autonomi la cui mancata specifica impugnazione determini una sorta di giudicato interno o preclusione processuale. Il giudice, al riguardo, resta titolare del potere di interpretazione e qualificazione della domanda e delle eccezioni in relazione al contenuto sostanziale dell’una e delle altre come desumibili dalla situazione dedotta in giudizio: rispetto alla quale rilevano, nella specie, la tipologia del contratto pubblico in questione e l’applicazione della relativa disciplina processuale.
4. Per le ragioni che precedono il ricorso per revocazione è inammissibile.
La particolare articolazione dei profili di diritto della controversia giustifica la compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio.