Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-05-23, n. 201103047
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Testo completo
N. 03047/2011REG.PROV.COLL.
N. 00679/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 679 del 2010, proposto dalla s.p.a Astaldi, in proprio e quale mandataria dell’A.T.I. costituita tra la Astaldi s.p.a, la Icla Costruzioni Generali in liquidazione, la Tecnocostruzioni s.p.a., la Bove Emilio e Figli S.n.c., la I.Ge.Co. s.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati M A, D D F e A S, con domicilio eletto presso lo Studio Annoni-Segato in Roma, via Udine, 6;
contro
La Gestione liquidatoria del Consorzio di bonifica della Valle Telesina, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato Loreta Di Marco, con domicilio eletto presso il signor Michele Lobianco in Roma, viale Parioli, 79 h;
la Regione Campania, in persona del Presidente
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato Maria D'Elia, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Roma, via Poli, 29;
per la riforma della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, sezione quinta, n. 4862/2009, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Gestione liquidatoria del Consorzio di bonifica della Valle Telesina e della Regione Campania;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 aprile 2011 il consigliere di Stato Maurizio Meschino e udito per le parti l’avvocato Bova, per delega dell’avvocato D'Elia;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La s.p.a. Astaldi, in proprio e nella qualità di mandataria dell’A.T.I. costituita tra Astaldi s.p.a., Icla Costruzioni Generali s.p.a in liquidazione, Tecnocostruzioni s.p.a, Bove Emilio e Figli s.n.c. e I. Ge.Co. s.r.l., con il ricorso n. 2325 del 2009 proposto al TAR per la Campania, ha chiesto l’esecuzione del giudicato formatosi sul lodo arbitrale sottoscritto in data 10 giugno 2004, reso esecutivo in data 9 febbraio 2006, confermato dalla Corte d'Appello di Napoli – I sezione civile – con la sentenza n. 3799/2007 depositata in data 5 dicembre 2007, notificata il 28 gennaio 2008 e non impugnata.
Il lodo ha condannato il Consorzio di bonifica della Valle Telesina (cui è succeduta la Gestione liquidatoria) al pagamento di una serie di somme a favore della ricorrente.
2. Il TAR, con la sentenza n. 4862 del 2009, ha dichiarato il ricorso inammissibile compensando tra le parti le spese del giudizio.
3. Con l’appello in epigrafe è chiesto l’annullamento della sentenza impugnata e l’accoglimento del ricorso di primo grado e, per l’effetto, la nomina di un commissario ad acta perché provveda al compimento di tutti gli atti dovuti per l’esecuzione del giudicato o, in via subordinata, che sia fissato un termine alla Gestione liquidatoria del Consorzio di Bonifica della Valle Telesina per gli adempimenti necessari a dare piena esecuzione al giudicato, con la nomina contestuale di un commissario ad acta in caso di inottemperanza nel termine assegnato.
4. All’udienza del 19 aprile 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Con la sentenza gravata, n. 4862 del 2009, il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione quinta, ha dichiarato inammissibile il ricorso, n. 2325 del 2009, con cui la s.p.a. Astaldi, in proprio e nella qualità di mandataria di A.T.I, ha chiesto l’esecuzione del giudicato formatosi su lodo arbitrale recante la condanna del Consorzio di bonifica della Valle Telesina al pagamento di una serie di somme a suo favore.
2. Nella sentenza si afferma, in sintesi, che non sussisterebbe il potere del giudice amministrativo di dare esecuzione al lodo arbitrale, poiché:
- ciò che fa della giurisdizione una funzione propria dello Stato non è l’attività di risoluzione delle controversie tra i consociati, che può essere svolta da giudici privati, ma il fatto che lo Stato soltanto conferisce la forza del giudicato;
- l’esecuzione in forma coattiva è riservata solo alle decisioni adottate dagli organi che esercitano la funzione giurisdizionale e non si applica quindi alle decisioni pronunciate dagli arbitri;
- questa conclusione non può cambiare in presenza di un lodo arbitrale che, come nella specie, sia stato confermato dalla Corte di Appello con il rigetto della impugnazione per nullità di cui all’art. 829 c.p.c., essendo il lodo un atto la cui natura negoziale non muta per l’attribuzione degli effetti della sentenza;
- il lodo non acquisirebbe l’autorità di cosa giudicata propria delle sentenza ai sensi dell’art. 2909 c.c., distinta dalla immutabilità dell’accertamento, avendo “efficacia di sentenza” soltanto agli effetti processuali della decisione e per il suo regime di impugnazione.
3. Nell’appello si deduce che il lodo arbitrale è equiparato alla sentenza del giudice ordinario per tre determinanti profili:
a) per l’efficacia esecutiva, disposta dall’art. 825 c.p.c., come modificato dalla legge n. 25 del 1994, per cui il lodo reso esecutivo è soggetto a trascrizione ed annotazione negli stessi casi previsti per la sentenza ed è qualificato titolo esecutivo ai sensi dell’art. 474 c.p.c., e dell’art. 824-bis c.p.c., introdotto con la legge n. 52 del 2006, per il quale “il lodo ha dalla data della sua ultima sottoscrizione gli effetti della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria”;
b) per la sua idoneità a formare cosa giudicata secondo l’art. 2909 c.c., poiché con esso viene definita la regola del caso concreto sottoposto al giudizio, che acquisisce vincolatività ed incontestabilità sul piano sostanziale e processuale se il lodo non è impugnato con i rimedi previsti ovvero sia confermato al loro esito;
c) in quanto tale equiparazione è confermata da ulteriori norme, processuali (articoli 829, 831 e 828, nonché art. 669- nonies c.p.c.) e sostanziali (articoli 2943, 2945 e 2819 c.c), ed è stata rilevata dalla Corte Costituzionale, per la quale il collegio arbitrale può sollevare questione incidentale di costituzionalità (sentenza 28 novembre 2001, n. 376).
4. Le censure così riassunte sono fondate.
Con il Codice del processo amministrativo (d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104), è stato disposto che “ L’azione di ottemperanza può essere proposta per conseguire l’attuazione:…e) dei lodi arbitrali esecutivi divenuti inoppugnabili al fine di ottenere l’adempimento dell’obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi alla decisione ” (art.112, comma 2).
E’ stato così riconosciuto e sancito con norma di legge un indirizzo giurisprudenziale tracciato in diverse pronunce di questo Consiglio (Sez. V, 12 ottobre 2009, n. 6241;12 novembre 2001, n. 5788;1° marzo 2000, n. 1089;Sez. IV: 20 dicembre 2000, n. 6843;31 marzo 1988, n. 285).
Tale orientamento risulta senz’altro corroborato dall’art. 824-bis c.p.c., che attribuisce al lodo “ gli effetti della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria ”, risultando con ciò decisivo il conferimento al lodo dell’efficacia pur se non della natura di una sentenza (Corte Costituzionale, 5 febbraio 1963, n. 2), confermata dal fatto che nei suoi confronti è possibile ricorrere ai mezzi di impugnazione propri dei provvedimenti giurisdizionali.
Non vi è ragione, allora, per ritenere precluso alla parte vittoriosa il ricorso per l’ottemperanza di una pronuncia resa esecutiva con decreto del giudice ex art. 825 c.p.c., che, se non impugnata, o confermata, risolve definitivamente la controversia con efficacia equiparata a quella della sentenza ex art. 824-bis c.p.c., con un accertamento che si impone quindi alle parti e loro aventi causa;una tale preclusione avrebbe infatti il solo effetto di interdire immotivatamente al privato un rimedio idoneo a rendere effettiva la sua tutela nei confronti della pubblica amministrazione riconosciuta definitivamente soccombente, con una disciplina che limitando “ gli strumenti di tutela esecutiva nel caso di pronunce arbitrali creerebbe una ingiustificata disparità di trattamento, di dubbia legittimità costituzionale ” (Sez. V, n. 1089 del 2000 cit.).
Ne consegue che “ il rimedio del giudizio di ottemperanza, secondo consolidati principi (riconosciuti a partire dalla decisione dell'Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato 9.3.1973, n. 1), può essere esperito, nei confronti delle sentenze dell'autorità giudiziaria ordinaria passate in giudicato, cui vanno equiparati i lodi arbitrali dichiarati esecutivi che abbiano acquistato efficacia di giudicato (CdS, Sez. V, 1.3.2000, n. 1089), per assicurare una pronta ed efficace tutela del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione in sede di adempimento del giudicato, sia in relazione alla fase provvedimentale, in cui sia necessario emettere atti autoritativi necessari alla conformazione al giudicato, sia nella fase meramente esecutiva di obblighi consistenti in operazioni materiali o atti giuridici di stretta esecuzione (quale ad esempio, l'emissione di mandato di pagamento), indispensabili a soddisfare il privato ” e, perciò, che “ l'inerzia o il rifiuto dell'amministrazione in relazione al compimento di tali atti può verificarsi anche in relazione all'esecuzione di pronunce di condanna al pagamento di somme di denaro e richiede, in tali casi, l'intervento del giudice amministrativo ex art. 27 R.D. n. 1054/1924 allo scopo di sopperire a tale inerzia ” (Sez. V, n. 6241 del 2009, cit.).
Le osservazioni espresse in senso contrario nella sentenza impugnata non risultano perciò condivisibili, poiché:
- la possibilità per il collegio arbitrale di sollevare questioni di costituzionalità (già rilevata dalla sentenza citata della Corte Cost. n. 376 del 2001 e ribadita dall’art. 819 bis c.p.c. (introdotto con il d.lg. n. 40 del 2006) evidenzia che il lodo costituisce una pronuncia idonea dirimere una controversia, insindacabile in ogni sede giurisdizionale e amministrativa, e dunque avente una efficacia quanto meno analoga al giudicato;
- la portata sostanziale del giudicato riguarda ogni pronuncia di giustizia idonea a divenire immutabile, per la quale l’ordinamento consente il rimedio della revocazione, previsto nella specie, per il lodo arbitrale, dall’art. 831 c.p.c. (come, invero, ebbe già a rilevare la Corte di Cassazione con le sentenze con cui constatò la natura giurisdizionale delle pronunce della Quarta Sezione del Consiglio di Stato alla luce dell’art. 39 della legge fondamentale del 1889, che ammetteva il rimedio della revocazione avverso le dette decisioni, sul presupposto del ‘carattere definitivo dei suoi pronunciati’: Sez. Un., 21 marzo 1893, in Giur. It. 1893, I, 1, 410;Sez. Un., 8 gennaio 1895, in Giur. It., 1895, I, 1, 372;Sez. Un., 15 marzo 1902, in Giur. It., 1902, I, 1, 506).
Anche per queste ragioni, la disposizione prevista dall’art. 112, comma 2, lettera e), del Codice del processo amministrativo va considerata come meramente ricognitiva di una regula iuris discendente dal precedente sistema di giustizia amministrativa, nonché, oggi, dal principio – desumibile direttamente dagli articoli 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo – per il quale le pronunce di giustizia debbono dare tutela effettiva, sicché in ogni ordinamento nazionale deve risultare proponibile l’azione di esecuzione ( per tutte, CEDU, 19 marzo 1997, Hornsby c. Grecia;CEDU, Sez. II, 27 luglio 2004, Romashov c. Ucraina, § 47, per le decisioni equated to a Court decision ).
5. Per quanto considerato l’appello è fondato e, in riforma della sentenza gravata, il ricorso di primo grado va considerato ammissibile.
Il medesimo ricorso risulta altresì fondato, poiché è pacifico che non è stata data esecuzione alla condanna disposta col lodo arbitrale.
Pertanto, il Collegio ordina alla Gestione liquidatoria del Consorzio di Bonifica della Valle Telesina di dare piena e integrale esecuzione al giudicato formatosi sul lodo arbitrale di cui si tratta con la corresponsione alla s.p.a. Astaldi della somma che le è di conseguenza dovuta.
Il Collegio, inoltre, dispone la nomina di un Commissario ad acta , nella persona del Presidente della Regione Campania, il quale può delegare un dirigente dell’Amministrazione regionale.
6. Il Collegio, quanto alle modalità di esecuzione del giudicato, visto l’ammontare notevolmente rilevante della somma da pagare da parte della Gestione liquidatoria, indicata nell’appello in euro 30.959.107,65, e considerata l’incidenza che l’onere del pagamento immediato in un’unica soluzione della somma e degli interessi maturati, potrebbe avere a carico della relativa gestione ordinaria di bilancio, ritiene di disporre che il Commissario ad acta :
a) determini con precisione le somme dovute in base al lodo;
b) valuti se la Gestione liquidatoria abbia le risorse finanziarie per il pagamento immediato dell’intera somma dovuta (al riguardo, la Sezione ritiene allo stato di non doversi pronunciare anche in ordine all’effettivo ammontare di quanto dovuto, poiché la presente pronuncia – anche in considerazione delle deduzioni delle parti - si limita a ritenere ammissibile il giudizio d’ottemperanza e a disporre le modalità essenziali per l’esecuzione del lodo);
c) ove manchino le risorse per l’integrale e immediato pagamento del dovuto, provveda al pagamento di un decimo della somma dovuta entro il termine di centottanta giorni decorrente dalla comunicazione o dalla notificazione, se antecedente, della presente sentenza;
d) entro lo stesso termine di centottanta giorni, provveda a redigere un piano di rateizzazione del pagamento della restante somma dovuta, che sarà comunicato alla s.p.a. Astaldi, tale che l’integrale pagamento della detta somma, con gli interessi legali maturati fino al soddisfo, sia completato, sempre a cura del Commissario ad acta , entro e non oltre l’ulteriore periodo di diciotto mesi, decorrente dal compimento del detto termine di centottanta giorni.
Le parti e il Commissario ad acta potranno chiedere al Collegio chiarimenti e ulteriori statuizioni, come consentito dall’art. 114 del Codice del processo amministrativo, qualora insorgano questioni in ordine all’esecuzione.
Il Commissario potrà chiedere al Collegio la liquidazione del compenso per l’attività svolta.
7. La particolarità delle questioni esaminate giustifica la compensazione tra le parti delle spese dei due gradi del giudizio.