Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-09-10, n. 202407504

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-09-10, n. 202407504
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202407504
Data del deposito : 10 settembre 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/09/2024

N. 07504/2024REG.PROV.COLL.

N. 06392/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6392 del 2023, proposto da
Agea - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura e Ader - Agenzia delle Entrate Riscossione, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;



contro

L Z, in proprio e quale titolare dell’omonima azienda agricola, rappresentato e difeso dagli avvocati M A e M G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna, Sezione staccata di Parma, n. 13 del 16 gennaio 2023.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del sig. L Z;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 20 giugno 2024, il Cons. R C e udite per le parti gli l’avvocata dello Stato Lorenza Vignato e l’avvocato Angela Palmisano, in sostituzione dell’avvocata M A;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. Il TAR per l’Emilia Romagna, Sezione staccata di Parma, Sezione Prima, con la sentenza n. 13 del 16 gennaio 2023, ha accolto la domanda proposta dal sig. L Z, in proprio e nella qualità di titolare dell’omonima azienda agricola, di annullamento della cartella, ricevuta dal ricorrente in data 21 settembre 2021, con cui è stato richiesto il pagamento di € 8.141,28 a titolo di prelievo supplementare per la campagna 1995/1996; con la detta sentenza è stata altresì respinta la domanda risarcitoria.

L’AGEA – Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura e l’ADER – Agenzia Entrate Riscossione, avverso la citata sentenza, hanno interposto il presente appello, articolando i seguenti motivi:

Istanza di ammissione prova documentale nuova ex art. 104 c.p.a. – Sussistenza di atti inoppugnabili a monte della cartella oggetto del presente giudizio e, di riflesso, erroneità in diritto della sentenza di primo grado per avere il Tar ritenuto (implicitamente ma univocamente) che il (supposto) vizio di violazione del diritto dell’UE rileverebbe come nullità, rilevabile ex officio in ogni tempo, e non invece come mera annullabilità (che non può essere più fatta valere se non tempestivamente dedotta a mezzo di specifico motivo di impugnazione avverso il provvedimento che è inficiato da tale vizio).

La cartella di pagamento è fisiologicamente un atto a valle rispetto a diversi, ulteriori atti che portano a conoscenza del debitore una pretesa creditoria dell’Amministrazione pubblica.

Il Tar ha annullato la cartella sul rilievo che la stessa sarebbe in contrasto con il diritto dell’Unione e, in particolare, perché la pretesa creditoria per come calcolata nella cartella sarebbe la concretizzazione di una normativa domestica irrispettosa del diritto dell’UE.

La tesi del giudice di primo grado non sarebbe corretta in diritto, in quanto, per consolidata giurisprudenza, sia amministrativa sia civile, il provvedimento che viola il diritto UE non sarebbe nullo, ma semplicemente annullabile, per cui, se non tempestivamente impugnato, il provvedimento si consolida ed il vizio non può più essere fatto valere, atteso che doveva essere fatto valere contro gli atti “a monte”.

Nel caso di specie, non sarebbe corretto discorrere di disapplicazione imposta dal diritto UE perché la disapplicazione riguarderebbe le norme domestiche irrispettose di una norma unionale direttamente applicabile, mentre si è in presenza di provvedimenti in ipotesi violativi del diritto UE.

Le appellanti hanno insistito per l’ammissibilità della produzione documentale ai sensi dell’art. 104 c.p.a., in quanto indispensabili ai fini della decisione della causa.

2. Il sig. L Z ha analiticamente controdedotto, concludendo per il rigetto dell’appello e, comunque, per la conferma della sentenza di primo grado.

Inoltre, si è opposto all’istanza di ammissione di “nuovi documenti” formulata dall’appellante ai sensi dell’art. 104 c.p.a.

La parte appellata ha altresì riproposto i plurimi motivi di ricorso assorbiti dal Tar.

3. Con sentenza non definitiva n. 1319 del 9 febbraio 2024, questa Sezione ha così provveduto:

- ha accolto l’appello e, per la trattazione dei motivi riproposti dalla parte appellata, ha fissato l’udienza pubblica del 20 giugno 2024;

- ha disposto che l’Agea depositi in giudizio la relazione di cui in motivazione entro sessanta giorni dalla comunicazione o notificazione della sentenza non definitiva.

La decisione è stata assunta in ragione della seguente motivazione:

“4. In limine, occorre rilevare che, ai sensi dell’art. 104, comma 2, c.p.a., è preclusa la produzione in appello di «nuovi documenti, salvo che il collegio li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa, ovvero che la parte dimostri di non avere potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile».

Il Collegio - in disparte la considerazione che l’art. 104 c.p.a. sembra riferirsi al ricorrente che, soccombente in primo grado, propone appello, il quale non può ampliare il thema decidendum del giudizio dallo stesso instaurato, piuttosto che all’amministrazione appellante, la quale potrebbe non essere costituita in primo grado, se non nel caso in cui quest’ultima abbia già proposto in primo grado un’eccezione non rilevabile d’ufficio senza produrre un adeguato corredo probatorio – condivide l’orientamento giurisprudenziale ampiamente prevalente, secondo cui la citata norma detta criteri alternativi e non cumulativi, destinati a essere analizzati separatamente, nel riferirsi all’ammissibilità di “nuovi documenti” (cfr. ex multis: Cons. Stato, VI, 2 gennaio 2024, n. 64; Cons. Stato, V, 13 settembre 2023, n. 8301; Cons. Stato, VI 9 giugno 2023, n. 5670).

Di talché, la produzione di nuovi documenti nel processo amministrativo è ammissibile in due ipotesi alternative: a) la loro indispensabilità ai fini della decisione della causa; b) la impossibilità di produzione nel giudizio di primo grado per causa non imputabile.

D’altra parte, “ovvero” è una forma rinforzata della congiunzione disgiuntiva semplice “o”, con lo stesso valore di “oppure”, sicché anche da un punto lessicale, nessun dubbio può sorgere sulla corretta esegesi della norma.

In definitiva, la norma de qua, a differenza del gemello del codice civile, permette l’ingresso nel grado di appello anche di documenti che non siano nuovi in senso stretto, in quanto materialmente sopravvenuti, e anche al di là del caso in cui la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile, purché si tratti di documenti “indispensabili ai fini della decisione della causa”.

Ne consegue che, ove si rivelassero indispensabili, la produzione documentale di Agea depositata in appello sarebbe ammissibile.

5. L’appello proposto da AGEA ed ADER è fondato e va di conseguenza accolto.

5.1. Il giudice di primo grado ha motivato la propria decisione con riferimento alla violazione della disciplina dell’Unione Europea.

Nello specifico, il Tar ha ritenuto fondato il secondo motivo di impugnazione nella parte in cui il ricorrente ha evidenziato l’illegittimità della normativa nazionale rispetto a quella comunitaria, circa il metodo di compensazione nazionale scelto nel nostro Paese, basato inizialmente sulla redistribuzione dei quantitativi non utilizzati per categorie prioritarie, e successivamente realizzato mediante la restituzione del prelievo imputato in eccesso a categorie prioritarie, secondo criteri non ammessi dai Regolamenti comunitari.

Con le pronunce 27 giugno 2019 in causa C-348/18, 11 settembre 2019 in causa C-46/18 e 13 gennaio 2022 in causa C-377/19, la Corte di Giustizia UE ha rappresentato che, laddove gli Stati membri scelgono di quantificare il prelievo dovuto dai produttori previa compensazione tra le maggiori quantità prodotte dai singoli produttori con le quote inutilizzate (scelta inizialmente operata dall’Italia), l’operazione deve essere eseguita in via lineare tra tutti i produttori, esclusivamente in base all’unico criterio stabilito dall’art. 2 par. 1 del Reg. (CEE) n. 3950/92, e cioè “proporzionalmente ai quantitativi di riferimento a disposizione di ciascun produttore”, mentre nel caso in cui si proceda mediante la restituzione delle quote in eccesso ai produttori (metodo introdotto in un secondo momento nel nostro Paese), risulta contrario al diritto comunitario prevedere che il rimborso dell'eccedenza del prelievo supplementare favorisca, in via prioritaria, categorie introdotte in violazione del diritto comunitario (quali ad esempio quella dei produttori il cui acquirente abbia effettuato regolarmente il versamento mensile ex Legge n. 119/03).

Il Tar, pertanto, ha accolto la censura più liquida e, quindi, il ricorso per l’ipotizzato contrasto con la normativa europea, mentre non ha esaminato le altre censure proposte, che la parte ha riproposto in questa sede ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a.

5.2. L’impugnativa in esame ha ad oggetto non l’atto di accertamento del prelievo supplementare – provvedimento tipicamente amministrativo – ma un atto, la cartella di pagamento, riguardante la fase esecutiva della riscossione del prelievo dovuto.

Ebbene, gli atti inerenti a tale seconda fase (cartella esattoriale, intimazione di pagamento), pur devoluti alla giurisdizione esclusiva amministrativa ai sensi dell’art. 133 cod. proc. amm., sono soggetti alle disposizioni, alle preclusioni ed ai principi regolanti la procedura esecutiva della riscossione mediante ruolo.

L’art. 8 quinquies del decreto legge 10 febbraio 2009 n. 5 – convertito

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