Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2011-08-29, n. 201104829

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2011-08-29, n. 201104829
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201104829
Data del deposito : 29 agosto 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01693/2011 REG.RIC.

N. 04829/2011REG.PROV.COLL.

N. 01693/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1693 del 2011, proposto dal Comune di Sammichele di Bari, rappresentato e difeso dall'avv. F C I, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Caputi Iambrenghi in Roma, via Vincenzo Picardi, 4/B;

contro

C G, rappresentata e difesa dall'avv. A L D, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;
P Nicola, in qualità di revisore dei conti presso il Comune di Sammichele di Bari, rappresentato e difeso dall'avv. M V, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA - BARI: SEZIONE I n. 00115/2011, resa tra le parti, concernente DINIEGO ACCESSO AI DOCUMENTI -

RICHIESTA COPIA RELAZIONE QUESTIONARIO BILANCIO DI PREVISIONE

2010 TRASMESSO ALLA CORTE DEI CONTI

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di C G e di P Nicola;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella Camera di consiglio del giorno 21 giugno 2011 il Cons. Nicola Gaviano e uditi per le parti gli avvocati Caputi Jambrenghi, Dodaro, per delega di Deramo, e Bavaro, per delega di Volpicella;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La Sig.ra C G, consigliere comunale di minoranza presso il Comune di Sammichele di Bari, con istanza acquisita al protocollo comunale in data 17.8.2010 chiedeva, nella propria qualità, il rilascio del documento “ prot. 7262 del 9.8.2010 Corte dei Conti: Trasmissione relazione questionario bilancio di previsione 2010 ”. Si trattava di un questionario compilato dall’organo di revisione ed inviato alla Corte dei Conti ai sensi dell’art. 1, commi 166 e 167, della legge n. 266/2005, con la funzione di delineare la situazione economico-finanziaria dell’Ente.

Il Sindaco con nota del 13.9.2010 riscontrava l’istanza di accesso comunicando che la medesima non poteva essere soddisfatta;
egli adduceva, sostanzialmente, l’indisponibilità materiale del documento richiesto, per essere stato esso inviato dal revisore dei conti direttamente alla Corte contabile.

Avverso il diniego di accesso oppostole l’interessata insorgeva proponendo ricorso al T.A.R. per la Puglia.

Resisteva all’impugnativa l’Amministrazione, che ne richiedeva il rigetto.

Il T.A.R. con la sentenza n. 115/2011 accoglieva il ricorso, e per l’effetto annullava il diniego di accesso gravato ed ordinava all’Amministrazione l’esibizione della documentazione richiesta, con estrazione di copia.

Contro tale pronuncia l’Amministrazione esperiva il presente appello, con il quale contestava la correttezza della decisione avversata e ribadiva, approfondendole, le ragioni a base del proprio convincimento circa l’inaccoglibilità della richiesta ostensiva.

Il Comune riprendeva le proprie argomentazioni con una successiva memoria, con la quale insisteva per l’accoglimento dell’appello.

Si costituiva in resistenza all’impugnativa comunale la richiedente l’accesso, che dal canto suo richiamava le proprie tesi e difendeva la legittimità della pronuncia di primo grado.

Si costituiva in giudizio, altresì, il dott. Nicola P, revisore dei conti presso il Comune, che con la propria memoria svolgeva argomentazioni adesive all’appello, concludendo per il suo accoglimento.

Le parti principali producevano anche degli scritti difensivi di replica.

Alla Camera di consiglio del 21 giugno 2011 la causa è stata infine trattenuta in decisione.

L’appello è infondato.

1 Il Comune di Sammichele di Bari assume in primo luogo che il T.A.R. per la Puglia avrebbe errato nell’individuazione dell’atto richiesto in ostensione. La sig.ra G non avrebbe chiesto di avere accesso alla relazione-questionario sopra indicata, ma si sarebbe invece limitata a richiedere, testualmente, soltanto la nota di trasmissione di tale atto, che sola è contrassegnata dal numero di protocollo indicato dall’istante.

E’ però del tutto evidente il carattere pretestuoso di siffatta obiezione, oltre tutto mossa solo in questa sede, e dopo che nel precorso grado di giudizio le parti si sono confrontate senz’altro sulla questione di merito, senza che nascessero dubbi di sorta sull’identità dell’atto la cui cognizione formava oggetto del contendere. Né risulta che una qualsivoglia perplessità sia potuta insorgere prima di ciò, quando si è trattato di provvedere sulla domanda di accesso, del tutto chiaro essendo che l’interesse della richiedente si appuntava sulla relazione del revisore, e non certo sulla sua pedissequa nota di trasmissione.

Il punto non merita dunque ulteriore attenzione.

2 L’appellante riprende, inoltre, il tema centrale dell’accessibilità della relazione-questionario del revisore dei conti da parte del Consigliere comunale.

2a La logica ispiratrice della pronuncia del primo Giudice è al riguardo quanto mai lineare: il revisore è un organo comunale;
l’atto in discorso è riconducibile al medesimo nella sua specifica qualità;
lo stesso atto è fonte di informazioni utili per la richiedente.

Per ragioni di semplicità espositiva conviene riportare qui di seguito i passaggi argomentativi su cui la sentenza in epigrafe si fonda:

“… la più recente e consolidata giurisprudenza ha chiarito che i consiglieri comunali godono di un non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d'utilità all'espletamento del loro mandato;
ciò al fine di permettere di valutare -con piena cognizione- la correttezza e l'efficacia dell'operato dell'Amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio e per promuovere, anche nell'ambito del Consiglio stesso, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale.

Il diritto di accesso loro riconosciuto ha infatti una ratio diversa da quella che contraddistingue il diritto di accesso ai documenti amministrativi riconosciuto alla generalità dei cittadini (ex articolo 10 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267) ovvero a chiunque sia portatore di un "interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso" (ex art. 22 e ss. della legge 7 agosto 1990, n. 241): è strettamente funzionale all'esercizio del mandato, alla verifica e al controllo del comportamento degli organi istituzionali decisionali dell'ente locale ai fini della tutela degli interessi pubblici ed è peculiare espressione del principio democratico dell'autonomia locale e della rappresentanza esponenziale della collettività (cfr. da ultimo C.d.S., Sez.V, 17.9.2010, n.6963;
in termini C.d.S., Sez.I, 26.5.2010, n.1858;
Sez.V, 22.2.2007, n.929 e 2.9.2005, n.4471).

Si ritiene inoltre che non sia soggetto ad alcun onere motivazionale giacchè diversamente opinando sarebbe introdotto una sorta di controllo dell'ente, attraverso i propri uffici, sull'esercizio del mandato del consigliere comunale;
che il termine "utili", contenuto nell' articolo 43 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 garantisca l'estensione di tale diritto di accesso a qualsiasi atto ravvisato utile per l'esercizio del mandato (cfr. C.d.S. n.6963/2010 cit.) senza che alcuna limitazione possa derivare dall’eventuale natura riservata delle informazioni richieste essendo il consigliere vincolato al segreto d'ufficio (C.d.S., sez. V, 4 maggio 2004, n. 2716 e da ultimo Tar Trentino Alto Adige, Trento, Sez.I, 7 maggio 2009, n.143);
che, infine, gli unici limiti all'esercizio del diritto di accesso dei consiglieri comunali si rinvengano, per un verso, nel fatto che esso debba avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici comunali e, per altro verso, che non debba sostanziarsi in richieste assolutamente generiche ovvero meramente emulative, fermo restando che la sussistenza di tali caratteri debba essere attentamente e approfonditamente vagliata in concreto al fine di non introdurre surrettiziamente inammissibili limitazione al diritto stesso.

3.- Sulla scorta del delineato indirizzo giurisprudenziale, dal quale il Collegio non ritiene di discostarsi, discende che nella specie sussistono i presupposti per l’accesso richiesto dalla ricorrente e rifiutato dall’Ente resistente.

La ricorrente stessa ha specificamente indicato l’atto di cui intende acquisire copia;
è atto proveniente da un organo dell’Ente, qual è espressamente qualificato il Collegio dei revisori dall’art. 234 del d.lgs. n.267/2000;
e, quand’anche dall’invio diretto del documento stesso alla Corte dei conti se ne voglia far discendere la riservatezza, ciò non rappresenterebbe comunque un ostacolo all’ostensione, secondo gli enunciati principi.

Il Sindaco nella nota gravata allude invero all’indisponibilità materiale del documento in questione;
e la difesa dell’amministrazione rimarca la circostanza ponendo l’accento sull’invio diretto alla Corte dei Conti da parte dei revisori e sulla responsabilità altrettanto diretta degli stessi in caso di ritardo, con l’ulteriore precisazione che, in ogni caso, il questionario in parola non sarebbe parte integrante del bilancio.

Entrambi gli addotti profili non sono tuttavia dirimenti. Sotto il primo profilo deve rimarcarsi: a) che la trasmissione diretta non esclude che si tratti di un atto formato da un “organo comunale” espressamente previsto –si ribadisce- dall’art.234 del d.lgs. n.267/2000;
b) che l’atto stesso, in uscita, abbia acquisito un numero di protocollo, per ciò stesso andando a confluire nell’archivio dell’ente.

Sotto il secondo profilo deve invece ribadirsi che l’art.43 del T.U. enti locali riconosce il diritto di accesso a qualsiasi “informazione” utile e non può certo dubitarsi che, trattandosi di un documento esplicativo di un atto complesso, questo sia in grado di fornire un’utile chiave di lettura del bilancio di previsione (come noto sottoposto all’approvazione del Consiglio comunale), restando irrilevante stabilire se ne costituisca o meno parte integrante.

La visione di tale atto non può pertanto essere impedita al consigliere nell’esercizio del suo mandato.

2b Ai fini della propria critica alla pronuncia del Tribunale il Comune di Sammichele di Bari non contesta la valenza di principio della regola dell’accessibilità, così come organicamente ricostruita dal primo Giudice nel suo fondamento e nelle sue ragioni, ma concentra il proprio impegno argomentativo nel tentativo di giustificare un’apposita eccezione al detto canone in corrispondenza con la problematica di specie.

L’appellante svolge, in sintesi, le deduzioni appresso riportate.

La relazione-questionario di cui si tratta è un atto di collaborazione, da parte del revisore, all’esercizio di una funzione di controllo della Corte dei conti. Esso esprime una sinergia tra l’organo di revisione del singolo ente e la Sezione regionale della Magistratura contabile, finalizzata a far pervenire alla seconda un servizio di informazione e vaglio obiettivo in favore, in ultima analisi, delle assemblee elettive locali (in questo senso vengono richiamate le Linee Guida deliberate dalla Corte per il rendiconto di gestione per l’anno 2009).

Le norme regolatrici del predetto rapporto di controllo –deduce l’appellante- collocano, però, l’informazione all’Ente controllato e la successiva dialettica con il medesimo solo in un secondo momento, vale a dire a valle del pronunciamento della Corte. Prima di questo sussisterebbe, invece, solo un rapporto di tipo esclusivo tra “i due controllori”, che non contempla alcuna forma di partecipazione da parte del controllato. Ed un’ammissione immediata dell’accesso alla relazione del revisore altererebbe irrimediabilmente tale schema: onde il primo Giudice sarebbe incorso in un travisamento della disciplina dettata dall’art. 1, commi 166-168, della legge n. 266/2005.

Viene soggiunto, infine, che la funzionalità di questa formula di controllo esige una piena libertà di espressione da parte del revisore, la quale presuppone la sua immunità da condizionamenti. Per tale ragione, la sua relazione-questionario dovrebbe intendersi non soltanto sottratta all’accesso, ma, più ampiamente, sottratta alla cognizione della generalità degli organi ed uffici comunali, in quanto destinata in via esclusiva alla Sezione della Corte.

2c Questi rilievi non valgono a giustificare il diniego di accesso opposto all’appellata.

Non si rinvengono elementi sufficienti a far ritenere che le norme invocate dall’appellante abbiano inteso costruire il rapporto tra revisore dei conti presso il singolo ente e Sezione regionale della Magistratura contabile come un rapporto necessariamente “esclusivo”, nel senso postulato dal Comune: le dette norme si occupano unicamente di tali figure, semplicemente perché il loro scopo è quello di imporre alla prima un adempimento funzionale alla migliore informazione della seconda.

Ancora: è pur vero che il conclusivo pronunciamento della Corte si indirizzerà all’Ente interessato: ma la previsione di questo naturale dato non autorizza di per sé a ritenere forzosamente esclusa, prima di allora, qualsiasi forma di informazione (se non di partecipazione) per l’Ente stesso.

Quanto all’esigenza di una piena libertà di espressione ed immunità da condizionamenti del revisore, è agevole osservare, da un lato, che la possibilità di accesso ad un documento da questi già formato ed inviato alla Corte dei conti non sembra integrare un particolare fattore di condizionamento;
dall’altro, e soprattutto, che l’esigenza appena indicata non si pone solo in occasione della redazione della nota relazione-questionario, ma deve essere perseguita rispetto all’intero operato del revisore nel disimpegno delle funzioni di cui all’art. 239 d.lgs. n. 267/2000, unitamente al valore di un’adeguata coerenza di giudizi e comportamenti da parte di tale figura.

Senza dire, poi, che la possibilità di un’immediata trasparenza in merito alle rappresentazioni del revisore, anche quando indirizzate alla Corte, sembra poter creare più opportunità che insidie per la difesa degli equilibri della finanza locale. Questo a maggior ragione se si tiene conto della natura collaborativa (sottolineata da Corte Cost., 7 giugno 2007, n. 179) della forma di controllo di cui si tratta, che, come ricorda la stessa appellante, ha lo scopo ultimo di stimolare gli organi locali ad adottare, quando del caso, le misure correttive necessarie per la tutela dell’equilibrio dei loro bilanci (il comma 168 dell’art. 1 legge n. 266/2005, infatti, recita : “ Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, qualora accertino, anche sulla base delle relazioni di cui al comma 166, comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria o il mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto, adottano specifica pronuncia e vigilano sull'adozione da parte dell'ente locale delle necessarie misure correttive e sul rispetto dei vincoli e limitazioni posti in caso di mancato rispetto delle regole del patto di stabilità interno ”).

In definitiva, dunque, le argomentazioni dell’appellante non solo non sono asseverate da alcuna puntuale indicazione legislativa, ma neppure giustificate da inequivocabili esigenze funzionali di ordine superiore.

La relazione, nella configurazione impressavi dal legislatore con l’art. 1, comma 167, della legge n. 266/2005, “ deve dare conto del rispetto degli obiettivi annuali posti dal patto di stabilità interno, dell'osservanza del vincolo previsto in materia di indebitamento dall'articolo 119, ultimo comma, della Costituzione, e di ogni grave irregolarità contabile e finanziaria in ordine alle quali l'amministrazione non abbia adottato le misure correttive segnalate dall'organo di revisione ”. Sicché non si giustifica la cornice di “segretezza” da cui l’appellante vorrebbe vedere circondato l’atto.

In assenza di precisi dati in senso contrario non può che prevalere, pertanto, il principio della libera accessibilità da parte del consigliere comunale, regola generale alla quale non risultano essere state apportate deroghe neppure in subiecta materia .

Ci si trova invero, giova ribadirlo, in presenza di un organo comunale, così essendo connotato il revisore dall’art. 234 del d.lgs. n. 267/2000;
e di un atto da questi compiuto nell’esercizio delle sue funzioni, i cui contenuti rivestono, oltre tutto, un’importanza tutt’altro che secondaria per la correttezza dell’amministrazione contabile e finanziaria dell’ente.

Il primo Giudice ha già opportunamente ricordato, infine, che alcuna limitazione può derivare all’istituto dell’accesso del consigliere comunale dall’eventuale natura riservata delle informazioni richieste, essendo il consigliere stesso vincolato al segreto d'ufficio.

3 Il Comune, come pure il revisore, a sostegno delle proprie tesi richiama anche le nuove modalità di redazione ed invio informatico del questionario introdotte da ultimo dalla Corte dei conti con il c.d. sistema SIQUEL.

Tali modalità prevedono che il questionario possa essere compilato, dal revisore, unicamente attraverso un accesso riservato al sito della Corte, mediante l’uso del predetto, apposito sistema, che comporta il totale abbandono del mezzo cartaceo.

Queste modalità, osserva l’appellante, precludono la possibilità materiale di fare acquisire il questionario all’archivio comunale: e tanto confermerebbe che una simile acquisizione non fosse possibile neppure in precedenza.

La difesa avversaria rimarca però a ragione che nel caso concreto il questionario è stato redatto in forma ancora cartacea, prima dell’avvento del nuovo sistema. Già per questa ragione, quindi, il richiamo si rivela poco pertinente.

Vale poi soprattutto notare che non risulta che l’introduzione delle novità indicate, senz’altro apprezzabili sul piano organizzativo come tappa verso la dematerializzazione dei processi di controllo, sia stata accompagnata dall’adozione di nuove regole giuridiche in grado di innovare sullo specifico thema dell’accessibilità ai questionari in discorso da parte dei consiglieri comunali.

D’altra parte, nemmeno risulta che il nuovo sistema renda anche solo materialmente impossibile la conservazione presso gli uffici del revisore di una copia del questionario.

Quanto all’innovazione per cui quest’ultimo ha perduto, nel modo descritto, la consistenza di documento cartaceo, per trasformarsi in una registrazione puramente informatica, la circostanza è pressoché neutra in presenza di una definizione legislativa secondo la quale, proprio ai fini dell’applicazione delle norme in materia di accesso agli atti amministrativi, costituisce “documento” “ ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti ” (art. 22, comma 1°, lett. d), legge n. 241/1990).

Sicché non si rinvengono ragioni per mettere in discussione i risultati che sono stati raggiunti nel paragrafo precedente nel senso dell’accessibilità del documento, sul fondamento della precisa quanto generale previsione di rango legislativo recata dall’art. 43 d.lgs. n. 267 del 2000.

4 Parte appellante riprende, infine, l’argomento della materiale indisponibilità della relazione-questionario presso il Comune, per esserne stato redatto il testo in un unico originale, inviato dal revisore direttamente alla Corte contabile, senza un previo passaggio attraverso l’archivio dell’Ente. La circostanza, pur attestata dallo stesso revisore con una “dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà” (secondo quanto si assume, oltre che nell’appello, anche nella memoria comunale del 3/6/2011) versata agli atti durante il primo grado di giudizio in data 29/11/2010, sarebbe stata arbitrariamente trascurata dal T.A.R..

La difesa dell’originaria ricorrente ha però buon gioco nell’obiettare che la dichiarazione del revisore che viene così richiamata non presenta, in realtà, alcuno dei crismi della dichiarazione sostitutiva di atto notorio, e pertanto non possiede alcuna efficacia probatoria qualificata, non essendo stata formata nei modi di rito (è una comune dichiarazione scritta, sprovvista perfino di data). Senza dire che il revisore in questa sede si è costituito personalmente in giudizio in posizione adesiva rispetto al Comune, e quindi non riveste neppure una posizione di terzietà rispetto ai contendenti.

Tanto premesso, osserva la Sezione che la controversia in esame verte essenzialmente sulla problematica giuridica relativa alla ostensibilità, o meno, del documento più volte menzionato: e tale thema deve necessariamente essere definito (fosse anche solo, in astratta ipotesi, per dare all’Amministrazione correttezza di indirizzo).

Quanto al diverso punto della materiale disponibilità del documento presso l’Amministrazione, le obiezioni svolte dal Comune, per quanto meritevoli di attenzione, non possono essere reputate, come si è appena premesso, convincenti. E in ultima analisi, infine, alla richiedente sarebbe comunque possibile offrire quantomeno una copia del documento in formato elettronico di cui il revisore dovrebbe verosimilmente aver conservato pur sempre la disponibilità.

Per quanto precede, anche questo motivo deve essere respinto.

5 Le superiori considerazioni impongono, pertanto, la reiezione dell’appello, in ragione della sua infondatezza.

Le spese processuali di questo grado di giudizio, mentre possono essere compensate nei rapporti tra l’originaria ricorrente ed il revisore, nei confronti del Comune devono seguire la soccombenza, e vengono liquidate dal seguente dispositivo.

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