Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-06-01, n. 202003403

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2020-06-01, n. 202003403
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202003403
Data del deposito : 1 giugno 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/06/2020

N. 03403/2020REG.PROV.COLL.

N. 06582/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6582 del 2015, proposto da F B, rappresentato e difeso dagli avvocati A C, P L e R T, con domicilio eletto presso lo studio A C in Roma, via Bisagno 14;

contro

Il Ministero della Difesa, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell'Economia e delle Finanze in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

A S, A D Moro, Andrea Mannoni, Giuliano Palamone, Francesco Gamberdella, Mariano Caschili, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio n. 13307/2014, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatrice nell'udienza pubblica del giorno 23 aprile 2020 il Cons. Emanuela Loria svoltasi in videoconferenza ai sensi dell’art. 84, commi 5 e 6, d.l. n. 18 del 2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. per il Lazio, l’appellante in epigrafe indicato, unitamente ad altri sottotenenti dell’Esercito Italiano, chiedeva l’annullamento del bando di concorso del Ministero della Difesa di cui al Decreto Dirigenziale del 10 giugno 2005 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 48 del 17 giugno 2005), nella parte in cui non aveva previsto lo scorrimento della graduatoria di cui al concorso del maggio 2004, nonché la declaratoria del proprio diritto all’assunzione.

Nell’ambito di quel ricorso, veniva prospettato il seguente vizio di legittimità:

“1) Eccesso di potere per sviamento dell’interesse pubblico. Illogicità ed ingiustizia manifesta. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 22, della l. n. 537 del 24.12.1993 nonché dell’art. 1, commi 100 e 102, della l. n. 311/2004. Violazione dei principi di economicità ed efficienza del procedimento amministrativo, consacrati nell’art. 97 della Costituzione e specificati dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 487/1994. Difetto assoluto di motivazione. Violazione e falsa applicazione degli artt. 15, comma 7, 19, comma 1 e 21, comma 4, del d.lgs. n. 487/1994”.

L’istante si doleva per il fatto che l’Amministrazione non aveva tenuto conto delle disposizioni di cui all’art. 15, comma 7, d.P.R. n. 487/94, come prorogato dall’art. 1, comma 100, L. n. 311/04, che prevedevano il mantenimento della validità delle graduatorie di precedenti concorsi per diciotto mesi.

In secondo luogo, la legittimità del provvedimento sopracitato veniva censurata in ragione del fatto che la parte ricorrente risultava “vincitrice”, e non semplicemente “idonea”, nel precedente concorso ed era stata, peraltro, esclusa dall’assunzione per sopravvenute ragioni di contenimento della spese pubblica.

Ne conseguiva che, una volta venuto a sussistere nuovamente l’interesse dell’amministrazione ad assumere – in deroga al c.d. “blocco delle assunzioni” per ragioni di rilevanza e urgenza, di cui all’art. 1, comma 96, l. n. 311/04 e all’art. 39, comma 3-ter, l. n. 449/97 – il decorso del tempo non poteva ridondare a danno dei precedenti vincitori e la medesima amministrazione avrebbe dovuto procedere allo scorrimento della precedente graduatoria, o quantomeno motivare la sua scelta di indire una nuova procedura concorsuale.

2. Nelle more della trattazione del sopracitato giudizio, l’odierno appellante ha preso parte al concorso del 10 giugno 2005, risultandone nuovamente vincitore e pertanto è stato incorporato nel ruolo dell’Amministrazione intimata in data 22 dicembre 2005.

3. Con bando del 18 maggio 2006, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 39 del 23 maggio 2006, il Ministero della Difesa ha altresì indetto un ulteriore concorso per titoli ed esami per il reclutamento di quattordici sottotenenti in servizio permanente esecutivo del ruolo speciale del Corpo di amministrazione e commissariato dell’Esercito, anch’esso analogo al concorso del maggio 2004;
l’appellante ha impugnato anche tale bando dinanzi al T.A.R. per il Lazio, con atto di motivi aggiunti.

3. Il T.A.R. accoglieva il ricorso principale e dichiarava in parte improcedibili per carenza di interesse i motivi aggiunti nella parte in cui era stato chiesto l’annullamento della graduatoria finale del primo concorso impugnato.

L’accoglimento veniva infatti statuito “nei limiti della rimozione dell’effetto preclusivo nei confronti dello scorrimento della graduatoria dell’ultimo concorso superato dai ricorrenti, con la conseguente loro collocazione in posizione utile”.

4. La sentenza è stata appellata dal signor F B, il quale ritiene che essa non sia integralmente satisfattiva per quanto concerne le statuizioni che lo riguardano relative all’anzianità ai fini giuridici ed economici.

In particolare, posto che l’appellante risulta vincitore già dal concorso indetto con decreto dirigenziale del Ministero della Difesa del 10 maggio 2004 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 38 del 14 maggio 2004), ha interesse a ottenere un’anzianità di servizio pari a quella dell’ultimo candidato in graduatoria dei detto concorso e, a tale scopo, ha presentato al Ministero della Difesa una formale istanza di ricostruzione della carriera a partire dal 2004, rimasta inevasa.

In tal senso invoca la decisione n. 369 del 2013, assunta da questo Consiglio, in sede di ottemperanza, in analoga fattispecie.

Al riguardo, evidenzia che la sentenza appellata sarebbe affetta dai vizi di contraddittorietà e di irragionevolezza della motivazione nonché emessa in violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.

Conclude quindi nel senso della richiesta della parziale riforma della sentenza di I grado e per il riconoscimento dell’anzianità giuridica dalla data prevista in esito alla prima selezione del maggio 2004 e individuata nel 31.12.2004.

5. L’amministrazione intimata si è costituita in giudizio con una memoria con la quale ha replicato alle argomentazioni del ricorso di appello e ne ha chiesto la reiezione in quanto infondato.

6. L’appellante ha depositato memoria di replica in data 2.4.2020.

7. All’udienza pubblica del 23 aprile 2020, la causa è stata trattenuta in decisione ai sensi dell’art. 84, comma 5, del D.L. n. 18 del 2020.

DIRITTO

1. L’appello è infondato e deve essere respinto.

2. Il Collegio rileva in primo luogo che nel ricorso di primo grado non era contenuta una domanda di accertamento del diritto all’assunzione, con contestuale rideterminazione dell’anzianità giuridica.

Nel contesto dell’impugnativa del bando di concorso del 10 giugno 2005, e della relativa graduatoria, la domanda di “arruolamento” era infatti formulata come conseguenziale alla negazione degli effetti del provvedimento di indizione del nuovo concorso.

Sicché, come da tempo chiarito da questo Consiglio (cfr., ex plurimis, sez. V, 11 ottobre 2018, n. 5864), in tale ipotesi “la contestazione investe l'esercizio del potere dell'amministrazione, a cui corrisponde una situazione di interesse legittimo, la cui tutela spetta al giudice amministrativo ai sensi dell'art. 63, comma 4, d.lgs. n. 165 del 2001”.

Tuttavia, nel caso di specie, se si analizza la motivazione resa dal T.A.R. (formulata in dichiarata adesione alla sentenza n. 1476 del 2012, pronunciata da questa Sezione in fattispecie analoga), risulta evidente che il primo giudice non ha pronunciato “ultra petita” poiché alla pretesa azionata è stata chiaramente attribuita la natura di interesse legittimo.

In tal senso risultano significativi i passaggi della pronuncia del 2012, richiamati dal T.A.R., secondo cui “i vincitori di un pubblico concorso - e, a fortiori, i candidati non vincitori ma risultati idonei - non sono titolari di un diritto soggettivo alla nomina, potendo l’Amministrazione non procedervi nei casi in cui sia venuta meno la necessità o la convenienza di ricoprire i posti messi a concorso, ovvero in cui si siano verificati mutamenti oggettivi delle condizioni relative alla nomina. In linea di principio, va pure ribadito che l’Amministrazione conserva un’ampia discrezionalità ed ha una semplice facoltà, e non già un obbligo, di procedere allo scorrimento della graduatoria;
sicché - sempre in linea di principio - può senz’altro reputarsi non prioritaria la copertura del posto di cui trattasi;
e, del pari, possono essere ravvisate ragioni che depongano, se del caso, a favore dell’espletamento di un nuovo concorso (cfr., in tal senso, ad es., Cons. Stato, sez. V, 23 marzo 2004 n. 1517). Sempre in linea di principio, il Collegio condivide pure l’assunto di Cons. Stato, Sez. III, 27 luglio 1999 n. 493, secondo cui l’istituto della proroga della validità delle graduatorie concorsuali di per sé non potrebbe applicarsi alle procedure di arruolamento nelle Forze Armate e nei Corpi militari, essendo l’arruolamento stesso disciplinato da leggi speciali, in coerenza del resto con la peculiarità del rapporto di lavoro militare, espressamente riconosciuta dall’art. 2, comma 4, del D.L.vo 3 febbraio 1993 n. 29 (e, ora, dall’art. art. 3, comma 1, T.U. 30 marzo 2001 n. 165 e, soprattutto, dall’art. 621 e ss. del D.L.vo 15 marzo 2010 n. 66). [...]”.

Il primo giudice ha peraltro ritenuto priva di motivazione la circostanza che nella fattispecie l’amministrazione avesse “ - in un lasso di tempo invero ristretto, in via del tutto asistematica e con complessiva diseconomia di tempo e di risorse finanziarie - dapprima bandito dei concorsi per la copertura di posti di ufficiali in s.p.e., riducendo successivamente il numero di posti stessi in dipendenza delle esigenze di contenimento della spesa pubblica e nondimeno bandendo poi, a breve distanza di tempo e non appena risultava possibile la copertura di ulteriori posti, nuovi concorsi ricusando di applicare la suesposta disciplina di proroga triennale della validità delle graduatorie non ancora esaurite. In tal modo, l’Amministrazione della Difesa ha infatti con ogni evidenza non solo disatteso le esigenze di speditezza, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa imposte dall’anzidetto art. 97 Cost., ma ha anche concomitantemente inciso, in termini negativi, sulla stessa, materiale possibilità data dall’art. 51 Cost. a tutti i cittadini di partecipare ai pubblici concorsi”.

Da tale constatazione, il T.A.R. ha quindi fatto discendere non già l’annullamento tout court del nuovo bando di concorso e della relativa graduatoria, bensì la modulazione dell’effetto demolitorio che è stato limitato all’implicito diniego di scorrimento della precedente graduatoria.

In tal modo, a ben vedere, il primo giudice non ha adottato una statuizione di “accertamento” bensì, ha anticipato alla fase di cognizione l’indicazione della misura ritenuta idonea all’attuazione del giudicato, secondo quanto oggi previsto dall’art. 34, comma 1, lett. e) del c.p.a.

In particolare, “in dipendenza della circostanza che la validità delle graduatorie in essere risulta prorogata ex lege per un consistente arco di tempo e che pertanto l’Amministrazione militare ben può provvedere in tale periodo a rimuovere gli effetti antigiuridici del proprio pregresso operato” , ha individuato tale misura nello “scorrimento di graduatoria nei riguardi degli attuali ricorrenti attribuendo a questi, nell’ipotesi di loro incorporamento, la stessa anzianità assoluta dell’ultimo candidato vincitore e assunto per effetto del predetto bando concorsuale del 10 giugno 2005, senza corresponsione di arretrati stipendiali ma con integrale ricostruzione di carriera all’atto dell’incorporamento medesimo” , fermo restando il “positivo superamento da parte degli interessati delle prove fisiche e psico-attitudinali necessarie per l’accertamento dei relativi requisiti per l’accesso al servizio nel grado di sottotenente in s.p.e. dell’Esercito italiano e nelle mansioni del Corpo di appartenenza”.

In sostanza, l’anticipazione alla fase di cognizione di una misura tipica dell’ottemperanza – come oggi consentito dal c.p.a. - ha consentito al T.A.R. di dare soddisfazione ai ricorrenti (tra cui figura l’attuale appellante) senza incidere sulla posizione di quanti si erano utilmente collocati nella graduatoria del concorso oggetto di impugnativa, e quindi senza procedere, preliminarmente, all’integrazione del contraddittorio.

Tale adempimento è stato infatti espressamente escluso proprio poiché, con tale decisione, non venivano “lese le posizioni giuridiche dei candidati vincitori diversi dai ricorrenti”.

3. Per quanto attiene alle doglianze articolate nel presente grado, va infine soggiunto che non si rinvengono i vizi di illogicità e contraddittorietà della sentenza impugnata: la decisione del giudice del prime cure registra la circostanza che il ricorrente ha sostanzialmente prestato acquiescenza al provvedimento, relativo al concorso del 2004, di rideterminazione in diminuzione del numero dei posti per le sopravvenute esigenze finanziarie, non impugnando tale decisione, e si è attivato soltanto quando è stato indetto il nuovo concorso ed è stata quindi chiara la volontà dell’Amministrazione di non procedere allo scorrimento della graduatoria del concorso nel quale si era utilmente collocato. Conseguentemente risulta corretto il capo della sentenza nel quale il T.A.R. ha stabilito che sia riconosciuta all’appellante “la stessa anzianità assoluta dell’ultimo candidato vincitore e assunto per effetto del predetto bando concorsuale DD 10 giugno 2005…”.

4. Per quanto testé argomentato, l’appello deve essere respinto.

5. In considerazione della natura della controversia, appare tuttavia equo compensare integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

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