Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-12-15, n. 202211007

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-12-15, n. 202211007
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202211007
Data del deposito : 15 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/12/2022

N. 11007/2022REG.PROV.COLL.

N. 01386/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1386 del 2022, proposto da Sandoz S.p.a., Sandoz Gmbh, Sandoz BV e Sandoz AS, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentate e difese dall’avvocato C M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

contro

- il Ministero della Salute, l’AIFA - Agenzia Italiana del Farmaco, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e la Regione Siciliana, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domiciliano in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
- la Regione Emilia Romagna, in persona del Presidente della G.R. pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Maria Rosaria Russo Valentini e Roberto Bonatti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Maria Rosaria Russo Valentini in Roma, piazza Grazioli n. 5;
- la Regione Friuli Venezia Giulia, in persona del Presidente della G.R. pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Beatrice Croppo, Michela Delneri, Daniela Iuri e Marina Pisani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
- la Regione Basilicata, la Regione Toscana, la Regione Abruzzo, la Regione Calabria, la Regione Campania, la Regione Lazio, la Regione Liguria, la Regione Lombardia, la Regione Marche, la Regione Molise, la Regione Piemonte, la Regione Puglia, la Regione Autonoma della Sardegna, la Regione Umbria, la Regione Autonoma Valle D’Aosta, la Regione Veneto, la Provincia Autonoma di Trento e la Provincia Autonoma di Bolzano, non costituite in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sede di Roma, Sezione Terza, n. 12771/2021, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Salute, della Regione Emilia Romagna, dell’AIFA - Agenzia Italiana del Farmaco, del Ministero dell’Economia e delle Finanze, della Regione Friuli Venezia Giulia e della Regione Siciliana;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 29 settembre 2022, il Cons. Ezio Fedullo e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1.- Sandoz S.p.a., Sandoz Gmbh, Sandoz BV e Sandoz AS hanno impugnato dinanzi al T.A.R. per il Lazio la determinazione DG n. 1313/2020 del 10 dicembre 2020, pubblicata sulla GURI n. 307 dell’11 dicembre 2020, in materia di attribuzione degli oneri di ripiano della spesa farmaceutica per acquisti diretti per l’anno 2019, la delibera del Consiglio di amministrazione dell’AIFA n. 46 del 20 novembre 2020, recante l’approvazione della quota di mercato di ciascuna azienda farmaceutica titolare di AIC, del valore complessivo di ripiano dello sfondamento del tetto del 6,89% della spesa per acquisti diretti riferito all’anno 2019 nonché della relativa metodologia applicativa, la delibera del Consiglio di amministrazione dell’AIFA n. 45 del 20 novembre 2020, recante l’approvazione del monitoraggio della spesa farmaceutica nazionale e regionale gennaio-dicembre 2019, aggiornato al mese di ottobre 2020, la delibera del Consiglio di amministrazione dell’AIFA n. 32 del 23 luglio 2020, recante l’approvazione del ripiano della spesa farmaceutica per acquisti diretti per l’anno 2019, nonché i relativi atti presupposti, compresi i files excel pubblicati sul front-end AIFA contenenti i dati che quantificano il ripiano assegnato all’azienda ricorrente per l’anno 2019.

1.2.- Mediante la sentenza n. 12771 del 9 dicembre 2021, il T.A.R., dopo aver disposto l’integrazione del contraddittorio, ha respinto i plurimi motivi di ricorso formulati dalla ricorrente, il cui contenuto, per ragioni di economia motivazionale, verrà illustrato nei successivi paragrafi, al pari delle ragioni poste dal giudice di primo grado a fondamento della rispettiva reiezione.

1.2.1.- Violazione degli obblighi di partecipazione.

Deducevano le ricorrenti che la partecipazione consentita dall’AIFA avrebbe avuto carattere eminentemente formale, non avendo in particolare tenuto conto delle osservazioni prodotte dagli interessati.

Il T.A.R. ha respinto la censura evidenziando che l’AIFA ha “ chiesto e ottenuto osservazioni, e risposto in modo piuttosto esaustivo alle medesime, sebbene in forma sintetica ”, non imponendo la giurisprudenza, “ nel formalizzare il provvedimento finale, la puntuale e analitica confutazione delle singole argomentazioni svolte dalla parte privata, essendo sufficiente, ai fini della sua giustificazione, una motivazione complessivamente e logicamente resa a sostegno dell’atto stesso ”.

Il T.A.R. ha altresì rilevato, a giustificazione della infondatezza della censura suindicata, che “ i ricorrenti non chiedono tanto di partecipare, quanto piuttosto di coamministrare o comunque di cogestire, che è ben altro rispetto al pur sostanzioso apporto procedimentale ” e che “ le aziende pretendono di seguire l’AIFA in ogni suo momento decisionale, che non è proprio nello spirito di cui alle citate disposizioni sulla partecipazione procedimentale ”.

Quanto allo specifico profilo di censura inteso a lamentare che “ l’AIFA produrrebbe documenti pieni di numeri sostanzialmente inintellegibili ”, ha rilevato il T.A.R., ai fini reiettivi, che essa “ si rivela in primo luogo generica, dal momento che non appaiono chiare le concrete difficoltà che la struttura organizzativa della ricorrente avrebbe incontrato nel decifrare simili tabelle. Occorre poi osservare che si tratta pur sempre di impresa di notevoli dimensioni e con efficienti sistemi organizzativi, dotata di qualificazione professionale più che sufficiente per decifrare tali “numeri”, dunque in possesso di pratica ed esperienza adeguate ”.

1.2.2.- Ostensione dei soli dati delle aziende direttamente interessate e non anche di quelli che riguardano le altre aziende chiamate a partecipare al pay-back .

Deducevano sul punto le ricorrenti che la lamentata omissione non avrebbe consentito loro di verificare la correttezza dell’operato dell’AIFA, atteso che l’errore compiuto in relazione ad una azienda potrebbe avere riflessi negativi su tutte le altre.

Il T.A.R., nel respingere la censura in esame, ha in primo luogo richiamato le “ elementari esigenze di riservatezza commerciale di tutte le altre aziende dello specifico settore che, almeno in prima battuta, debbono essere necessariamente salvaguardate dall’Amministrazione (si veda al riguardo quanto previsto dall’art. 98 del D.Lgs. n. 30/2005, c.d. “Codice della proprietà industriale”) ”, aggiungendo che il bilanciamento tra la suddetta esigenza di riservatezza ed i diritti informativi dell’azienda interessata “ costituisce a ogni modo questione da riservare alle propedeutiche valutazioni dell’Amministrazione, e dunque alla peculiare procedura di accesso documentale da esercitare: in via procedimentale, ai sensi degli artt. 22 ss. della L. n. 241/90;
se il caso anche in via processuale, ai sensi dell’art. 116 c.p.a. Questione nella specie non prospettata…
”.

Ha inoltre rilevato il T.A.R. che “ la correttezza dei dati inseriti è appannaggio, in prima battuta, della sola azienda cui sono ascrivibili quegli stessi dati. Pretendere sin da subito che i dati di tutte le aziende siano indifferentemente conoscibili da tutte le aziende del settore (dunque una sorta di sostanziale “discovery anticipata”) equivale ancora una volta a pretendere una sorta di “cogestione” della spesa farmaceutica tra AIFA e aziende di settore ”, in contrasto col principio di buona amministrazione di cui all’art. 97 Cost., “ attesa la notevole mole di dati e di passaggi procedimentali che sarebbero altrimenti imposti, con inevitabile e intollerabile allungamento dei tempi dell’azione amministrativa ”.

1.2.3.- Possibilità di correggere senza limiti temporali i dati inseriti nella banca dati ex d.m. 15 luglio 2004.

Le ricorrenti lamentavano che l’AIFA non aveva tenuto conto, ai fini del calcolo del ripiano, delle rettifiche da esse apportate ai dati relativi alle vendite di medicinali immessi nel Nuovo Sistema Informativo Sanitario (di seguito con l’acronimo N.S.I.S.).

Ha osservato il T.A.R. che, nel contemperamento tra opposte esigenze, il termine entro cui la rettifica dei dati da parte delle aziende non è ulteriormente possibile va fatto coincidere con quello entro il quale l’Amministrazione procede alla fissazione dell’ammontare complessivo della spesa farmaceutica, onde poi procedere alla sua ripartizione tra le aziende di settore (in concreto coincidente con il 30 aprile di ogni anno, differito al 31 luglio 2020 per il pay-back 2019, ex art. 1, comma 577, l. n. 145/2018).

Il T.A.R. ha altresì rilevato che, comunque, “ la ricorrente si limita a invocare il predetto “diritto di rettifica” senza tuttavia indicare, nello specifico, quali dati avrebbe chiesto di rettificare e soprattutto in quale momento ”, con la conseguente genericità - e, quindi, inammissibilità - della censura.

1.2.4.- Errata rilevazione della spesa per i farmaci orfani che possiedono anche indicazioni non più coperte da esclusività di mercato.

Sosteneva la parte ricorrente che la “ metodologia di calcolo ”, soprattutto con riguardo a farmaci che nel tempo avrebbero perso l’esclusività di mercato, non sarebbe stata “ chiarita da AIFA ” e che pertanto non sarebbe stato “ possibile verificare se effettivamente la spesa per tutti i prodotti contrassegnati come orfani sia stata calcolata correttamente da parte di AIFA ”, la quale in proposito “ non fornisce alcuna spiegazione ”.

Il T.A.R. ha dichiarato l’inammissibilità della censura, rilevando che “ la ricorrente mette in dubbio il criterio di calcolo di AIFA, senza tuttavia evidenziare più concreti elementi in base ai quali tale calcolo risulterebbe erroneo ” e quindi senza fornire “ ogni sia pur minimo principio di prova, ai sensi dell’art. 64, comma 1, c.p.a., onde poter indurre questo Collegio a un più approfondito esame della sollevata questione ”.

1.2.5.- Assimilabilità dei farmaci orphan like ai farmaci orfani.

Deduceva la parte ricorrente che il trattamento di favor per i cd. farmaci orfani – la cui spesa concorreva, secondo il vigente sistema legislativo, all’eventuale superamento del tetto di spesa, per acquisti diretti o convenzionata, senza tuttavia generare obblighi di ripiano a carico dei relativi fornitori – non doveva essere limitato ai farmaci orfani iscritti nell’apposito registro comunitario (cfr. Reg. UE n. 241/2000), ma esteso ai farmaci eventualmente inseriti in “ registri nazionali ” (c.d. orphan like ), possedendo questi i medesimi requisiti sostanziali dei primi.

Il T.A.R. ha respinto la doglianza osservando che “ la scelta di escludere gli orphan like (farmaci orfani da “registro nazionale”) ha natura vincolata, in quanto discende automaticamente da una chiara opzione di carattere legislativo, come tale sindacabile soltanto in termini di costituzionalità della norma stessa ”.

1.2.6.- Errata rilevazione della spesa per farmaci innovativi che presentano anche una o più indicazioni non innovative.

Le ricorrenti lamentavano che l’AIFA dedicava a tale tipologia di farmaci la Tabella contenuta nell’Allegato B1 della nota metodologica, “ senza, tuttavia, fornire alcun dettaglio di come ha calcolato tali importi ed in particolare omettendo di indicare, in primo luogo, l’esatta quantificazione della spesa sostenuta per le indicazioni innovative distinta da quella per le eventuali indicazioni non innovative relative a tali farmaci (così come è stato fatto nella tabella A3 per i farmaci orfani con indicazioni innovative) ”.

Secondo la parte ricorrente, “ l’AIFA avrebbe dovuto in questo caso fornire un maggiore dettaglio nell’Allegato B1, indicando per ciascun farmaco innovativo l’esatta quantificazione non solo della spesa per l’indicazione innovativa distinta da quella per le eventuali indicazioni non innovative, ma anche la ripartizione della spesa relativa all’indicazione innovativa nei diversi mesi dell’anno (così come è stato fatto nell’Allegato B2 per quantificare la spesa dei farmaci orfani nei mesi nei quali hanno perso il requisito di farmaco orfano), così da poter estrapolare la spesa innovativa da quella non innovativa ”.

In particolare, insisteva la parte ricorrente, “ resta ancora da comprendere come AIFA abbia calcolato i dati dei seguenti farmaci oncologici innovativi, contenuti nella Tabella B1 sopra citata, che hanno perso o acquisito il requisito di innovatività nel corso del 2019 e hanno anche una o più indicazioni rimborsate non innovative ”.

Anche in ordine alla suddetta censura il T.A.R. ha rilevato che la stessa “ si palesa però generica, perché non fornisce dimostrazione più concreta, anche mediante un sia pur minimo principio di prova, circa eventuali errori di calcolo e di attribuzione ai rispettivi fondi da parte di AIFA ”.

1.2.7.- Errata applicazione dell’art. 1, comma 584, terzo periodo, l. n. 145/2018 relativamente ai farmaci orfani con caratteristiche di innovatività di cui alla Tabella A3 della nota metodologica.

Premesso che per i farmaci allo stesso tempo orfani e innovativi l’art. 1, comma 584, l. n. 145/2018 stabiliva la prevalenza del carattere di innovatività, per cui la spesa di tali farmaci andava a gravare sul fondo speciale da 500 milioni previsti per gli innovativi, la parte ricorrente lamentava in particolare che circa 40 complessivi milioni di euro per farmaci orfani e innovativi erano poi confluiti sul canale più generale degli acquisti diretti e non sul fondo speciale innovativi, in quanto l’AIFA aveva ritenuto che tali farmaci orfani, avendo indicazioni sia innovative che non innovative, per le spese relative a quest’ultimo tipo di indicazioni dovessero gravare non sul fondo speciale innovativi, ma sul canale generale acquisti diretti.

Il T.A.R. ha respinto la censura osservando che “ in termini letterali, la disposizione di cui al comma 584, terzo periodo, parla di farmaci orfani “anche con caratteristiche di innovatività”. Di qui il riferimento piuttosto chiaro al fatto che debbano trattarsi di “indicazioni innovative”. Qualora il legislatore avesse scelto l’opzione invocata dalla ricorrente avrebbe infatti utilizzato una diversa locuzione del tipo “con caratteristiche anche di innovatività”, ma così non è stato. Decisiva poi la considerazione della ratio legis posta alla base di siffatta disposizione. Più in particolare, finalità generale del legislatore è stata quella di premiare e incentivare il settore della ricerca e della innovazione. Per i produttori di farmaci orfani è indifferente stare nel fondo speciale innovativi oppure nel canale generale acquisti diretti: comunque sarebbero esonerati dal payback;
c) cui prodest allora far confluire nel fondo speciale innovativi determinati farmaci orfani anche per indicazioni non innovative? Sicuramente non alle aziende degli innovativi, che vedrebbero maggiormente eroso il proprio fondo, e dunque aumentata la possibilità di essere soggetti a obblighi di ripiano. Le uniche ad avvantaggiarsi da una simile applicazione sarebbero invece le aziende del canale acquisti diretti (farmaci non innovativi), dato che diminuirebbe l’entità dell’eccedenza e dunque anche il quantum da ripianare. Un simile effetto sarebbe tuttavia contrario allo spirito della legge, che è quello di premiare il settore della ricerca (aziende farmaci innovativi), e non le aziende che in tale settore investono meno. Dunque si registrerebbe in tale evenienza una penalizzazione per il settore della ricerca (e questo al di là della attuale capienza del fondo, atteso che non si potrebbe mai escludere de futuro una maggiore spesa per tale categoria di farmaci), il che costituirebbe un effetto certamente non voluto dal legislatore
”.

Il T.A.R. ha conclusivamente e conseguentemente affermato sul punto “ la correttezza dell’operato dell’AIFA, la quale ha fatto confluire nel fondo speciale innovativi quei farmaci orfani soltanto per indicazioni specificamente innovative, con esclusione dunque delle indicazioni non innovative ”.

1.2.8.- Illegittimità derivante dal ritardo del calcolo dello scorporo del tetto di prodotto operato da AIFA, che doveva essere detratto dal fatturato di ogni azienda per la determinazione della sua quota di mercato.

Deduceva la parte ricorrente che siccome, a oggi, lo scomputo dei tetti di prodotto doveva avvenire secondo un criterio di “ cassa ”, e non di “ competenza ”, “ si registra comunque una illogicità e sproporzionalità oltre che un disallineamento del sistema determinato dal fatto che l’AIFA calcola i tetti di prodotto, purtroppo, solo a distanza di anni rispetto all’anno di riferimento ”.

Anche tale censura è stata dichiarata generica e, quindi, inammissibile, avendo il T.A.R. evidenziato che la parte ricorrente non dimostrava “ in cosa consisterebbe la illegittimità del criterio adottato ” né specificava “ per quali prodotti e soprattutto per quali importi una tale discrasia (tra anno di calcolo del payback di prodotto e anno del ripiano, n.d.e. ) si sarebbe in particolare registrata ”.

1.2.9. - Assenza di un meccanismo normativo esplicito nel senso di prevedere la compensazione tra i due tetti di spesa degli acquisti diretti e della spesa convenzionata.

Sosteneva la parte ricorrente che l’AIFA avrebbe dovuto “ utilizzare l’avanzo di 94 milioni di euro, registratosi in relazione al Fondo di cui all’art. 1, comma 400, della legge n. 232/2016, e l’avanzo di 87 milioni di euro, rispetto al fondo di cui all’art. 1, comma 401, della legge n. 232/2016, per un totale di 181 milioni di euro, per ridurre l’entità complessiva della spesa per gli acquisti diretti relativa all’anno 2019 e il conseguente sfondamento del relativo tetto ”.

Il T.A.R. ha respinto il motivo osservando che “ nessuna disposizione normativa espressamente autorizza compensazioni tra i due fondi, quali quelle ipotizzate dalla difesa di parte ricorrente, né tanto meno un diverso utilizzo del fondo rispetto a quello legislativamente stabilito ” e che “ del resto, si tratterebbe di compensare due poste (oncologica innovativa e spesa farmaceutica ospedaliera generica) tra di loro chiaramente non omogenee ”, trattandosi di fondi “ a destinazione vincolata” (ossia vincolati a un determinato scopo, che è quello dell’acquisto di farmaci innovativi e, ancora più a monte, dell’incentivo a investire in ricerca), che dunque non possono essere impiegati per finalità differenti da quelle per cui sono stati istituiti. Tanto si ricava dal fondamentale principio giuscontabilistico della specificazione che trova positivo riscontro, tra l’altro, nell’art. 18, comma 2, della l. n. 196/2009, allorché si stabilisce che le quote dei fondi speciali “non possono essere utilizzate per destinazioni diversa da quelle previste” ”.

Il T.A.R. ha altresì rilevato che “ l’art. 5, comma 6, del DM 18 febbraio 2018 (regolamento sulle modalità di erogazione delle risorse dei fondi innovativi), prevede espressamente che, in caso di avanzo, le somme residue siano ripartite tra le Regioni in proporzione al rispettivo fabbisogno territoriale standard ”, aggiungendo che “ ammettere la compensazione tra fondi farmaci innovativi e canale acquisti diretti (farmaci non innovativi) costituirebbe grave forma di disincentivo nell’investire in tale delicato settore della ricerca e dell’innovazione, nel momento in cui le imprese, qualora rese consapevoli del fatto di potersi avvalere anche di tali specifici fondi (innovativi e innovativi oncologici), ben potrebbero ritenere economicamente più conveniente continuare a produrre farmaci non innovativi. Il che si tradurrebbe in una grave compromissione degli obiettivi generali posti a suo tempo dal legislatore. Il tutto senza omettere di specificare che la legge n. 178 del 2020 prevede ora non tanto una compensazione quanto piuttosto una rimodulazione annuale delle due tipologie di spesa (acquisti diretti e convenzionata), sulla base dei fabbisogni di assistenza che nel tempo si dovessero diversamente registrare in tale campo ”.

1.2.9. – Irragionevolezza, denunciabile in sede costituzionale, derivante dalla mancanza di un meccanismo di comunicazione tra il tetto di spesa per acquisti diretti e il tetto per la spesa convenzionata, che consenta di compensare in tutto o in parte i disavanzi di uno con l’avanzo di spesa registratosi sull’altro.

La parte ricorrente ha in proposito lamentato “ l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, commi 398 e 399, della L. n. 232/2016 e dell’art. 1, comma 575, della L. n. 145/2018, nonché dell’art. 5 del d.l. n. 159/2007, per violazione dell’art. 3 della Costituzione ”, sollecitando l’investitura del Giudice delle leggi della relativa questione.

Il giudice di primo grado ha respinto la doglianza osservando che “ data l’evidente disomogeneità delle due spese, nonché in considerazione del richiamato principio giuscontabilistico della specificazione delle voci di spesa, il legislatore gode della più ampia discrezionalità nel porre in essere o meno gli invocati strumenti di compensazione. In ogni caso: gli ultimi interventi legislativi hanno gradualmente ma costantemente ridotto il gap tra spesa diretta e spesa convenzionata, il tutto a vantaggio della prima, la cui percentuale, rispetto alla spesa sanitaria nel suo complesso, ha nel tempo formato oggetto di progressivi aumenti. Più in particolare, la legge n. 178/2020 (art. 1, comma 475) ha previsto che dal 2021 la spesa diretta passi dal 6,89% al 7,85% della spesa sanitaria, mentre quella convenzionata scenda dal 7,96% al 7%. Di qui la dimostrazione circa la crescente attenzione del legislatore nei riguardi di tale tematica e, in particolare, circa il fatto che i due canali di spesa debbano essere in qualche modo rimodulati a vantaggio della spesa ospedaliera o diretta ”.

Quanto poi alla eccezione secondo cui le eccedenze di cui al comma 401 (fondo innovativi oncologici) confluivano nel fabbisogno sanitario nazionale standard e non nel canale della spesa ospedaliera, il TAR ha rilevato che “ trattasi di questione afferente strettamente al merito legislativo, come tale insuscettibile di sindacabilità, atteso che lo Stato ha piena discrezionalità nel determinare la allocazione delle risorse finanziarie in funzione dei fattori della produzione sanitaria ritenuti più bisognevoli e meritevoli di attenzione ”, altresì evidenziando che “ il legislatore, sempre nell’esercizio della sua più ampia discrezionalità, ha poi introdotto, con la L. n. 178/2020 (art. 1, comma 477), un meccanismo non tanto di compensazione ma piuttosto di rimodulazione dei due fondi che, in qualche misura, ben si potrà rivelare idoneo a soddisfare le esigenze delle aziende ”.

Al riguardo, il T.A.R. ha anche osservato che “ lo strumento legislativo appositamente previsto, per apportare tali rimodulazioni dei due canali di spesa (legge di bilancio), è solo in apparenza più farraginoso rispetto a quello amministrativo (decreto ministeriale previa intesa con il MEF, oppure interministeriale tra Ministero Salute ed Economia). Ciò in quanto la legge di bilancio gode comunque di una sorta di corsia preferenziale, oltre a costituire evento certo nell’an e nel quando ” e che “ dati gli interessi costituzionalmente rilevanti in gioco (salute ex art. 32 Cost., risparmio pubblico ex art. 81 Cost., iniziativa economica privata ex art. 41 Cost.), e soprattutto i rapporti di forza dei vari attori (pubblici e privati) rilevanti in questo delicato settore, la regolazione diretta di taluni aspetti – anche nei termini più specifici quali quelli afferenti alla rimodulazione delle aliquote di spesa – va ormai ricondotta alla massima sintesi per mano dei più elevati livelli istituzionali: di qui il coinvolgimento non solo di fondamentali compagini ministeriali (Salute ed Economia) e di autorità di regolazione (AIFA) ma anche di enti direttamente rappresentativi della sovranità popolare come il Parlamento ”.

2.- La sentenza suindicata costituisce oggetto della domanda di riforma proposta, con l’appello in esame, dalla originaria parte ricorrente, mentre si oppongono al suo accoglimento l’AIFA – Agenzia Italiana del Farmaco, il Ministero della Salute, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, la Regione Siciliana – Assessorato della Salute e la Regione Emilia-Romagna.

Nelle more del giudizio, previa autorizzazione del Presidente della Sezione come da decreto n. 873 del 4 maggio 2022, la parte appellante ha proceduto alla integrazione del contraddittorio, mediante pubblici proclami, nei confronti dei controinteressati.

All’esito dell’odierna udienza di discussione, dopo lo scambio di ulteriori memorie tra le parti, l’appello è stato trattenuto dal Collegio per la decisione di merito.

3.- La prima – articolata – censura formulata con l’atto di appello si prefigge di portare nuovamente all’attenzione del giudice amministrativo la questione inerente al deficit di trasparenza – ed al conseguente asserito vulnus alla affidabilità dei dati utilizzati ed alla correttezza dei calcoli operati – del procedimento di ripiano, non essendo esposti negli atti impugnati, né aliunde , tutti i dati sui quali si fondano i conteggi che hanno condotto alla attribuzione delle quote di ripiano alle singole aziende farmaceutiche.

A dimostrazione dell’assunto, la parte appellante richiama la sentenza del T.A.R. per il Lazio n. 345 del 13 gennaio 2022 che, proprio sulla scorta di un errore commesso da AIFA nella determinazione del cd. pay back di prodotto concernente alcune specialità medicinali commercializzate dalla ricorrente A, la quale aveva potuto accorgersi dell’errore stesso perché concernente dati di cui ad essa sola era stata data la possibilità di conoscenza, ha accolto il ricorso da quella proposto.

Trattasi tuttavia, evidenzia la parte appellante, di dati che interessano tutte le aziende interessate dalla procedura collettiva in questione, in quanto si riflettono sulla quantificazione della spesa complessiva e, di riflesso, sulla determinazione della market share di ciascuna azienda coinvolta e della quota di ripiano ad essa imputabile.

Né – essa aggiunge - può essere condiviso quanto affermato dalla sentenza appellata in ordine alla necessità, al fine di acquisire i dati suindicati, di esperimento (in sede, eventualmente, anche processuale) del diritto di accesso ovvero all’aggravio procedimentale che l’invocata “ discovery anticipata ” imporrebbe all’Amministrazione, atteso che, da un lato, le aziende hanno interesse a conoscere ab initio i dati sulla base dei quali sono calcolate le quote di ripiano, dall’altro lato, si tratta di dati agevolmente ostensibili mediante pubblicazione, come fatto da AIFA con riguardo a quelli che ha reso accessibili sul front end .

Né – prosegue la parte appellante - la mancata ostensione dei dati potrebbe trovare fondamento nell’esigenza di riservatezza delle aziende cui essi si riferiscono, atteso che AIFA rende pubblici da sempre, negli atti che accompagnano le richieste di pay back indirizzate alle aziende farmaceutiche, una notevole serie di dati di spesa riguardanti molti singoli farmaci che sono coinvolti dalla manovra, come i dati di spesa relativa ai farmaci innovativi, innovativi oncologici e orfani, nell’ambito di specifici documenti allegati alle determinazioni di ripiano, compresi gli importi di pay back di prodotto che sono stati corrisposti dalle aziende (cfr allegati B1 e B2 alla determinazione n. 1313/2020).

Tornando alla citata sentenza del T.A.R. per il Lazio, la parte appellante deduce che la stessa ha posto in evidenza un errore metodologico dell’AIFA, la quale, nel calcolare l’ammontare complessivo della spesa farmaceutica per acquisti diretti, non ha tenuto conto del pay back versato dalle aziende relativamente ai farmaci commercializzati sia sul canale ospedaliero sia, sebbene in misura prevalente, su quello della convenzionata.

Deduce quindi la parte appellante che l’AIFA ha messo a disposizione delle aziende solamente: (i) quello che essa afferma essere il totale di spesa 2019 al lordo e al netto degli importi che la legge le impone di sottrarre (quindi gli importi riconducibili al payback 5%, ai payback legati ai tetti di prodotto, etc.: tabella 2 a pag. 7 della nota metodologica);
(ii) quello che essa afferma essere il totale di spesa 2019 relativo ai farmaci innovativi oncologici e ai farmaci innovativi non oncologici (si cfr. ancora la citata tabella 2) nonché quello che essa afferma essere il dettaglio della spesa riguardante i farmaci in questione, suddiviso per indicazioni innovative e indicazioni non innovative (allegati B1 e B2);
(iii) un elenco delle quote di ripiano a carico di ogni azienda titolare di AIC (l’Allegato A);
(iv) un file excel contenente, di volta in volta, i dati relativi ai soli farmaci da esse stesse commercializzati, ma non quelli riferiti alle altre aziende.

Essa deduce che, tuttavia, questi dati non sono sufficienti a consentire alle singole aziende di controllare compiutamente l’esattezza delle cifre indicate nella nota metodologica, né quella delle market shares calcolate dall’AIFA né, infine, quella degli importi rispettivamente posti a loro carico a titolo di ripiano, in quanto l’AIFA avrebbe dovuto mettere a disposizione di tutte le aziende: i) l’anagrafica e i dati di spesa relativi all’anno 2019 di tutti i singoli farmaci presi in considerazione ai fini della quantificazione e conseguente attribuzione degli oneri di ripiano;
ii) i dati risultanti dai registri di monitoraggio utilizzati al fine di discriminare la spesa riconducibile ad indicazioni orfane o innovative da quella riconducibile alle indicazioni “normali” in caso di farmaci che possiedano, contestualmente, indicazioni non orfane o non innovative ed altre orfane o innovative;
iii) la descrizione dettagliata del procedimento di calcolo seguito nella quantificazione dei totali di spesa per ognuna delle voci che vengono in rilievo ai fini dell’adozione dei provvedimenti impugnati.

In carenza di tali indicazioni, essa aggiunge, le aziende non hanno modo di verificare l’esattezza o meno ovvero la completezza dei dati delle altre aziende con riferimento alla giusta allocazione della spesa rilevante nel calcolo dello sfondamento del tetto e della quota di mercato ( market share ).

Allo stesso modo, essa lamenta, non sono verificabili le informazioni fornite in ordine a quanto riportato nella tabella presente a pag. 11 della nota metodologica, laddove le aziende farmaceutiche con una spesa inferiore ai 3 milioni di euro sarebbero 361, mentre quelle con un fatturato superiore ai 3 milioni sarebbero, invece, 133, non avendo l’AIFA pubblicato i dati di fatturato sulla cui base è giunta alle citate conclusioni.

Deduce ancora la parte appellante che, come è stato possibile verificare dall’esame dei pochi dati pubblici e di quelli che ogni azienda ha potuto singolarmente vedere, sono stati commessi errori anche per il ripiano 2019, i quali sono stati segnalati dalle aziende stesse, ma l’AIFA ha deciso di non procedere alla relativa correzione, determinando un ulteriore profilo di illegittimità dell’operato di AIFA che rileva non solo sotto il profilo del vizio di trasparenza dell’azione amministrativa, ma anche sotto l’aspetto dell’eccesso di potere per difetto di istruttoria ed erroneo accertamento dei fatti posti alla base del provvedimento.

3.1.- Il motivo, come innanzi complessivamente sintetizzato nelle sue molteplici sfaccettature critiche, non può essere accolto.

3.2.- La pretesa di instaurare un contraddittorio procedimentale generalizzato tra l’AIFA e tutte le aziende su tutti i dati, forniti da tutte le imprese farmaceutiche, è infondata non solo in quanto – come pure il Tribunale ha correttamente ritenuto – in tal modo si aspira a realizzare una vera e propria “ cogestione ” della spesa farmaceutica tra l’AIFA e le aziende di settore, non prevista dall’ordinamento settoriale e dalle leggi speciali applicabili – come del resto dalle norme generali in materia di partecipazione procedimentale dettate dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, che restano quelle cui fare riferimento anche nella specie in assenza di diverse indicazioni normative – e contraria al principio di efficienza dell’azione amministrativa, appesantendone notevolmente e inutilmente l’ iter istruttorio, ma anche e soprattutto in quanto non necessaria, per la corretta determinazione del pay back , e confliggente con le meritevoli esigenze di riservatezza delle altre aziende, per evidenti ragioni di tutela del segreto commerciale/industriale.

3.3.- In linea generale, non può ragionevolmente dubitarsi dell’idoneità dei dati e delle informazioni di dettaglio dei quali si lamenta la mancata condivisione, come ad esempio i dati del monitoraggio delle confezioni di prodotti immessi in commercio caricati nel sistema NSIS da ciascuna azienda, i documenti, le tabelle, i flussi dettagliati e i dati di monitoraggio relativi a certe categorie di farmaci, a rivelare informazioni commerciali riservate in un contesto di aziende fra loro concorrenti.

La stessa natura dei suddetti dati è, infatti, tale da renderne autoevidente l’afferenza agli interessi commerciali delle controinteressate perché quote, prezzi, quantità e condizioni delle attività commerciali sono per definizione, per non dire finanche intuitivamente, fattori che direttamente incidono sul mercato e sulla concorrenza.

Più nel dettaglio, poi, il livello di specificità della pubblicazione dei dati aziendali preteso dall’appellante è anche tale da disvelare il contenuto di singoli accordi negoziali conclusi dall’Agenzia con le varie aziende farmaceutiche, nei quali sono presenti clausole di riservatezza che non consentono di comunicare a terzi le informazioni contenute in tali accordi.

La giurisprudenza di questo Consiglio – v., ex plurimis , Cons. St., sez. III, 17 marzo 2017, n. 1213, e, più di recente e in senso conforme, Cons. St., sez. III, 31 dicembre 2020, n. 8543 – ritiene legittimo il diniego di accesso all’accordo sulla rimborsabilità e il prezzo relativo ad un farmaco stipulato tra l’industria produttrice e l’AIFA quando è prevista una clausola di riservatezza.

La pattuizione di sconti “confidenziali” e, cioè, coperti da apposite clausole di riservatezza rappresenta non solo un dato riservato in quanto afferente interessi commerciali delle aziende coinvolte, ma anche un cruciale strumento di interesse pubblico, in grado di realizzare un risparmio di spesa per il pagatore pubblico.

Anche questo Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1213 del 17 marzo 2017, ha ritenuto che la riservatezza degli esiti della negoziazione del prezzo del medicinale è utile sia al pubblico pagatore, per “ l’ottenimento di risparmi ” (consentendo al negoziatore pubblico di « tenere celati i risultati economici raggiunti nella negoziazione – che ovviamente rimangono sempre utilizzabili quale parametro interno – e di “spuntare” tutti gli sconti che il produttore sia oggettivamente e soggettivamente in grado di concedere in base ai suoi costi ed alle sue aspettative di profitto »), sia alle aziende, al fine di soddisfare proprio l’esigenza « di riservatezza […] in ordine all’interesse commerciale » delle stesse.

3.4.- L’appellante sovrappone i diversi piani degli obblighi partecipativi incombenti alla pubblica amministrazione nel momento della formazione dei provvedimenti di ripiano, laddove non può predicarsi l’esistenza di un obbligo di informazione e/o comunicazione generalizzata del tipo di quello proposto dalla appellante, e dell’eventuale ostensione dei dati e calcoli che l’AIFA abbia impiegato per giungere alla determinazione del dato complessivo della spesa farmaceutica per acquisti ospedalieri o diretti nonché delle quote di mercato di ciascuna impresa, che può avvenire ex post e non è presupposto di legittimità delle delibere impugnate, ma soltanto strumentale, come sempre in tema di accesso documentale (v., sul punto, quanto ha precisato l’Adunanza plenaria nella sentenza n. 10 del 10 aprile 2020), a far emergere eventuali errori o illegittimità e farli valere nelle sedi opportune.

Non a caso la citata sentenza n. 1213 del 2017 di questa Sezione, in cui è stato affrontato il tema degli accordi di sconto assistiti da clausole di riservatezza, è stata resa in un giudizio in materia di accesso.

3.5.- D’altro canto, si deve qui aggiungere, la censura pecca di astrattezza e di apriorismo quando assume che vi sarebbero errori e imprecisioni nei calcoli dell’AIFA, prendendo a spunto il solo caso del ricorso proposto da A, ma poi – anche volendo prescindere dal rilievo che il meccanismo propugnato dall’appellante non ha fondamento normativo ed è praeter legem – tralascia di offrire qualsivoglia considerazione, sia quanto all’ an che al quomodo , in ordine al fatto che la conoscenza generalizzata dei dati in sede procedimentale fungerebbe da miglior correttivo rispetto ad eventuali errori o imprecisioni.

Proprio il caso di A, al contrario, dimostra che è solo la ditta interessata – e non altri – a disporre di conoscenze e dati, provenienti in prima battuta da essa stessa, che le consentono di capire, tutelandosi in sede amministrativa e poi giurisdizionale, se e come l’AIFA abbia correttamente determinato il pay back , mentre da questo caso non emerge affatto né logicamente consegue che un controllo incrociato o generalizzato da parte di tutti gli operatori su tutti i dati porterebbe ad un miglior risultato.

L’argomento dell’appellante, come suole dirsi, prova dunque troppo perché la condivisione dei dati attuata dall’AIFA (individuali propri ed aggregati) è quella che meglio realizza il bilanciamento degli interessi coinvolti, tenuto conto di quanto esposto sopra in merito alle esigenze di riservatezza altrui e, al tempo stesso, ciascuna azienda è messa in grado di controllare l’esattezza dei propri dati, così garantendo una forma di controllo “ diffuso ”.

3.6.- Sandoz non è riuscita a dimostrare in nessun modo che il modulo procedimentale da essa auspicato, con l’accoglimento del motivo in esame, garantirebbe un miglior risultato in termini di efficienza del risultato, quand’anche tale modulo in ipotesi, contravvenendo al principio di stretta legalità vigente in materia amministrativa, si volesse sostituire a quello, corretto e razionale, unicamente congegnato dal legislatore e correttamente dunque la sentenza impugnata ha rilevato nel § 1.1., in ordine agli obblighi partecipativi incombenti su AIFA, che « i ricorrenti non chiedono tanto di partecipare quanto piuttosto di coamministrare o comunque di cogestire, che è ben altro rispetto al pur sostanzioso apporto procedimentale », secondo un ipotizzato schema che il primo giudice definisce, efficacemente, come un “ affiancamento gestionale ” di AIFA, del tutto estraneo alle finalità che l’apporto partecipativo riveste nella stessa filosofia di fondo sottesa alla l. n. 241 del 1990.

3.7.- Il tema del bilanciamento tra esigenze di informazione degli operatori interessati ed esigenze di tutela del segreto commerciale, sul quale l’appellante insiste per dimostrare che non vi sarebbe un contrario o prevalente interesse alla riservatezza, può porsi in sede di accesso documentale, ai sensi degli artt. 22 e ss. della l. n. 241 del 1990, ma è del tutto inconferente laddove si lamenti l’illegittimità dei provvedimenti de quibus con il conseguente onere di chi ricorre di fornire quantomeno un principio di prova della loro illegittimità.

Orbene, nel caso di specie l’odierna appellante non solo non ha mai esercitato il diritto di accesso ai documenti, neanche in sede processuale con lo strumento di cui all’articolo 116, comma 2, c.p.a., ma articola le proprie doglianze in via ipotetica ed “esplorativa”, senza indicare, come si è detto, i vizi o errori che sarebbero presenti nelle delibere impugnate, sicché va immune da censura la conclusione del primo giudice secondo cui la pretesa di dilatare oltre misura la partecipazione procedimentale, rispetto a quella imposta alla p.a. dalla legge, sarebbe un ulteriore sintomo del più generale desiderio delle imprese farmaceutiche di ottenere in questo settore una vera e propria “ co-amministrazione ”.

Ove si consideri la particolare posizione che queste ultime occupano nel settore, in quanto « sono i soggetti della filiera che concorrono direttamente a determinare il prezzo (“contrattato”) dei farmaci rimborsabili […] , conoscendone e indicandone i fattori rilevanti (rapporto costo-efficacia, domanda, prezzi di altri medicinali) », e in quanto sono « essi anche a poter incidere significativamente sulla variabile della domanda, essendo in grado di incrementarne il volume attraverso la promozione e la diffusione » (così, a chiare lettere, Corte cost., 7 luglio 2006, n. 279), non va nemmeno da ultimo, e non per ultimo, sottaciuto il rischio che una simile “ co-amministrazione ”, con la conoscenza preventiva, generalizzata e ingiustificata di tutti dati da parte di tutti i produttori dei farmaci, potrebbe condurre alla formazione di potenti cartelli, tra le imprese farmaceutiche, o comunque favorire indirettamente la formazione di intese anticoncorrenziali illecite per influenzare pesantemente l’offerta dei farmaci e condizionare non solo la negoziazione dei prezzi per i farmaci rimborsabili dal S.S.N., ma le stesse procedure di acquisto dei farmaci destinati alla distribuzione diretta, con grave nocumento al diritto della salute (art. 32 Cost.), quale interesse della collettività declinato anche – se non soprattutto – in un settore delicato, come quello dei farmaci, alla distribuzione, il più possibile efficiente e capillare, di medicinali sovente particolarmente costosi, ma necessari a salvaguardare la vita e la salute di tutti o, comunque, del maggior numero dei cittadini, a cominciare da quelli meno abbienti, soprattutto nella fase dell’assistenza ospedaliera o post-ospedaliera pubblica.

3.8.- Inammissibili sono invece le deduzioni con le quali viene lamentato che AIFA non avrebbe proceduto all’accoglimento delle osservazioni formulate dalle aziende, assumendo che tale rifiuto integrerebbe un autonomo vizio del provvedimento impugnato, non essendo specificato il contenuto delle osservazioni non accolte – le quali evidentemente non potrebbero che essere quelle stesse della parte appellante, non essendo essa legittimata a lamentare il mancato accoglimento di osservazioni che non promanino dalla stessa – ai fini della valutazione della loro incidenza sulla legittimità del provvedimento conclusivo.

3.9.- Quanto invece alla lamentata mancata esposizione del procedimento di calcolo seguito nella quantificazione dei totali di spesa per ognuna delle voci che vengono in rilievo ai fini dell’adozione dei provvedimenti impugnati, la parte appellante non formula alcuna specifica allegazione al fine di dimostrare l’insufficienza, a tal fine, della nota metodologica allegata alla determina impugnata, recante appunto i criteri di calcolo seguiti ai fini della determinazione della spesa complessiva, delle market shares e delle quote di ripiano spettanti a ciascuna azienda.

4.- Evidenzia quindi la parte appellante, nel seguito dell’appello, che l’AIFA ha affermato a pag. 4 della determinazione n. 1313/2020 che alcune delle osservazioni presentate dalle aziende in sede procedimentale erano volte proprio ad ottenere la rettifica dei dati di spesa presenti nella banca dati del N.S.I.S. esposti dall’AIFA, ma che la stessa ha rifiutato di procedere alla relativa correzione sulla base dell’erronea affermazione secondo cui ciò esulerebbe dalle sue competenze alla luce di quanto disposto dall’art. 3- bis d.m. 15 luglio 2004, dovendo da ciò desumersi che i dati sulla cui base sono stati infine quantificate la spesa farmaceutica per gli acquisti diretti per l’anno 2019, le market shares e le quote di ripiano a carico delle aziende siano errati, visto che le aziende volevano farli correggere e l’AIFA ha negato la richiesta.

Inoltre, essa deduce, sarebbe errata la tesi del T.A.R. secondo cui la censura, sviluppata solo come mero diritto di rettifica, fosse generica, non avendo la ricorrente indicato quali dati avrebbe chiesto di rettificare e soprattutto in quale momento: replica sul punto la parte appellante che essa ha invece dettagliato le ragioni di merito della censura, evidenziando di aver fatto presente all’AIFA nel corso del procedimento di ripiano che aveva chiesto al N.S.I.S. del Ministero della Salute la correzione dei propri dati.

In particolare essa, dopo aver segnalato all’Ufficio HTA dell’AIFA l’errore dei dati spesa del 2019 tramite pec del 14 settembre 2020, aveva richiesto l’apertura del flusso delle eccezioni per la correzione dei valori con pec del 21 settembre 2020 inviata direttamente al competente Ministero della Salute, il quale aveva confermato l’apertura del flusso delle eccezioni con email del 28 settembre 2020, indicando la possibilità di trasmissione dei nuovi dati dal 29 settembre 2020 fino al 15 ottobre 2020.

La ricorrente, quindi, aveva comunicato all’Ufficio HTA dell’AIFA con pec del 2 novembre 2020, e quindi ancor prima della conclusione del procedimento di ripiano, di aver provveduto alla correzione dei valori di spesa presso il Ministero della Salute, precisando che tale rettifica comportava una riduzione totale della propria spesa 2019 pari a € 3.098.896, ma l’AIFA non ne aveva tenuto conto nell’adozione della determinazione conclusiva.

Né, aggiunge la parte appellante, sarebbero pertinenti le motivazioni dell’Avvocatura dello Stato, perché non viene in rilievo l’asserita incompetenza dell’AIFA a effettuare rettifiche off line dei valori di spesa, atteso che essa ha operato le rettifiche nell’ambito del sistema N.S.I.S., in quanto autorizzata dal Ministero della Salute, mentre i valori esposti nei files pubblicati da AIFA definitivamente a dicembre 2020 sono rimasti quelli stessi errati pubblicati provvisoriamente il 30 luglio 2020, nonostante l’avvenuta correzione di detti dati.

4.1.- Il motivo non può essere accolto.

4.1.1.- La questione controversa attiene alla determinazione del dies ad quem fino al quale le aziende farmaceutiche possono procedere alla rettifica/integrazione dei dati comunicati al N.S.I.S. ed inerenti alla vendita dei farmaci, i quali costituiscono la base conoscitiva che l’AIFA utilizza ai fini della determinazione della spesa complessiva e quindi, nell’ipotesi di superamento del relativo tetto (individuato dal legislatore in funzione del canale – di acquisto diretto da parte del SSN o di distribuzione mediante le farmacie convenzionate - di movimentazione dei farmaci), della determinazione della quota di mercato di ciascuna azienda farmaceutica e del concorso che la stessa dovrà dare, proporzionalmente ad essa, al ripiano dell’ammontare dello sfondamento complessivo.

4.1.2.- Il T.A.R., con le sentenze nn. 13180, 13181 e 13192 del 20 dicembre 2021, costituenti oggetto di autonomi giudizi di appello, ha ritenuto di individuare il corretto punto di equilibrio tra il diritto alla correzione dei dati trasmessi alla banca dati detenuta dal Ministero della Salute, tendenzialmente illimitato da un punto di vista temporale alla stregua della disciplina recata dal d.m. 15 luglio 2004, come modificato dal d.m. 11 maggio 2018, e la necessità per l’Amministrazione di disporre di dati consolidati e non più modificabili al fine di procedere agli adempimenti prescritti in vista della determinazione degli oneri di ripiano, in chiave sostanzialmente integrativa del (lacunoso) disposto normativo, fissando il suddetto termine alla data del 30 aprile (31 luglio per l’anno 2019) dell’anno successivo a quello oggetto di verifica (dell’eventuale superamento del tetto di spesa), “ entro il quale la PA procede alla fissazione dell’ammontare complessivo della spesa farmaceutica, onde poi procedere alla sua ripartizione tra le aziende di settore ”.

4.1.3.- Deve preliminarmente osservarsi, ai fini dell’inquadramento normativo e sistematico della fattispecie, che, ai sensi dell’art. 1, comma 583, l. 30 dicembre 2018, n. 145 (Legge di bilancio per l’anno finanziario 2019), nella formulazione vigente ratione temporis , “ fino al 31 dicembre 2021, l’AIFA, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, ai fini del monitoraggio complessivo della spesa farmaceutica per acquisti diretti si avvale dei dati presenti nel Nuovo sistema informativo sanitario, di cui al decreto del Ministro della salute 15 luglio 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 2 del 4 gennaio 2005. L’AIFA, inoltre, fino alla medesima data del 31 dicembre 2021, rileva il fatturato di cui al comma 578 sulla base dei dati di cui al citato Nuovo sistema informativo sanitario, riscontrati mensilmente e validati per via telematica dalle aziende farmaceutiche titolari di AIC ”.

4.1.4.- La “ banca dati centrale finalizzata a monitorare le confezioni dei medicinali all’interno del sistema distributivo ” (cfr. la titolazione del d.m. 15 luglio 2004), istituita presso l’AIFA (come recita il titolo del d.m., sebbene, sulla scorta delle relative disposizioni regolatrici, la stessa debba ritenersi invece incardinata presso il Ministero della Salute, cui l’art. 1, comma 1, del medesimo d.m. affida “ la realizzazione e la gestione ” della medesima banca), viene alimentata con i dati relativi “ ai movimenti di entrata ed uscita delle confezioni medicinali ” (art. 2, comma 1, d.m. 15 luglio 2004) e alla stessa “ i produttori, depositari e grossisti dei prodotti medicinali che forniscono le strutture sanitarie del Servizio sanitario nazionale o private accreditate, con esclusione delle farmacie aperte al pubblico, devono altresì comunicare (…) il valore di fornitura per categoria terapeutica omogenea dei medicinali e inoltre il numero di Defined Daily Doses (DDD) fornite ” (art. 3, comma 4, d.m. cit.).

Alla stessa banca dati, ai sensi dell’art. 4, comma 1- bis , inserito dall’art. 1, comma 1, lett. b ), d.m. 11 maggio 2018, è consentito all’AIFA di avere “ accesso completo ” (…) “ per le elaborazioni finalizzate al monitoraggio della spesa farmaceutica e per il calcolo del ripiano dell’eventuale superamento del tetto della medesima spesa farmaceutica a carico di ogni singola azienda farmaceutica ” (cfr. anche art. 21, comma 22, d.l. 24 giugno 2016, n. 113, conv. in l. 7 agosto 2016, n. 160, secondo cui “ a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, l’Agenzia italiana del farmaco, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, ha accesso diretto ai flussi informativi di monitoraggio dell’assistenza farmaceutica del Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS), secondo modalità da concordare con il Ministero della salute ”).

4.1.5.- La necessità di disporre di dati affidabili, ai fini del corretto assolvimento da parte dell’AIFA dei suoi compiti di monitoraggio della spesa farmaceutica secondo criteri di efficienza, attendibilità e tempestività, anche in vista dell’applicazione del meccanismo di ripiano dello sforamento eventualmente registrato nell’anno considerato, trova riscontro nelle disposizioni con le quali, da un lato, si prevedono gli strumenti per assicurare la correttezza dei dati immessi nel sistema informativo, dall’altro lato, si fissano – con evidente finalità sollecitatoria - i termini entro i quali tali strumenti – ed in particolare la facoltà modificatrice/integrativa delle aziende, principali responsabili della immissione dei dati nella banca dati – possono essere utilizzati senza incorrere in sanzioni: ai sensi dell’art. 3- bis , comma 1, primo periodo d.m. 15 luglio 2004, inserito dall’art. 1, comma 1, lett. a ), d.m. 11 maggio 2018, infatti, “ i dati già comunicati alla banca dati centrale possono essere rettificati ovvero integrati dai soggetti di cui all’art. 3, comma 4, entro i due mesi successivi a quello di riferimento degli stessi ”, mentre, secondo il successivo periodo, “ le rettifiche e le integrazioni richieste successivamente al termine di cui al precedente periodo comportano l’applicazione delle sanzioni previste dall’art.

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