Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-02-29, n. 201600815
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Testo completo
N. 00815/2016REG.PROV.COLL.
N. 04342/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4342 del 2013, proposto da:
M P, rappresentato e difeso dall'avv. F B, con domicilio eletto presso F B in Roma, Piazzale Clodio, 56;
contro
Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura gen. dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
M S, A S;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. ABRUZZO - L'AQUILA: SEZIONE I n. 00770/2012, resa tra le parti, concernente concorso interno per titoli ed esami a 500 posti di ispettori del corpo di polizia penitenziaria
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 ottobre 2015 il Cons. O F e uditi per le parti gli avvocati Avvocato dello Stato Fabrizio Fedeli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con l’appello in esame, il sig. Pignatelli impugna la sentenza 10 novembre 2012 n.770, con la quale il TAR Abruzzo, sez. I, ha respinto il suo ricorso proposto avverso i decreti del Direttore Generale del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, aventi ad oggetto l’assegnazione della sede di servizio (ed in particolare, il decreto 17 luglio 2007, con il quale si disponeva la sua assegnazione presso la Casa circondariale di Busto Arsizio).
L’attuale appellante – già in servizio quale assistente presso la Casa circondariale de L’Aquila - aveva, a suo tempo, partecipato ad un concorso interno a 500 posti di ispettore del Corpo di Polizia penitenziaria, venendo in conseguenza assegnato ad una sede di servizio diversa da quella ricoperta in precedenza.
La sentenza impugnata afferma, in particolare:
- “il mero ritardo con il quale l’amministrazione ha proceduto all’assegnazione delle sedi di servizio ai vincitori di concorso non costituisce un vizio di legittimità della procedura concorsuale”;
- in sede di concreta assegnazione dei vincitori, “l’interesse pubblico alla razionale distribuzione delle risorse del personale non può non prevalere sull’interesse del singolo a conseguire una determinata sede di servizio”, e, nel determinare le sedi, l’amministrazione non può non tener conto “delle circostanze fattuali medio tempore intervenute”;
- la decisione dell’amministrazione di far permanere presso la propria sede di servizio 23 unità di personale operanti presso il dipartimento della Giustizia Minorile, risponde a oggettive esigenze organizzative, tenuto conto delle specifiche competenze, della razionalizzazione delle risorse personali e finanziarie, della riduzione dei costi;così come la decisione di far permanere nella propria sede di servizio il personale beneficiario della l. n. 104/1992, risponde a quanto previsto da detta legge.
Avverso tale decisione vengono proposti i seguenti motivi di appello:
a) violazione l. n. 241/1990 e D.M. 448/1997;eccesso di potere per manifesta ingiustizia;poiché “l’assegnazione alle sedi di servizio, disposta a distanza di oltre un anno dalla nomina, deve ritenersi illegittima proprio perché disposta oltre ogni limite temporale accettabile”, né l’amministrazione ha fornito “alcuna giustificazione a tale eccessivo ritardo”;inoltre, non si spiega perché l’amministrazione non abbia disposto l’assegnazione alle sedi indicate nel bando “seguendo l’ordine della graduatoria al momento del conseguimento della nomina”;
b) violazione art. 3 l. n. 241/1990 e art. 8 d. lgs. n. 444/1992;difetto di istruttoria;ciò in quanto la modifica dell’elenco delle sedi da assegnare ai nuovi Vice ispettori è stata attuata attraverso “un semplice provvedimento amministrativo, gerarchicamente inferiore al P.C.D.” (provvedimento capo dipartimento), di adozione del bando, né vi è motivazione sulla disposta modifica;
c) eccesso di potere per sviamento;manifesta ingiustizia;violazione del DPR n. 487/1984, poiché l’amministrazione ha “inopinatamente cambiato il suo modus operandi mutando in sostanza le regole da seguire nell’assegnazione delle sedi indicate dal bando di concorso”, consentendo di rimanere nella propria sede di servizio ai concorrenti titolari dei benefici ex l. n. 104/1992 ed a 23 unità operanti nell’ambito del Dipartimento della Giustizia Minorile;
d) eccesso di potere per manifesta ingiustizia e disparità di trattamento, “in riferimento alla precedente procedura concorsuale interna . . . al termine della quale l’amministrazione nel provvedimento di assegnazione consentiva ai neo vincitori di poter rinunciare al grado e rimanere nella stessa sede di servizio qualora la sede assegnata non fosse gradita”.
Si è costituito in giudizio il Ministero della Giustizia, concludendo per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.
All’udienza di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.
DIRITTO
2. L’appello è infondato e deve essere, pertanto, rigettato, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
In sostanza, l’appellante –constatato di dover lasciare la propria sede di servizio per effetto del superamento di un concorso interno ed il conseguimento della qualifica di Vice Ispettore nel Corpo della Polizia penitenziaria - già con il ricorso instaurativo del giudizio di I grado ha proposto una pluralità di doglianze, che riproduce nel presente grado di appello, presupponendo l’error in iudicando nel quale sarebbe incorsa la sentenza impugnata.
Orbene, il Collegio rileva che l’eventuale, tardiva assegnazione delle sedi di servizio ai vincitori di un concorso rispetto alla data di conclusione del medesimo, in disparte ogni considerazione sulle ragioni che hanno determinato tale ritardo, non costituisce ex se vizio di legittimità del provvedimento di assegnazione, né essendo prevista alcuna decadenza dal potere di provvedere.
In sede di concreta assegnazione, inoltre, è del tutto evidente che l’amministrazione, dovendo considerare l’interesse pubblico alla razionale distribuzione del personale tra le diverse sedi di servizio, ben può procedere alla modifica e/o integrazione delle sedi in precedenza eventualmente indicate.
Ed infatti, a fronte dell’interesse pubblico coerente con il principio di buon andamento amministrativo, non sussistono posizioni giuridicamente tutelate ad ottenere, a seguito del superamento di un concorso, una determinata sede di servizio, dovendosi altresì intendere l’elencazione delle sedi eventualmente fatta dall’amministrazione con il bando di concorso meramente indicativa, e certamente modificabile in considerazione di fatti sopravvenuti o di una diversa valutazione delle esigenze organizzative.
Quanto alla “priorità” nella scelta secondo l’ordine di graduatoria, il Collegio (prescindendosi dalla genericità del motivo, non avendo il ricorrente indicato una concreta sede di servizio che avrebbe potuto ottenere per effetto dell’attuazione di tale criterio) rileva che tale criterio non risulta vincolante, soprattutto nel caso di un concorso interno, ben potendo l’amministrazione (come peraltro avvenuto nel caso di specie) procedere ad una verifica delle preferenze dei dipendenti già in servizio, e ciò al fine di conciliare le esigenze organizzative con quelle personali del dipendente.
Per le ragioni esposte, devono essere ritenuti infondati i primi due motivi di appello.
Quanto al terzo motivo, il Collegio ne rileva l’infondatezza, posto che – in ciò condividendo quanto affermato dalla sentenza impugnata – risulta assistita da evidente ragionevolezza la scelta effettuata dall’amministrazione di far permanere nella sede di servizio coloro che operavano nell’ambito della Giustizia Minorile, attesa la particolarità delle competenze occorrenti in tale settore. Così come è del tutto ragionevole e aderente a precisi obblighi di legge la considerazione della titolarità di benefici ex l. n. n. 104/1992 in capo a taluni vincitori di concorso. Né, peraltro, il ricorrente lamenta il difetto di posti coerenti con la qualifica conseguita presso le singole sedi di servizio assegnate a tali soggetti.
Anche il quarto (ed ultimo) motivo di appello risulta infondato, poiché per un verso, non sussiste vizio di legittimità per disparità di previsioni tra diversi bandi di concorso (ferma, ovviamente, la coerenza di ciascuno di essi con la normativa primaria e secondaria);per altro verso, è sempre sussistente il diritto del vincitore di concorso di rinunciare agli effetti della procedura positivamente conclusasi, senza che ciò debba essere esplicitamente previsto dal bando di concorso.
3. Per le ragioni esposte, l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante;ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione del giudizio di tipo diverso dalla presente.
Sussistono tuttavia, in considerazione della peculiarità della questione trattata, giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.