Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2013-10-03, n. 201304888

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2013-10-03, n. 201304888
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201304888
Data del deposito : 3 ottobre 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 10567/2002 REG.RIC.

N. 04888/2013REG.PROV.COLL.

N. 10567/2002 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10567 del 2002, proposto da:
Presidenza del Consiglio dei Ministri, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Commissione di Governo, Commissione Controllo Atti Regione Puglia;

contro

R D, S M M, P F, F M A, P A, F M R, De Candia Alberto, C G, V G, M A, R R S, rappresentati e difesi dall'avv. A B, con domicilio eletto presso Marco Gardin in Roma, via L. Mantegazza 24;
Scrimieri Teresa, Ribezzo Antonietta, Cellie Italia, Caputo Caterina, Danese Renato, Lessana Arriga, Visaggi Anna, Ippolito Ester, Cerabino Elvira, Colucci Angelo, Romanazzi Beatrice, Tangorra Irene, Marrone Filomena;

nei confronti di

Regione Puglia;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA, SEZ. STACCATA DI LECCE, Sez. II n. 07399/2001, resa tra le parti, concernente concorso per passaggio a livello superiore;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di R D, S M M, P F, F M A, P A, F M R, De Candia Alberto, C G, V G, M A, R R S;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 giugno 2013 il Cons. Raffaele Prosperi e uditi per le parti gli avvocati Pisana dell'Avvocatura Generale dello Stato e Picciano, per delega dell'Avvocato Bagnoli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con DPGR n. 314 del 7 luglio 1982 la Regione Puglia bandiva un concorso interno per il passaggio dal VI al VII livello ex art. 95 legge reg. 18/1974 riservato ai dipendenti in servizio alla data del 14 aprile 1980 in possesso del VI livello e con un’anzianità di cinque anni, di cui almeno tre presso la Regione.

I termini per la presentazione delle domande di ammissione venivano riaperti una prima volta nel 1985, in esecuzione di ordinanza cautelare emessa dal TAR della Puglia, ed una seconda volta nel 1990, onde consentire la partecipazione anche ai dipendenti inquadrati ai sensi della legge reg. 16/1984 con l’anzianità di servizio al tempo prevista.

A seguito di tale ultimo provvedimento taluni soggetti non in possesso delle anzianità necessarie nel 1982, perché inquadrati nel VI livello solo successivamente, chiedevano di essere ammessi al concorso e la Giunta regionale provvedeva favorevolmente in data 12 aprile 1990.

Tale ultimo provvedimento veniva annullato il successivo 10 maggio dalla Commissione Governativa di Controllo e questa decisione veniva impugnata dagli interessati davanti al TAR della Puglia, Sezione di Lecce, il quale, con sentenza n. 7399 del 20 novembre 2001, lo accoglieva.

Con appello in Consiglio di Stato, notificato il 27 novembre 2002, la Presidenza del Consiglio dei Ministri per il Commissario di Governo e la Commissione di Controllo sugli atti della Regione Puglia impugnavano la sentenza in questione in base ai suddetti motivi:

1.Irricevibilità del gravame di primo grado. Il ricorso al TAR della Puglia è stato notificato il 1° ottobre 1991 – avverso un atto del 10 maggio 1990 - quando i lavori della commissione concorsuale erano già terminati, tanto è che la Regione ne prendeva atto del 16 dicembre 1991, provvedendo alla nomina ed all’inquadramento nel livello superiore dei dipendenti risultati idonei.

2.Manifesta violazione e falsa applicazione dell’art. 95 legge reg. 18/1974, nonché dell’art. 97 co. 1 Cost. Il concorso in questione è stato indetto largamente oltre i termini di legge e la continua riapertura dei termini disposta al fine di ammettere ulteriori candidati - i quali maturavano nel frattempo l’anzianità necessaria - hanno falsato il significato dell’intera procedura, la quale doveva svolgersi entro il 1977, dunque essere aperta solo per i dipendenti che avevano maturato gli anni di servizio necessari a quella data. Le riaperture dei termini non erano consentite da alcuna disposizioni di legge e l’Amministrazione avrebbe dovuto procedere ad annullamenti tutori, poiché la perentorietà del termine era legata alla ridefinizione degli organici, dai quali avrebbero dovuto essere detratti gli idonei al passaggio al VII livello degli organici del VI livello;
è evidente che una procedura svolta in termini ultradecennali ha del tutto impedito la fissazione degli assetti organici e funzionali del personale, così come imposto dalla legge. In ogni caso l’art. 95 della legge reg. 18/1974 stabiliva l’ammissione al concorso in parola unicamente del personale immesso in sede di inquadramento del ruolo unico regionale nel sesto livello e già in possesso di una determinata anzianità di servizio.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri concludeva per l’accoglimento dell’appello con vittoria di spese.

La Regione Puglia non si è costituita in giudizio, mentre si sono costituiti taluni dei ricorrenti in primo grado, ossia Domenico Rizzo, M. Antonia Frau, Antonia Monaco, Fonte Palermo, Adele Porzilli, Alberto De Candia, Giovanni Casoli, Giulia Violante, Riccardo Ricciardi, Maria Michela Savastano e Maria Rosaria Fumarola, sostenendo l’inammissibilità e l’infondatezza dell’appello chiedendone il rigetto.

Con ordinanza n. 645 del 21 febbraio 2003 questa Sezione respingeva la domanda di sospensione cautelare della sentenza.

Alla odierna udienza pubblica la causa è passata in decisione.

DIRITTO

In primo luogo va disattesa l’eccezione di improcedibilità sollevata dalle difese degli appellati, in quanto ormai sarebbero stati tutti collocati in quiescenza, perché in ogni caso non può negarsi l’interesse a rimuovere il crisma della legittimità su di una serie di rapporti di pubblico impiego che comunque sono persistiti per anni e dal quale sono derivate e derivano una serie di conseguenze di legge: è evidente che la non conformità a legge di una serie di inquadramenti comporta necessariamente una diversa qualificazione di rapporti anche se in parte definiti e determina un effetto giuridico del tutto differente con tutti i rilievi cui a questi si collegano.

In secondo luogo è destituita di fondamento l’eccezione di inammissibilità dell’appello che deriverebbe, a parere degli appellati, dall’eliminazione dall’ordinamento degli organi di controllo statale sulla legittimità degli atti amministrativi regionali.

Se la legittimità degli atti regionali deve essere verificata alla stregua delle norme all’epoca vigenti il giudizio non poteva che proseguire in secondo grado tra le parti fra le quali è stata pronunciata la sentenza di primo grado.

In ogni caso, ad abundantiam , si deve rilevare che il Presidente del Consiglio dei Ministri, nell’esercizio del potere di indirizzo politico-amministrativo, emana, ove occorra, apposite direttive ai Prefetti ai sensi dell’art. 11 co. 5 D. Lgs. 300/1999 e dunque non può essere esclusa una funzione di interferenza della Presidenza del Consiglio, tanto da non ammetterne una legittimazione ad agire nel presente giudizio.

Nel merito il Collegio non può che ribadire le conclusioni già tratte da questa Sezione con la sentenza n. 1505 emessa il 12 marzo 2009 su fattispecie del tutto identica, secondo la quale l’intera controversia ruota attorno all’esatta interpretazione dell'art. 95 della L.R. Puglia n. 18 del 25 marzo 1974, successivamente abrogato dall’art. 5 della L.R. n. 28 del 22 dicembre 2000.

Il primo comma della disposizione, rubricata "Passaggio al VII livello", recitava: "Entro 3 anni dall'entrata in vigore della presente legge sarà indetto un concorso interno per il passaggio al VII livello funzionale, anche in soprannumero, riservato al personale immesso in sede di 1° inquadramento nel VI livello, che abbia un’anzianità complessiva di 5 anni, di cui 3 presso la Regione.".

Oltre ad essere manifesta la natura transitoria (non a regime) della previsione, viene specialmente in rilievo, per una corretta esegesi della norma, la precisazione che il concorso interno per il passaggio al 7° livello funzionale era riservato unicamente al personale regionale immesso in ruolo già al sesto livello in occasione del primo inquadramento.

Il principale requisito di partecipazione alla selezione riservata era dunque rappresentato dalla circostanza che i concorrenti risultassero inquadrati nel sesto livello all’epoca del primo ingresso nei ruoli regionali, a nulla rilevando i successivi passaggi di livello eventualmente conseguiti, quand’anche disposti ex lege e con efficacia retroattiva (come avvenuto nella Regione Puglia).

La natura transitoria della norma giustifica, d’altronde, un’interpretazione rigorosa e restrittiva del requisito.

Non si è discostato da tale lettura del quadro normativo il bando di concorso, indetto con D.P.G.R. n. 314 del 7 luglio 1982, in attuazione del suddetto art. 95. Stabilisce difatti il provvedimento, con riferimento ai requisiti di ammissione, che "hanno diritto alla partecipazione al concorso esclusivamente i dipendenti della Regione Puglia che risultano inquadrati nel ruolo regionale nel VI livello f. e f. alla data del 14-4-1980, in possesso alla stessa data, di una anzianità di servizio complessiva di 5 anni di cui almeno 3 prestati presso la Regione Puglia.". La fissazione di una precisa data, alla quale riferire il possesso dell'inquadramento richiesto, trovava pertanto ragione, considerato quanto riferito nella precedente narrativa del fatto, proprio nell’esigenza di circoscrivere gli effetti, potenzialmente perniciosi per le finanze e l’organizzazione regionali, che sarebbero derivati da un’eccessiva dilatazione della platea degli interessati.

Né può interferire con siffatta esegesi la circostanza che la Regione Puglia, in considerazione della instabilità della normativa di riferimento, abbia atteso alcuni anni prima di bandire il concorso riservato: il termine di tre anni, indicato dall'art. 95, era invero meramente ordinatorio (con finalità acceleratorie) e, quindi, la sua inosservanza non ha dato luogo ad alcuna estinzione della relativa potestà regionale di indizione e tantomeno ha comportato la trasformazione della norma recata dal medesimo articolo in una previsione "a regime".

Legittimamente dunque la Commissione di controllo ebbe ad annullare la deliberazione n. 1903 del 12 aprile 1990 con la quale la Giunta regionale pugliese intese riaprire, per la terza volta, i termini di un concorso interno previsto da una norma dichiaratamente transitoria. In particolare, sono sufficienti a fondare la piena legittimità del provvedimento negativo di controllo, i passaggi motivazionali della decisione in cui la Commissione ebbe ad osservare che "nessuna previsione legislativa consente o faculta la G.R. ad adottare il cennato provvedimento di riapertura dei termini sulla base di soggettive valutazioni fondate su precedenti provvedimenti amministrativi che ben possono essere rivisti o annullati in funzione di autotutela ..." e altresì che " i dipendenti regionali in possesso dei requisiti previsti dall'art. 95 per partecipare al concorso interno (e cioè immessi in sede di I inquadramento del VI livello l.r. 18/74 ...) hanno già preso parte al concorso, o comunque avrebbero potuto, per cui non sono chiaramente individuabili i destinatari della nuova riapertura dei termini ...".

E’ evidente, alla luce di quanto ora affermato, l’erroneità delle conclusioni svolte dalla sentenza impugnata la quale, richiamando esigenze perequative, derivanti da successivi inquadramenti nei ruoli regionali di soggetti provenienti da enti diversi, richiama la sussistenza di ulteriori provvedimenti legislativi della Regione per giustificare un comportamento del tutto in conflitto con l’art. 95 della L.R. Puglia n. 18 del 25 marzo 1974, abrogato solo successivamente ai fatti in questione.

La censura sub 1) può rimanere assorbita.

Per le considerazioni suesposte l’appello deve quindi essere accolto.

Considerata la vetustà della controversia, appare equo compensare integralmente tra tutte le parti costituite le spese processuali del doppio grado del giudizio.

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