Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-02-23, n. 201101138

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-02-23, n. 201101138
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201101138
Data del deposito : 23 febbraio 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08184/2009 REG.RIC.

N. 01138/2011REG.PROV.COLL.

N. 08184/2009 REG.RIC.

N. 08185/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sui seguenti ricorsi:
1) numero di registro generale 8184 del 2009, proposto da -OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati M A, D P e F S, con domicilio eletto presso M A, in Roma, via Cassiodoro, 1/A;

contro

Autorità garante della concorrenza e del mercato, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;



2) numero di registro generale 8185 del 2009, proposto da -OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati M A, D P e F S, con domicilio eletto presso M A in Roma, via Cassiodoro, 1/A;

contro

Autorità garante della concorrenza e del mercato, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

quanto al ricorso n. 8184 del 2009: della sentenza del T.a.r. Lazio – Roma, sezione I, n. -OMISSIS-/2009;

quanto al ricorso n. 8185 del 2009: della sentenza del T.a.r. Lazio – Roma, sezione I, n. -OMISSIS-/2009, entrambe concernenti COMPUTO DELL’ANZIANITA’ IN SEDE DI CONVERSIONE DI RAPPORTO DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO IN RAPPORTO A TEMPO INDETERMINATO


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 gennaio 2011 il Cons. R D N e uditi per le parti l’avvocato Parrotta e l’avvocato dello Stato Rumetto (quest’ultimo solo nelle preliminari);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Va anzitutto disposta la riunione dei due ricorsi in epigrafe, che riguardano le medesime questioni di diritto.

2. Le odierne appellanti, già dipendenti dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (d’ora innanzi AGCM), in virtù di contratti a tempo determinato, hanno fruito della c.d. stabilizzazione di cui all’art. 1, comma 519, l. 27 dicembre 2006, n. 296 e, per l’effetto, con decorrenza 17 maggio 2007 il loro rapporto di lavoro è stato convertito in rapporto di lavoro a tempo indeterminato con collocazione in ruolo.

2.1. L’AGCM con deliberazione assunta nell’adunanza del 17 luglio 2008 ha deliberato che le odierne appellanti fossero collocate al livello I della fascia D delle tabelle retributive degli impiegati (vale a dire il medesimo livello che avevano conseguito al momento dell’instaurazione del pregresso rapporto a tempo determinato), e ha loro attribuito un assegno ad personam riassorbibile e non rivalutabile pari alla differenza tra il trattamento economico (sommatoria delle voci retributive “retribuzione stipendiale” e “indennità incentivante”) in godimento al 17 maggio 2007 e quello previsto per il livello iniziale delle tabelle stipendiali degli impiegati vigenti alla medesima data.

2.2. Con successiva deliberazione 26 novembre 2008 l’AGCM ha ridotto l’ammontare mensile lordo dell’assegno ad personam spettante alle ricorrenti con decorrenza 1° gennaio 2008, quantificando il debito per le maggiori somme percepite dalle interessate negli anni 2007 e 2008.

3. La prima delibera è stata impugnata dalle odierne appellanti con separati ricorsi al T.a.r. Lazio – Roma, mentre la seconda è stata impugnata davanti al medesimo T.a.r. con motivi aggiunti.

Si lamentava con i ricorsi di primo grado e successivi motivi aggiunti che:

a) sarebbe stato violato l’art. 1, comma 519, l. n. 296 del 2006, che non prevede che la stabilizzazione avvenga con azzeramento dell’anzianità maturata durante il periodo di rapporto di lavoro a tempo determinato;

b) l’assegno ad personam sarebbe stato erroneamente determinato senza tener conto di alcune componenti dello stipendio;

c) la seconda delibera impugnata sarebbe affetta da invalidità derivata e altresì viziata per omesso avviso di avvio del procedimento.

4. Il Tribunale amministrativo adito con le sentenze in epigrafe ha respinto i ricorsi e i motivi aggiunti osservando che:

a) dal quadro normativo si desumerebbe che la c.d. stabilizzazione comporta l’assunzione a tempo indeterminato di dipendenti già assunti a tempo determinato, ma con soluzione di continuità e dunque senza computo della pregressa anzianità;

b) la previsione di un assegno ad personam è stata fatta dal legislatore solo per il personale dell’AGCM ed è un vantaggio specifico, atteso che in difetto di espressa previsione non solo non si doveva riconoscere la pregressa anzianità, ma neppure attribuire un assegno ad personam , non applicandosi il c.d. divieto di reformatio in peius nei rapporti di pubblico impiego non di ruolo;

c) corretta è stata la quantificazione dell’assegno ad personam espungendo le componenti retributive occasionali;

d) non è apprezzabile il vizio di disparità di trattamento in presenza di attività amministrativa vincolata;

e) non occorreva avviso di avvio del procedimento in relazione alla delibera di rideterminazione dell’assegno ad personam , trattandosi di atto paritetico.

5. Hanno proposto separati appelli le originarie ricorrenti, riproponendo le censure di cui ai ricorsi di primo grado e contestando le sentenze gravate con i seguenti argomenti:

a) il rapporto a tempo determinato a suo tempo è sorto a seguito di selezione mediante procedura concorsuale;

b) il citato art. 1, comma 519, l. n. 296 del 2006, se non prevede, neppure escluderebbe la conservazione dell’anzianità maturata durante il rapporto a tempo determinato;

c) la c.d. stabilizzazione, sia in base al dato normativo, sia in base alle delibere adottate dall’AGCM, sarebbe una conversione del rapporto a termine in rapporto a tempo indeterminato, senza soluzione di continuità e dunque con conservazione dell’anzianità pregressa;

d) il divieto di reformatio in peius della posizione economica e giuridica del dipendente sarebbe un principio applicabile sia nel pubblico impiego che nell’impiego privato;

e) le dipendenti avrebbero subito una retrocessione economica a parità di mansioni svolte prima e dopo la stabilizzazione;

f) il diritto comunitario vieta di discriminare tra lavoratori a tempo determinato e tempo indeterminato (direttiva 1999/70/CEE, allegato, clausola 4 commi 1 e 4;
Corte. giust. CE 13 settembre 2007 C-307/05), sicché andrebbe rimessa alla Corte di giustizia CE la questione pregiudiziale di compatibilità dell’art. 1, comma 519, l. n. 296 del 2006, con il principio comunitario suddetto, ove la norma statale venisse interpretata nel senso che la stabilizzazione avviene con azzeramento della pregressa anzianità;

g) gli appelli insistono sulla q.l.c. già disattesa dal Tribunale amministrativo . relativa all’art. 75, comma 2, d.-l. 25 giugno 2008, n. 112e all’art. 1, comma 2, l. 6 agsoto 2008, n. 133;

h) se in base all’art. 1, comma 519, l. n. 296 del 2006, l’anzianità minima di servizio triennale è la condizione di accesso alla procedura di stabilizzazione, illogico sarebbe sostenere che la stabilizzazione avvenga senza conservazione di detta pregressa anzianità;

i) l’art. 58 del regolamento del personale dell’AGCM porrebbe in termini generali il divieto di reformatio in peius e sebbene si riferisca ai dipendenti di ruolo andrebbe esteso all’ipotesi, sopravvenuta rispetto alla data di sua emanazione, della c.d. stabilizzazione.

Le appellanti ripropongono inoltre i motivi aggiunti ai ricorsi di primo grado lamentandone il mancato esame da parte del Tribunale amministrativo

6. L’AGCM si è costituita in appello, e ha controdedotto con memoria depositata il 7 gennaio 2011.

7. All’udienza di discussione l’avvocato delle appellanti ha dichiarato di non accettare il contraddittorio sulle memorie di controparte, perché tardivamente depositate.

L’eccezione è fondata.

Trattandosi di contenzioso su provvedimenti di pubblico impiego, ancorché provenienti da un’Autorità amministrativa indipendente, non trova applicazione il rito speciale di cui all’art. 119 Cod. proc. amm. connotato da termini dimezzati, ma il rito ordinario, nel quale le memorie possono essere depositate fino a trenta giorni liberi prima dell’udienza di discussione (art. 73, comma 1, Cod. proc. amm.). Le memorie depositate in data 7 gennaio per l’udienza del 25 gennaio sono pertanto tardive.

8. Gli appelli sono infondati.

8.1. Le argomentazioni delle sentenze appellate sono condivise dal Collegio e non sono scalfite dai motivi di appello, ancorché articolati e approfonditi.

8.2. L’art. 1, comma 519, l. n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007) ha stabilito che, per l’anno 2007, una quota pari al 20% del fondo di cui al comma 513 è destinata alla stabilizzazione a domanda del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi, o che consegua tale requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della legge, che ne faccia istanza, purché sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge.

L’art. 75, comma 2, d.-l. 112 del 2008 ha previsto che presso le autorità indipendenti il trattamento economico del personale già interessato dalle procedure di “stabilizzazione” è determinato al livello iniziale e senza riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata nei contratti a termine o di specializzazione, senza maggiori spese e con l’attribuzione di un assegno ad personam , riassorbibile e non rivalutabile pari all’eventuale differenza tra il trattamento economico conseguito e quello spettante all’atto del passaggio in ruolo.

La norma non è stata convertita in legge, ma, ai sensi dell’art. 1, comma 2, l. 133 del 2008, restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base delle norme del d.l. 112/2008, modificate o non convertite in legge.

8.3. In ordine all’inquadramento del personale dell’Autorità con contratto a tempo determinato, la terza sezione del Consiglio di Stato, acquisito anche il parere del Ministero dell’economia e delle finanze, ha reso uno specifico parere con il quale ha ritenuto che l’inquadramento del personale da stabilizzare non possa che avvenire nei livelli iniziali, atteso che la normativa non prevede la possibilità del riconoscimento della posizione giuridica maturata in posizione di lavoro a termine, e che l’acquisizione di professionalità maturata nel rapporto di lavoro a tempo determinato dal personale in servizio presso l’Autorità, beneficiario della stabilizzazione prevista dall’art. 1, comma 519, l. n. 296 del 2006, può consentire di derogare al principio costituzionale del concorso pubblico, ma non costituisce valido presupposto per la corresponsione di un trattamento superiore a quello previsto per il livello iniziale (Cons. Stato, III, 6 maggio 2008 n. 2324/2007).

Analogamente per il trattamento economico, il Consiglio di Stato, nella detta sede consultiva, ha precisato che l’art. 58 del regolamento del personale dell’Autorità, che stabilisce il riconoscimento dell’assegno ad personam pensionabile, opera nell’ipotesi del superamento da parte del personale interessato di un concorso pubblico, mentre non è applicabile ad un’ipotesi che ha natura derogatoria rispetto alla normale procedura concorsuale di ingresso nel ruolo, così come non è applicabile alla fattispecie il principio del divieto di reformatio in peius di cui all’art. 202, d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3che opera esclusivamente a favore del personale di ruolo che “transiti presso la stessa o altra amministrazione”.

9. Non può condividersi la tesi delle appellanti secondo cui andrebbe valorizzata la circostanza che il rapporto di lavoro a tempo determinato è stato costituito a seguito di procedura concorsuale.

9.1. Invero, in disparte la considerazione che si è trattato di procedura selettiva ma non di vero e proprio concorso pubblico, e che non è stato dimostrato che la procedura selettiva fosse equiparabile ad un concorso per pubblico impiego a tempo indeterminato, giova comunque considerare che in base al più volte citato art. 1, comma 519, l’assunzione del dipendente a tempo determinato con “procedure selettive di natura concorsuale” era un presupposto per fruire della stabilizzazione, istituto di carattere eccezionale (Cons. Stato, IV, 30 dicembre 2008 n. 6635), senza sostenere un nuovo concorso pubblico come ordinariamente necessario per l’assunzione a tempo indeterminato.

Sicché il superamento di una procedura selettiva era condizione per l’accesso alla stabilizzazione, ma non dava anche titolo alla “conversione” del rapporto a termine in rapporto a tempo indeterminato.

9.2. Non a caso il legislatore ha parlato di “stabilizzazione”, non di “conversione”, pur preesistendo, nell’ordinamento giuridico, l’istituto della conversione del contratto di lavoro a termine in contratto di lavoro a tempo indeterminato (art. 5 d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368), per sottolineare la specificità e specialità della nuova disciplina.

Occorre pertanto distinguere l’inquadramento in ruolo a seguito di eccezionale stabilizzazione, di un lavoratore che, in difetto di stabilizzazione, avrebbe subito la naturale scadenza del rapporto a termine, sia dall’inquadramento in ruolo a seguito dell’espletamento di un concorso per assunzione a tempo indeterminato, sia dalla conversione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato, che è ancorata a precisi presupposti derivanti dalla violazione delle condizioni e termini del contratto a termine (art. 5,d.lgs. n. 368 del 2001).

La c.d. stabilizzazione ha rappresentato una deroga alla regola generale dell’assunzione a tempo indeterminato mediante concorso pubblico (Corte cost., 6 luglio 2004 n. 205), e dal carattere derogatorio dell’istituto ne discendono i suoi limiti applicativi;
non si tratta di conversione di un pregresso rapporto a termine in rapporto a tempo indeterminato, ma di costituzione di un nuovo rapporto a tempo indeterminato, con soluzione di continuità rispetto al precedente, e per la costituzione del quale il concorso pubblico viene sostituito, eccezionalmente, da diversi presupposti legali (un precedente rapporto a tempo determinato che durasse da almeno tre anni, la selezione per il rapporto a tempo determinato con procedura di tipo concorsuale o comunque con procedura prevista dalla legge).

9.3. Va inoltre considerato che nel rapporto di pubblico impiego la c.d. conversione non è consentita (art. 36, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001), e non è rilevante in questa sede indagare se tale divieto di conversione sia o meno compatibile con il diritto comunitario, perché le appellanti non hanno nella specie dedotto alcuna circostanza atta a dimostrare che nel loro caso siano state commesse violazioni della disciplina dei contratti a termine, tali da giustificarne, in astratto, la conversione.

9.4. Sul presupposto che nel pubblico impiego non è prevista la conversione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato, la c.d. stabilizzazione prescinde dall’accertamento che siano state commesse violazioni della disciplina del contratto a termine, che ne giustifichino, in astratto, la conversione.

Né è condivisibile la tesi di parte appellante che l’art. 1, comma 519, abbia inteso sanare sistematiche violazioni, nel pubblico impiego, dei limiti ai contratti a termine, perché la fattispecie normativa è di carattere generale e consente la stabilizzazione a prescindere dall’esservi state violazioni. Né elementi a sostegno della tesi di parte appellante sembrano rinvenirsi nei lavori preparatori della l. n. 296 del 2006, lavori preparatori del resto non prodotti da parte appellante.

9.5. Si deve aggiungere che se il legislatore con la c.d. stabilizzazione avesse inteso introdurre, nel rapporto di pubblico impiego, in termini generali, una forma speciale di conversione, con conservazione della pregressa anzianità, ne sarebbero derivate palesi illegittimità per irragionevole discriminazione di soggetti assunti ab initio con contratto di lavoro a tempo indeterminato a seguito di pubblico concorso: in ipotesi, un soggetto assunto con contratto a tempo determinato, sulla base di procedura selettiva diversa dal concorso pubblico per l’assunzione in ruolo, se conservasse l’anzianità di servizio pregressa, potrebbe, con la procedura di stabilizzazione, scavalcare soggetti assunti a tempo indeterminato mediante concorso pubblico, ma con minore anzianità di servizio, già immessi in ruolo, che si vedrebbero superare nella loro posizione di ruolo da soggetti che in ruolo non erano, e che vi entrerebbero portandosi l’anzianità pregressa maturata in un diverso rapporto.

Un istituto eccezionale, quale è la stabilizzazione, diventerebbe così ragionando un mezzo di discriminazione alla rovescia di chi è già in ruolo in virtù di concorso pubblico.

9.6. Pertanto l’art. 1, comma 519, citato, non può che essere applicato restrittivamente, e laddove non prevede la conservazione della pregressa anzianità non può che essere interpretato in base al suo tenore letterale, nel senso che la stabilizzazione avviene con costituzione di un nuovo rapporto ex nunc .

Al silenzio legislativo non può invece attribuirsi sulla base di ardite ricostruzioni esegetiche, il significato opposto, di riconoscimento della pregressa anzianità, che determinerebbe una palese illegittimità della norma per discriminazione dei dipendenti già in ruolo.

9.7. Va ribadito che l’anzianità minima triennale, prevista dall’art. 1, comma 519, è solo un presupposto legale sostitutivo del concorso pubblico, per fruire della stabilizzazione, ma non implica un tacito riconoscimento legale del trascinamento dell’anzianità pregressa.

10. Va altresì rilevato che, in assenza dell’art. 75, comma 2, d.-l. n. 112 del 2008, l’Autorità - considerata la cesura tra il vecchio ed il nuovo rapporto di lavoro e l’impossibilità di valorizzare l’anzianità maturata in posizione non di ruolo - avrebbe dovuto procedere ad inquadrare il personale da stabilizzare nei livelli iniziali della relativa carriera, senza peraltro attribuire un assegno ad personam .

Infatti, l’art. 58 del regolamento del personale dell’Autorità non è applicabile direttamente al caso di specie, così come l’art. 202, d.P.R. n. 3 del 1957 non è applicabile nell’ambito del rapporto di impiego non di ruolo.

Né convince la tesi delle appellanti secondo cui l’art. 58 citato andrebbe esteso al caso, che non poteva contemplare, della stabilizzazione.

La stabilizzazione dà infatti vita ad un nuovo rapporto di lavoro, che non consente di prendere in considerazione anzianità maturate in un pregresso rapporto non di ruolo.

Pertanto l’assegno ad personam è stato attribuito non in virtù del principio generale del divieto di reformatio in peius , inapplicabile nei rapporti non di ruolo, ma in virtù di norma di legge espressa e speciale.

Ma appunto, la specialità della norma ne delimita la portata solo a quanto previsto: la conservazione del pregresso trattamento economico, ma non anche la conservazione dell’anzianità pregressa.

La pregressa anzianità non può essere conservata in difetto di espressa previsione.

11. Va perciò ribadita l’irrilevanza e non fondatezza della prospettata questione di legittimità costituzionale degli art. 75, comma 2, d..l. n. 112 del 2008 e 1, comma 2, l. n. 133 del 2008 in quanto, in assenza di tali norme, le ricorrenti avrebbero avuto titolo ad un trattamento deteriore rispetto a quello riconosciuto dall’Autorità.

12. Quanto, infine alla prospettata questione di illegittimità comunitaria, non sussistono i presupposti di un dubbio interpretativo che giustifichi la rimessione alla Corte di giustizia dell’UE.

Il diritto comunitario vieta un trattamento deteriore del lavoratore a termine rispetto a quello a tempo indeterminato, in costanza del rapporto a termine, quanto a trattamento economico e riconoscimento dell’anzianità di servizio, che decorre anche in costanza di rapporto di lavoro a termine. Non impedisce, tuttavia, di troncare il rapporto a termine alla scadenza stabilita e di costituire, in prosieguo, un nuovo rapporto di lavoro, sia esso a termine o a tempo indeterminato, nel quale non si può tener conto della pregressa anzianità, perché si tratta di nuovo rapporto.

Pertanto, se il legislatore nazionale, anziché far scadere il contratto al termine previsto, decide di valorizzare la situazione di chi ha già lavorato precariamente, per costituire un nuovo rapporto a tempo indeterminato, le regole della invocata direttiva non sono applicabili.

Né il divieto di discriminazione del lavoratore a termine può spingersi fino a imporre una discriminazione alla rovescia in danno di quello a tempo indeterminato, quale è quella che si verificherebbe se si consentisse una trasformazione di un rapporto a termine in un rapporto a tempo indeterminato senza il concorso pubblico necessario per l’assunzione a tempo indeterminato, e consentendo al lavoratore a termine la conservazione dell’anzianità pregressa, con uno scavalcamento di coloro che sono stati assunti a tempo indeterminato.

Pertanto, la previsione dell’allegato alla direttiva 1999/70/CE, clausola 4, comma 4, laddove dispone che “I criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive”, giustifica il mancato computo dell’anzianità di servizio nel caso in cui un lavoratore a tempo determinato venga successivamente assunto, senza concorso, a tempo indeterminato, sussistendo una motivazione oggettiva per non consentire il trascinamento dell’anzianità pregressa, per le ragioni sopra viste.

13. Per quanto attiene alle altre censure, si osserva che:

a) non sussiste alcun ingiustificato arricchimento dell’amministrazione in quanto il lavoratore “stabilizzato” è tenuto a svolgere l’attività lavorativa propria del livello di inquadramento;

b) l’assegno ad personam deve tenere conto delle componenti retributive fisse e continuative, comuni ai trattamenti economici complessivi delle due posizioni funzionali a raffronto, per cui correttamente l’Autorità non ha tenuto conto di componenti retributive occasionali;

c) la circostanza che l’applicazione della norma in favore di altri lavoratori possa determinare un maggiore beneficio per questi ultimi in relazione al momento della loro “stabilizzazione” non può refluire in un vizio di legittimità di un’attività amministrativa del tutto vincolata, laddove quest’ultima sia avvenuta, come nel caso di specie, nel rispetto delle norme di legge che hanno disciplinato la fattispecie.

14. Quanto alla censura di omesso avviso di avvio del procedimento di rideterminazione dell’assegno ad personam , il Tribunale amministrativo ha affermato che trattandosi di atto paritetico detto avviso non era necessario, e tale capo delle sentenze non è specificamente contestato.

15. La novità delle questioni giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio.


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