Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-06-10, n. 201903893

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-06-10, n. 201903893
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201903893
Data del deposito : 10 giugno 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/06/2019

N. 03893/2019REG.PROV.COLL.

N. 02552/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2552 del 2013, proposto da
F M, rappresentato e difeso dall'avvocato Alfredo Zaza D'Aulisio, con domicilio eletto presso lo studio Francesco Cardarelli, in Roma, via G. Pierluigi Da Palestrina, n. 47;

contro

Ministero per i Beni e le Attività Culturali e Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio del Lazio, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, sono domiciliati ex lege ;
Regione Lazio e Comune di Formia, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore , non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Prima) n. 00624/2012, resa tra le parti, concernente l’annullamento di un nulla osta paesaggistico.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio del Lazio;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 maggio 2019 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti l’avvocato Alfredo Zaza D'Aulisio e l'avvocato dello Stato Andrea Giordano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il sig. F M asserisce di aver realizzato, in epoca anteriore al 1993, un fabbricato su un’area, inclusa nel territorio del Comune di Formia, ubicata entro la fascia di 150 metri da un corso d’acqua classificato.

Poiché la costruzione era stata eseguita in assenza di titoli abilitativi il sig. M ha chiesto il condono edilizio ai sensi dell’art. 39 della L. 23/12/1994, n 724.

Con determinazione 27/1/2006, n. 849 il Comune ha espresso, ai fini paesaggisti e ambientali, parere favorevole al condono con alcune prescrizioni volte a un miglior inserimento dell’opera nell’ambito vincolato.

Sennonché, con decreto in data 4/4/2006, la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio del Lazio ha annullato il detto parere.

Ritendo l’annullamento illegittimo il sig. M lo ha impugnato con ricorso al T.A.R. Lazio – Latina, il quale, con sentenza 1/8/2012, n. 624, lo ha respinto rilavando, in sintesi, che:

a) l’area risulta vincolata sin dal 1987, a seguito della delibera della Giunta Regionale n. 2281/1987, con la quale era stato adottato il PTP relativo all’ambito 14, poi approvato con L.R. 7/7/1998 n. 24;

b) rientra nella competenza della Giunta adottare il PTP;

c) avendo il detto organo regionale legittimamente adottato il PTP, non può operare la norma di cui all’art. 39, comma 20, della L. n. 724/1994, in base alla quale i vincoli di inedificabilità introdotti dalla L. 8/8/1985, n. 431, non sono ostativi al condono.

Avverso la sentenza ha proposto appello il sig. M.

Per resistere al ricorso si sono costituiti in giudizio il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio del Lazio.

Alla pubblica udienza del 30/5/2019 la causa è passata in decisione.

Col primo motivo l’appellante deduce che, diversamente da quanto affermato dal giudice di prime cure:

a) l’adozione del PTP da parte della Giunta sarebbe viziata da incompetenza;

b) conseguentemente sino al 1998 (ovvero sino all’approvazione del PTP) si sarebbe dovuto fare riferimento ai vincoli di cui alla L. 431/1985, che, in base all’art. 39, comma 20, della L. n. 724/1994, non precluderebbero il rilascio del condono edilizio;

c) in ogni caso sarebbero errato affermare che in materia di condono il vincolo di inedificabilità previsto da uno strumento solo adottato, comporti la necessità di valutare l’opera in termini di conformità, piuttosto che di mera compatibilità rispetto al vincolo;

d) peraltro, la delibera della Giunta Regionale n. 2281/1987 di adozione del PTP n. 14 non avrebbe previsto alcuna misura di salvaguardia.

La doglianza è infondata.

L’avversato decreto della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio del Lazio è motivato, oltre che con riferimento al vincolo nascente dal PTP n. 14, adottato con la delibera della Giunta Regionale n. 2281/1987, anche con riguardo al fatto che: “ trattasi di manufatto ad un solo piano adibito a deposito attrezzi, in conglomerato cementizio e blocchetti, di pessima fattura ed in precarie condizioni di conservazione privo d infissi e rifiniture sviluppante una superficie di mq 45, edificato in totale assenza di concessione edilizia in un lotto di modeste dimensioni ricadente entro i 150 m. di protezione alla riva del torrente vincolato, in zona pertanto sottoposta a inedificabilità assoluta ai sensi della L. 431/85 art. 1 lett. c) e sito in zona agricola E1 di P.R.G.;
considerato che la costruzione è stata edificata, come da dichiarazione del richiedente, nel 1993 e che pertanto la disciplina dei corsi d’acqua era pienamente vigente, verificato che la suddetta costruzione risulta di conseguenza non conforme alla normativa vigente sia al momento dell’abuso che al momento dell’istruttoria della pratica, si ritiene illegittima l’autorizzazione paesistica emanata dall’Autorità comunale
”.

Orbene, diversamente da quanto l’appellante mostra di ritenere, l’art. 39, comma 20, della L. n. 724/1994 non consente di sanare abusi edilizi relativi a costruzioni edificate in aree soggette a vincolo di inedificabilità assoluta, ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. c, del D.L. 27/6/1985, n. 312, conv. in L. 8/8/1985, n. 431, quali quella interessata dal manufatto per cui è causa.

Ed invero, il citato art. 39, comma 20, dispone: “ Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al comma 1, i vincoli di inedificabilità richiamati dall'articolo 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, non comprendono il divieto transitorio di edificare previsto dall'articolo 1-quinquies del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, fermo restando il rispetto dell'articolo 12 del decreto-legge 12 gennaio 1988, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 1988, n. 68 ”.

L’art. 1 quinquies del D.L. n. 312/1985 a sua volta stabilisce che: “ Le aree e i beni individuati ai sensi dell'articolo 2 del decreto ministeriale 21 settembre 1984 , pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 265 del 26 settembre 1984, sono inclusi tra quelli in cui è vietata, fino all'adozione da parte delle regioni dei piani di cui all'articolo 1-bis, ogni modificazione dell'assetto del territorio nonché ogni opera edilizia, con esclusione degli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici ”.

L’art. 2 del D.M. 21/9/1984 prevede, infine, che: “ Al fine di garantire le migliori condizioni di tutela delle bellezze naturali e d'insieme di cui ai numeri 1), 3) e 4) dell'art. 1 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, in vista dell'adozione di adeguati provvedimenti di pianificazione paesistica, i competenti organi periferici del Ministero per i beni culturali e ambientali entro novanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del presente decreto, individuano con indicazioni planimetriche e catastali, nell'ambito delle zone sopra indicate, nelle altre comprese negli elenchi redatti ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 e ai sensi del regio decreto 3 giugno 1940, n. 1357 ed, inoltre, in altre zone di interesse paesistico le aree in cui sono vietate, fino al 31 dicembre 1985, modificazioni dell'assetto del territorio, nonché opere edilizie e lavori.

Gli organi suddetti trasmettono gli elenchi entro i successivi trenta giorni al Ministro per i beni culturali e ambientali che, con proprio decreto da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale, approva gli elenchi stessi.

La notificazione del decreto avverrà secondo le formalità previste dalla legge 29 giugno 1939, n. 1497 e dal regolamento di esecuzione approvato con regio decreto 3 giugno 1940, n. 1357 ”.

Come emerge con sufficiente chiarezza sia dal tenore della trascritta norma, sia dal raffronto tra la stessa e quella contenuta nell’art. 1 del medesimo D.M. secondo cui: “ Ad integrazione degli elenchi delle bellezze naturali e d'insieme di cui ai punti 1, 3 e 4 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, sono inclusi in essi, e sono quindi sottoposti a vincolo paesistico ai sensi della predetta legge _ con eccezione dei centri abitati delimitati dagli strumenti urbanistici vigenti oppure ai sensi dell'articolo 41-quinquies, lettera a), della legge 17 agosto 1942, n. 1150, nel testo modificato dell'art. 16 della legge 6 agosto 1967, n. 765 _ i seguenti beni e luoghi:

a) i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare;

b) i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;

c) i fiumi, i torrenti e i corsi d'acqua classificabili pubblici ai sensi del testo unico sulle acque dell'11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative ripe per una fascia di 150 metri ciascuna;

d) le montagne per la parte eccedente 1800 metri sul livello del mare;

e) i ghiacciai e circhi glaciali;

f) i parchi e le riserve, nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi;

g) i boschi e le foreste;

h) le aree assegnate alle Università agrarie e le zone gravate da usi civici ”, le aree considerate dal citato art. 2 sono diverse ed ulteriori rispetto a quelle contemplate nell’art. 1 del medesimo D.M..

Queste ultime, infatti, risultano tutelate in via diretta e immediata dal D.M. e successivamente sono state sottoposte a vincolo ex lege in virtù dell’art. 1 del D.L. n. 312/1985 (Cons. Stato, Sez. VI, 4/2/2002, n. 657).

Ai sensi dell’invocato art. 39, comma 20, della L. n. 724 del 1994 non impediscono, quindi, la sanatoria soltanto i vincoli di cui all’art. 2 del citato D.M. 21/9/1984.

Tenuto conto che in base all’illustrato quadro normativo il manufatto oggetto della richiesta di condono edilizio insisteva su area soggetta a vincolo di inedificabilità assoluta da epoca precedente alla commissione dell’abuso, correttamente la Soprintendenza ha ritenuto illegittimo il nulla osta paesaggistico rilasciato dal Comune.

Alla luce delle esposte considerazioni risultano del tutto ininfluenti le censure con cui l’odierno appellante ha lamentato l’inidoneità del PTP adottato a impedire il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.

Col secondo motivo si denuncia l’errore commesso dal TAR nell’escludere che la Soprintendenza abbia sovrapposto la propria valutazione a quella del Comune così esorbitando dai propri poteri, limitati a un mero controllo di legittimità.

La doglianza è infondata.

E’ vero che la Soprintendenza ha espresso valutazioni di merito in ordine al pregio del manufatto (ritenendolo “ di pessima fattura ”) che non le competevano, essendole riservato sulle autorizzazioni paesaggistiche rilasciate dell’autorità regionale o dall’ente sub delegato, un controllo di mera legittimità ( ex plurimis Cons. Stato, Sez. VI, 25/8/2017, n. 4069), tuttavia, come emerge dal tenore della motivazione dell’impugnato decreto 4/4/2006 più sopra riportata, l’annullamento si basa anche sulla ravvisata sussistenza di un vincolo di inedificabilità assoluta gravante sull’area d’intervento e tanto basta a giustificare l’adozione dell’avversato provvedimento tutorio.

Col terzo motivo l’appellante lamenta che il giudice di prime cure avrebbe erroneamente escluso la necessità della preventiva comunicazione di cui all’art. 10 bis della L. 7/8/1990 n. 241 e succ. mod. e integr.

La doglianza è infondata.

La disposizione in questione non trova, infatti, applicazione quando vi sono specifiche regole procedimentali, sulla durata massima di una fase di riesame di un precedente atto favorevole.

Pertanto, l'annullamento dell'autorizzazione paesistica ad opera dell’autorità statale non è soggetto all'obbligo di comunicazione preventiva del preavviso di rigetto di cui all'art. 10 bis della legge 241 del 1990, in quanto costituisce esercizio, entro un termine decadenziale, di un potere che intercorre tra autorità pubbliche e integra piuttosto una fase ulteriore, di secondo grado, la quale determina la caducazione del precedente atto abilitativo (in tal senso: Cons. Stato, VI Sez., 3/7/2014, n. 3368;
9/1/2014, n. 25;
9/7/2013, n. 3616;
11/6/2012, n. 3401;
Sez. V, 29/5/2006, n. 3220).

Per mera completezza va soggiunto che nel sistema successivo all'entrata in vigore del D. Lgs. 22/1/2004, n. 42, l’avvio del procedimento finalizzato all'annullamento del nulla osta paesaggistico da parte del competente organo statale non dev’essere preceduto nemmeno dalla comunicazione ex art. 7, della citata L. n. 241 del 1990.

Tanto, in base al disposto di cui al comma 2 dell'art. 159, del menzionato D. Lgs. 42/2004, il quale (innovando in parte qua rispetto al previgente disposto di cui all'art. 151 del D. Lgs. 29/10/1999, n. 490) stabilisce in modo espresso che la comunicazione agli interessati relativa all'avvenuto rilascio del nulla osta da parte dell'Ente a ciò competente “ costituisce avviso di inizio di procedimento, ai sensi e per gli effetti della legge 7 agosto 1990, n. 241 ” (Cons. Stato, Sez. VI, 2/12/2016, n. 5060;
4/6/2015, n. 2740).

Peraltro, l’applicabilità della norma di cui al citato art. 7 è esclusa anche per il fatto che trattasi di procedimento che inizia a istanza di parte (Cons. Stato, VI, 27/8/2010, n. 5980;
29/11/2005, n. 6756).

L’appello va, in definitiva, respinto.

Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Spese e onorari di giudizio, liquidati come in dispositivo, seguono la soccombenza.

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