Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2017-12-21, n. 201706011

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2017-12-21, n. 201706011
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201706011
Data del deposito : 21 dicembre 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/12/2017

N. 06011/2017REG.PROV.COLL.

N. 01584/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1584 del 2017, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato L P, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Emanuela Mazzola in Roma, via Tacito, 50;

contro

Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, Presidio Ospedaliero di -OMISSIS-non costituito in giudizio;

nei confronti di

-OMISSIS-non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CALABRIA - CATANZARO :SEZIONE I n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente il diniego dell'accesso agli atti dell'Azienda Sanitaria Provinciale, Presidio Ospedaliero di -OMISSIS-, comunicato al ricorrente, a mezzo fax, in data -OMISSIS-, presso lo studio del difensore oggi costituito, con provvedimento recante n. prot. -OMISSIS-, del -OMISSIS-, con il quale veniva rigettata la richiesta formale inoltrata dal ricorrente in data 1/2/2016, ricevuta dall'ASP di Cosenza, Presidio Ospedaliero di -OMISSIS-, il 4/2/2016, nonché per l’annullamento del silenzio rifiuto formatosi sulla richiesta di accesso agli atti inoltrata dal ricorrente con la medesima suddetta raccomandata A/R, pervenuta all'ASP di Cosenza, Presidio Ospedaliero di -OMISSIS-il 4/2/2016 e per accertamento del diritto del ricorrente di prendere visione ed estrarre copia integrale della documentazione suddetta e la conseguente condanna delle amministrazioni resistenti all'ostensione dei documenti richiesti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 16 novembre 2017 il Cons. Luigi Birritteri e uditi per le parti gli avvocati Emanuela Mazzola su delega di L P;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con sentenza n. -OMISSIS-(pubblicata il -OMISSIS-) il TAR per la Calabria ha respinto il ricorso proposto da -OMISSIS- avverso il diniego dell'accesso alla documentazione concernente il ricovero Ospedaliero di -OMISSIS-, disposto a seguito dell’intervento del servizio “118”.

La richiesta di accesso agli atti risulta inoltrata a tutela della figlia minore del -OMISSIS-, convivente con la madre -OMISSIS-insieme alla suddetta -OMISSIS-, nonna della minore (in quanto madre adottiva della -OMISSIS-), asseritamente affetta da patologia psichica potenzialmente idonea a pregiudicare l’equilibrio psichico e la sana crescita della piccola -OMISSIS--OMISSIS- (nata nel 2011).

Il primo giudice, dopo aver proceduto al raffronto tra il diritto alla riservatezza, relativo a dati idonei a rivelare lo stato di salute della signora -OMISSIS-(dati c.d. “sensibilissimi”) e l’interesse giuridico esposto dal ricorrente con riferimento alla tutela della minore ha ritenuto, nella fattispecie, sub valente quest’ultimo interesse nella considerazione che l’accesso è stato richiesto, non con riferimento a documenti concernenti dati della persona (la madre della minore) nei confronti della quale è pendente un giudizio concernente l’affidamento della piccola -OMISSIS-, bensì nei confronti di soggetto estraneo al suddetto rapporto familiare, fatto idoneo a determinare “ una tutela rafforzata del diritto alla riservatezza di un soggetto estraneo ai rapporti tra i genitori della minore” .

Ciò perché – osserva il giudice di prime cure – occorre tener conto “ della natura dei dati inerenti il ricovero della sig.ra -OMISSIS- presso il Presidio Ospedaliero di -OMISSIS-, attinenti alla salute psichica, la cui conoscenza da parte di soggetti estranei può avere ricadute rilevanti nella vita sociale del soggetto interessato, che non si ritiene possano essere giustificate dalle esigenze di tutela rappresentate dal ricorrente”.

Avverso tale decisione propone appello il -OMISSIS- deducendo assenza, carenza e contraddittorietà della motivazione;
l’illegittimità del diniego di accesso per violazione del principio di trasparenza e per carenza e insufficienza della motivazione del provvedimento impugnato, comunque illegittimo perché emesso fuori termine.

Nella pubblica udienza del 16 novembre 2017, sentite le parti, la causa è stata trattenuta in decisione

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

In tema di accesso ai documenti amministrativi le necessità difensive, riconducibili alla effettività della tutela di cui all’art. 24 Cost., debbano ritenersi, di regola, prevalenti rispetto a quelle della riservatezza, ma l’applicazione di tale principio va adeguatamente bilanciata allorchè vengano in considerazione dati sensibili (origine razziale ed etnica, convinzioni religiose, opinioni politiche, adesione a partiti, sindacati, etc.) ovvero, come nella fattispecie, dati sensibilissimi, ossia i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute del soggetto interessato.

In questi casi l’accesso è consentito a particolari condizioni, nello specifico disciplinate dall’art. 60 del decreto legislativo n. 196 del 2003 (Codice della Privacy).

A norma del citato art. 60, comma 1, “Q uando il trattamento concerne dati idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale, il trattamento è consentito se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi è di rango almeno pari ai diritti dell'interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile ”.

Tale disposizione, riguardante com’è noto il rapporto tra diritto di accesso e diritto alla riservatezza dei dati c.d. sensibilissimi, chiarisce in modo inequivoco che, in questi casi, il diritto di accesso può essere esercitato soltanto se, in seguito ad una delicata operazione di bilanciamento di interessi, la situazione giuridica rilevante sottesa al diritto di accesso viene considerata di rango almeno pari al diritto alla riservatezza riferito alla sfera della salute dell’interessato.

Tale comparazione va effettuata in concreto, sulla base dei principi di proporzionalità, pertinenza e non eccedenza.

Soccorre in questa direzione la norma di cui all’art. 24, comma 7, della legge n. 241 del 1990 – complementare rispetto al citato art. 60 del Codice della privacy – secondo cui l’accesso è in tutti questi casi consentito qualora ciò risulti strettamente necessario e indispensabile per la difesa dei propri interessi giuridici.

Tanto premesso, nel presente giudizio (ove, come è ben evidenziato nella sentenza di primo grado, l’accesso al dato sensibilissimo riguarda un soggetto estraneo alla contesa giudiziaria per l’affidamento della figlia minore dell’odierno appellante) assume valenza centrale ed assorbente la questione dell’assolvimento dell’onere probatorio gravante sul soggetto istante (odierno appellante) in ordine all’indispensabilità dell’accesso richiesto per la tutela dei propri interessi giuridici.

In altri termini occorre che la parte fornisca la prova delle stretta necessarietà ed indispensabilità del dato cui chiede di accedere rispetto all’interesse oggetto di tutela.

Al riguardo detto onere probatorio non risulta assolto dalla parte ricorrente che si è limitata ad esporre, del tutto genericamente, di aver appreso che la Signora -OMISSIS-sarebbe “ persona affetta da patologia psichica” per come l’istante avrebbe appreso dal fratello (-OMISSIS--OMISSIS-) presente allorchè costei, il 27.11.2015, venne ricoverata presso il Pronto Soccorso di

-OMISSIS-.

Questa sola affermazione, del tutto generica e incontrollata, non può consentire di ritenere assolto il suddetto onus probandi considerato che il mero rapporto di convivenza con la minore (affidata, peraltro, alle cure della madre) non evidenza alcun concreto elemento di una qualche forma di sofferenza psichica idonea a compromettere (anche soltanto potenzialmente) la sicurezza e lo sviluppo della minore stessa.

Dalla mancanza di siffatta dimostrazione discende la correttezza dell’operato della struttura sanitaria (ASP di Cosenza) che, alle condizioni date, ha legittimamente negato l’accesso agli atti.

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