Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-12-30, n. 201908893

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-12-30, n. 201908893
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201908893
Data del deposito : 30 dicembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/12/2019

N. 08893/2019REG.PROV.COLL.

N. 06910/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6910 del 2017, proposto da
S.R.L. TBS, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati G B e M I, con domicilio eletto presso lo studio G B in Roma, via Panama, n.77;

contro

Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio n. 7237/2017.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2019 il Cons. G L e uditi per le parti gli avvocati Alessandro Jacoangeli dell’Avvocatura Generale dello Stato e G B;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 - Con ricorso al T.A.R. per il Lazio, la s.r.l. TBS ha impugnato l’ordinanza-ingiunzione n. 126/08/CSP del 21 maggio 2008, con la quale le era stata inflitta la sanzione pecuniaria di euro 216.888, per la violazione dell’art. 4, comma I, lett b, del D. Lgs. n. 177/2005.

La condotta illecita sanzionata atteneva ai “ messaggi promozionali di servizi recanti scene pornografiche nella programmazione notturna dei giorni 23 e 28 ottobre 2006 e dei giorni 8, 9. 10, ed 11 ottobre 2007 ”.

1.1 - Con il primo motivo, la società deduceva la violazione dell'art. 5, comma 2, dell'Allegato A alla delibera dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, n. 136/06/CONS, come modificata dalla delibera n. l 73/07/CONS, per tardività della notifica dell'atto di contestazione.

1.2 - Con il secondo motivo, la ricorrente deduceva la violazione del diritto di difesa e la violazione e falsa applicazione dell'art. 4, comma 1, del d.lgs. n. 177 del 2005, posto che alla società ricorrente non sarebbe stata fornita la possibilità di difendersi sulle violazioni contestate.

1.3 – Nel merito, la società sosteneva che le contestate trasmissioni non avrebbero avuto la potenzialità di nuocere allo sviluppo psico-fisico dei minori. E’ stata inoltre dedotta anche la violazione della parità di trattamento, rispetto ad altre emittenti per le quali l'Autorità, a fronte della medesima condotta, avrebbe omesso di adottare provvedimenti sanzionatori.

1.4 - Infine, secondo la ricorrente, l'irrogata sanzione si inserirebbe “ in un contesto normativo lacunoso e retrogrado fatto di sentenze della Suprema Corte di Cassazione che richiamano al comune senso del pudore ”.

2 - Il T.A.R. per il Lazio, con la sentenza n. 7237 del 2017, ha rigettato il ricorso.

3 – L’appellante ha dichiarato di voler riproporre le censure di violazione dell'art. 5, comma II, del d.lgs. n. 177 del 2005;
violazione di avvio del procedimento;
decadenza dal diritto;
violazione del diritto di difesa connessa all’attività istruttoria;
violazione e falsa applicazione dell’art. 4, comma I, del D. Lgs. 177/2005;
e di criticare la sentenza impugnata per le seguenti ragioni: I) omesso pronunciamento in merito ai motivi di ricorso, irrazionalità, stravolgimento motivazionale in riferimento anche ai principi ex art. 1, D. Lgs. 104/2010, con conseguente motivazione apparente, inidonea, perplessa ed insufficiente;
II) erronea ricostruzione dei fatti;
III) violazione e falsa applicazione della normativa di settore e di quella sul giusto procedimento.

3.1 - In via preliminare, nonostante la formale precisazione del contenuto dell’impugnazione nei termini innanzi citati, deve rilevarsi come l’appello, nella propria parte motiva, non distingua e non delinei i singoli e specifici motivi di appello, come in precedenza anticipati, svolti nei confronti della sentenza impugnata, da cui la violazione dei principi di chiarezza e specificità desumibili dall’art. 101 c.p.a., che ne comporta l’inammissibilità ( cfr . Cons. St., sez. V, 2.12.2015, n. 5459, Cons. St., sez. V, 22.1.2015, n. 274;
Cons. St., sez. VI, 24.06.2010, n. 4016).

Ad ogni buon conto, le censure, per quel che è dato comprendere alla luce della carenza innanzi rilevata, appaiono infondate.

4 – Quanto alla eccepita decadenza, deve osservarsi che l'art. 5 del Regolamento sanzioni prevede che “ ai sensi dell'art. 14 della legge n. 689/81, l'atto di contestazione deve essere notificato al trasgressore nei termini di 90 giorni dall'accertamento ”.

L'art. 14, comma 2, della legge 24 novembre 1981, n. 689, stabilisce che “ se non è avvenuta la contestazione immediata per tutte o per alcune delle persone indicate nel comma precedente, gli estremi della violazione debbono essere notificati agli interessati residenti nel territorio della Repubblica entro il termine di novanta giorni dall'accertamento ”.

Le norme citate individuano chiaramente il momento di decorrenza del termine di novanta giorni per la notifica della contestazione nell’”accertamento”.

La giurisprudenza ha chiarito che può dirsi perfezionato l’accertamento quando l’autorità procedente ha acquisito e valutato tutti i dati indispensabili ai fini della verifica dell’esistenza della violazione segnalata.

In altre parole, il termine per la contestazione dell’infrazione non decorre dalla sua consumazione, ma dal completamento dell'attività di verifica di tutti gli elementi dell’illecito, dovendosi considerare anche il tempo necessario all'amministrazione per valutare e ponderare adeguatamente gli elementi acquisiti e gli atti preliminari per l’individuazione in fatto degli estremi di responsabilità amministrativa.

La giurisprudenza ha altresì precisato che compete al giudice valutare la congruità del tempo utilizzato per l'accertamento stesso, in relazione alla maggiore o minore difficoltà del caso ( cfr . Corte Cass. 18 aprile 2007, n. 9311;
Corte Cass. 21 aprile 2009, n. 9454;
Corte Cass. 13 dicembre 2011, n. 26734).

4.1 - Il regolamento sanzioni dell’Autorità prescrive all'art. 6, comma 1, che il termine per l'adozione del provvedimento finale è di 150 giorni decorrenti dalla data di notificazione dell'atto di contestazione.

Pertanto, alla luce del chiaro tenore della norma citata, entro il prescritto termine di 150 giorni deve essere adottato – non notificato - il provvedimento finale.

La soluzione che precede risulta conforme alla giurisprudenza già espressasi su tale questione in un caso analogo (Cons. St. n. 5982 del 2018: “ il chiarissimo dato testuale della norma si riferisce al termine per la emanazione del provvedimento sanzionatorio e non a quello dell’avvenuta notifica, la quale attiene al momento dell'efficacia e non a quello in cui si perfeziona il provvedimento stesso ”).

4.2 – Nel caso di specie, il verbale di contestazione n. 1748/FB del 2 dicembre 2007, è stato inviato per la notifica alla società ricorrente in data 20 dicembre 2007 e in esso si dà atto che, con " verbale in data 16 novembre 2007 ”, è stato "accertato che nei fatti di cui sopra è configurabile la violazione del disposto dell’articolo 4, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 31 luglio 2005, n 177 ”.

Alla luce di tale emergenza, ed in assenza di una specifica presa di posizione della società, il T.A.R. ha condivisibilmente concluso che il momento del "completo accertamento del fatto" (dal quale inizia a decorrere il termine di 90 giorni per la notifica del verbale di contestazione, a norma dell'art. 5, comma 2, della delibera n. 136/06/CONS), anche con riferimento alle trasmissioni mandate in onda nei giorni 23 e 28 ottobre 2006, è da individuarsi nella data 16 novembre 2007, con conseguente tempestività della notificazione.

4.3 – Da un altro punto di vista, la tempistica dell’accertamento appare comunque congrua. Del resto, l’appellante non ha fornito alcun principio di prova dell’inutilità dei passaggi procedimentali effettuati in relazione alla concreta fattispecie considerata.

Deve invece osservarsi che, in data 31 luglio 2007, la società aveva inviato le proprie note difensive, dovendosi pertanto ritenere del tutto ragionevole che l'amministrazione abbia dovuto svolgere i dovuti accertamenti per verificarne la veridicità, con conseguente spostamento in avanti della conclusione complessiva dell'accertamento dei fatti ai fini sanzionatori.

5 – Appare destituita di fondamento anche la censura con cui si contesta la violazione del contraddittorio procedimentale.

Al riguardo, il giudice di primo grado ha giustamente osservato che già nello stesso provvedimento gravato si specifica che la società interessata, dopo la notificazione del verbale di contestazione, non ha presentato memorie giustificative in relazione ai fatti oggetto di contestazione, né fatto richiesta di essere sentita, nonostante che, nel precedente verbale di contestazione, si era dato avviso di tale possibilità.

Rileva inoltre la circostanza già evidenziata, e cioè che durante il corso della fase di indagine, la società interessata aveva comunque recapitato all'Autorità note difensive in data 31 luglio 2007.

6 – Anche le censure di merito della società non colgono nel segno.

E’ la stessa appellante a ricordare che l’art. 4, D. Lgs 177/2005 Principi generali del sistema radiotelevisivo a garanzia degli utenti ” ed, in particolare, il comma 1 lettera b), nel testo allora vigente, stabiliva: “ 1. La disciplina del sistema radiotelevisivo, a tutela degli utenti, garantisce: b) la trasmissione di programmi che rispettino i diritti fondamentali della persona, essendo, comunque, vietate le trasmissioni … che possono nuocere allo sviluppo fisico, psichico o morale dei minori o che presentano scene di violenza gratuita o insistita o efferata ovvero pornografiche ”.

6.1 – In fatto, deve osservarsi che, dalle indagini svolte dall’Autorità, nelle trasmissioni in data 23 e 28 ottobre 2006 “ le protagoniste mostrano il proprio corpo totalmente o parzialmente nudo in pose od atteggiamenti che richiamano o simulano in maniera provocatoria l’attività sessuale ”, in particolare rappresentanti “ atti di autoerotismo ed esibizione talvolta diretta o ravvicinata dell’organo genitale femminile finalizzati alla stimolazione dell’istinto sessuale, nonché rappresentazione di atti sessuali tra persone dello stesso sesso ”. Nelle trasmissioni in data 8 ottobre 2007 “ le protagoniste mostrano il proprio corpo totalmente o parzialmente nudo in pose od atteggiamenti che richiamano o simulano in maniera provocatoria l’attività sessuale ”, in particolare rappresentanti “ atti di autoerotismo ed esibizione talvolta diretta o ravvicinata dell’organo genitale nonché esibizione di pose ed atteggiamenti che simulano attività sessuale ”. Le trasmissioni in data 9 e 10 ottobre 2007 sono invece caratterizzate da “ pose ed atteggiamenti che simulano attività sessuale ”, nonché “ dall’uso di un linguaggio che allude chiaramente ad attività inerenti la sfera sessuale ”. Infine, le trasmissioni in data 11 ottobre 2007 hanno ad oggetto “ pose ed atteggiamenti che simulano attività sessuale ”, talvolta accompagnate dall’uso di oggetti “ di aspetto fallico ”.

6.3 – Tanto precisato, appare condivisibile la valutazione del Giudice di primo grado, che ha ravvisato la fondatezza dell’accertamento, in quanto i programmi sono idonei ad arrecare pregiudizio fisico o morale ai minori.

In linea teorica, giova ricordare che si è al cospetto di un illecito amministrativo di pericolo presunto, giacché, secondo la previsione legislativa, alla realizzazione della condotta vietata si accompagna, tipicamente, la messa in pericolo del bene protetto, ovvero l’integrità fisica e morale dei minori, che il legislatore, ponendo il divieto assoluto di trasmissione di programmi aventi un determinato contenuto, ha inteso tutelare.

Non può inoltre dimenticarsi che il giudizio dell’AGCOM, per cui la diffusione di determinate scene sia idonea, a cagione della loro inesperienza, a pregiudicare il percorso di crescita fisica e morale dei minori “ costituisce un profilo di valutazione discrezionale che il giudice amministrativo può sindacare nei soli limiti della manifesta irragionevolezza ed illogicità ” ( cfr . Cons. St. n. 5982 del 2018).

6.4 – Alla luce delle considerazioni che precedono, non coglie nel segno il rilievo dell’appellante, secondo cui nel valutare come pornografiche le immagini trasmesse non si sarebbe tenuto conto del “comune senso del pudore” nella sua attuale determinazione.

Nel caso in esame, la trasmissione di dette scene è stata reputata illecita non tanto e non solo perché inquadrabili nel genere pornografico, ma perché atte a provocare un vulnus alla crescita morale e fisica dei minori.

Invero, nel precedente già citato (n. 5982 del 2018), la Sezione ha già argomentato nel senso che: “ il messaggio erotico, simulato o meno poco importa in tal contesto, è senz’altro riferibile a quello pubblicitario, sì da indurre i minori ad acquistare il servizio telefonico così commercializzato e da far supporre in essi una stretta correlazione tra questi due messaggi. Se, quindi, così i minori possono esser sospinti a tal automatismo e ad acquistare i citati servizi telefonici, ciò ben può in astratto, stimolare… comportamenti guidati dall’inesperienza, pregiudicandone il loro processo di crescita fisica e morale (non solo nel campo sessuale, ma anche in quello della consapevolezza contro acquisti onerosi o incauti), soprattutto quando si tratti di immagini che simulavano il rapporto sessuale e che, come è emerso in sede di accertamento, facevano un riferimento esplicito e continuativo all’atto sessuale, quasi che quest’ultimo fosse immediatamente acquisibile mediante il solo acquisto dei servizi stessi ”.

5.5 – Alla luce delle considerazioni che precedono, la valutazione dell’Autorità non pare aver travalicato i limiti della discrezionalità che gli è propria nei termini innanzi precisati, tanto più che la prospettazione dell’appellante risulta in ogni caso smentita dalla giurisprudenza penale, secondo cui: “ le immagini che non contengono semplicemente la esibizione di corpi - prevalentemente - di donne parzialmente o totalmente nudi, ma che si accompagnano, invece, a pose ed atteggiamenti dei personaggi che richiamano - e talvolta simulano - anche in maniera provocatoria rapporti sessuali valgono a configurare tali trasmissioni come pornografiche " (Corte. Cass. n. 17825 del 2005);
la esibizione di corpi parzialmente o totalmente nudi, accompagnati a pose e atteggiamenti dei personaggi che richiamano o simulano, anche in maniera provocatoria, atti o attività sessuale, vale a configurare come pornografica la rappresentazione in quanto contraria al comune senso del pudore ” (Corte Cass. n. 17284 del 2005).

L’Autorità ha anche sottolineato che a tali parametri si è ispirata la propria delibera del 22 febbraio 2007, n. 23/07/CSP (recante " Atto di indirizzo sul rispetto dei diritti fondamentali della persona e sul divieto di trasmissioni che presentano scene pornografiche "), con la quale si sono resi noti a tutte le emittenti radiotelevisive pubbliche o private, nonché ai fornitori di contenuti radiotelevisivi (eccezion fatta per quelli diffusi ad accesso condizionato con sistema di controllo specifico e selettivo), i criteri cui le stesse devono conformare i propri programmi, al fine di rendere effettivo il divieto di trasmissione di programmi contenenti scene pornografiche.

Appare infine pertinente il richiamo del T.A.R. alla giurisprudenza di questo Consiglio (Cons. Stato, sez. I, parere n. 1317 del 2011) che, in una fattispecie analoga, ha ben demarcato la differenza rispetto ad un accertamento di natura penale, precisando che, “ pur costituendo il "pubblico pudore" una clausola generale di mutevole e difficile definizione che rimanda al sentire della società e che oscilla in base alla mutevolezza dei costumi ed al sentimento medio dei consociati, nella specie si discute, comunque, di un illecito amministrativo e non di un reato, quindi di una soglia di tutela anticipata per le trasmissioni divulgate con il mezzo televisivo, destinato ad un pubblico indeterminato ed indeterminabile ed utilizzato (come nella specie) per trasmettere rappresentazioni provocatorie della sessualità quali gli atti di rappresentazione del rapporto sessuale ”.

5.6 - Tenuto conto di tali considerazioni, non può risultare scriminante il fatto che il programma sia stato trasmesso in orario notturno, non essendone comunque preclusa la visione ad un pubblico minorenne, dovendosi al riguardo ricordare che anche al di fuori della cd. fascia protetta non vi è una indiscriminata liberalizzazione dei programmi che possono essere trasmessi, come confermato dall’art. 34 cit.

5.7 – Deve essere disattesa anche la dedotta disparità di trattamento.

Invero, ciò che rileva ai fini sanzionatori è solo l’integrazione degli estremi della violazione accertata, indipendentemente dalla prassi pregressa e dalla condotta degli altri operatori. Per altro, l’appellante non ha allegato alcun elemento specifico atto a confrontare i programmi trasmessi da altre emittenti, restando così destituita di ogni riscontro la dedotta disparità di trattamento.

Ne consegue che anche rispetto a tale censura deve confermarsi la decisione impugnata, che ha fatto corretta applicazione dell’orientamento della giurisprudenza in base al quale il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento non può essere utilmente dedotto quando viene rivendicata l'applicazione in proprio favore di posizioni giuridiche riconosciute ad altri soggetti in modo illegittimo, in quanto, in applicazione del principio di legalità, la legittimità dell'operato dell'amministrazione non può comunque essere inficiata dall'eventuale illegittimità compiuta in altra situazione ( cfr . Cons. Stato, sez. VI, n. 8117 del 2010).

6 – Risultano invece inammissibili tutti i rilievi relativi alla quantificazione della sanzione, in quanto non dedotti nel ricorso originario.

Come noto, non possono essere proposti in sede di appello nuovi motivi di ricorso ( cfr . Cons. St., ad. plen., 19 dicembre 1983, n. 26;
Cons. St., ad. plen., 19 dicembre 1972, n. 8). Pertanto, non sono ammissibili nuove censure contro gli atti già impugnati, se era possibile proporle sin dal primo grado di giudizio, in quanto la novità dei motivi equivale ad una domanda nuova ( cfr . Cons. St., Sez. IV, 16 giugno 2008, n. 2977).

7 - Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

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