Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-08-30, n. 202308079

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-08-30, n. 202308079
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202308079
Data del deposito : 30 agosto 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/08/2023

N. 08079/2023REG.PROV.COLL.

N. 06673/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6673 del 2020, proposto dal
Ministero dell’Istruzione (ora dell’Istruzione e del Merito), in persona del Ministro pro tempore , ex lege rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso gli Uffici della stessa, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

prof.ssa O G e prof.ssa G S D M, rappresentate e difese dall’avv. A G e con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Armando S, in Roma, via D. Cucchiari, n. 57;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Roma, Sezione Terza Bis , n. 6276/2020 del 9 giugno 2020, resa tra le parti, con cui è stato accolto il ricorso, integrato da motivi aggiunti, R.G. n. 8291/2019.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Vista l’istanza della difesa erariale di passaggio della causa in decisione;

Vista la memoria di costituzione e difensiva delle appellate;

Vista l’ordinanza collegiale n. 7904/2022 del 12 settembre 2022, con la quale è stata disposta la sospensione del giudizio;

Vista l’istanza delle appellate di passaggio della causa in decisione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 maggio 2023 il Cons. P D B e preso atto che nessuno è comparso per le parti;

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;


Considerato:

- che con il ricorso in epigrafe il Ministero dell’Istruzione (ora dell’Istruzione e del Merito) propone appello avverso la sentenza breve del T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III- bis , n. 6276/2020 del 9 giugno 2020, chiedendone la riforma;

- che la sentenza appellata ha accolto il ricorso della prof.ssa O G e della prof.ssa G S D M contro la nota ministeriale prot. n. 5636 del 2 aprile 2019 (cioè l’avviso con cui il Ministero dell’Istruzione ha esplicitato in linea generale l’impossibilità di riconoscere la formazione acquisita dagli aspiranti docenti in Romania ai fini dell’abilitazione all’insegnamento), nonché contro il provvedimento prot. n. U.0009687 del 16 maggio 2019, recante diniego di riconoscimento del titolo di abilitazione conseguito in Romania dalla prof.ssa O G in relazione alla classe di concorso A018 ( Filosofia e Scienze Umane ) e all’insegnamento per il sostegno, e per l’effetto ha annullato gli atti impugnati;

- che il T.A.R. ha annullato la succitata nota ministeriale e il conseguente diniego, evidenziando che il Ministero ha errato a dar rilevanza alla valutazione erronea delle Autorità romene, lì dove queste hanno escluso il riconoscimento delle qualifiche professionali per coloro che non hanno conseguito il titolo di studio in Romania. Una motivazione di tal tenore, infatti, si pone in contrasto con i principi e le norme di origine sovranazionale, i quali impongono di riconoscere in modo automatico i titoli di formazione rilasciati in altro Stato membro dell’UE al termine di formazioni in parte concomitanti, a condizione che la durata complessiva, il livello e la qualità delle formazioni a tempo parziale non siano inferiori a quelli delle formazioni continue a tempo pieno, secondo quanto affermato dalla Corte di Giustizia UE, Sez. III, con sentenza n. 675 del 6 dicembre 2018;

- che la sentenza appellata aggiunge che l’eventuale errore delle autorità romene, nel non riconoscere qualificazione abilitante alla laurea ottenuta in Italia, non può vincolare la decisione amministrativa delle autorità italiane, le quali sono chiamate, invece, a valutare la congruità delle formazioni svolte all’estero, nei termini chiariti dalla giurisprudenza europea sopra richiamata e alla stregua dell’art. 13 della direttiva n. 2103/55/UE (che ha modificato la direttiva n. 2005/36/CE). Pertanto, a fronte della sussistenza, in capo agli aspiranti docenti, sia del titolo di studio richiesto (la laurea conseguita in Italia, ex se rilevante), sia della qualificazione abilitante all’insegnamento, non vi sono i presupposti per il contestato diniego;

- che il primo giudice ha osservato, da ultimo, come la motivazione del diniego si incentrasse sulla questione del livello di integrazione tra gli ordinamenti dei due Paesi (Romania e Italia) e, in specie, sul fatto che nel sistema romeno l’insegnamento di sostegno rientra nell’ambito di un insegnamento speciale svolto in apposite scuole speciali, mentre nel sistema italiano esso viene svolto nelle classi comuni con il supporto dell’insegnante di sostegno. Tuttavia – nota la sentenza appellata – il tema non è la coincidenza o meno tra l’ordinamento scolastico italiano e quello romeno, ma la possibilità che una circostanza di tal natura si erga a nucleo centrale dell’apparato motivazionale, idoneo ex se a giustificare il rigetto dell’istanza di riconoscimento del titolo di abilitazione conseguito in Romania senza che dal provvedimento traspaia il compimento di alcuna attività istruttoria volta alla verifica, in concreto, del livello professionale conseguito ai sensi della direttiva n. 2005/36/CE, o all’effettiva valutazione delle competenze acquisite dalla richiedente: di tal ché, in conclusione, i provvedimenti ministeriali risultano viziati da difetto di motivazione, giacché dagli stessi non è possibile desumere l’avvenuto svolgimento di valutazioni e comparazioni delle competenze acquisite dalle ricorrenti in Romania, in distonia con le statuizioni degli artt. 16-19 del d.lgs. n. 206/2007, degli art. 11 e 13 della direttiva n. 2005/36/CE e della giurisprudenza della Corte di Giustizia UE;

- che con l’unico motivo di appello l’Avvocatura dello Stato deduce le censure di error in procedendo et in iudicando ;
travisamento dei fatti;
violazione di legge con particolare riferimento all’art. 13 della direttiva n. 2005/36/CE, come modificata dalla direttiva n. 2013/55/UE;

- che, in sintesi, il Ministero appellante contesta che le controparti abbiano ottenuto un titolo idoneo astrattamente, in Romania, all’esercizio della professione di docente: il titolo rilasciato dalle autorità romene, denominato “ Adeverinta ”, attesterebbe invero l’avvenuto svolgimento dei corsi denominati “ Programului de studii psihopedagogice, Nivelul I e Nivelul II ”, ma non farebbe alcun riferimento al livello della qualifica professionale richiesto dall’art. 13, comma 3, della direttiva n. 2013/55/UE al fine del riconoscimento della qualifica stessa. La Romania, infatti, riconoscerebbe unicamente a fini accademici e non a fini professionali i corsi seguiti dagli studenti italiani, poiché tali corsi sarebbero privi di valenza abilitativa, essendo per il sistema didattico romeno titolo abilitativo soltanto la laurea conseguita in Romania. Anche a voler ammettere che l’Amministrazione italiana potesse supplire al mancato riconoscimento attivando una valutazione comparativa dei corsi romeni rispetto ai corsi – essi sì abilitativi – italiani, il relativo confronto presupporrebbe necessariamente che i corsi romeni da valutare siano provvisti della qualificazione “professionale” e, cioè, della certificazione rilasciata dall’autorità romena, che ne attesti la validità ai fini professionali (e non semplicemente accademici), precondizione che, invece, nel caso in esame, non si verificherebbe affatto;

- che secondo il Ministero, il riconoscimento dell’abilitazione conseguita in Romania dalla prof.ssa G e dalla prof.ssa D M non potrebbe operarsi neppure in forza del riferimento alle norme europee sul riconoscimento reciproco tra gli Stati membri delle qualifiche professionali (direttiva n. 2005/36/CE, modificata dalla direttiva n. 2013/55/UE), come interpretate dalla Corte di Giustizia, poiché nel caso in discorso – a differenza dalle fattispecie esaminate dai giudici europei – sarebbe in discussione il riconoscimento da parte dello Stato membro della qualifica professionale del titolo di formazione rilasciato: infatti, sarebbe proprio la Romania ad attestare che i corsi seguiti non hanno qualificazione professionale (quindi non corrispondono a un livello “professionale” al quale correlare l’eventuale comparazione, ai fini di effettuare il riconoscimento del titolo);

- che in conclusione, secondo l’appellante Ministero, proprio in base alla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE si dovrebbe ritenere, da un lato, che non vi sia alcuna automaticità nel riconoscimento (del resto, non rinvenuta neppure dai giudici europei) e dall’altro, che all’eventuale raffronto concreto dei percorsi formativi italiano e romeno potrà procedersi solo se ai corsi romeni venga riconosciuta valenza professionale dallo Stato di origine (appunto, la Romania);

Considerato, inoltre:

- che si sono costituite in giudizio con memoria di costituzione e difensiva la prof.ssa O G e la prof.ssa G S D M, eccependo l’infondatezza delle censure formulate nell’appello. Per l’effetto, il difensore delle appellate ha concluso per la reiezione del gravame, con condanna del Ministero alle spese, di cui ha chiesto la distrazione, dichiarandosi antistatario;

- che con ordinanza collegiale n. 7904/2022 del 12 settembre 2022 la causa è stata sospesa, in virtù dell’intervenuta remissione della medesima questione oggetto del giudizio innanzi all’Adunanza Plenaria di questo Consiglio;

- che all’esito della pronuncia della Plenaria è stata fissata per la discussione della causa l’udienza pubblica del 9 maggio 2023;

- che le appellate hanno presentato istanza di passaggio della causa in decisione;

- che alla suindicata udienza pubblica il Collegio, preso atto che nessuno è comparso per le parti, ha trattenuto la causa in decisione;

Ritenuto, sulla base della regola della “ ragione più liquida ”, espressione del superiore principio di economia dei mezzi processuali (cfr. C.d.S., A.P., 27 aprile 2015, n. 5), di poter prescindere dalla disamina della questione della ritualità della prosecuzione del giudizio secondo le modalità indicate dall’ordinanza n. 7904/2022 cit., attesa l’infondatezza nel merito delle censure dedotte dal Ministero appellante;

Considerato, infatti:

- che con sentenze nn. 19/2022 e 20/2022 del 29 dicembre 2022 l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha disatteso l’argomentazione del Ministero – su cui si basa anche il presente appello – per la quale il titolo ottenuto in Romania da Italiani che hanno conseguito la laurea in Italia avrebbe valore solo accademico e non professionale e sarebbe, perciò, privo di valore abilitante, in quanto secondo l’ordinamento romeno solo la laurea conseguita in Romania sarebbe titolo abilitativo;

- che a tal proposito la Plenaria ha osservato come le argomentazioni del Ministero contrastino con le attestazione delle autorità romene, “ secondo cui deve riconoscersi il diritto di insegnare in Romania a livello di istruzione preuniversitaria in capo a coloro che, […] titolari di diploma/ master conseguito all’estero e riconosciuto in Romania, abbiano frequentato e superato appositi corsi di formazione psicopedagogica, complementari di diploma, in settori e specializzazioni conformi al curriculum dell’istruzione preuniversitaria ” (cfr., ex multis , C.d.S., Sez. VI, 3 giugno 2021, n. 4227), rilevando, in aggiunta, come si fosse formato il giudicato sull’illegittimità della nota ministeriale prot. n. 5636 del 2 aprile 2019;

- che nelle pronunce ora viste l’Adunanza Plenaria ha affermato il seguente principio di diritto: “ spetta al Ministero competente verificare se, e in quale misura, si debba ritenere che le conoscenze attestate dal diploma rilasciato da altro Stato o la qualifica attestata da questo, nonché l’esperienza ottenuta nello Stato membro in cui il candidato chiede di essere iscritto, soddisfino, anche parzialmente, le condizioni per accedere all’insegnamento in Italia, salva l’adozione di opportune e proporzionate misure compensative ai sensi dell’art. 14 della Direttiva 2005/36/CE ”;

- che sulla base di tali pronunce deve ritenersi applicabile alla fattispecie in esame la seguente regola operativa: il Ministero appellante dovrà esaminare le istanze di riconoscimento del titolo formativo conseguito in Romania, rispettivamente, dalla prof.ssa G e dalla prof.ssa D M tenendo conto dell’intero compendio di competenze, conoscenze e capacità da costoro acquisite e verificando che la durata complessiva, il livello e la qualità delle formazioni a tempo parziale siano non inferiori a quelli delle formazioni continue a tempo pieno, secondo quanto affermato dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza n. 675 del 6 dicembre 2018 (emessa nella causa C-675/17). In esito al procedimento di verifica dell’equipollenza dell’attestato di formazione, il Ministero potrà, se del caso, disporre a carico delle aspiranti docenti opportune e proporzionate misure compensative (v. C.d.S., Sez. VII, 25 gennaio 2023, n. 816;
Sez. VI, 20 luglio 2022, n. 6321);

Ritenuto, per quanto esposto, di dover respingere l’appello;

Ritenuta, da ultimo, la sussistenza di giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio di appello, in ragione delle oscillazioni della giurisprudenza, che hanno richiesto, a scioglimento delle stesse, l’intervento dell’Adunanza Plenaria;

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