Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-09-23, n. 201504470

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-09-23, n. 201504470
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201504470
Data del deposito : 23 settembre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01160/2013 REG.RIC.

N. 04470/2015REG.PROV.COLL.

N. 01160/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1160 del 2013, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. M C, con domicilio eletto presso Aldo Pinto in Roma, Via Mazzini n. 4;

contro

Questura di Firenze, Ministero dell'Interno, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. TOSCANA - FIRENZE: SEZIONE II n. 01085/2012, resa tra le parti, concernente diniego rinnovo permesso di soggiorno;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Questura di Firenze e di Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1 e 2;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 luglio 2015 il Cons. Alessandro Palanza e uditi per le parti l’avvocati Scanzano su delega di Cipriani e l’avvocato dello Stato Agnese Soldani;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. - Il signor -OMISSIS- ha impugnato la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana n. 01085/2012, che ha respinto il ricorso da lui stesso proposto per l'annullamento del provvedimento prot. 02 del 2 gennaio 2012, notificato al ricorrente in data 27 febbraio 2012, con cui il Questore di Firenze ha rigettato l’istanza presentata dal ricorrente per il rinnovo del permesso di soggiorno, motivando la decisione con riferimento alla condanna alla pena di anni uno e mesi quattro, inflitta in data 31 maggio 2012 dalla Corte d’appello di Firenze per il reato di illecita detenzione e traffico di sostanze stupefacenti (art. 73, d.P.R. n. 309/1990) ed a un complessivo giudizio di pericolosità sociale riconducibile, nei suoi presupposti, anche alle numerose denunce pendenti a suo carico.

2. - Il TAR richiama le disposizioni dell'art. 5, comma 5, e dell'art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 286/1998, in base alle quali è negato il permesso di soggiorno o il suo rinnovo in assenza dei requisiti richiesti per l'ingresso ed il soggiorno nel territorio italiano, e in particolare, per quanto di interesse, allo straniero condannato, anche a pena patteggiata, ex artt. 444 e ss., c.p.p., per i reati previsti dall'art. 380, commi 1 e 2, c.p.p., ovvero per reati in tema di stupefacenti, libertà sessuale, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, senza che sussistano in capo all’Amministrazione margini di discrezionalità, trattandosi di reati per i quali la pericolosità sociale è stata individuata dallo stesso legislatore, in rapporto all'esigenza dell'ordinato svolgersi delle relazioni sociali e del mantenimento dell'ordine pubblico. Il T.A.R. esclude inoltre l’ illegittimità costituzionale dell’art. 4, co. 3, del d.lgs. n. 286/1998, rilevando che la Corte costituzionale ha più volte avuto modo di affermare che la regolamentazione dell'ingresso e del soggiorno dello straniero nel territorio nazionale è collegata alla ponderazione di svariati interessi pubblici, quali, ad esempio, la sicurezza e la sanità pubblica, l'ordine pubblico, i vincoli di carattere internazionale e la politica nazionale in tema di immigrazione e tale ponderazione spetta in via primaria al legislatore ordinario, il quale possiede in materia un'ampia discrezionalità, limitata, sotto il profilo della conformità a Costituzione, soltanto dal vincolo che le sue scelte non risultino manifestamente irragionevoli.

3. – L’appellante, dopo avere riepilogato e riproposto i motivi del ricorso di primo grado, che fanno perno sulla illegittimità costituzionale o, in alternativa, sulla esigenza di una interpretazione costituzionalmente orientata della normativa vigente per chi risiede in Italia da molti anni tale da considerare il complessivo contesto sociale e lavorativo, nonché la mancanza di pericolosità sociale riconosciuta dal giudice penale, li riformula in appello, sottolineando che, con la documentata esposizione della sua situazione in primo grado, egli stesso ha provato di trovarsi, di fatto, nella posizione di cittadino straniero lungo-soggiornante nel nostro Paese. Egli ha altrettanto chiaramente documentato il suo inserimento sociale e lavorativo di lunga durata, dato che la sua permanenza sul territorio nazionale risale al 2001 e dal 2002 è qualificata dalla ininterrotta titolarità di permesso di soggiorno per lavoro subordinato fino alla data della ultima domanda (08.04.2011). L’appellante ha altresì dimostrato di aver reperito un nuovo impiego dal 22.02.2011 come operaio piastrellista. Se ne deduce che la Questura non poteva limitarsi a negare il rinnovo del permesso di soggiorno in base alla sola sentenza di condanna del 31.05.2011 della Corte d’Appello di Firenze relativa a reato inerente agli stupefacenti. In particolare la lunga durata del soggiorno in Italia, il continuativo svolgimento di lecita e redditizia attività lavorativa ed il possesso di permesso di soggiorno per oltre 10 anni, oltre allo stabile possesso di sistemazione alloggiativa con residenza in Italia insieme al fratello nel Comune di Borgo San Lorenzo come dimostrato da certificato allegato, richiedevano che la P.A. verificasse in concreto la pericolosità sociale e non si limitasse ad applicare l’automatismo di una sola condanna ritenuta ostativa.

Infatti, “la valutazione di pericolosità sociale, prevista ex art. 9 del d.lgs. n. 286/1998 per il diniego di permesso ai soggiornanti di lungo periodo, appare in qualche modo estesa anche ai meri dinieghi di rinnovo, in quanto una interpretazione costituzionalmente orientata del precedente art. 5 non può non far rientrare fra i “nuovi elementi” valutabili ai fini del rilascio del permesso di cui trattasi le stesse circostanze rilevanti in caso di ricongiungimento familiare, non potendosi operare un trattamento differenziato di identiche esigenze e situazioni personali, ove le stesse non siano conseguenti a ricongiungimento” (Cons. Stato Sez. VI n. 1133/2010;
Cons. Stato Sez. III 1469/2012);
con la conseguenza che ai sensi del combinato disposto dell’art. 5, commi 5 e 5-bis, e dell’art. 9, comma 4, del d.lgs. n. 286/1998, nel valutare la pericolosità sociale dello straniero ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno, si deve ponderare adeguatamente non solo l’esistenza di vincoli familiari dell’interessato, ma anche la “durata del suo soggiorno nel territorio nazionale” e “l’inserimento sociale e lavorativo dello straniero” nel territorio nazionale.

In ogni caso, anche a prescindere dalla questione dell’applicabilità o meno nella fattispecie dell’art. 9, comma 4, del d.lgs. n. 286/1998, il Questore ai sensi dell’art. 5, comma 5, del T.U. n. 286/1998 doveva tener adeguatamente conto degli elementi nuovi sopravvenuti al fatto di reato commesso in data 24.10.2010 (sanzionato dalla Corte d’Appello con sentenza del 31.05.2011), che consentivano il rinnovo del permesso, e fra questi era da tenersi in conto il fatto che il ricorrente non ha commesso successivamente ulteriori reati e che è nuovamente divenuto in possesso di regolare attività lavorativa, avendo stipulato dal 22.02.2011 un contratto di lavoro di apprendistato come piastrellista.

Inoltre la P.A. non ha valutato che la condotta sanzionata dalla Corte d’Appello di Firenze con sentenza 31.05.2011 – come già riferito – è episodica, unica e di lieve entità e non rientra neppure fra i reati di cui all’art. 380, commi 1 e 2, dovendosi quindi escludere che alcuna valutazione di automatismo possa discendere da una condanna per reato rientrante nell’art. 381 c.p.p., in forza del principio statuito dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 172/2012, che, ancorché riferita al rilascio del permesso di soggiorno in “sanatoria”, appare applicabile anche al caso di specie.

L’appellante fa presente che dal TAR del Veneto è stata sollevata questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 2, 3, 29, 30, 31 e 117 Cost (ovvero dell’art. 8 CEDU quale norma di diritto comunitario (rectius: internazionale) interposta nel nostro ordinamento), degli artt. 5, comma 5, ultimo periodo, e 9, comma 4, del d.lgs. n. 286/1998 “nella parte in cui limitano la tutela rafforzata contro l’allontanamento ai soli soggetti che abbiano presentato una domanda di ricongiungimento o siano ricongiunti, o siano titolari di un permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo o abbiano fatto richiesta di tale titolo di soggiorno, anziché nei confronti di quanti si trovino in quelle medesime condizioni sostanziali contemplate dalle norme citate indipendentemente dalla circostanza di aver presentato un’istanza formale” (ord. TAR Veneto n. 1017/2012).

Eguale profilo di illegittimità costituzionale emerge sotto il profilo della violazione degli artt. 2 e 3 della Costituzione per trattamento diseguale di situazioni sostanzialmente identiche, laddove si ritenesse, sulla base dell’attuale quadro normativo derivante dal combinato disposto degli artt. 4, comma 3, 5, comma 5, e 9, comma 4, del d.lgs. n. 286/1998, non estensibile agli stranieri che non hanno chiesto il rilascio del permesso per lungo-soggiornanti la valutazione dell’inserimento sociale e lavorativo del cittadino straniero, oltre che della durata del soggiorno nel territorio nazionale, prescritta dall’art. 9, comma 4, del t.u. nel caso di condanne per reati di cui all’art. 380 e 381 c.p.p..

In subordine, con il secondo motivo di appello, l’appellante deduce la illegittimità costituzionale degli articoli 4, comma 3, e 5, comma 5, del T.U. n. 286/1998 nel caso in cui siano interpretati nel senso di contenere una presunzione assoluta ed insuperabile di ostatività al rinnovo del permesso di soggiorno di tutti i “reati inerenti gli stupefacenti”, senza esclusione della fattispecie attenuata di cui all’art. 73, comma 5, del DPR n. 309/1990, prevista nei casi di lieve entità del fatto, soprattutto quando la condanna risulta isolata e/o episodica.

Analoga questione di costituzionalità nei confronti delle stesse disposizioni viene sollevata laddove non si acceda alla tesi dell’equiparazione della posizione del cittadino straniero di fatto lungo-soggiornante con quello formalmente in possesso di permesso CE per soggiorno di lungo periodo di cui all’art. 9 del d.lgs. n. 286/1998, nella parte in cui prevedono una tutela rafforzata contro l’allontanamento dall’Italia solo nei confronti dei soggetti che abbiano presentato una domanda di ricongiungimento o siano ricongiunti o siano titolari di un permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo o abbiano fatto richiesta di tale titolo di soggiorno, e non invece nei confronti di quanti si trovino nelle medesime condizioni sostanziali contemplate dalle norme citate indipendentemente dalla circostanza di aver presentato un’istanza formale, con richiamo per relationem alle motivazioni dell’ordinanza del TAR Veneto 1017/2012 di rimessione alla Corte Costituzionale dell’anzidetta questione. In relazione alle articolate questioni di costituzionalità prospettate si chiede che il giudizio di appello sia comunque sospeso e, ai sensi dell’art. 23 della legge n. 87 del 11.03.1953, gli atti siano trasmessi alla Corte Costituzionale per la risoluzione delle prospettate questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 3, dell’art. 5, comma 5, e art. 9, comma 4, del d.lgs. n. 286/1998 per i profili sopraindicati. In conclusione si chiede altresì anche la riforma del capo della decisione appellata che ha condannato il ricorrente alle spese di giudizio e la messa a carico dell’Amministrazione delle spese per il doppio grado di giudizio.

4. – Questa Sezione del Consiglio di Stato ha respinto l’istanza cautelare per la sospensione degli effetti della sentenza impugnata con la ordinanza n. 743/2013.

5. - Le Amministrazioni appellanti resistono depositando apposita memoria di udienza in data 25 maggio 2015. La memoria chiede il rigetto dell’appello osservando che il provvedimento impugnato applica la normativa vigente in modo puntuale. In base ad essa, la condanna riportata dallo straniero in Italia comporta automaticamente la perdita dei requisiti di cui all’art. 4 del d.lgs. n. 286/98, restando fermo sul piano sostanziale che la commissione di un reato come quella dell’uso o spaccio delle sostanze stupefacenti evidenzia un soggetto particolarmente pericoloso.

6. – L’appellante, con memoria presentata in vista della udienza in data 4 giugno 2015, ribadisce tutta l’ampia argomentazione proposta con l’atto di appello, precisando tuttavia che il secondo motivo proposto in via subordinata nell’atto di appello deve ritenersi assorbito dalle precedenti censure e superato dalla giurisprudenza consolidatasi sulla base della sentenza della Corte Costituzionale n. 172/2012 nel senso di una applicazione costituzionalmente orientata dell’art. 4, comma 3, dell’art. 5, comma 5, e dell’art. 9, comma 4, del d.lgs. n. 286/1998.

7. – La causa è stata chiamata alla udienza pubblica del 2 luglio 2015 ed è passata in decisione.

8. – L’appello è infondato.

8.1. – Il Collegio prende atto preliminarmente della rinuncia al secondo motivo di appello, almeno come motivo autonomo, proposto in via subordinata con l’atto di appello e concernente la formale sollevazione di questioni di costituzionalità relative all’art. 4, comma 3, all’art. 5, comma 5, e all’art. 9, comma 4, del d.lgs. n. 286/1998 con richiesta di sospensione del giudizio in attesa della pronuncia della Corte costituzionale.

Sempre in via preliminare deve essere valutata l’ammissibilità ai sensi dell’art. 104 c.p.a. delle censure contenute nel primo motivo di appello in connessione alla pretesa estensione della applicabilità della disciplina prevista per i soggiornanti di lungo periodo dall’art. 9 del Testo Unico sull’immigrazione anche a coloro che ne hanno i requisiti sostanziali, pur non avendo presentato la relativa domanda. Il Collegio ritiene che tali motivi non possano essere proposti in appello come nuove eccezioni in quanto non presenti nel ricorso di primo grado. Esse possono tuttavia valere come argomentazioni aggiuntive a supporto delle questioni di costituzionalità o delle domande di interpretazione costituzionalmente orientata già sollevate con il ricorso introduttivo in primo grado, a sostegno delle censure avverse all’automatismo della condanna considerata ostativa, in mancanza di una valutazione dell’inserimento sociale ed economico dello straniero e della sua effettiva pericolosità sociale.

8.2. – Nel merito, il Collegio rileva che, in materia di costituzionalità e di interpretazione costituzionalmente orientata degli articoli 4, comma 3, 5, comma 5, 9, comma 4, del d.lgs. n. 286/1998, la Corte costituzionale si è già più volte pronunciata, come ha già ricordato il TAR, sottolineando che la regolamentazione dell'ingresso e del soggiorno dello straniero nel territorio nazionale è collegata alla ponderazione di svariati interessi pubblici, quali, ad esempio, la sicurezza e la sanità pubblica, l'ordine pubblico, i vincoli di carattere internazionale e la politica nazionale in tema di immigrazione e tale ponderazione spetta in via primaria al legislatore ordinario, il quale possiede in materia un'ampia discrezionalità, limitata, sotto il profilo della conformità a Costituzione, soltanto dal vincolo che le sue scelte non risultino manifestamente irragionevoli. La sentenza n. 172/2012, più volte richiamata dall’appellante, non influisce sulle questioni all’esame, dal momento che si riferisce alla disciplina in tema di emersione dal lavoro irregolare ex art.

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