Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2012-04-13, n. 201202103

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2012-04-13, n. 201202103
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201202103
Data del deposito : 13 aprile 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 07552/2011 REG.RIC.

N. 02103/2012REG.PROV.COLL.

N. 07552/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7552 del 2011, proposto da:
Promin - Produzione Materiali Inerti Industriali Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. L R, con domicilio eletto presso Renato Pedicini in Roma, via F. D'Ovidio, 83;

contro

Regione Campania, in persona del Presidete pro tempore della Giunta Reginale, rappresentato e difeso dall'Avv. L B, domiciliata per legge in Roma, via Poli N.29;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE IV n. 02677/2011, resa tra le parti, concernente SOSPENSIONE DELL'ATTIVITA' DI LAVORAZIONE INERTI, SVOLTA ALL'INTERNO DI UNA CAVA DISMESSA SITA IN PIETRAVAIRANO, CONTRADA S.PIETRO E RIPRISTINO DELLO STATO DEI LUOGHI


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Campania;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 febbraio 2012 il Cons. Francesco Caringella e uditi per le parti gli avvocati Ricciardelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il presente giudizio trae origine dall’impugnazione del provvedimento n. 39 del 16 aprile 2010 con il quale il Settore Genio civile di Caserta ha disposto la cessazione dell’attività di frantumazione di materiale calcareo svolta all’interno della cava dismessa ubicata in contrada S. Pietro di Pietravairano.

Con la sentenza appellata il Tribunale ha respinto il ricorso proposto dalla società avverso detto provvedimento.

L’appellante contesta gli argomenti posti a fondamento del decisum.

Resiste la Regione Campania.

Lee parti hanno depositato apposite memorie a sostegno delle rispettive tesi difensive.

All’udienza del 28 febbraio 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.

2.. L’appello è fondato.

Il Tribunale ha posto a fondamento del decisum di reiezione una parabola motivazionale che, muovendo dalla premessa della qualificazione dei macchinari utilizzati per la frantumazione quali pertinenza della cava ai sensi dell’art. 5 L.R. 54\1985, perviene al corollario dell’automatica cessazione dell’utilizzo di tali pertinenze all’atto della dimissione della cava.

La Sezione non reputa meritevole di condivisione la premessa che sorregge la statuizione gravata.

La tesi secondo cui l’impianto di macinazione sarebbe di pertinenza dell’area di cava è, infatti, contraddetta, in prima battuta, dalla diversità della relativa ubicazione. Dalla documentazione in atti si ricava, al riguardo, che l’impianto insiste, oltre che su una porzione della particella 39 del fol. n. 1, sulla particella n. 5001 del fol. 1, fuori del perimetro di cava. Ne deriva che, proprio sulla scorta del ragionamento svolto dal Tribunale in merito alla rilevanza centrale assunta dal profilo dell’ubicazione ai fini della qualificazione dell’impianto alla stregua di pertinenza, si deve approdare alla conclusione della autonomia del frantoio di che trattasi.

Si deve soggiungere che la tesi in esame è suffragata dall’autonomia del titolo autorizzatorio di cui alla concessione edilizia n. 35 del 28.12.1995, dal dato cronologico dell’attivazione dell’impianto in epoca successiva alla cessazione della coltivazione della cava e dal dato pacifico della provenienza della materia prima lavorata da giacimenti esterni alla cava di che trattasi.

In definitiva, l’esame congiunto dei profili di autonomia esposti, sul piano dell’ubicazione, del titolo autorizzatorio, del momento di attivazione e della provenienza del materiale lavorato, consente di condividere l’assunto centrale dell’appello, volto a confutare la qualificazione dell’impianto in termini di pertinenza e le correttezza dell’ordine di dismissione in via consequenziale impartito con l’atto amministrativo impugnato in prime cure.

Si deve in ogni osservare che a sostegno della ricostruzione dell’appellante assume, in ogni caso, valore decisivo il disposto del comma 3 dell’art. 19 della LR. Campania n. 54/1985, come sostituito dall’art. 15 della L. R. Campania n. 17/1995, ove si stabilisce che anche dopo la cessazione dell’attività autorizzata di cava è “ fatta salva la facoltà di una diversa utilizzazione consentita dagli strumenti urbanistici vigenti ”. Ne deriva che le vicende estintive che riguardano l’attività di cava non pregiudicano l’utilizzazione degli impianti funzionali alla coltivazione ove questi non siano in contrasto con la normativa urbanistica vigente. Nel caso di specie quindi, l’esaurimento della cava non è idoneo a determinare la dismissione di un impianto che si appalesa, alla stregua del titolo edilizio intervenuto, compatibile con la normativa urbanistica.

Si deve, infine, osservare che risulta inammissibile l’integrazione postuma della motivazione incentrata sull’asserita impossibilità di procedere alla ricomposizione ambientale del sito estrattivo, ex art. 9 della L.R. Campania n. 47/1985, senza la previa rimozione dell’impianto di che trattasi.

4.L’appello deve, in definitiva, essere accolto.

La particolarità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese dei due gradi di giudizio.

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