Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-07-03, n. 202405878

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-07-03, n. 202405878
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202405878
Data del deposito : 3 luglio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/07/2024

N. 05878/2024REG.PROV.COLL.

N. 04666/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4666 del 2018, proposto dalla Regione Campania, in persona del presidente pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati M C e F N, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

contro

I signori A A, M I, Beatrice Dell'Isola, R S, A G, D A, G M T, M L S D C L, M C, A M, T T, L M, A C, L M, T M, rappresentati e difesi dagli avvocati A B, A B e L L, con domicilio eletto presso lo studio A B in Roma, via Taranto n. 18;
Alessandra Miani, Antimo Gaudino, Alfredo Alvino, Rosaria Palma, Amalia Marino, non costituiti in giudizio;

nei confronti

Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Napoli, Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Salerno, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione Terza, n. 1606/2018, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di A A, M I, Beatrice Dell'Isola, R S, A G, D A, G M T, M L S D C L, M C, A M, T T, L M, A C, L M e T M;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 5 giugno 2024 il Cons. U D C e uditi per le parti gli avvocati F N;
A B;
L L;
Avv. Antonio Bove su delega dell'Avv. A B;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La Regione Campania ha impugnato la sentenza indicata in epigrafe, di accoglimento del ricorso degli appellati tutti avvocati in servizio presso l’ufficio legale della Regione avverso la circolare n. 6/2012 del coordinatore dell’A.G.C. affari generali e del personale della Giunta della Regione Campania, che aveva esteso il meccanismo della rilevazione automatica delle presenze indistintamente a tutto il personale dipendente.

2. Il provvedimento era stato impugnato perché l’obbligo di utilizzo del badge era ritenuto incompatibile con l’indipendenza e l’autonomia professionale proprie della qualifica di avvocato della Regione.

3. La sentenza impugnata ha accolto il ricorso poiché aveva ritenuto che il combinato disposto dell’art. 30 del regolamento regionale per l’ufficio speciale dell’avvocatura del 15 dicembre 2011 n. 12 e degli artt. 17, comma 5, lettera a), d.lgs. 66/2003 e 47 d.P.R. 445/2000, non potessero altrimenti essere interpretati che nel senso di aver posto la regola per cui gli avvocati regionali sono tenuti ad attestare in proprio, attraverso l’autocertificazione e sotto la personale responsabilità, lo svolgimento della propria attività lavorativa, non solo per garantire l’autonomia professionale ma per tener conto del fatto che spesso la loro attività si svolge fuori dell’ufficio.

4. L’appello è affidato ad un unico articolato motivo.

La Regione ritiene che sia stato erroneamente interpretato il richiamo all’art. 17 d.lgs. 66/2003, che a sua volta richiama una serie di altri articoli del d.lgs. 66/2003 che disciplinano alcuni aspetti del rapporto di lavoro senza far riferimento alla rilevazione della presenza in servizio.

Anche il richiamo all’art. 47 d.P.R. 445/2000 di per sé non è sufficiente a fondare la richiesta degli appellati poiché l’istituto dell’autocertificazione può essere usato per le attività svolte al di fuori delle sedi regionali, ma all’interno di esse i dipendenti avvocati sono tenuti, al pari del restante personale, ad utilizzare il badge per la rilevazione automatica dei propri transiti. La rilevazione automatica della presenza, del resto, è riconducibile alle finalità perseguite dai soggetti pubblici quali datori di lavoro, all’interno di un preciso quadro normativo che prevede specifici obblighi di controllo e conseguenti responsabilità per le pubbliche amministrazioni, nell’ambito degli obiettivi e dei compiti istituzionali ad essi normativamente assegnati.

L’autonomia professionale degli avvocati non è intaccata dalla rilevazione delle presenze che non incide sulle modalità con cui svolgono il proprio lavoro professionale.

5. Gli appellati si sono costituiti in giudizio eccependo preliminarmente l’inammissibilità dell’appello per violazione del giudicato cautelare richiamando ordinanze emesse in passato dal T.a.r. per la Campania e dal Consiglio di Stato sulla stessa questione ed anche per carenza di interesse poiché il provvedimento originariamente impugnato è stato sostituito dalla nota del 10 maggio 2012 dell’avvocato capo che ha stabilito la facoltà di autocertificare la presenza in servizio. Ulteriore ragioni di inammissibilità sarebbe l’impossibilità di chiedere al giudice amministrativo la disapplicazione di una norma regolamentare che è stata legificata dall’art. 7, comma 2, l.r. 15/2023.

Nel merito concludevano per il rigetto dell’appello.

6. Con la memoria depositata in data 23 maggio 2024 la Regione Campania chiede di acquisire agli atti la legge regionale n. 6 del 15 maggio 2024 recante "Ordinamento e organizzazione degli uffici della Giunta regionale", che considera determinante sul contenzioso avendo abrogato i commi 1 e 2 dell'articolo 1 della legge regionale 21 ottobre 2022, n. 14 e quindi anche il regolamento regionale 15 dicembre 2011, n. 12.

7. Preliminarmente è necessario affrontare le eccezioni preliminari sollevate dagli appellati.

7.1. L’esistenza di un giudicato cautelare non può mai impedire che un contenzioso giunga alla sua naturale conclusione con la sentenza di merito. La definitività di una pronuncia cautelare definisce la condizione del provvedimento impugnato fino al momento della emanazione della decisione di merito, ma non può estendere i suoi effetti oltre tale soglia.

7.2. La nota del 10 maggio 2012 dell’avvocato capo costituisce una motivata espressione del parere sulla questione che era sorta per effetto dell’applicazione del provvedimento impugnato, ma non può essere considerato un provvedimento che ha sostituito quello contestato dagli appellati.

7.3. La terza eccezione potrebbe essere accolta laddove l’art. 30 del regolamento avesse un contenuto conforme alla lettura che ne offrono gli appellati, ma oltretutto esso è ormai stato abrogato per effetto della l.r. 6/2024.

8. Venendo al merito l’appello è fondato.

Non vi è dubbio che l’avvocatura degli enti pubblici costituisce un'entità organica autonoma nell'ambito della struttura disegnata dalla sua pianta organica a salvaguardia delle prerogative di libertà nel patrocinio dell’amministrazione che si caratterizza per l’assenza di ingerenza nelle modalità di esercizio della professione, ma resta pur sempre un dato normativo ineludibile cioè l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato nel caso di specie con la Regione.

Ed allora, fermo restando che tutte le attività esterne presso uffici giudiziari saranno riscontrate dall’Amministrazione attraverso le autodichiarazioni che gli avvocati presenteranno a tempo debito, in occasione della loro presenza presso gli uffici comunali non vi è alcuna ragione per cui non timbrino all’ingresso ed all’uscita. Tale modalità di controllo non lede in alcun modo la libertà di patrocinio ma è la conseguenza che, seppur con la particolarità prima ricordata, sono comunque dipendenti pubblici, e come tali soggetti al controllo del datore di lavoro.

Tale conclusione è già stata affermata dal Consiglio di Stato con alcune sentenze come la 2434/2016 che sul punto recita: “ con tali provvedimenti non si realizza un’ingerenza gerarchica

nell’esercizio intrinseco della prestazione d’opera intellettuale propria della professione forense, e cioè «nella trattazione esclusiva e stabile degli affari legali dell’ente», ai sensi dell’art. 23 l. n. 247 del 2012, ma si sottopone l’attività a forme di controllo estrinseco, doverose e coerenti con la partecipazione dell’ufficio dell’avvocato dell’ente pubblico all’organizzazione amministrativa

dell’ente stesso. L’art. 23 riferisce «la piena indipendenza ed autonomia» soltanto a questa «trattazione esclusiva e stabile degli affari legali dell'ente» e non trasforma affatto, ex lege, l’inerente ufficio in un organo distinto e comunque autonomo dal resto dell’ente locale. Non si ravvisa qui dunque alcuna incompatibilità con le caratteristiche di autonomia nella conduzione

professionale dell’ufficio di avvocatura ”.

Oppure la sentenza 5538/2018:” non è condivisibile la tesi di parte appellante, secondo cui la

forma di controllo in questione non si concilierebbe con le caratteristiche di imprevedibilità e di dinamicità che connotano la professione di avvocato, incidendo sull’autonomia gestionale e sulla libertà di azione qualificanti (anche) la professione dell’avvocato pubblico. Deve infatti osservarsi che se, da un lato, non è dimostrato che l’”imprevedibilità” dell’attività professionale dell’avvocato sia tale da impedire l’efficiente e tempestivo esercizio della suindicata potestà autorizzatoria, dall’altro lato, proprio l’affidamento della medesima potestà al Dirigente del medesimo Settore cui appartiene l’avvocato richiedente l’autorizzazione, ai fini dello svolgimento del mandato difensivo, garantisce il suo esercizio secondo criteri di snellezza, tempestività, flessibilità e coerenza con le effettive esigenze organizzative del dipendente. Del resto, se si analizza il contenuto delle disposizioni attuative dettate con la citata nota commissariale, è previsto che la potestà autorizzatoria in discorso possa essere esercitata secondo modalità atte a sovvenire adeguatamente alle diverse esigenze di servizio “esterno” dell’avvocato: basti rilevare, ad esempio, che l’autorizzazione può essere rilasciata “per frazione oraria, per l’intera giornata o per diversi giorni”, che nel caso in cui “il servizio esterno coincide con l’inizio del servizio presso struttura diversa da quella di assegnazione, l’autorizzazione deve essere acquisita il giorno precedente, ed il codice dovrà essere utilizzato direttamente in entrata nella struttura di destinazione”, che “in caso di servizio esterno svolto presso sedi esterne all’Azienda (Tribunali ecc.), il dipendente, nel caso di accertata impossibilità ad effettuare la marcatura in entrata e/o in uscita, è tenuto a consegnare presso l’ufficio rilevazione presenze di competenza l’attestazione dell’effettivo orario svolto, autorizzato dal Dirigente Responsabile della struttura di assegnazione, al fine di consentire l’inserimento manuale dell’orario dichiarato e autorizzato ”.

Ma a conclusioni non dissimili si perviene esaminando l’art. 30 del regolamento 12/2011, su cui è fondata la sentenza impugnata. Esso fa riferimento, per la parte che in questa sede interessa, all’applicazione del disposto dell'articolo 17, comma 5, lettera a), del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

L’art. 17 in questione è inserito nel decreto legislativo che ha recepito una direttiva comunitaria relativa all’orario di lavoro ed in particolare prescrive che una serie di norma del d.lgs. 66/2003 non si applicano ai lavoratori la cui durata dell’orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell’attività esercitata, non è misurata o predeterminata o può essere determinata dai lavoratori stessi.

Ma se si analizzano le singole norme derogate, nessuna di esse riguarda il controllo della presenza con il badge.

L’art. 47 d.P.R. 445/2000 non è rilevante in questa sede poiché è la norma che autorizza l’autocertificazione cui gli avvocati della Regione ricorreranno tutte le volte che saranno impiegati in servizi esterni.

In conclusione, al di là della formale recentissima abrogazione del regolamento 12/2011, non vi è mai stato alcun valido supporto normativo alla tesi che richiedere l’uso del badge in entrata ed uscita dall’ufficio sarebbe una lesione dell’autonomia degli avvocati di enti pubblici.

9. Le considerazioni finora svolte consentono infine di respingere la richiesta di rinvio della trattazione, formulata dalla difesa degli appellati all’udienza del 5 giugno 2024, finalizzata a valutare l’opportunità di proporre ricorso in opposizione di terzo nei confronti della sentenza della V sezione di questo Consiglio di Stato del 4 giugno 2024, n. 4998, di annullamento del regolamento regionale n. 12 del 2011. Le ragioni su cui si fonda la presente pronuncia di rigetto del ricorso degli avvocati si incentrano infatti sull’interpretazione nei termini poc’anzi precisati delle norme contenute nell’atto regolamentare finché questo è stato in vigore, nel senso cioè dell’infondatezza della pretesa degli avvocati regionali a non essere sottoposti a forme di controllo sul rispetto dell’orario di lavoro. Pertanto, a prescindere dall’eccezionalità ex art. 73, comma 1- bis , cod. proc. amm. del rinvio, è in ogni caso determinante il fatto che pur nel suo tipico effetto retroattivo il sopravvenuto annullamento in sede giurisdizionale dell’atto regolamentare, per effetto della pronuncia da ultimo richiamata, non riveste sul presente contenzioso alcuna incidenza che ne possa giustificare la dilazione.

10. Infine, in punto spese di giudizio, la particolarità del contenzioso ne giustifica la compensazione per il doppio grado.

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