Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-03-27, n. 201902026

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-03-27, n. 201902026
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201902026
Data del deposito : 27 marzo 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/03/2019

N. 02026/2019REG.PROV.COLL.

N. 05369/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5369 del 2007, proposto dalla società Arte Beton s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati M B e A L, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Francesco Crispi, n. 36;



contro

Il Comune di Dolo, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati L G e D C, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Giuseppe Pisanelli, n. 2;



per la riforma

della sentenza in forma semplificata del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione seconda, 23 marzo 2007, n. 926.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Dolo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 marzo 2019 il consigliere G C;

Uditi per le parti gli avvocati A L e L G;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO e DIRITTO

1. La società Arte Beton s.r.l. ha impugnato, assieme agli atti connessi, il provvedimento n. 34668 del 29 dicembre 2006, con cui il Comune di Dolo le ha negato il rilascio del permesso di costruire un impianto di betonaggio in un’area di sua proprietà, lungo la via Cavinello.

2. Con sentenza in forma semplificata 23 marzo 2007, n. 926, il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione II, ha respinto il ricorso, compensando fra le parti le spese di giudizio.

3. La società ha interposto appello avverso la sentenza con tre motivi di gravame, che ripropongono in sostanza i motivi di primo grado. Il primo di essi è articolato in due distinte censure.

Ia) Preesistenza nella zona opere di urbanizzazione primaria (risultanti dalle relazioni tecniche versate in atti) e inapplicabilità dell’art. 9 delle NTA al PRG. Il Comune non avrebbe il potere di disporre un piano attuativo anche quando questo non sia previsto dalle previsioni di piano; l’intervento diretto sarebbe la regola e gli strumenti urbanistici attuativi sarebbero contemplati solo per le aree dei c.d. progetti norma 4 e 5 (artt. 12, comma 1, e 13, comma 1, delle NTA).

Ib) Violazione dell’art. 12 del TUE. Rispetto alla domanda di rilascio del permesso di costruire, all’ente non residuerebbe alcun potere discrezionale in ordine ai criteri ricavabili dallo strumento urbanistico né il potere di valutare l’opportunità del progetto presentato rispetto all’interesse pubblico. La mancata indicazione delle opere di urbanizzazione ritenute carenti e la omessa valutazione, da parte del Comune, della richiesta di permesso di costruire sotto il profilo del rilascio di un titolo “condizionato” costituirebbero un altro profilo di illegittimità del diniego.

II) Violazione dell’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241. Nel negare il rilascio del titolo, l’Amministrazione avrebbe fatto riferimento ad acquisizioni documentali (parere del Comando di polizia locale e del Settore lavori pubblici) successive all’invio del preavviso, cosicché la società non avrebbe avuto modo d’interloquire sul punto. Le conclusioni di tali pareri, inoltre, sarebbero confutate da una relazione tecnica in atti e sarebbe perciò evidente la carenza di istruttoria.

III) Inapplicabilità e illegittimità della delibera di Giunta comunale n. 193 dell’8 agosto 2006, richiamata nel provvedimento di rigetto. La delibera farebbe riferimento ad ambiti territoriali diversi, seppur contermini, e non potrebbe disattendere le previsioni del PRG negando il diritto di edificare dell’appellante per perseguire finalità legate al controllo dei flussi di traffico e alla complessiva rivalutazione dell’impatto ambientale legata allo sviluppo industriale dell’area, interessata alle opere infrastrutturali del c.d. “passante di Mestre” e al futuro insediamento noto come “Veneto City”. A tale scopo, occorrerebbe invece un nuovo atto comunale di pianificazione del territorio.

4. Il Comune di Dolo ha resistito all’appello con controricorso.

5. In vista della discussione della causa, le parti hanno depositato memorie.

Il Comune ha sostenuto l’inammissibilità o l’improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse. All’esito di un’articolata procedura, nella quale sarebbe stata coinvolta la società appellante e i cui atti non sarebbero stati mai impugnati, il lotto controverso sarebbe stato inserito in un ambito sovracomunale più ampio (c.d. “Veneto City”) con modifica sostanziale della originaria destinazione urbanistica (suddivisione dell’intera area in quattro stralci funzionali soggetti a preventivo strumento

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