Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-02-05, n. 201500595

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-02-05, n. 201500595
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201500595
Data del deposito : 5 febbraio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02751/2013 REG.RIC.

N. 00595/2015REG.PROV.COLL.

N. 02751/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 2751/2013 RG, proposto dal sig. R C, n.q. di legale rappresentante pro tempore della Azienda agricola Castellini R, L &
G s.s., corrente in Castiglione dello Stiviere (MN), rappresentato e difeso dall'avv. E E, con domicilio eletto in Roma, via Tevere n. 46, presso lo studio dell’avv. Palmisano,

contro

l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura – AGEA (già AIMA), in persona del Presidente pro tempore ed il Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del Ministro pro tempore , rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici si domiciliano in Roma, via dei Portoghesi n. 12 e

nei confronti di

Regione Lombardia e l’APLAM, non costituiti nel presente giudizio,

per la riforma

della sentenza breve del TAR Lazio - Roma, sez. II-ter, n. 6875/2012, resa tra le parti e concernente gli atti di AIMA sulla compensazione nazionale ex art. 1, c. 1 del DL 43/1999 e la comunicazione di AIMA sui QRI in data 8 settembre 1999 (quote latte);

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle sole Amministrazioni statali intimate;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore all'udienza pubblica del 19 luglio 2013 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti costituite, l’avv. Ermondi e l’Avvocato dello Stato Tallarida;

Ritenuto in fatto che la Azienda agricola Castellini R, L &
G s.s., corrente in Castiglione dello Stiviere (MN), assume di gestire un’impresa agricola che produce e commercializza latte vaccino, onde soggiacciono al regime comunitario delle c.q. “quote latte”;

Rilevato che detta Società dichiara d’aver ricevuto le note con le quali l’AIMA (ora, AGEA) le ha comunicato loro, a’sensi dell’art. 1, c. 1 del DL 1° marzo 1999 n. 43 (convertito, con modificazioni, dalla l. 27 aprile 1999 n. 118) e per le annate lattiere 1995/96 e 1996/97, i risultati della compensazione nazionale e l’assegnazione dei rispettivi quantitativi di riferimento individuali – QRI, con una nota emanata dapprima nel mese di luglio 1999 ed integralmente sostituita con quella giunta nel novembre 1999;

Rilevato altresì che, avverso tali note dell’AIMA e ogni altro presupposto, connesso o conseguente, detta Società s’è gravata innanzi al TAR Lazio con il ricorso n. 13984/99 RG, colà deducendo: 1) – la violazione del reg. n. 92/3950/CEE e del reg. n. 93/536/CEE a causa sia della determinazione retroattiva dei QRI, sia dell’assenza di dati certi al riguardo, nonché dell’omessa disapplicazione delle norme nazionali contrastanti (decreto n. 43);
2) – la violazione dell’art. 1, c. 1 del DL 43/1999 e dell’art. 3 della l. 7 agosto 1990 n. 241, per contrasto con i principi di certezza del diritto e tutela dell’affidamento, per aver l’AIMA trasmesso, dopo quella diramata nel luglio 1999 e sospesa dal TAR, una seconda nota al fine di eluderne la pronuncia cautelare e con imputazioni differenti dei prelievi dovuti, senza motivare alcunché in ordine a detta sostituzione;
3) – l’illegittima imposizione del prelievo supplementare, in difetto di dati certi sulla reale produzione e commercializzazione di latte nelle annate de quibus e secondo presunzioni in base ad accertamenti induttivi, tali, dunque, da non dar contezza se ed in qual misura s’è avuto un effettivo sforamento del quantitativo nazionale assegnato all’Italia – QGG e, addirittura, da imporre la rettifica dei dati da portare a compensazione solo dopo quest’ultima;
4) – l’incompletezza e l’incomprensibilità dell’esito della compensazione nazionale, non essendo stato spiegato che cosa significhi il c.d. quantitativo assegnato (non rettificato) , né chiarito l’ammontare del QGG, fermo restando che neppur si comprende che cosa sia il quantitativo consegne in esubero individuale e perché esso sia assai superiore in ciascun annata e non sono indicati i quantitativi di vendite dirette;
5) – la violazione del giudicato cautelare, per aver l’AIMA chiesto il pagamento del prelievo de quo nei confronti dei produttori che ottennero la sospensione cautelare della nota resa ex art. 2 del DL 1° dicembre 1997 n. 411 (conv. modif. dalla l. 28 gennaio 1998 n. 5);
6) – l’omessa comunicazione sull’avvio di tutti i procedimenti relativi alla rideterminazione dei QRI circa le ragioni che hanno portato l’AIMA a tali conclusioni, prima che ciascun produttore sia chiamato a pagare i prelievi, per i quali il primo acquirente ha già certificato le produzioni con l’invio dei mod. L1;
7) – l’illegittimità comunitaria, per aver l’ente chiesto il pagamento degli interessi sulle somme imputate a titolo di prelievo supplementare;
8) – la violazione e falsa applicazione dell’art. 3, c. 1 del DL 411/1997, dell’art. 1, c. 1 del DL 43/1999 e dell’art. 3 della l. 241/1990 e l’eccesso di potere sotto vari profili, essendo illegittima la richiesta di pagamento di più di quanto già richiesto con la seconda compensazione operata nel dicembre 1996;
9) – l’illegittimità comunitaria degli atti applicativi dell’art. 1, c. 8 del DL 43/1999 per violazione e falsa applicazione del reg. n. 3950 e del reg. n. 536/93/CE, poiché per la compensazione nazionale sono state previste categorie di fruitori in via prioritaria, anziché esser ripartita tra tutti i produttori;
10) – il quadro sintetico delle illegittimità costituzionali e comunitarie, con particolar riguardo, oltre che per la disapplicazione delle norme nazionali contrarie al diritto UE, alla violazione dei principi costituzionali di certezza del diritto, dell’uguaglianza, della libertà d’impresa e dei traffici, dell’ordine pubblico economico, del buon andamento dell’agire amministrativo, nonché per violazione delle competenze regionali in materia;

Rilevato inoltre che detta Società ha dedotto i seguenti vizi formali: I) – l’omessa manifestazione di volontà da parte dell’AIMA;
II) – l’impossibilità per detto ente, in liquidazione, di emanare atti di compensazione, non essendole stata conferita la relativa funzione dalla norma istitutiva del nuovo ente (AGEA);
III) – l’indicazione generica degli allegati alla nota dell’AIMA;
IV) – questi non sono stati sottoscritti da alcun funzionario dell’ente;
V) – l’omessa indicazione dell’Autorità e dei termini per ricorrere;
VI) – l’omessa indicazione del responsabile del procedimento;
VII) – l’omessa notifica dei risultati della compensazione, all’uopo non potendo bastare la comunicazione ex art. 1, c. 1, ult. Per. del DL 43/1999;

Rilevato ancora che, con sentenza n. 6875 del 24 luglio 2012, resa ai sensi dell’art. 74 c.p.a. e con riferimento a precedenti conformi, l’adito TAR ha accolto la domanda attorea sotto solo il profilo della debenza degli interessi sulle somme ingiunte a titolo di prelievo supplementare a decorrere dal momento in cui è comunicata tal ingiunzione al produttore, respingendo ogni altra questione;

Rilevato quindi che detta Società e consorti si appellano contro la sentenza citata, con il ricorso in epigrafe, deducendo in punto di diritto l’erroneità di essa e della giurisprudenza colà indicata, riproponendo in sostanza ed amplius i motivi posti in primo grado, nonché le istanze preliminari (tra cui quella di rimessione della causa alla Corte di giustizia UE, anche per quanto attiene all’attuale compatibilità tra la normativa UE sulle quote latte e quella sulle produzioni DOP) ed istruttorie;

Considerato in diritto, in primo luogo, che l’attenta lettura del ricorso in epigrafe, con riguardo al riepilogo delle doglianze proposte innanzi al Giudice di prime cure, NON corrisponde in modo esatto e puntuale a quanto in effetti colà dedotto e riportato precisamente ut supra , cosa, questa, che già in sé mostra la pretestuosità del presente appello;

Considerato poi che parte appellante riporta nel ricorso in epigrafe (cfr. pagg. 4/11) ampi stralci di una sentenza, anch’essa in materia di quote-latte e presumibilmente resa dal TAR Lazio, dalla cui serena lettura, però, s’evince la non coincidenza con quella qui impugnata, se non per alcune (e NON tutte) tematiche affrontate, dato, anche questo, che già in sé fa propendere per la manifesta infondatezza del presente appello ed impone al Collegio di riprendere ab imis l’esame, per fornirne specifica confutazione, dei motivi di primo grado come effettivamente esposti in quella sede;

Considerato pure che tutte le questioni descritte nelle pagg. 20/27 del ricorso in epigrafe attengono a vicende successive a quelle oggetto degli atti impugnati in primo grado (le annate lattiere 1995/96 e 1996/97) e si appalesano quindi irrilevanti nel presente grado d’appello —perché non consta che furono fatte valere con l’apposito strumento dei motivi aggiunti innanzi al TAR—, né possono qui valere ad colorandum le censure di merito, per le ragioni di cui appresso;

Considerato appunto che l’appello è manifestamente infondato in sé e nelle istanze preliminari ed istruttorie testé citate, poiché anche questo Consiglio ha avuto modo d’esaminare con tanta dovuta attenzione tutte le questioni di primo grado, ancorché esse in varia guisa dedotte in combinazioni molteplici tra loro, da non esser, per quanto ad oggi consta al Collegio, finora state censurate dalla Corte regolatrice o in altre sedi, ancorché, come s’è detto e per sgombrare il campo da ogni dubbio o specioso equivoco, sia opportuno esaminare i nove motivi sostanziali ed i due gruppi di censure “formali” del gravame di primo grado, appunto per dimostrarne l’infondatezza e per superare ogni altra questione dedotta nel presente appello;

Considerato a tal riguardo che, in disparte la piena condivisione nel merito della sentenza appellata, immune da mende è stata la scelta del TAR di decidere in forma succintamente motivata, senz’uopo di ulteriori e defatiganti (quando non strumentali) attività istruttorie o di richieste d’intervento del Giudice comunitario, essendo stata già ampiamente dibattuta e risolta, in senso perlopiù sfavorevole alle pretese azionate anche con il ricorso in epigrafe, la complessa (in sé ed a causa del contenzioso) questione sulle quote latte, onde corretto è l’uso di formule semplificate ex art. 74 c.p.c., da parte del TAR, per decidere anche il caso in esame con riguardo ai conformi e corretti suoi precedenti, all’uopo rettamente applicando la regola ex art. 3 c.p.a. sulla redazione degli atti processuali, cui parte appellante con ogni evidenza non s’è attenuta (con un ricorso di oltre ottanta pagine);

Considerato, anzi, che la prolissità e la ridondanza degli argomenti dedotti, più o meno affastellati o ripetuti e l’omessa confutazione specifica di tutti i capi della vera sentenza impugnata (e non di una generica o reputata paradigmatica), non solo rendono evidentemente inammissibile il motivo di nullità di cui alle pagg. 30/32 del ricorso in epigrafe, ma stravolge sia il principio dispositivo che da sempre ha retto e regge tuttora l’azione impugnatoria-annullatoria ex art. 29 c.p.a., sia quello devolutivo dell’appello di cui ai successivi artt. 101 e 104, giacché vogliono costringere questo Giudice a “scegliere” qual contenuto di ciascun motivo di gravame sia dirimente, o meno, per la risoluzione della controversia ed abdicano così alla precisa graduazione delle domande (e dei sottesi interessi litigiosi);

Considerato altresì che, quanto a tutte le questioni sulla c.d. “retroattività” della fissazione ora per allora dei QRI (con conseguente riscossione del prelievo supplementare dovuto) e sui pretesi divieti che sul punto s’evincerebbero dalle fonti comunitarie, non è in sé erroneo il ritardo, specie se a fronte di un complesso di dati sulla produzione e la commercializzazione del latte estremamente confuso e talvolta non limpido anche a causa di gravi lacune nell’autocertificazione dei produttori e del difetto di concreta collaborazione pure delle loro associazioni di categoria, nella comunicazione dei QRI e nell’attuazione dell’eventuale prelievo dovuto, in assenza d’una specifica sanzione, sia testuale che funzionale, in caso d’inutile decorso del termine all’uopo indicato;

Considerato infatti che, a parte l’assenza nella specie d'una seria dimostrazione sull'incongruenza effettiva dei dati comunicati alla parte appellante dall'AIMA, in primis non si riscontra, pure in base alla giurisprudenza comunitaria, la sussistenza d’alcun legittimo affidamento a che i produttori, indipendentemente dalle quantità prodotte in concreto, mantengano un sistema produttivo senza assoggettarsi alla doverosa contribuzione, né a che errori o ritardi, che NON si riverberino sulla personale posizione contributiva di ciascuno di essi, si rendano opponibili di per sé soli alla pretesa impositiva (cfr. Cons. St., VI, 23 febbraio 2009 n. 1052);

Considerato, in particolare e ferma la facoltà per l’AIMA di rettificare i QRI di ciascun produttore fintanto che le permanga la potestà impositiva, l’ente ha titolo a liquidare in via automatica ed allo stato degli atti il prelievo dovuto e, quindi, di procedere ad integrarne la riscossione e ad adeguare i QRI ed il sistema di compensazione, non essendo la rideterminazione dei QRI, in base ad arresti della Corte costituzionale (cfr. C. cost., 7 luglio 2005 n. 272), soggetta al vincolo d’irretroattività, in quanto le funzioni di accertamento ed aggiornamento dei dati e del prelievo, che spetta all’AIMA in via transitoria ed anche in relazione a campagne lattiere già concluse, è la conseguenza diretta dei controlli successivi effettuati dagli organi statali preposti al settore che sono a loro volta funzionali, tra l’altro, all’applicazione corretta della normativa UE sull'intero territorio della Repubblica (arg. ex Cons. St., VI, 8 giugno 2009 n. 3487);

Considerato, anzi, che tali modalità si fondano, in ossequio alle norme ed alla giurisprudenza comunitarie, sulla necessità di adeguare costantemente i QRI ed il sistema di compensazione alle risultanze delle verifiche svolte dagli organi di controllo, senza che ciò implichi la violazione di legittimi affidamenti o la necessità di dar contezza della sostituzione d’una precedente nota AIMA con quella poi oggetto del presente contenzioso (secondo motivo);

Considerato per vero che, per un verso, la complessità degli accertamenti non elide la sostanza in sé del QRI e, per altro verso, l'esigenza di rispettare il diritto comunitario impone di dare effettività al regime delle quote latte fintanto che permangano attuali la relativa potestà (anche impositiva) e la personale situazione produttiva e di patrimonio bovino di tutti e ciascun produttore e sempre salva la facoltà di conguaglio reciproco tra le parti del rapporto contributivo, donde l’inopponibilità (di cui all’ottavo motivo) di ogni diversa e/o minore richiesta di pagamento a seguito della compensazione operata in dicembre 1996, a fronte dell’incessante potestà di verifica e rettifica in capo all’AIMA;

Considerato allora che irrilevante s’appalesa la deduzione (quinto motivo) sulla pretesa violazione del giudicato cautelare, perché quest’ultimo di per sé solo, oltre ad esser disapplicabile ipso facto della sua contrarietà al diritto comunitario, non avrebbe mai potuto inibire l’AIMA a chiedere, con una nuova e diversa attività d’accertamento e di riscontro, il pagamento del prelievo de quo nei confronti dei produttori, pur quando essi avessero ottenuto la sospensione cautelare della nota dello stesso ente emanata ai sensi dell’art. 2 del DL 411/1997;

Considerato inoltre che, pur avendo l’art. 2, c. 5 del DL 411/1997 posto il sistema di comunicazione individuale dei QRI al singolo produttore, quello precedente riguardò pure le annate lattiere 1994/95 e 1995/96 e, per le annate successive, comunque continuò a valere la presunzione di conoscenza della quota assegnata per quest’ultima annata, cui ciascun produttore si sarebbe dovuto rifare quale sua quota storica, fintanto che l’AIMA non gliene avesse comunicata una nuova e diversa;
Considerato quindi che nessun produttore, almeno coeteris paribus , avrebbe potuto legittimamente confidare in una quota diversa (ed inferiore) da quella assegnata per l’annata lattiera precedente, dal che la persistenza in capo a lui del presupposto imponibile individuale —qualora il QGG nazionale fosse stato superato nell’annata successiva—, o la possibilità per lui d’avere una base di prova certa ad eventuale confutazione di qualunque anomalia, errore od omissione nelle quote successivamente comunicategli e, se del caso, la non debenza del prelievo supplementare;

Considerato anzi che, se il QRI assegnato o predefinito ope legis d’un produttore corrisponde al quantitativo di latte da lui commercializzato durante l'annata lattiera cui si riferisce, egli, che in linea di principio conosce già quale sia il quantitativo da lui prodotto, non può confidare su un QRI difforme dai dati reali o da quelli accertabili, né pretendere, per ovvi motivi di economia dei mezzi giuridici, comunicazioni di sorta che gli confermino ciò che egli già sa, fermo restando che l’idea di una comunicazione 'a tappeto' e di accertamenti 'a tappeto' dell'AIMA, oltre che un adempimento per senso comune spropositato rispetto al fine, è una pretesa che non trova supporto specifico nella normativa comunitaria;

Considerato inoltre che, come ben sa parte appellante, il regime delle quote latte esiste fin dal 1992 e s’è sempre basato su dati zootecnici e produttivi noti a ciascun produttore in quanto afferenti alla propria singolare attività d’impresa, di talché è, se non manifestamente pretestuoso, almeno bizzarro che parte appellante pretenda di non conoscere dati che essa stessa ha contribuito a determinare ed i quali s’intendono costanti fintanto che essa non reputi di modificarli, come ben evincesi dalla facoltà di ciascun produttore, posta ai sensi dell’art. 2 del DL 411/1997 e dell’art. 1 del DL 43/1999, di chiedere la rettifica delle quote comunicategli dall’AIMA, secondo regole di comune honeste vivere e di leale collaborazione con la P.A.;

Considerato di conseguenza che non si può condividere l’assunto di parte appellante (quarto motivo al TAR) sulla non completezza e sull’incomprensibilità dell’esito della compensazione nazionale, in quanto sfugge al Collegio come mai non risulti chiaro agli appellanti, tutti operatori del settore da lungo tempo, che cosa sia il c.d. quantitativo assegnato (non rettificato) visto che tal dato è quello evincibile dagli artt. 2 e 4 del più volte invocato regol. n. 3590/92/CEE (prima che gli sia applicato l’algoritmo di rettifica di cui all’art. 2, § 2 del regol. n. 536/93/CEE), come mai abbiano bisogno dell’indicazione del QGG per l’Italia (quando questo era definito ope legis per le annate de quibus dall’art. 4 del regol. n. 3590) ed in che cosa si sostanzi l’illegittimità delle differenze, per ognuna di tal annata considerata, tra l’esubero individuale e quello nazionale (come se questo fosse l’aliquota massima applicabile a tutti i produttori in proporzione e non la differenza tra QGG ed il latte nel complesso prodotto e commercializzato per ogni annata, ai sensi dell’art. 1, c. 1, III per. del DL 43/1999), fermo restando che il quantitativo per le vendite dirette è invece regolato dall’art. 2, § 4) del regol. n. 3590 e va direttamente assolto all’Autorità nazionale;

Considerato che, quanto al terzo mezzo del gravame di primo grado, non si verifica punto quella inaffidabilità, asserita così in modo categorico da parte appellante, dei dati sui QRI e sul patrimonio bovino, certo non evincibile dalla serena lettura complessiva delle relazioni della Commissione governativa del 1997, della Commissione ministeriale del 2002 e della Commissione ministeriale d’indagine sul tenore della materia grassa del 2009, mentre la relazione dei CC del 2010, seppur trasfusa in taluni accertamenti di PG, alla data in cui la causa è andata in decisione non sembra aver sortito alcun effetto decisivo e certo non nel senso ad adiuvandum l’appello;

Considerato altresì che neppure sussiste un obbligo di comunicare l’avvio di tutti i procedimenti relativi alla rideterminazione dei QRI, in quanto l’AIMA ha compiuto un mero calcolo tenendo conto, da un lato, delle dichiarazioni direttamente rese dagli stessi produttori (con i modd. L1) e, dall'altro, del rigido ed inderogabile QGG italiano, calcolo le cui concrete operazioni non sono state fatte oggetto di specifica e puntuale contestazione, fermo restando che non manifestamente erronea o irrazionale è l’effettuazione di aggiustamenti progressivi, che per definizione sono parziali finché ogni singola posizione non sia conclusa e perfezionata, attraverso un’opera di accertamento e di rettifica delle posizione di ogni produttore;

Considerato anche che non sussiste l’illegittimità comunitaria degli atti applicativi dell’art. 1, c. 8 del DL 43/1999, laddove per la compensazione nazionale sono state previste categorie di fruitori in via prioritaria, anziché esser ripartita tra tutti i produttori, giacché sul punto e con ampia dovizia di argomenti, la Sezione (cfr. Cons. St., III, 21 giugno 2012 n. 3665) ha chiarito come, in soggetta materia, la scelta di operare la compensazione nazionale privilegiando in sede di computo alcune categorie di produttori, rispetto ad altre, non è in contrasto con il regol. n. 3950/92/CE (cfr. altresì id., 7 novembre 2011 n. 6451) e, comunque, costituisce l’esercizio d’una discrezionalità dello Stato – membro, collocandosi in un ambito interstiziale della disciplina UE, senza in alcun modo determinare aspetti con essa confliggenti;

Considerato al riguardo che da tali considerazioni il Collegio non ha motivo di discostarsi, perché, tra l’altro, la scelta nazionale di compensare il prelievo eccedente, a favore di categorie ad attitudine contributiva differenziata (ognuna delle quali idonea in astratto ad escludere le categorie successive in caso d’incapienza dei quantitativi oggetto di compensazione) anziché per singoli produttori, è in sé libera per lo Stato – membro, in quanto essa non risulta vietata dal regol. n. 3950/92/CE, né dal regol. n. 536/93/CE, né tampoco viola i principi generali di matrice UE e, segnatamente, quelli di proporzionalità, certezza del diritto e tutela del legittimo affidamento ma, anzi, la pratica attuazione di tal meccanismo compensativo preferenziale, pure ai fini delle conseguenti restituzioni, comunque consente il pieno esplicarsi delle finalità di riequilibrio tra domanda e offerta nel settore lattiero-caseario, sottesa al sistema di prelievo (cfr. così Cons. St., VI, 27 aprile 2011 n. 2491);

Considerato inoltre che questo Consiglio più volte ha avuto modo di precisare l'assenza di contrasto delle modalità dettate dal citato art. 1, c. 8 del DL 43/1999 con la disciplina comunitaria, laddove intende “privilegiare” talune categorie di produttori, ché lo scopo primario e non eludibile del sistema comunitario del prelievo supplementare è appunto di stabilire modalità applicative per rispettare il QGG assegnato a ciascun Stato – membro, onde, una volta adempiuta tal prescrizione, lo Stato non ha obblighi di “proporzionalità” nel ridistribuire il prelievo riscosso in eccesso;

Considerato che sono manifestamente infondate tutte le questioni di legittimità costituzionale e comunitaria, per le ragioni fin qui esposte, circa la violazione dei principi costituzionali di certezza del diritto, dell’uguaglianza, della libertà d’impresa e dei traffici, dell’ordine pubblico economico, del buon andamento dell’agire amministrativo, nonché per violazione delle competenze regionali in materia, quest’ultima addirittura speciosa a fronte della compartecipazione di Regioni e Province autonome all’attività d’accertamento dei QRI e del prelievo supplementare, in una con l’AIMA, ma senza che vi siano reali limiti alla loro potestà generale di riscontro sancita dall’art. 1, c. 5 del DL 43/1999 (che fa salva la potestà specifica d’accertamento svolta in base all’art. 2, c. 6 del DL 411/1997) e ferme pur restando sia la manifesta erroneità del continuo richiamo alla sentenza della Corte costituzionale n. 520/1995 (superata dalle norme sulla predetta compartecipazione regionale);

Considerato che, quanto ai c.d. vizi “formali” (meglio sarebbe dire: procedimentali), essi sono privi di pregio perché: 1) – non è punto perspicua in che cosa si debba sostanziare la “manifestazione di volontà” dell’AIMA nell’emanazione della nota impugnata, a fronte della ben chiara statuizione colà recata, nonché l’esecutività e l’esecutorietà di tal ben chiaro provvedimento;
2) – l’AIMA è sì stata posta in liquidazione ai sensi dell’art. 1 del Dlg 27 maggio 1999 n. 165, ma la relativa gestione liquidatoria continua, ai sensi del successivo art. 2, c. 4 bis, a svolgere tutti i compiti del disciolto ente fino al subentro dell’AGEA a far tempo dal 16 ottobre 2000, onde nulla è stato innovato, fino a tal data perlomeno, nelle funzioni stabilite per l’AIMA e per le Regioni dal DL 411/1997 e dal DL 43/1999;
3) – non si vede, né è esattamente dedotto perché mai la generica indicazione degli allegati e l’omessa loro numerazione sia in grado di ledere la posizione di parte appellante, se poi tali vicende nulla aggiungono o tolgono alla statuizione impugnata o alla posizione di ciascuno degli appellanti;
4) – l’omessa sottoscrizione degli allegati alla predetta nota dell’AIMA è adempimento superfluo, se tutti tali documenti, appunto perché chiamati allegati dall’appellante, alla nota stessa afferiscono materialmente e ne sono parte integrante, donde l’impossibilità di dubitare della loro provenienza;
5) – la mancanza, nella comunicazione stessa, del termine e dell’Autorità cui ricorrere non pare aver certo impedito a parte appellante d’adire tempestivamente questo Giudice e di difendersi con ogni dovizia di particolari;
6) – l’omessa indicazione del responsabile del procedimento non è in sé causa d’illegittimità del provvedimento, la cui imputazione è direttamente assunta dal dirigente dell’ufficio emanante;

Considerato poi che non ha gran senso, come in altri dedotti innanzi alla Sezione, la necessità di rimettere alla Corte di giustizia UE l’intero regime delle quote latte in Italia, perché anche nella specie si versa in un caso ove la corretta applicazione del diritto comunitario si impone con evidenza tale da non dar adito a nessun ragionevole dubbio interpretativo sulla soluzione da dare alla questione sollevata (cfr. Corte Giust. CEE, 6 ottobre 1982, C. 283/81;
nonché Cons. St., VI, 24 marzo 2011 n. 1810;
id., 9 febbraio 2011 n. 896);

Considerato peraltro che è del tutto superfluo chiedere alla Corte stessa se siano assoggettabili al prelievo supplementare tutti i casi di congiunto sforamento, da parte del singolo produttore, del QRI e del QGG, giacché in claris non fit interpretatio nella misura in cui, ove s’accerti che quest’ultimo non sia stato superato in una data annata lattiera, nulla è dovuto, né dalla Repubblica all’UE, né dai produttori all’Italia;

Considerato che parimenti inutile è chiedere alla Corte stessa se, a seguito dell'entrata in vigore del regol. n. 2081/92/CEE (sulle produzioni DOP, ma anche su quelle biologiche), debbano ritenersi tuttora valide e conformi agli artt. 32 e 33 del Trattato le norme comunitarie in materia di quote latte sul contingentamento generalizzato sulla produzione del settore lattiero-caseario, in quanto dette norme continuano a contingentare anche la produzione di latte usata per produrre formaggi DOP;
Considerato, anzi, che il regolamento n. 2081 mira a salvaguardare gli interessi dei produttori di formaggio DOP o, comunque, di coloro che producono latte selezionato destinato alla produzione di quest’ultimo, tal situazione non è addotta da parte appellante, di talché la relativa richiesta, se non inammissibile, appare tuttavia pretestuosa per carenza di ogni concreto e diretto interesse, senza sottacere che la disciplina comunitaria delle quote latte è sopravvenuta al regol. n. 2081/92/CEE, confermando il previgente regime di prelievo e, dunque, la scelta strategica dell’UE perlomeno fino al 2015 sulla regolazione del mercato lattiero;

Considerato dunque che detta disciplina non implica di per sé alcun pregiudizio né alle qualità del prodotto finale, il formaggio DOP, che s’intende tutelare, né verso i produttori di esso, atteso che, a tutto concedere, le eventuali limitazioni della produzione casearia sarebbero pur sempre compensate da un più elevato prezzo di vendita del prodotto, in piena compatibilità, quindi, con gli artt. 32 e 33 del Trattato stesso, la cui valutazione di compatibilità spetta pure a questo Consiglio, quale Giudice nazionale di ultima istanza (cfr., per tutti, Cons. St., VI, 10 settembre 2010 n. 6553) che, come s’è detto, non è tenuto a sottoporre alla Corte una questione di interpretazione di disposizioni UE se la loro corretta applicazione si possa imporre con ogni evidenza;

Considerato, infine e quanto alle spese del presente giudizio, che giusti motivi ne suggeriscono la compensazione integrale tra le parti;


Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi