Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2011-03-08, n. 201101462

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2011-03-08, n. 201101462
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201101462
Data del deposito : 8 marzo 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03113/2010 REG.RIC.

N. 01462/2011REG.PROV.COLL.

N. 03113/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3113 del 2010, proposto da:
Terme di Santa Cesarea s.p.a., rappresentata e difesa dall’avv. E S D, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma, via Bocca di Leone n. 78;

contro

Comune di Santa Cesarea Terme, rappresentato e difeso dall’avv. F G M, con domicilio eletto presso Carla Licignano in Roma, via Amelia n. 15;
Segretario Comunale P.T. del Comune di Santa Cesarea Terme (Le);

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZIONE III n. 00148/2010, resa tra le parti, concernente concernente ASTA PUBBLICA PER ALIENAZIONE IMMOBILI DI PROPRIETA' COMUNALE.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Santa Cesarea Terme;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 novembre 2010 il Cons. Bernhard Lageder e uditi per le parti gli avv.ti Sticchi Damiani e Vantaggiato, su delega dell’avv. Galluccio;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Il T.A.R. per la Puglia, con la sentenza in epigrafe pronunciata in forma semplificata in esito a udienza cautelare, dichiarava in parte irricevibile e in parte inammissibile (a spese compensate) il ricorso proposto dalla società Terme di Santa Cesarea s.p.a. avverso le delibere della giunta comunale di Santa Cesarea Terme nn. 55 del 26 marzo 2009 e 160 del 6 ottobre 2009 e la delibera del consiglio comunale n. 24 del 7 maggio 2009 (oltreché avverso i conseguenti avvisi d’asta del 15 e 26 ottobre 2009) – con le quali l’amministrazione comunale aveva approvato il piano di dismissioni immobiliari ai sensi dell’art. 58 d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito in l. 6 agosto 2008, n. 133 –, limitatamente ai lotti 1 e 2, in cui erano ricomprese le particelle 420 e 421 che secondo l’assunto della società ricorrente erano già state sdemanializzate con delibera consiliare risalente al 1988 in funzione di una cessione gratuita in favore di essa ricorrente, trattandosi di particelle da essa di fatto possedute sin dagli anni 30 e funzionali allo svolgimento dell’attività di gestione della struttura termale.

2. Il T.A.R. adito rilevava d’ufficio la tardività del ricorso interposto avverso la deliberazione del consiglio comunale n. 24 del 7 maggio 2009, in quanto notificato il 23 novembre 2009 (data di spedizione) e dunque oltre il termine di 60 giorni dalla relativa pubblicazione, dal 26 maggio 2009 al 10 giugno 2009, sull’albo pretorio del Comune (ai sensi del comma 5 del citato art. 58), dichiarandolo in parte qua irricevibile, con sequela di declaratoria d’inammissibilità delle censure dedotte avverso gli atti successivi, in quanto atti meramente confermativi, esecutivi e consequenziali.

3. Avverso tale sentenza interponeva appello la ricorrente soccombente, deducendo i seguenti motivi: a) l’irrituale rilievo d’ufficio della questione d’irricevibilità/inammissibilità del ricorso senza previa sottoposizione al contraddittorio delle parti, in violazione dell’art. 101 c.p.c.;
b) l’erronea declaratoria d’irricevibilità/inammissibilità del ricorso, avendo i primi giudici omesso di considerare che essa ricorrente dovesse ritenersi titolare di una posizione giuridica qualificata, per essere stata destinataria diretta di precedenti deliberazioni favorevoli (segnatamente, della delibera consiliare n. 76 dell’8 agosto 1988 recante “ rettifiche catastali aree prospicienti via Roma, sdemanializzazione ”), mai revocate o autoannullate e tutt’ora efficaci, con conseguente decorrenza del termine d’impugnativa, in difetto di notifica, dalla conoscenza effettiva delle delibere lesive. Chiedeva dunque, in via principale, l’annullamento della sentenza con rinvio al T.A.R. e, in ogni caso, l’accoglimento del ricorso in primo grado, riproponendo i relativi motivi. Formulava istanza di sospensiva.

4. L’appellato Comune, costituendosi, contestava la fondatezza dell’appello e ne chiedeva la reiezione.

5. Accolta con ordinanza del 18 maggio 2010 l’istanza di sospensiva, la causa all’udienza pubblica del 9 novembre 2010 veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il primo motivo d’appello, di cui sopra sub 3.a), è fondato e merita accoglimento.

1.1. Premesso che dal verbale d’udienza cautelare in primo grado del 10 dicembre 2009 si evince che la questione d’irricevibilità/inammissibilità del ricorso non è stata sottoposta al contraddittorio delle parti, essendo queste ultime state avvisate della sola possibilità dell’emanazione di sentenza in forma semplificata, si osserva che il rilievo d’ufficio della questione, senza sottoporla alla trattazione delle parti, implica violazione del generale principio processuale di garanzia del contraddittorio immanente alla garanzia costituzionale del giusto processo di cui all’art. 111 Cost., che opera non solo nella fase d’instaurazione del processo ma ne permea l’intero svolgimento, ponendosi invero detto principio come garanzia di partecipazione effettiva delle parti al processo, ossia come riconoscimento del loro diritto d’influire concretamente sullo svolgimento del processo e d’interloquire sull’oggetto del giudizio, sicché le stesse devono essere poste in grado di prendere posizione in ordine a qualsiasi questione (di fatto o di diritto, preliminare o pregiudiziale di rito o di merito), la cui risoluzione sia influente ai fini della decisione.

1.2. L’obbligo del giudice di provocare il contraddittorio sulle questioni rilevate d’ufficio, a pena di nullità della sentenza, è stato espressamente introdotto, nel processo civile, prima per il giudizio di cassazione con la novella apportata all’art. 384, comma 3, c.p.c. dall’art. 12 d. lgs, 2 febbraio 2006, n. 40, poi in via generale con la novella apportata all’art. 101, comma 2, c.p.c. dall’art. 45, comma 13, l. 18 giugno 2009, n. 69 – con effetto dal 4 luglio 2009 per i giudizi instaurati dopo tale data –, ma già in precedenza era ricavabile in via sistematica dalla garanzia costituzionale del giusto processo (v. Cass. Civ., Sez. III, 5 agosto 2005, n. 16577;
Cass. Civ., Sez. II, 9 giugno 2008, n. 15194). Detto obbligo, correlato al potere-dovere del rilievo d’ufficio delle questioni non riservate all’eccezione di parte, quale espressione di un principio generale del processo, doveva ritenersi operante – quantomeno dopo l’entrata in vigore delle novelle apportate al c.p.c. – anche nel processo amministrativo già nella disciplina previgente l’entrata in vigore del nuovo cod. proc. amm., ove risulta ormai codificato dall’art. 73, comma 3 (con la precisazione in fatto, che nella fattispecie in esame il processo di primo grado è stato instaurato dopo l’entrata in vigore del novellato art. 101, comma 2, c.p.c.).

1.3. La violazione del contraddittorio conseguente all’omessa sottoposizione della questione d’irricevibilità/inammissibilità del ricorso in primo grado alla trattazione delle parti assume una particolare valenza nel caso di specie, dipendendo invero la soluzione di tale questione pregiudiziale di rito da delicati accertamenti e valutazioni in fatto, segnatamente presupponenti la ricostruzione interpretativa del contenuto e dell’efficacia della delibera consiliare n. 76 dell’8 agosto 1988 e di eventuali atti e/o comportamenti successivi rilevanti ai fini di detta ricostruzione, da cui l’odierna appellante fa discendere l’assunto di essere titolare di una posizione qualificata implicante la necessità della notifica personale o, in difetto, della prova della conoscenza effettiva delle delibere impugnate ai fini dell’individuazione del dies a quo del termine per ricorrere, secondo la tesi difensiva dell’appellante non ricollegabile all’evento della pubblicazione (come invece assunto d’ufficio dal primo giudice), sicché il vizio processuale ha limitato in concreto i poteri processuali della ricorrente di allegare, provare e ricostruire i fatti impeditivi della decadenza rilevata d’ufficio dai primi giudici.

1.4. A fronte del rilevato difetto di procedura per violazione del contraddittorio e del diritto di difesa della ricorrente in primo grado, a norma dell’art. 105, comma 1, cod. proc. amm. ( in parte qua corrispondente alla pregressa disciplina dettata dall’art. 35, comma 1, l. n. 1034/1971) s’impone l’annullamento della gravata sentenza con rinvio al primo giudice.

1.5. Attesa la natura pregiudiziale di tale statuizione in rito, resta impedito l’ingresso di ogni altra questione.

2. Tenuto conto delle ragioni d’annullamento della gravata sentenza, si ravvisano i presupposti di cui all’art. 92, comma 2, c.p.c. per dichiarare le spese del doppio grado interamente compensate tra le parti.

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