Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-02-12, n. 201500738
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N. 00738/2015REG.PROV.COLL.
N. 04484/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4484 del 2013, proposto da:
E A, rappresentata e difesa dagli avv. P S, M B, L G, con domicilio eletto presso L G in Roma, via Filippo Nicolai, 70;
contro
D F, rappresentato e difeso dall'avv. C P, con domicilio eletto presso Consiglio di Stato - Segreteria in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
nei confronti di
Comune di Lerici, in persona del Sindaco
pro tempore,
non costituito;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LIGURIA - GENOVA: SEZIONE I n. 00323/2013, resa tra le parti, concernente autorizzazione paesaggistica per trasformazione parziale di lastrico solare in terrazza praticabile
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di D F;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 gennaio 2015 il cons. Giuseppe Castiglia e uditi per le parti gli avvocati G.C. Federico, per delega dell'avv. Sommovigo, e Panni;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
In data 1° febbraio 2011 la signora E A, proprietaria di un immobile nel territorio del Comune di Lerici, ha presentato una denuncia di inizio di attività e autorizzazione paesaggistica per la trasformazione parziale di un lastrico solare in terrazza praticabile. Tale trasformazione era destinata a compiersi mediante “la realizzazione di pavimentazione in legno, l’installazione di ringhiere in metallo … e la realizzazione del collegamento diretto con il sottostante appartamento attraverso l’installazione di una scala a chiocciola …” (v. pag. 9 del ricorso in appello).
L’Amministrazione comunale ha rilasciato l’autorizzazione paesaggistica n. 33 del 13 marzo 2012.
Il signor D F, proprietario di un appartamento prospiciente, ha impugnato il provvedimento, proponendo un ricorso che il T.A.R. per la Liguria, sez. I, ha accolto con sentenza in forma semplificata 20 febbraio 2013, n. 323.
Il Tribunale territoriale ha ritenuto che l’autorizzazione contestata fosse illegittima riguardo a profili già dedotti e accolti dallo stesso giudice, con sentenza (11 agosto 2011, n. 1230) di cui l’Amministrazione comunale non avrebbe tenuto conto: violazione delle norme sulle distanze ed errata qualificazione dell’opera, da considerarsi come nuova costruzione per il mutamento di quote e d’ingombro in relazione alla zona in cui l’immobile si trova.
La signora A (rimasta assente dal giudizio di primo grado, al pari del Comune) ha interposto appello contro la sentenza, della quale ha anche chiesto la sospensione dell’efficacia esecutiva.
1. L’appellante deduce in via preliminare:
1.1. l’improcedibilità (recte: irricevibilità) del ricorso di primo grado per tardività, sotto un duplice profilo.
Da un lato, il ricorso sarebbe stato notificato il 22 giugno 2012, a fronte di un’autorizzazione inviata dal Comune al ricorrente il 19 marzo 2012 e ricevuta il successivo 28 marzo. Come apparirebbe dalle osservazioni presentate il 28 settembre 2011 circa l’istanza di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, già da quella data il signor F avrebbe avuto piena conoscenza dell’intervento, cosicché il termine non potrebbe decorrere – come invece sostiene la controparte – dal 15 maggio 2012, data dell’acquisizione dei documenti richiesti a seguito dell’istanza di accesso del 6 aprile 2012. La proroga del termine prevista dall’art. 41, comma 5, c.p.a., non troverebbe applicazione, posto che solo la controinteressata, e non anche il ricorrente, risiederebbe all’estero.
Dall’altro, l’improcedibilità (irricevibilità) deriverebbe dal deposito tardivo (30 agosto 2012) rispetto alla notifica. Essendo il ricorso corredato da una domanda cautelare, non varrebbe la sospensione feriale dei termini;
1.2. l’inammissibilità del ricorso di primo grado per omessa impugnazione di atti presupposti (il parere favorevole della Soprintendenza, avente carattere autonomamente lesivo, rilasciato il 16 gennaio 2012, citato nelle premesse dell’autorizzazione impugnata e conosciuto dall’odierno appellato, come risulterebbe dall’istanza di accesso). La consueta formula di stile dell’impugnazione onnicomprensiva, per il suo carattere generico, non sarebbe sufficiente allo scopo.
2. Nel merito, l’appellante sostiene che l’intervento sarebbe totalmente diverso da quello già autorizzato dal Comune nel 2005 con l’autorizzazione paesaggistica n. 512 e oggetto del contenzioso deciso dal T.A.R. ligure con la sentenza n. 1230/2012: una sopraelevazione allora, una trasformazione parziale di lastrico solare adesso. L’opera rispetterebbe la distanza di tre metri fissata dal codice civile, cui il P.U.C. farebbe rinvio (art. 7, comma 1, delle norme e definizioni generali), e non avrebbe le caratteristiche della nuova costruzione. Facendo riferimento alla procedura semplificata prevista dal d.P.R. n. 139 del 2010, il T.A.R. avrebbe fondato la propria decisione su una disciplina normativa neppure evocata del ricorrente.
Il signor F si è costituito in giudizio per resistere al ricorso, contrastando le eccezioni di improcedibilità (irricevibilità) e di inammissibilità del ricorso di primo grado e riproponendo quasi letteralmente il terzo e il quarto motivo del ricorso medesimo.
1.1. Il termine per la presentazione del ricorso sarebbe decorso solo dal 15 maggio 2012, quando cioè l’appellato, ricevuti i documenti richiesti al Comune, avrebbe conosciuto la consistenza dell’intervento edilizio. A dare rilievo a una data diversa e precedente non potrebbero valere le osservazioni del 28 settembre 2011, relative all’istanza della controparte e non a un provvedimento ancora in fieri .
Risiedendo all’estero la signora A, i termini di notifica e di deposito del ricorso sarebbero aumentati a norma degli artt. 41, comma 5, e 45, comma 1, c.p.a., senza neppure dover prendere in considerazione la sospensione feriale.
1.2. Il parere della Soprintendenza dovrebbe intendersi ricompreso nell’impugnazione di ogni atto presupposto, conseguente o comunque collegato al provvedimento comunale, essendo una componente dell ’iter procedurale dell’autorizzazione rilasciata.
Tale parere, peraltro, sarebbe in sé semplice atto endoprocedimentale, impugnabile autonomamente solo quando, per il suo contenuto negativo, abbia sostanziale natura di atto finale del procedimento.
2. Nel merito, sarebbe immotivato il mutamento di parere della Commissione locale al paesaggio, in un primo tempo contraria all’intervento e poi favorevole, dopo una modifica del progetto. Si tratterebbe in ogni caso di un terrazzo sghembo, realizzato in violazione delle distanze (come apparirebbe dallo stesso progetto in scala) e in contrasto con la tipologia tradizionale dei terrazzi liguri, né modificabile in modo da coprire l’intero ambito, dovendo la signora A ripristinare la falda del vecchio tetto abusivamente demolita. Vi sarebbe inoltre una commistione disorientante di elementi strutturali (pilastrini, ringhiera, metallo, vetro) e una sopraelevazione - già dichiarata illegittima dal giudice civile - indispensabile per realizzare i pavimenti oltre la quota dell’impermeabilizzazione.
Secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, poi, la realizzazione del terrazzo, comportando comunque un incremento della superficie e della volumetria, costituirebbe una sopraelevazione, indipendentemente dall’innalzamento dell’altezza originaria del fabbricato. Da ciò, nel caso di specie, la violazione dell’art. 88 della legge della Regione Liguria 6 giugno 2008, n. 16.
Come in primo grado, il Comune di Lerici non ha partecipato al giudizio.
Alla camera di consiglio del 12 luglio 2013, la causa è stata rinviata al merito.
In vista della discussione del ricorso, la parte appellante ha depositato una memoria, nella quale ribadisce le proprie ragioni.
All’udienza pubblica del 13 gennaio 2015, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. In via preliminare, occorre prendere in esame le eccezioni processuali mosse dall’appellante contro il ricorso di primo grado.
2. Quanto alla tempestività della notifica, avvenuta il 22 giugno 2012, il Collegio ritiene che il termine a quo non coincida con il 28 settembre 2011, momento in cui l’originario ricorrente aveva presentato osservazioni al Comune per contrastare il rilascio dell’autorizzazione poi contestata (tesi dell’appellante). A quell’epoca, infatti, neppure esisteva il provvedimento amministrativo in seguito impugnato, cosicché è del tutto evidente che nessun termine di decadenza potesse decorrere.
Tale termine, tuttavia, neppure è quello del 15 maggio 2012, giorno in cui il signor F, esperito l’accesso, ha ricevuto dal Comune la documentazione richiesta, perché soltanto allora egli avrebbe conseguito la piena conoscenza dell’intervento autorizzato (tesi dell’appellato). L’autorizzazione paesaggistica gli era stata inviata in precedenza (e ricevuta – pare – il 28 marzo, secondo una nota manoscritta sulla busta della raccomandata contenente l’atto), sicché egli sin da quel momento aveva raggiunto una conoscenza, se non necessariamente piena e integrale, certo sufficiente a percepire la lesività dell’atto e a far valere in giudizio i propri interessi, impregiudicata restando la possibilità di produrre in seguito motivi aggiunti, una volta acquisiti elementi ulteriori (giurisprudenza costante: cfr. per tutte, da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 11 dicembre 2013, n. 5973).
Tuttavia l’appellato ha ragione nell’invocare – ai fini della tempestività della notifica del ricorso prima, e del relativo deposito poi – le disposizioni degli artt. 41, comma 5, e 45, comma 1, ultimo periodo, c.p.a., che aumentano di trenta giorni i rispettivi termini ordinari “se le parti o alcune di esse risiedono in altro Stato d’Europa” (la signora A risiede nel Principato di Monaco).
Diversamente da quanto assume l’appellante, le ricordate disposizioni del codice di rito non distinguono affatto tra la residenza all’estero del ricorrente e quella della controparte, per prolungare il termine nella sola prima ipotesi. Notifica e deposito del ricorso introduttivo appaiono perciò tempestivi.
In conclusione, la duplice eccezione di improcedibilità (irricevibilità) non ha pregio e va perciò respinta.
3. La signora A assume poi l’inammissibilità del ricorso di primo grado per la mancata impugnazione del parere della Soprintendenza, prodromica all’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune e impugnata dalla controparte.
Neppure questa eccezione è fondata.
Secondo l’art. 146, comma 5, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (c.d. codice dei beni culturali e del paesaggio;d’ora in poi: codice) “sull'istanza di autorizzazione paesaggistica si pronuncia la regione, dopo avere acquisito il parere vincolante del soprintendente …”.
La regione può esercitare la funzione autorizzatoria in materia di paesaggio attraverso i suoi uffici o delegandola a enti locali (comma 6).
Con le leggi n. 20 del 1991 e n. 22 del 2009, la Regione Liguria ha delegato tale funzione ai Comuni e ha previsto le commissioni locali per il paesaggio.
Infatti, nella vicenda, l’autorizzazione controversa è stata rilasciata dal Comune.
In materia paesaggistica, il parere del soprintendente è vincolante se espresso nei termini di legge (art. 146, commi 5 e 8, del codice). “Entro venti giorni dalla ricezione del parere, l'amministrazione provvede in conformità” (art. 146, comma 8, ultimo periodo, del codice).
Questa caratteristica, tuttavia, non priva tale parere della natura sua propria, che è quella di un atto endoprocedimentale adottato nell’ambito di un procedimento unico. Solo il parere contrario, producendo un arresto definitivo che termina nella sostanza il procedimento, ha carattere provvedimentale (come dimostra anche il dato normativo, che al parere negativo - e dunque al mancato soddisfacimento dell’interesse pretensivo che comporta - collega l’obbligo di inviare il preavviso di rigetto: art. 146, comma 8, secondo periodo, del codice) e, in quanto tale, può essere immediatamente impugnato dal destinatario. Non a caso, quando la giurisprudenza afferma l’autonoma impugnabilità del parere, lo fa sempre in vicende di parere negativo, sfociato in un arresto procedimentale (Cons. Stato, sez. VI, 12 giugno 2008, n. 2903;T.A.R. Umbria, 16 gennaio 2013, n. 11;T.A.R. Campania, 18 aprile 2013, n. 2053, e 4 giugno 2014, n. 3048).
Da ciò, dunque, l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità.
4. Nel merito, il Collegio è dell’avviso che la vicenda richieda un’analisi più approfondita di quella svolta in primo grado, poiché non pare che la controversia, pur presentando evidenti e spiccate analogie, sia del tutto sovrapponibile a quella oggetto della sentenza del T.A.R. n. 1230/2011: diversi sono gli atti impugnati e diverso è l’intervento progettato.
Le parti discutono se l’opera rispetti le distanze di legge e se sia conforme alla normativa urbanistica regionale e locale.
Si tratta di profili controversi in punto di fatto (le distanze) o esaminati in termini estremamente sintetici e dunque non facilmente apprezzabili (la conformità urbanistica).
Pertanto, il Collegio ritiene necessario disporre una verificazione – affidandola al dirigente del Dipartimento della Regione Liguria competente per l’edilizia o a un funzionario da questo delegato – perché, esaminata la documentazione in atti e, se necessario, previa ispezione dei luoghi, accerti la configurazione della proposta trasformazione del lastrico solare alla luce:
a) della normativa sulle distanze tra gli edifici;
b) della disciplina urbanistica della Regione Liguria e del Comune di Lerici.
Il verificatore depositerà la propria relazione entro novanta giorni dalla comunicazione (o dalla notificazione, se anteriore) della presente decisione.
Per la successiva trattazione dell’appello può essere fissata la prima udienza pubblica utile del mese di ottobre del corrente anno.
Ogni altra determinazione in rito, sul merito, quanto alle spese relative all’incombente istruttorio e a quelle di lite va rinviata alla definizione della controversia.