Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2012-01-10, n. 201200033

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2012-01-10, n. 201200033
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201200033
Data del deposito : 10 gennaio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08979/2003 REG.RIC.

N. 00033/2012REG.PROV.COLL.

N. 08979/2003 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8979 del 2003, proposto da:
Cespa-Costruzioni Edili S.p.A., rappresentato e difeso dagli avv. G L e C M, con domicilio eletto presso l’avv. Giuseppe Lavitola in Roma, via Costabella 23;

contro

Comune di Roma, rappresentato e difeso dall'A R, domiciliata per legge in Roma, via del Tempio di Giove, 21;

nei confronti di

D'Alessandro Anna;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II BIS n. 03373/2003, resa tra le parti, concernente PAG. SOMME A TITOLO DI CONTRIBUTO ACQUISIZIONE AREE CONCESSE IN DIRITTO DI SUPERFICIE.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2011 il Cons. Paolo Giovanni Nicolo' Lotti e uditi per le parti gli avvocati Zerboni, per delega dell'Avv. Lavitola, e Graziosi, in dichiarata sostituzione dell'Avv. Raimondo;


FATTO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Roma, sez. II-bis, con la sentenza n. 3373 dell’11 aprile 2003, ha in parte respinto e in parte dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall’odierno appellante per l’annullamento della determinazione dirigenziale del Dipartimento IX – III U.O. n. 41 del 17.3.2000 e relativa nota di trasmissione pervenuta in data 6.11.2001, avente ad oggetto richiesta di pagamento di somme, a titolo di contributo per acquisizione di aree concesse in diritto di superficie, nel Piano di Zona C8 “Casal Brunori”, nonché della delibera consiliare n. 150 del 17.5.1991 (avente ad oggetto le richieste di conguaglio per la concessione di aree, nei Piani di Zona ex L. n. 167/62) e la delibera consiliare n. 1929 in data 8.4.1983 (avente ad oggetto lo schema di convenzione, ai sensi dell’art. 35 della legge n. 865/71, per la concessione del diritto di superficie, sulle aree anzidette);
in primo grado, l’appellante ha, inoltre, chiesto l’accertamento dell’impossibilità per l’Amministrazione di richiedere a conguaglio le somme di cui si è detto.

Il TAR fondava la sua decisione rilevando che risultava applicabile alla fattispecie la norma di cui all’art. 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, sostitutivo dell’art. 10 della legge 18 aprile 1962, n. 167 che regola la cessione delle aree edificabili comprese nei piani di zona e acquisite in via espropriativa, al fine di realizzare alloggi di edilizia residenziale pubblica, mediante deliberazione dei competenti organi municipali e successiva convenzione, nell’ambito di uno schema concessorio, che vede i privati concessionari soggetti ai poteri autoritativi dell’ente fino a che non sia realizzata la finalità pubblicistica, cui la cessione è diretta.

Sia la deliberazione del Comune di concedere, su aree costituenti il proprio patrimonio, un diritto di superficie finalizzato alla costruzione di alloggi di tipo economico e popolare, sia la convenzione attuativa, stipulata dal concessionario ex art. 10 L. n. 167-62, compongono dunque una fattispecie complessa di concessione amministrativa;
le questioni inerenti il pagamento del corrispettivo, dovuto dal concessionario ed in ordine al quale non sussiste alcun potere discrezionale della P.A., in particolare, rientrano secondo nella giurisdizione del Giudice Ordinario, a norma dell’art. 5, comma 2, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, ratione temporis applicabile.

Pertanto, conclude il TAR sul punto, le censure riconducibili all’oggettiva quantificazione e liquidazione del corrispettivo di cui si discute è materia sottratta alla giurisdizione del G.A. ex art. 5, comma 2, L. n. 1034-71, all’epoca vigente, con conseguente inammissibilità delle censure stesse

Secondo il TAR, inoltre, l’inammissibilità del ricorso investe l’impugnazione delle delibere consiliari nn. 150 del 17.5.1991 e 1929 in data 8.4.1983, in quanto i contenuti precettivi delle medesime, per ciò che concerne la preclusione del conguaglio dopo l’assegnazione definitiva degli alloggi ed il riferimento ai corrispettivi di concessione delle aree (anziché al prezzo unitario, riferito all’intero PEEP), risultano inerenti la regolamentazione pubblicistica di concessione del diritto di superficie, sottratta all’autonomia negoziale, ed avrebbero dovuto, quindi, essere impugnati entro termini decadenziali.

Ulteriore inammissibilità, sempre secondo il TAR, investe la contestazione, specificamente riferita alla delibera consiliare n. 150/91, atteso che l’eliminazione della clausola, preclusiva della richiesta di conguaglio dopo il trasferimento dei beni a terzi, viene censurata nella duplice prospettiva della lesione degli interessi abitativi delle fasce economicamente più deboli (quindi con una censura relativa ad un interesse avente carattere non personale e diretto) e del difetto di legittimazione passiva delle società ricorrenti, società che, tuttavia, non potevano ritenersi, dopo la vendita degli alloggi, svincolate da qualsiasi obbligo, relativamente a quello, che è normativamente configurato come corrispettivo del diritto di superficie, alla medesima assegnato.

Inoltre, ha osservato il TAR, la possibilità di effettuare il conguaglio anche dopo la cessione degli alloggi è ribadita nella delibera di G.M. n. 31-90, non impugnata.

Per quanto riguarda la misura del conguaglio, tale ultima delibera ha fatto salva la possibilità, disciplinata dall’art. 13 dello schema di convenzione, di maggiorare il prezzo degli alloggi stessi “in dipendenza ed in ugual misura di eventuali variazioni del corrispettivo di concessione”, quindi, con una previsione, ribadita negli atti concessori, di aggiornamento del corrispettivo della concessione stessa, in relazione al costo effettivo sostenuto dal Comune, per l’acquisizione delle aree, non al costo medio di acquisizione delle aree comprese nell’intero PEEP.

Ancora, secondo il TAR, la procedura espropriativa avviata dal Comune di Roma per l’acquisizione delle aree, comprese nel Piano di Zona, nonché la successiva istanza del medesimo Comune alla Regione, perché venisse determinata la misura dell’indennità di esproprio, costituivano fasi procedurali interne, in rapporto al processo di individuazione del corrispettivo di concessione del diritto di superficie, di cui all’art. 3 della convenzione e, pertanto, non gravava sul Comune di Roma l’onere di comunicare alla ricorrente l’avvio del sub-procedimento in questione, ex art. 7 L. n. 241-90, potendo tale parte avvalersi del successivo art. 9 della medesima legge, che attribuisce a qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento la facoltà di intervenire nel procedimento. Quest’ultima norma, dunque, era l’unica cui dovevano affidarsi nel caso di specie le garanzie partecipative.

Secondo l’appellante, la sentenza merita riforma in quanto il TAR avrebbe erroneamente ritenuto sussistente un diritto al conguaglio invece inequivocabilmente escluso, poiché relativo soltanto a due tassative ipotesi previste in convenzione: sopravvenienze normative in materia di indennità di esproprio ovvero sentenze passate in giudicato in seguito ad opposizione alla stima.

Inoltre sostiene l’appellante che la mancata comunicazione agli assegnatari dell’avvenuta accettazione dell’indennità di esproprio avrebbe comportato una violazione dei doveri di correttezza e del principio di buona fede e di leale collaborazione delle parti nella gestione del rapporto convenzionale.

In via subordinata, l’appellante solleva la questione del calcolo dell’indennità presuntiva di esproprio in relazione all’intero PEEP e non calcolata sui singoli paini di zona: anche gli eventuali conguagli, per coerenza, avrebbero dovuto essere parametrati al medesimo criterio.

Vengono inoltre riproposte le domande di annullamento delle delibere giudicate dal TAR inammissibili, sostenendo sotto il profilo della giurisdizione, la riconducibilità della materia nell’alveo dell’urbanistica ex art. 34 d. lgs. 80-1998, ratione temporis vigente.

Si costituiva l’Amministrazione intimata chiedendo il rigetto dell’appello.

All’udienza pubblica del 2 dicembre 2011 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Rileva il Collegio, sotto il profilo del diritto del Comune di Roma (oggi Roma Capitale) di richiedere, ad imprese e cooperative, il conguaglio per i costi di assegnazione di aree di edilizia residenziale pubblica a seguito di maggiori oneri dipendenti dalle indennità corrisposte ai proprietari espropriati, anche dopo l’assegnazione, che:

- lo schema generale di convenzione approvato con delibera C.C. di Roma n. 1929 dell’8.4.1983, all’art. 3, comma 3, effettivamente impediva tale conguaglio;

- tuttavia, con delibera C.C. n. 150 del 17.5.1991, è stato modificato in via generale lo schema di convenzione di cui alla citata delibera n. 1929 del 1983;

- in ogni caso, per quanto riguarda l’area “Casal Brunori”, oggetto dell’assegnazione in questione, già la delibera d’urgenza delle Giunta Municipale n. 1807 del 1989 aveva provveduto ad escludere l’operatività della clausola di cui all’art. 3, comma 3, della convenzione, stipulata secondo lo schema generale di cui alla citata delibera C.C. di Roma n. 1929 del 1983 che, come detto, impediva il conguaglio dopo l’assegnazione definitiva degli alloggi;

- la successiva delibera del Consiglio Comunale di Roma 26.3.1997, n. 23 ha ribadito il contenuto delle succitate delibere, che consentivano inequivocabilmente la richiesta di conguaglio anche posteriormente all’assegnazione definitiva degli alloggi;

- le convenzioni stipulate sono indubbiamente posteriori alla delibera C.C. n. 150 del 17.5.1991 con cui, si ribadisce, è stato modificato in via generale lo schema di convenzione di cui alla citata delibera n. 1929 del 1983 e, segnatamente, l’art. 3 in questione.

Pertanto, alla luce di tali rilievi, è evidente che la pretesa dell’appellante di applicare ancora l’originario principio della convenzione del 1983, che vietata la richiesta di conguaglio dopo l’assegnazione definitiva degli alloggi, è del tutto destituita di fondamento, atteso che tale regola era stata da tempo cancellata e non era nemmeno riprodotta nelle convenzioni specificamente stipulate con le varie imprese assegnatarie del diritto di superficie.

Per quanto riguarda la fonte dei reciproci diritti ed obblighi, ravvisata intangibile dal TAR alla luce della evidente tardiva impugnazione dei relativi atti, è peraltro corretta la prospettazione di parte appellante secondo cui la convenzione sottoscritta dalle parti prevedeva l’obbligo del conguaglio in caso di nuove disposizioni legislative o sentenze definitive emesse in sede di opposizione alla stima delle indennità.

Non è invece condivisibile che tali ipotesi sarebbero ben diverse dalla volontaria e discrezionale accettazione delle somme da parte dei soggetti espropriati.

Infatti, il contestato aumento è dipeso dall’istituto della cessione volontaria delle aree che ha consentito all’espropriando di evitare l’abbattimento del 40% dell’indennità, come previsto dall’art.

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