Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-08-31, n. 202106125

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-08-31, n. 202106125
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202106125
Data del deposito : 31 agosto 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/08/2021

N. 06125/2021REG.PROV.COLL.

N. 03974/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3974 del 2021, proposto da
-O-, rappresentato e difeso dagli avvocati M L, P C e Patrizio Ivo D'Andrea, con domicilio digitale come da

PEC

Registri di Giustizia;

contro

-O-, rappresentato e difeso dall'avvocato S P L, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato C F in -O-, via Monte Zebio, 37;

nei confronti

Ministero della Giustizia, CSM - Consiglio Superiore della Magistratura, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in -O-, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. I, n. -O-, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del dott. -O-, nonchè del Ministero della Giustizia e del CSM - Consiglio Superiore della Magistratura;

Visto l’appello incidentale autonomo del CSM e del Ministero della giustizia;

Visto l’appello incidentale del dott. -O-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 luglio 2021 il Cons. Stefano Fantini;
sono presenti in collegamento da remoto gli avvocati Luciani, D'Andrea, Pensabene Lionti, e dello Stato Marina Russo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- Il dott. -O- ha interposto appello nei confronti della sentenza -O- del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. I, che ha accolto il ricorso del dott. -O- avverso la delibera del Plenum del CSM in data -O-con cui, nella procedura concorsuale per la copertura del posto di -O-, è stato pretermesso a vantaggio dell’appellante, nonché avverso il successivo decreto del Presidente della Repubblica di nomina ed i conseguenziali provvedimenti ministeriali di immissione nell’ufficio.

Con il ricorso in primo grado il dott. -O-, magistrato di VII valutazione di professionalità, in atto -O-, ha censurato l’erroneità della prevalenza accordata al dott. -O-, in servizio alla -O- con funzioni di -O-, lamentando la mancata valutazione, nel giudizio comparativo, del possesso, solamente da parte sua, dello status e del positivo esercizio di funzioni direttive specifiche rispetto al posto messo a concorso, l’illogica equiordinazione delle funzioni direttive con quelle semidirettive : ciò a fronte dell’improprio apprezzamento, da parte del CSM, di un criterio di radicamento territoriale (al quale è riconducibile l’affermata conoscenza della “ peculiarità criminale ” del territorio ad quem ), l’illegittima valutazione in ordine alle esperienze di carattere precipuamente organizzativo dei candidati (a tal fine valorizzando quelle esercitate dal dott. -O- quale coordinatore dell’ufficio “ Primi atti ” e dello “ SDAS1 ”), peraltro sempre a livello semidirettivo, nonché contestando il metodo di valutazione degli “indicatori generici”, di cui al Testo Unico sulla dirigenza giudiziaria , e comunque l’equivalenza tra i due concorrenti, aggiungendo il dott. -O- alla propria qualifica l’essere stato componente del CSM e membro nazionale di Eurojust .

2. - La sentenza appellata ha accolto il ricorso muovendo dal presupposto che il Plenum ha espresso la preferenza per la “proposta C” della Commissione, favorevole al dott. -O-, in ragione dell’esperienza acquisita presso il distretto di -O-, caratterizzato da elementi di originalità per la presenza di tutte le forme di criminalità organizzata, anche autoctone, ed in relazione ai rapporti di queste con pubbliche amministrazioni e organi di governo. In sintesi, ha assunto valore prevalente, per il CSM, quanto ad attitudini, la conoscenza eccezionale in ordine all’attività di contrasto delle molteplici organizzazioni criminali presenti nel territorio, l’elaborazione di un progetto organizzativo particolarmente incisivo, la gestione dell’Ufficio sui flussi di entrata.

La sentenza ha osservato che se è stata la conoscenza raffinata delle mafie tradizionali che ha consentito al dott. -O- di cogliere l’originalità della situazione peculiare di -O-, non si comprende come simile capacità non potesse essere riconosciuta anche al dott. -O-, che di tale mafie ha di suo una conoscenza eccezionale. Inoltre la sentenza ha ritenuto non legittimo il criterio della “originalità territoriale”, e rilevato che il progetto organizzativo agevola chi già presta servizio nell’ufficio oggetto di conferimento e che è dunque mancata un’adeguata comparazione, idonea ad evidenziare i profili recessivi del progetto del dott. -O-;
ha infine ritenuto non adeguatamente motivata la comparazione tra i due candidati in relazione all’esperienza di coordinamento.

3.- Il ricorso in appello del dott. -O- critica la sentenza per non avere rilevato l’inammissibilità del ricorso del dott. -O-, impingente in valutazioni di merito di spettanza esclusiva del CSM, il quale le aveva effettuate in conformità alla disciplina legale ed al Testo Unico sulla dirigenza giudiziaria del 2015;
e censura, a dimostrare come la sentenza si sia sostituita all’amministrazione, esorbitando dal suo ambito proprio di cognizione, il capo concernente la valutazione della proposta organizzativa del dott. -O-, come pure quello concernente l’esperienza di coordinamento.

4. - Si sono costituiti in giudizio il CSM ed il Ministero della giustizia chiedendo l’accoglimento dell’appello principale;
questi hanno inoltre esperito appello incidentale autonomo, allegando l’inammissibilità del ricorso di primo grado, che ha condotto il giudice ad un vero e proprio vaglio di merito del giudizio di maggiore attitudine espresso in favore del dott. -O- e comunque la sua infondatezza.

5. - Si è costituito in resistenza l’appellato dott. -O- chiedendo la reiezione dei ricorsi in appello e riproponendo i motivi di primo grado assorbiti dalla sentenza, sulla mancata valutazione della maggiore rilevanza organizzativa della -O-. Anche il dott. -O- ha proposto appello incidentale avverso la sentenza dove ha respinto la censura (contenuta nella prima parte del primo motivo) avverso l’illegittima equiparazione, da parte del CSM, delle funzioni direttive dallo stesso svolte con quelle semidirettive del dott. -O-.

6.- All’udienza pubblica dell’8 luglio 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.- Va anzitutto confermato il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui, nel conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi, il CSM gode di un apprezzamento che è sindacabile in sede di legittimità solo se inficiato da irragionevolezza, omissione o travisamento dei fatti, arbitrarietà o difetto di motivazione (tra le tante Cons. Stato, V, 9 gennaio 2020, n. 192;
V, 27 giugno 2018, n. 3944;
V, 11 dicembre 2017, n. 5828;
V, 16 ottobre 2017, n. 4786). Resta dunque preclusa al sindacato giurisdizionale la valutazione dell’opportunità o convenienza dell’atto dell’organo di governo autonomo. La legge assegna infatti al CSM un margine di apprezzamento particolarmente ampio ed il sindacato eve restare parametrico della valutazione degli elementi di fatto compiuta dall’amministrazione.

Ma al contempo l’ordinamento impone che sia assicurata la puntuale ed effettiva verifica del corretto e completo apprezzamento dei presupposti di fatto costituenti il quadro conoscitivo posto a base della valutazione, la coerenza tra gli elementi valutati e le conclusioni cui è pervenuta la deliberazione, la logicità della valutazione, l’effettività della comparazione tra i candidati, e dunque, in definitiva, la sufficienza della motivazione (Cons. Stato, V, 18 giugno 2018, n. 3716;
V, 11 febbraio 2016, n. 607).

Importa altresì premettere, in termini generali, che il conferimento degli uffici direttivi da parte dell’organo di governo autonomo della magistratura è disciplinato dal d.lgs. 5 aprile 2006, n. 160 ( Nuova disciplina dell'accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera a, della l. 25 luglio 2005, n. 150 ), che prefigura e definisce la cornice per la valutazione dell’”attitudine direttiva” (art. 12, commi 10, 11 e 12) in base alla tipologia dell'incarico da conferire (funzioni semidirettive e direttive di merito: art. 12, comma 10;
funzioni direttive di legittimità, art. 12, comma 11), i cui «indicatori oggettivi» sono individuati dal CSM d’intesa con il Ministro della giustizia (art. 11, comma 3, lett. d, seconda parte).

Con riferimento a queste previsioni, il CSM ha adottato il Testo Unico sulla dirigenza giudiziaria (circolare n. P-14858-2015, approvata con deliberazione del 28 luglio 2015) che – sostituendo la previgente circolare n. P. 19244 del 3 agosto 2010, delibera del 30 luglio 2010 – mette a punto un articolato sistema di “indicatori generali” (artt. 6-13) e di “indicatori specifici” delle attitudini direttive (artt. 14-23), parametrati ai diversi incarichi oggetto di conferimento.

Vale ancora ricordare che, per consolidata giurisprudenza, il Testo unico sulla dirigenza giudiziaria non è – difettando la clausola legislativa a regolamentare ed essendo comunque materia riservata alla legge (art. 108, primo comma, Cost.) - un atto di natura regolamentare, cioè un atto normativo, ma un atto amministrativo di autovincolo nella futura esplicazione della discrezionalità del CSM a specificazione generale di fattispecie in funzione di integrazione o anche suppletiva dei principi specifici espressi dalla legge, vale a dire soltanto una delibera che vincola in via generale la futura attività discrezionale dell’organo di governo autonomo;
come tale, non è abilitato ad equiordinare pregresse qualifiche di legge, né il significato delle inerenti funzioni, che rilevano come distinte ex art. 107, terzo comma, Cost. (cfr. Cons. Stato, IV, 14 luglio 2008, n. 3513;
28 novembre 2012, n. 6035;
6 dicembre 2016, n. 5152;
V, 17 gennaio 2018, n. 271;
V, 6 settembre 2017, nn. 4215 e 4216;
6 settembre 2017, n. 4220;
17 gennaio 2018, n. 271;
23 gennaio 2018, n. 432;
V, 2 agosto 2019, n. 5492;
V, 2 gennaio 2020, nn. 8 e 9;
V. 7 gennaio 2020, nn. 71 e 84;
V, 22 gennaio 2020, n. 524;
V, 21 maggio 2020, n. 3213;
V, 28 febbraio 2020, nn. 1448 e 1450;
V, 14 maggio 2020, n. 3047;
V, 19 maggio 2020, n. 3171;
V, 21 maggio 2020, n. 3213;
10 febbraio 2021, n. 1238;
5 febbraio 2021, n. 1077;
12 febbraio 2021, n. 1257;
V, 1 marzo 2021, n. 1702;
11 maggio 2021, n. 3712).

In questa cornice, essenziale è la motivazione sulle attitudini, ed i relativi indicatori posseduti dai candidati, che deve dare conto delle ragioni che giustificano una valutazione di maggiore capacità professionale e che conducono a preferire un candidato rispetto agli altri.

Invero, l’obbligo di motivazione che grava sul CSM circa merito e attitudini, deve dar conto delle ragioni che concretano l’accertamento della miglior capacità professionale tra i concorrenti e che perciò razionalmente conducono a preferire uno rispetto agli altri. Tali consolidati principi non possono non avere applicazione anche nel caso qui in esame, dove l’importanza del posto a concorso, i profili di sicuro valore dei candidati in competizione e la rilevanza dei loro curricula pretendevano quanto mai l’attenta, accurata e completa ricognizione di tutti gli aspetti delle rispettive carriere, anche in comparazione, e un particolare onere di motivazione, puntuale ed analitico, tale da far emergere in modo quanto più dettagliato ed esauriente le oggettive ragioni della prevalenza di un candidato sull’altro. Ciò costituisce applicazione del principio cardine cui deve essere ispirarsi l’organizzazione ed il funzionamento della pubblica amministrazione, stabilendo l’art. 97 Cost. che « i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione », anche ad assicurare l’estraneità a eventuali interessi particolari. Ciò si traduce, in ipotesi di conferimento di un tale incarico direttivo, nella necessità di un obbligo particolare di motivazione, dando conto di quali siano i profili attitudinali e di merito di cui il candidato abbia esclusivo o maggiore possesso rispetto agli altri candidati, ed in che modo tali profili siano idonei ad attribuirgli prevalenza perché più meritevole e idoneo avuto riguardo alle esigenze funzionali da soddisfare (Cons. Stato, V, 11 maggio 2021, n. nn. 3712 e 3713).

Quanto al merito delle censure, occorre muovere dal quadro di riferimento che, per l’attribuzione degli incarichi direttivi e semi-direttivi giudicanti e requirenti (e qui, in particolare si tratta di funzioni direttive requirenti di primo grado: art. 10, comma 10, del d.lgs. n. 160 del 2006), attribuisce rilievo alle pregresse esperienze di direzione, organizzazione e collaborazione (art. 12, comma 10: « sono specificamente valutate le pregresse esperienze di direzione, di organizzazione, di collaborazione e di coordinamento investigativo nazionale, con particolare riguardo ai risultati conseguiti, i corsi di formazione in materia organizzativa e gestionale frequentati nonché ogni altro elemento, acquisito anche al di fuori del servizio in magistratura, che evidenzi l'attitudine direttiva »).

Il Testo unico sulla dirigenza giudiziaria a sua volta specifica, in via generale, i parametri del “merito” (articolato nella capacità, laboriosità, diligenza ed impegno) e delle “attitudini”, facendo riferimento ad indicatori “generali” e “specifici”, i primi costituenti elementi di valutazione comuni al conferimento di tutti gli incarichi direttivi, i secondi rapportati alla tipologia dell’ufficio messo a concorso.

Con riguardo agli indicatori specifici di attitudine, cui l’art. 26 del Testo unico attribuisce speciale rilievo ai fini del giudizio comparativo, l’art. 18 ( Indicatori specifici per gli Uffici direttivi giudicanti e requirenti di primo grado di grandi dimensioni ) individua: a) lo svolgimento, in atto o pregresso, di funzioni direttive o semi-direttive (la valutazione di tale elemento è effettuata non con riguardo a dati meramente quantitativi e statici quali le dimensioni dell’ufficio, bensì al dato qualitativo dei concreti risultati ottenuti nella gestione dell’ufficio o del settore affidato al magistrato in valutazione);
b) le capacità relazionali dimostrate dall’aspirante all’interno dell’ufficio;
c) le capacità relazionali dimostrate dall’aspirante nei rapporti esterni;
d) la specifica formazione dell’aspirante dirigente nelle scienze dell’organizzazione e nelle competenze dirigenziali maturate presso organismi di riconosciuto rilievo scientifico.

Ai sensi dell’art. 12, comma 12, del d.lgs. n. 160 del 2006 , del resto, ai fini del conferimento delle funzioni direttive di uffici giudiziari di questo tipo, « l’attitudine direttiva è riferita alla capacità di organizzare, di programmare e di gestire l’attività e le risorse in rapporto al tipo, alla condizione strutturale dell’ufficio e alle relative dotazioni di mezzi e di personale;
è riferita altresì alla propensione all’impiego di tecnologie avanzate, nonché alla capacità di valorizzare le attitudini dei magistrati e dei funzionari, nel rispetto delle individualità e delle autonomie istituzionali, di operare il controllo di gestione sull’andamento generale dell’ufficio, di ideare, programmare e realizzare, con tempestività, gli adattamenti organizzativi e gestionali e di dare piena e compiuta attuazione a quanto indicato nel progetto di organizzazione tabellare
».

La legge richiede dunque l’esigenza di selezionare il candidato più idoneo non in una prospettiva astratta, ma in ragione delle specifiche caratteristiche e delle concrete esigenze organizzative dell’ufficio ad quem .

A tale obiettivo sono strumento gli indicatori generali dell’attitudine direttiva, quali previsti agli artt. da 6 a 13 [che per la Relazione introduttiva sono “ costituiti da esperienze giudiziarie ed esperienze maturate al di fuori della giurisdizione, che hanno consentito al magistrato di sviluppare competenze organizzative, abilità direttive, anche in chiave prognostica, e conoscenze ordinamentali ”], e gli indicatori specifici, quali partitamente previsti agli artt. da 14 a 33 del Testo unico sulla dirigenza giudiziaria (nel caso di specie, per la tipologia dell’ufficio, rileva l’art. 18).

La funzione degli indicatori generali è di ricostruire in maniera completa ed esaustiva le caratteristiche rilevanti della figura professionale del magistrato: agli artt. da 7 a 13 del Testo Unico vengono infatti descritte le varie attività che rilevano ai fini dell’inerente valutazione.

Gli indicatori specifici sono invece elementi di valutazione differenziati per tipologie omogenee di uffici;
in particolare, mirano a selezionare le esperienze giudiziarie che esprimano una particolare idoneità a ricoprire l’incarico messo a concorso.

L’art. 25, poi, circa le finalità della valutazione comparativa tra i candidati, chiarisce che “ la valutazione comparativa degli aspiranti è effettuata al fine di preporre all’ufficio il candidato più idoneo per attitudini e merito, avuto riguardo alle esigenze funzionali da soddisfare e, ove esistenti, a particolari profili ambientali ”. Tale esigenza riflette il precedente art. 6 – che attribuisce rilievo alle proposte organizzative elaborate dai singoli candidati, sulla base dei dati e delle informazioni relative agli uffici contenuti nel bando – e l’art. 10, che sempre sotto tale profilo richiede ai candidati di presentare proposte organizzative specificamente riferite all’ufficio messo a concorso, recanti “ l’analisi delle specificità del territorio in cui opera l’ufficio, sotto il profilo socioeconomico nonché, per gli Uffici requirenti, della realtà criminale ”.

L’art. 26 ( Valutazione comparativa delle attitudini ), prevede che si proceda “ alla valutazione analitica dei profili dei candidati mediante specifica disamina degli indicatori previsti nella Parte II, Capo I, attuativi ed esplicativi delle disposizioni di cui all’art. 12, commi 10, 11 e 12 D.Lgs. 160/2006 ” e, quindi, all’espressione di un giudizio attitudinale che, seppur in maniera complessiva e unitaria, sia frutto della valutazione integrata e non meramente cumulativa degli indicatori, e dia comunque espressamente conto dello “ speciale rilievo ” attribuito agli indicatori specifici individuati negli articoli da 15 a 23.

L’espressa attribuzione di “speciale rilievo” a determinati indici, vincola l’organo di governo autonomo a prenderli in considerazione ed a puntualmente motivare sulle ragioni che, eventualmente, inducano a ritenerli non rilevanti o comunque recessivi ai fini del giudizio di comparazione, tanto più ove non risultino posseduti da tutti i candidati indicati alla valutazione del Plenum .

La previsione per cui gli indicatori specifici hanno “ speciale rilievo ” va dunque intesa -come evidenzia anche la Relazione illustrativa del Testo unico - nel senso che gli “ elementi e le circostanze sottese agli indicatori specifici, proprio per la loro più marcata attinenza al profilo professionale richiesto per il posto da ricoprire, abbiano un adeguato spazio valutativo e una rafforzata funzione selettiva ”.

Ne deriva che, laddove un candidato possa vantare indicatori specifici, lo “speciale rilievo” che rivestono implica che la valutazione del CSM non possa prescinderne: sicché la decisione di preferire, nella valutazione, un candidato che ne sia privo (o sia in possesso di indicatori specifici meno significativi) richiede un particolare impegno motivazionale, volto ad evidenziare, attraverso il puntuale esame curriculare, la dominante “attitudine generale” o un particolare “merito”, perché i c.d. indicatori specifici sono criteri “settoriali”, in quanto rilevano ai fini della valutazione specifica dell’attitudine direttiva, ma non esauriscono l’intera figura professionale del magistrato, che va, invece, ricostruita nella sua complessità, tenendo conto degli indicatori generali e del “merito” ( ex multis Cons. Stato, V, 16 ottobre 2017, n. 4786).

È immanente invero la considerazione, di ordine generale, che oggetto della valutazione debbono essere vuoi le esperienze pregresse (il c.d. merito), vuoi la capacità a bene ricoprire l’ufficio ad quem (le c.d. attitudini). E che pertanto gli indicatori attitudinali specifici sono elementi da doverosamente tenere in considerazione e adeguatamente e motivatamente valutare: ma questi non possono arrivare a semplicemente sopravanzare gli elementi esperienziali connessi al merito professionale generale (nella prospettiva formale del Testo Unico – che, si ribadisce, non ha valore normativo – rilevanti soprattutto mediante gli indicatori generali). D’altra parte, lo stesso Testo Unico , con previsione evidentemente di chiusura in tema di valutazione comparativa delle attitudini (art. 26, comma 2), afferma: « Il giudizio attitudinale è formulato in maniera complessiva e unitaria, frutto della valutazione integrata e non meramente cumulativa degli indicatori ».

2. - Ciò premesso, con il primo motivo dell’appello principale il dott. -O- critica anzitutto la sentenza a proposito della c.d. “ originalità territoriale ”;
deduce che il primo giudice ha escluso che il CSM abbia fatto uso del criterio del “ radicamento territoriale ”, ravvisando però l’impiego di un non meglio precisato criterio della “ originalità territoriale ”, che avrebbe determinato una sopravvalutazione del suo profilo curriculare. Lamenta come la “ originalità territoriale ” sia un criterio nuovo ed atipico enucleato dal primo giudice, laddove, al contrario, il CSM avrebbe fatto solamente applicazione dell’indicatore specifico dell’art. 18, comma 1, lett. a), del Testo Unico della dirigenza giudiziaria (che fa riferimento ai concreti risultati ottenuti nella gestione dell’ufficio o del settore affidato al magistrato in valutazione), dell’indicatore specifico di cui all’art. 18, comma 1, lett. b), sulle capacità relazionali dimostrate dall’aspirante all’interno dell’ufficio, nonché degli indicatori generali di cui all’art. 6, comma 1, lett. a) e c);
precisa che le attitudini direttive di un magistrato sono inevitabilmente dimostrate in un qualche luogo, non esistendo un où-tòpos della giurisdizione;
diversamente opinando, non sarebbero apprezzabili i risultati conseguiti, come invece richiesto dall’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 160 del 2006.

Il motivo, dalla portata critica essenzialmente “metodologica”, è infondato.

La sentenza ha rilevato che la delibera impugnata ha riconosciuto un profilo attitudinale di maggiore pregnanza al dott. -O- per l’esperienza maturata quale -O- di -O-;
dunque in un contesto territoriale che è stato assunto come del tutto peculiare (caratterizzato dalla presenza di mafie tradizionali e da nuove mafie, oltre che dalla contiguità con il potere politico e di governo), per poi evidenziare che solo con riguardo agli uffici giudicanti e requirenti di primo grado di piccole e medie dimensioni l’art. 28 del Testo Unico attribuisce rilievo privilegiato, ai fini della valutazione del lavoro giudiziario, alla “ esperienza maturata nel contrasto dei fenomeni criminali più diffusi sul territorio in cui si colloca l’ufficio da conferire ”. Invece per gli uffici di grandi dimensioni l’art. 29 dello stesso Testo Unico fa rinvio agli indicatori specifici di cui all’art. 18, ed in particolare a quello di cui sub lett. a), vale a dire “ lo svolgimento, in atto o pregresso, di funzioni direttive o semidirettive ”, con riferimento ai concreti risultati ottenuti nella gestione dell’ufficio o del settore affidato al magistrato in valutazione.

Nella descritta cornice non si può ravvisare un improprio ricorso ad un criterio originale, quello della “ originalità territoriale ”, da parte della sentenza di prime cure. Si deve piuttosto riconoscere che la sentenza ha accertato un’incompleta comparazione dei risultati ottenuti (dai candidati) da parte del CSM, obiettivamente sbilanciata sulle peculiarità del contesto -O- (in quanto Procura distrettuale).

Si tratta peraltro di una prospettiva erronea ed illegittima;
non tanto perché non contemplata dalla legge e dal Testo Unico sulla dirigenza giudiziaria quale indicatore specifico per gli uffici direttivi di grandi dimensioni, ma soprattutto in quanto concettualmente sviata. Infatti un elementare rilievo logico dimostra che, a fare applicazione di siffatti criteri, ne può trarre vantaggio soltanto chi ha sviluppato “ in loco ” le sue esperienze di pubblico ministero, mentre restano giocoforza esclusi dalla valutazione i risultati in concreto raggiunti nella gestione del territorialmente diverso ufficio o del settore affidato al magistrato in valutazione. Il che ingenera di per sé una discriminazione che è contraria alla consolidata e specifica giurisprudenza circa l’illegittimità del riferimento al c.d. radicamento territoriale.

Va infatti rammentato il consolidato principio giurisprudenziale per cui la conoscenza dell’ufficio ad quem e del suo territorio non può, anche alla luce del principio costituzionale di eguaglianza e della sua declinazione all’art. 51 Cost., come del principio dell’art. 107, comma 3, Cost., per cui i magistrati si distinguono soltanto per diversità di funzioni, assumere rilievo in uno scrutinio comparativo che è per sua natura su base nazionale e dunque non può che prescindere dal radicamento personale sul singolo territorio (Cons. Stato, V, 2 luglio 2018, n. 4042;
V, 29 ottobre 2018, n. 6137;
V. 7 gennaio 2020, n. 71;
V, 21 maggio 2020, n. 3213;
V, 11 gennaio 2021, n. 331;
V, 11 maggio 2021, n. 3712 e 3713).

Inoltre una tale pretermissione appare tanto più viziante perchè, come bene esposto dal primo giudice, « ogni realtà metropolitana può “vantare” una peculiare struttura criminale in relazione allo sfondo di riferimento (ad esempio, a Milano può invocarsi a tali fini la presenza di grandi gruppi industriali, a Genova quella di una realtà portuale e così via) sicchè ogni magistrato già con incarichi semidirettivi in tale realtà potrebbe avvantaggiarsi nell’attribuzione di un incarico direttivo nel medesimo contesto, violando così il riconosciuto carattere nazionale della procedura di affidamento di incarichi direttivi e semidirettivi ».

3. - Il secondo motivo, rivolto alla valutazione comparativa nella prospettiva dei risultati conseguiti, deduce che le esigenze funzionali inducevano a preferire il dott. -O-, tenendo conto del contesto criminale e della dimensione organizzativa dell’ufficio, di grande complessità e tale da dovere gestire flussi enormi;
con riguardo alle organizzazioni criminali, l’appellante vanterebbe un’esperienza eccezionale, completa, maturata in oltre venti anni (in Sicilia, e poi in Calabria ed a -O- quale -O-, sedi nelle quali ha collaborato al coordinamento della -O-);
di contro, il dott. -O- avrebbe maturato un’esperienza eccezionale solamente nell’attività di contrasto di -O-, oltre all’attività svolta quale rappresentante nazionale presso -O- (con conoscenza, a tale titolo, anche di altre organizzazioni mafiose, quali la camorra).

Anche tale motivo è infondato, per le stesse ragioni precedentemente esposte, trattandosi del medesimo profilo di gravame, seppure articolato nella esplicazione concreta.

Premesso che, come si desume dalla proposta “C” a favore del dott. -O-, accolta dal Plenum , la prevalenza di questi sul dott. -O- è basata anzitutto su di una valutazione attitudinale specifica, non può non confermarsi l’assunto di primo grado per cui « non è dato comprendere perché, se per il controinteressato la raffinata conoscenza delle mafie tradizionali (in specie, “-O-” e “’ndrangheta”) gli ha consentito di cogliere e sviluppare sul piano processuale gli elementi di continuità e di originalità della situazione -O- e di quella peculiare della città di -O-, tale, riconosciuta, conoscenza “eccezionale” dell’attività di “-O-” da parte del dott. -O- non possa consentirgli ugualmente di “cogliere e sviluppare” come Procuratore- presumibilmente in poco tempo o quantomeno in quello impiegato dal dott. -O- quale “Aggiunto” – l’originalità della realtà criminale -O- ». Si tratta invero di una considerazione inerente la logicità e la ragionevolezza della motivazione, perciò pienamente rientrante nell’ambito di cognizione proprio del giudice amministrativo, perché il sindacato di legittimità, ferma la sfera riservata del merito delle valutazioni, deve assicurare la puntuale ed effettiva verifica del corretto e completo apprezzamento dei presupposti giuridico-fattuali costituenti il quadro conoscitivo considerato ai fini della valutazione, la coerenza tra gli elementi valutati e le conclusioni cui è pervenuta la deliberazione, la logicità della valutazione, l'effettività della comparazione tra i candidati, la sufficienza della motivazione (cfr. Cass., SS.UU., 5 ottobre 2015, n. 19787 e 11 luglio 2018, n. 18240;
Cons. Stato, IV, 11 febbraio 2016, n. 607;
V, 17 gennaio 2018, n. 271;
23 gennaio 2018, n. 432;
5 marzo 2018, n. 1345;
V, 18 giugno 2018, n. 3736).

Sicchè, in aggiunta a quanto evidenziato al punto sub 2), quanto a ragionevolezza del processo valutativo, se appare indubbia per il dott. -O- la eccezionale conoscenza delle mafie tradizionali, acquisita come -O-, e come -O- presso il Tribunale di -O-, il CSM non poteva che, sgombrato il campo dal parametro della “originalità territoriale”, per coerenza logica, riconoscere analoga attitudine al dott. -O-, che, a differenza del dott. -O-, dal dicembre 2014 è titolare di incarico direttivo, cioè di -O-, dove ha manifestato, come evidenziato dalla stessa proposta “C”, una competenza sicuramente eccezionale nell’attività di contrasto a “-O-”, vale a dire di una specificazione di primissimo ordine del fenomeno criminalità organizzata.

Inoltre, e sempre in questa prospettiva settoriale della criminalità organizzata, lo scrutinio delle reciproche esperienze, ai fini delle attitudini, avrebbe dovuto essere esente, per quanto riguarda il dott. -O-, sul piano della completezza, da pretermissioni riguardo al fatto di essere stato membro nazionale di Eurojust , ampliando il proprio orizzonte di conoscenza sulla criminalità organizzata “ tradizionale ”. Ed infatti, allo scopo di superare tale considerazione, la proposta recepita dal Plenum, replicando l’assunzione a dirimente dell’indebita preferenza territoriale, torna ad affermare che « purtuttavia si tratta di esperienze comunque avulse dalla specificità e complessità del territorio romano e comunque -O- », ricadendo così nella circolarità dell’assunto motivazionale che la sorregge.

4. - Il terzo motivo, che si esamina per completezza di trattazione, stante la natura assorbente (della reiezione) dei motivi scrutinati, concerne poi il capo della sentenza relativo all’esame del progetto organizzativo e la gestione dell’” Ufficio flussi ”, assumendo che la delibera del CSM ha puntualmente indicato le ragioni di preferenza per il dott. -O-, e criticando la sentenza che, dando per avvantaggiato nella redazione del progetto organizzativo chi presta servizio nell’ufficio a concorso, ha affermato che « la motivazione, più che soffermarsi sui punti salienti di tale progetto, dovrebbe evidenziare gli specifici profili recessivi del progetto dell’altro aspirante, ma ciò non risulta effettuato a sufficienza nel caso di specie ».

Il motivo è fondato, seppure inidoneo a modificare l’esito decisorio.

L’art. 12, comma 12, del d.lgs. n. 160 del 2006, come già in precedenza ricordato, dispone che « l’attitudine direttiva è riferita alla capacità di organizzare, di programmare e di gestire l’attività e le risorse in rapporto al tipo, alla condizione strutturale dell’ufficio e alle relative dotazioni di mezzi e di personale »;
così attribuisce valore alla maggiore conoscenza della realtà concreta di un ufficio, che si può ammettere come più agevolmente propria di chi già vi presta servizio, ma inferibile anche ab extrinseco , sempre muovendo dal presupposto che le proposte organizzative sono redatte sulla base dei dati e delle informazioni relative agli uffici contenuti nel bando concorsuale (art. 6, lett. d, del Testo Unico).

Non appare dunque condivisibile la sentenza laddove richiede non solo un onere di motivazione rafforzata nella valutazione del progetto organizzativo, ma anche una “dilatazione” dell’ambito della motivazione, caratterizzata quasi da intima contraddittorietà, in quanto estesa dalla esposizione delle ragioni del progetto ritenuto migliore alla spiegazione dei profili di recessività del progetto subvalente.

La soluzione proposta è anche sistematicamente compatibile con la riconduzione della proposta organizzativa tra gli indicatori generali delle attitudini (art. 6, lett. d, del Testo Unico), subordinati agli indicatori specifici per il tipo di posto messo a concorso. A tale proposito, l’art. 26 del Testo Unico, pur chiarendo, al comma 2, come già ricordato, che « il giudizio attitudinale è formulato in maniera complessiva e unitaria, frutto della valutazione integrata e non meramente cumulativa degli indicatori », specifica al comma 3 che « nell’ambito di tale valutazione, speciale rilievo è attribuito agli indicatori individuati negli articoli da 15 a 23 in relazione a ciascuna delle tipologie di ufficio ». Tale “speciale rilievo” va inteso, come inferibile anche dalla Relazione illustrativa al Testo Unico, nel senso che « gli elementi e le circostanze sottese agli indicatori specifici, proprio per la loro più marcata attinenza al profilo professionale richiesto per il posto da ricoprire, abbiano un adeguato spazio valutativo e una rafforzata funzione selettiva ».

5. - Con il quarto motivo il dott. -O- censura la sentenza che ha ritenuto configurabile il vizio motivazionale riguardo alla comparazione nell’attività di “coordinamento” tra il dott. -O- ed il dott. -O-.

Il motivo è infondato.

A questo riguardo deve il Collegio rilevare che, fermo il già evidenziato carattere settoriale della comparazione, sarebbe stato necessario un particolare onere di motivazione per dimostrare che l’esperienza di coordinamento del dott. -O-, -O- ed a capo di quella -O-, possa stimarsi recessivo a quella del dott. -O- : il quale, nonostante l’estensione dei compiti di sua spettanza e la riconosciuta capacità con cui li ha gestiti, ciò ha fatto quale -O-, e dunque, in quanto nello svolgimento di funzioni semidirettive, in via solamente mediata.

Giova ribadire che l’art. 18 del Testo Unico sulla dirigenza giudiziaria testualmente non gradua, con riguardo agli indicatori specifici, tra pregressi incarichi direttivi e pregressi incarichi semidirettivi, avendo di mira i risultati conseguiti nella gestione dell’ufficio. Ha avuto peraltro la Sezione occasione più volte di osservare come tale circostanza non precluda la possibilità di apprezzare una differenza in merito ed attitudini tra l’una e l’altra tipologia di incarichi, atteso che un’assoluta omologazione di funzioni e responsabilità così intrinsecamente diverse può portare ad irrazionalità invalidanti la nomina (così, da ultimo -O-).

Proprio con riguardo all’attività di coordinamento assume, quasi per sua natura, valore dirimente lo svolgimento delle funzioni direttive rispetto a quelle semidirettive.

E comunque la distinzione è sul piano del diritto positivo;
basti considerare che l’art. 70 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (sull’ordinamento giudiziario), al comma 3, dispone che « i titolari degli uffici del pubblico ministero dirigono l’ufficio cui sono preposti, ne organizzano l’attività ed esercitano personalmente le funzioni attribuite al pubblico ministero dal codice di procedura penale e dalle altre leggi, quando non designino altri magistrati addetti all’ufficio »;
analoghi principi sono desumibili dall’art. 1 del d.lgs. n. 106 del 2006, disciplinante, per l’appunto, le “ attribuzioni del Procuratore della Repubblica ”.

Al contrario, il -O-, cui fa riferimento l’art. 70, comma 1, dell’ordinamento giudiziario, è destinatario di provvedimenti di assegnazione degli affari da parte del titolare dell’ufficio;
non ha compiti autonomi di direzione in seno all’ufficio al quale è assegnato, al massimo esercitabili nei limiti della delega ricevuta.

Tutto ciò corrisponde al sistema di organizzazione della giurisdizione, caratterizzato da selettivi passaggi di progressione di funzioni (per “promozione”) dei magistrati, che abilitano allo svolgimento di funzioni superiori conferite concorsualmente. E’ naturale e coerente, in questo sistema, che i livelli funzionali superiori così effettivamente raggiunti e congruamente esercitati esprimano professionalità magistratuali più selezionate e sperimentate. Vi fa sistema il precetto costituzionale che i magistrati si distinguono tra loro per diversità di funzioni (art. 107, comma 3, Cost.).

6. - Alla stregua di quanto esposto, l’appello del dott. -O- va respinto.

7. - Procedendo ora alla disamina dell’appello incidentale autonomo del CSM e del Ministero della giustizia, si deve rilevare che i motivi sono sostanzialmente sovrapponibili, nella loro rappresentazione ed argomentazione, a quelli, sinora esaminati, dell’appello del dott. -O-.

Fermo dunque il rinvio a quanto supra esposto, occorrono peraltro alcune puntualizzazioni in relazione alla specifica articolazione dei motivi stessi, anzitutto -e sempre nella settorialità di prospettiva più volte evidenziata- relativamente a quello sulla rilevanza dell’esperienza maturata nel contrasto dei fenomeni criminali più diffusi sul territorio. Per l’amministrazione appellante, tale criterio di valutazione non rileva solo ai fini del conferimento degli uffici di piccole e medie dimensioni ai sensi dell’art. 28, comma 2, del Testo Unico , ma anche per gli uffici di grandi dimensioni, pur difettando una previsione espressa nell’art. 29;
si tratta infatti in ogni caso di espressione di pregressa esperienza organizzativa, rilevante anche ai sensi dell’art. 32 dello stesso Testo Unico . L’amministrazione allega ancora che l’esigenza di garantire la parità di condizioni a tutti i magistrati nella partecipazione a procedure concorsuali di carattere nazionale vada coniugata con la tutela del prevalente interesse all’efficienza e buon andamento dell’ufficio;
assume inoltre che sconfini nel merito la statuizione di primo grado che ha ritenuto possibile anche al dott. -O- l’acquisizione di equivalente capacità nel volgere di un breve periodo.

Il motivo è infondato.

Sotto il primo profilo, a maggiore approfondimento delle considerazioni svolte al punto sub 2), occorre rilevare che la specificità delle esperienze svolte nella sede da assegnare per concorso ( id est , il supposto criterio della “ originalità territoriale ”) è criterio che è stato ritenuto illegittimo sia perché privo di “base normativa” (ed anzi potenzialmente in grado di tradursi nell’indebito vantaggio connesso al c.d. radicamento territoriale : dunque evidentemente contra legem ), sia comunque, a tutto concedere, in ragione dell’incompleta ponderazione comparativa compiuta dall’organo di governo autonomo.

L’appellata sentenza ha essenzialmente rilevato l’irragionevolezza della motivazione della nomina del dott. -O- basata sulla sua esperienza romana degli ultimi cinque anni, e dunque sulla conoscenza della realtà criminale specifica, senza comparare compiutamente i risultati organizzativi e gestionali raggiunti dai vari concorrenti, ed in particolare, per quanto ora rileva, dal dott. -O-. Il discrimen tra il criterio del “radicamento territoriale del magistrato” e l’apprezzamento della “originalità territoriale” passa comunque attraverso la rigorosa valutazione in concreto del “ merito ” e delle “ attitudini organizzative e dirigenziali ”;
ma questa, nella fattispecie in esame, risulta essere sperequata.

7.1. - La considerazione introduce alla trattazione del secondo profilo del motivo che afferma che la sentenza trascenderebbe in una non consentita valutazione di merito quando afferma che « non è dato comprendere perché, se per il controinteressato la raffinata conoscenza delle mafie tradizionali (in specie “-O-” e “’ndrangheta” gli ha consentito di cogliere e sviluppare sul piano processuale gli elementi di continuità e di originalità della situazione -O- e di quella peculiare della città di -O-, tale, riconosciuta, conoscenza “eccezionale” dell’attività di “-O-” da parte del dott. -O- non possa consentirgli ugualmente di “cogliere e sviluppare” come Procuratore -presumibilmente in poco tempo o quantomeno in quello impiegato dal dott. -O- quale “Aggiunto”- l’originalità della realtà criminale -O- ».

Anche tale sub-motivo non è fondato.

Come si è esposto sub 1), resta preclusa al sindacato giurisdizionale la valutazione dell’opportunità e convenienza del provvedimento amministrativo dell’organo di governo autonomo della magistratura : non è ammissibile, pena la violazione del principio di separazione dei poteri, che il sindacato giurisdizionale dia luogo ad una sostituzione della volontà del giudice a quella dell’amministrazione. Per tale ragione il sindacato giurisdizionale amministrativo deve restare parametrico rispetto alla valutazione compiuta dall’amministrazione, senza sfociare in un giudizio di “non condivisibilità” della valutazione stessa (Cass., SS.UU., 5 ottobre 2015, n. 19787). Conseguentemente, il giudice amministrativo incorre in eccesso di potere giurisdizionale nei confronti dei provvedimenti del CSM in materia di incarichi direttivi (e semidirettivi) ove operi direttamente una valutazione di merito del contenuto della delibera anziché svolgere un sindacato di legittimità, esteso peraltro anche alla valutazione dell’irragionevolezza, del travisamento dei fatti e dell’arbitrarietà.

Nella fattispecie in esame, la statuizione di primo grado censurata non ha sostituito una propria valutazione di opportunità a quella espressa dal CSM;
essa ha piuttosto accertato, mediante la tecnica redazionale dell’esemplificazione, la carenza di motivazione, ed anche l’irragionevolezza di una decisione che, muovendo da un dato di esperienza professionale quanto meno comune ai due concorrenti, ha inteso valorizzarlo solo per uno, compenetrandola con il criterio dell’originalità territoriale. Ma in tale guisa non sono stati adeguatamente comparati i profili attitudinali del dott. -O- e del dott. -O-, per fare emergere in chi dei due aspiranti fossero davvero più completi, sì da attribuirgli prevalenza perché più meritevole ed idoneo, avuto riguardo alle esigenze funzionali da soddisfare.

8. - Trattandosi, come detto, di tecnica redazionale, non è fondata neppure l’ulteriore allegazione con cui le amministrazioni, censurando la statuizione in esame, sostengono che la necessità di richiamare una possibilità di futura acquisizione, da parte del dott. -O-, delle competenze che il controinteressato già possiede, dimostrerebbe la debolezza dell’impianto argomentativo della sentenza.

9. - Sugli ulteriori motivi dedotti dal CSM e dal Ministero della giustizia, concernenti le statuizioni di primo grado sul progetto organizzativo e sull’esperienza di coordinamento, è davvero sufficiente fare rinvio ai punti sub 4) e 5) della presente motivazione, non emergendo aspetti ulteriori rispetto a quelli trattati dall’appello del dott. -O-.

10. - Ne consegue che anche l’appello delle amministrazioni va respinto.

11. - Vanno ora esaminati i motivi di ricorso di primo grado assorbiti dalla sentenza e riproposti dal dott. -O- ai sensi dell’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm.

11.1. - Risulta fondato il primo motivo con cui si lamenta che, con riferimento alle esperienze di carattere organizzativo, il CSM ha limitato o comunque incentrato il giudizio comparativo soltanto sulla problematica della selezione dei flussi dei procedimenti in entrata e nella trattazione degli affari seriali (si tratta, in particolare, dell’ufficio “ -O- ”), ambiti dei quali il dott. -O- aveva assunto il coordinamento nello svolgimento delle funzioni semidirettive presso la Procura della Repubblica di -O-.

Tale delimitazione dell’ambito valutativo conferma il già evidenziato difetto di istruttoria che inficia gli atti impugnati. Non si intende così affermare che la selezione dei flussi in entrata sia insignificante in un ufficio delle dimensioni della Procura della Repubblica di -O-, ma ovviamente basare il giudizio comparativo preminentemente su tale aspetto ha una portata incongrua e distorsiva, dunque irrazionale. Anche il dott. -O- risulta avere assunto iniziative organizzative in tale ambito nella Procura da lui diretta (“ Turno Filtri ” e “ Ufficio TAS-trattazione affari semplici ”), ma inoltre, tenendo conto delle esigenze organizzative dell’ufficio di -O-, ha adottato interventi ulteriori che non sono stati adeguatamente considerati;
ciò dicasi anche con riferimento alla struttura della -O-, che è dotata presso la Procura della Repubblica di -O- di ben venticinque sostituti (su di un totale di sessantuno), mentre solamente di undici presso la Procura di -O- (su di un organico complessivo di novanta), a verosimile dimostrazione della diversa incidenza dei reati di stampo mafioso nei due distretti.

12. - Conferma ulteriore di un’incompleta comparazione dei candidati si ha in relazione all’indicatore generico di cui all’art. 6, comma 1, lett. e, del Testo Unico, costituito dall’esperienza ordinamentale. Il CSM dà atto della conoscenza particolarmente completa del dott. -O-, sia come componente del Consiglio giudiziario, sia come componente dello stesso CSM, oltre che quale rappresentante nazionale di Eurojust (Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale, specificamente creata per il coordinamento e la collaborazione giudiziaria tra le amministrazioni nazionali nelle attività di contrasto del terrorismo e delle forme gravi di criminalità organizzata che interessano più di un paese dell’Unione), ma implicitamente equipara tali esperienze a quelle del dott. -O-, di cui segnala l’incarico di componente del Consiglio giudiziario, oltre che « le oltremodo positive collaborazioni con Autorità straniere, oltre che con le -O- di altre Procure ».

In tali termini è pertanto fondato anche il secondo motivo riproposto dal dott. -O-, con il quale si lamenta, appunto, l’indebita svalutazione di tali esperienze.

13. - Residua la disamina dell’appello incidentale del dott. -O-, avente ad oggetto la statuizione di primo grado che lo ha visto soccombente, con la reiezione (della prima parte) del primo motivo del ricorso introduttivo, volto a contestare l’illegittima equiparazione tra le funzioni direttive, vantate dal dott. -O-, e le funzioni semidirettive esercitate dal dott. -O-, nella considerazione che le prime siano dimostrative di una maggiore attitudine organizzativa, in ragione dell’intrinseca diversità qualitativa e quantitativa tra le due funzioni;
ciò tanto più in quanto le funzioni direttive svolte dal dott. -O- erano particolarmente specifiche, essendo state esercitate presso una Procura distrettuale di grandi dimensioni e situata in un contesto notoriamente caratterizzato da una significativa pervasività della criminalità organizzata di stampo mafioso.

L’appello è fondato, il motivo essendo stato in buona parte trattato;
e lo è comunque anche nei termini che seguono.

Il CSM, nella proposta in favore del dott. -O-, dà atto, in premessa, della non assoluta omologazione di funzioni diverse, pur difettando una graduazione tra funzioni direttive e funzioni semidirettive, affermando però subito dopo che « il ”peso” attitudinale dev’essere valutato alla luce delle esigenze funzionali dell’Ufficio oggetto della presente procedura (art. 25 comma 1 TU). Ed è in tale prospettiva funzionale che va affermata la prevalenza del dott. -O- ».

Si è in precedenza osservato (par. 5, in tema di esperienza di coordinamento) come gli atti impugnati siano inficiati da difetto di istruttoria, per non avere effettuato una congrua comparazione tra il dott. -O- ed il dott. -O-.

In questo senso il motivo è dunque fondato, avendo il CSM posto una corretta premessa, salvo poi fare una cattiva applicazione della regola.

Vale la pena ancora rilevare come la Sezione sia pervenuta ad analoga conclusione con riguardo all’altro contenzioso, concernente peraltro questa stessa procedura che ha visto prevalere il dott. -O- (cfr. -O-).

14. - Alla stregua di quanto esposto, l’appello principale del dott. -O- e l’appello incidentale autonomo delle amministrazioni vanno respinti, mentre va accolto l’appello incidentale del dott. -O-, con conseguente riforma parziale del corredo motivazionale della sentenza di prime cure, la cui statuizione di accoglimento del ricorso di primo grado va peraltro integralmente confermata.

Sussistono i motivi prescritti dalla legge, in ragione della complessità della controversia, per compensare tra tutte le parti le spese di giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi