Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2022-03-22, n. 202202086
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Testo completo
Pubblicato il 22/03/2022
N. 02086/2022REG.PROV.COLL.
N. 01125/2020 REG.RIC.
N. 01184/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1125 del 2020, proposto da:
R A, rappresentata e difesa dall'avv. G M, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Antonio Salandra, 18
contro
Ministero dell'Istruzione, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui è domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12
Cineca, Commissione Esaminatrice del Concorso per Dirigenti Scolastici e Valentini Anna, non costituiti in giudizio
nei confronti
Di Girolamo Francesco, non costituito in giudizio
sul ricorso numero di registro generale 1184 del 2020, proposto da:
R A, rappresentata e difesa dagli avv.ti G M, Orazio Abbamonte e Rocco Travaglino, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia
contro
Ministero dell’Istruzione, Commissione del concorso per il reclutamento Dirigenti Scolastici e Cineca, non costituiti in giudizio
nei confronti
Francesco Di Girolamo e Anna Valentini, non costituiti in giudizio
per la riforma, in entrambi i ricorsi
della sentenza in forma semplificata del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (sezione Terza) n. 8918/2019
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Istruzione;
Visti tutti gli atti delle cause;
Relatore il Cons. Laura Marzano;
Uditi, nell'udienza pubblica del giorno 15 marzo 2022, i difensori delle parti come da verbale;
Viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’appellante, docente dipendente del MIUR, partecipava al concorso pubblico per il reclutamento dei dirigenti scolastici, indetto con d.D.G. 23 novembre 2017 n. 1259, ma, all’esito della prova scritta computerizzata, non veniva ammessa agli orali non avendo conseguito il punteggio minimo (70 pt.) previsto dalla lex specialis quale soglia di idoneità.
Pertanto, con ricorso iscritto al R.G. n. 6276/2019, impugnava dinanzi al T.A.R. Lazio l’elenco dei candidati ammessi a sostenere la prova orale, approvato con decreto direttoriale del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Ministero, prot. n. 395 del 27 marzo 2019, insieme ai verbali della Commissione esaminatrice, agli atti concorsuali e ad ogni provvedimento presupposto, deducendo svariati motivi.
Autorizzata l’integrazione del contraddittorio mediante notificazione per pubblici proclami ed adempiuto il relativo incombente, il ricorso, all’esito della camera di consiglio del 2 luglio 2019 fissata per la trattazione della domanda cautelare, veniva deciso con sentenza in forma semplificata n. 8918 del 5 luglio 2019, con declaratoria di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse in quanto, con sentenza n. 8655/2019 – emessa dal T.A.R. in un giudizio analogo trattato nella medesima camera di consiglio – il concorso era stato annullato in ragione dell’acclarata situazione di incompatibilità in cui versavano alcuni componenti della Commissione esaminatrice, con conseguente caducazione degli atti adottati.
La sentenza n. 8655/2019, assunta a fondamento della declaratoria di improcedibilità, veniva tuttavia appellata sia dal Ministero sia da alcuni controinteressati e veniva sospesa dal Consiglio di Stato con ordinanza cautelare n. 3541 del 21 luglio 2019.
Nelle more, quindi, il Ministero completava la procedura e approvava la graduatoria nazionale di merito con decreto dirigenziale, prot. n. 1205 del 1° agosto 2019, pubblicato sul sito istituzionale in pari data: atto che l’odierna appellante impugnava, unitamente all’avviso del 1° agosto 2019 di avvio delle operazioni telematiche di scelta della sede da parte dei 1984 vincitori, con ricorso autonomo iscritto al R.G. n. 13298/2019 (tuttora pendente) innanzi al T.A.R. Lazio.
In conseguenza di quanto sopra l’appellante, al fine di non vedere pregiudicate le proprie ragioni in caso di accoglimento dell’appello avverso la sentenza n. 8655/2019, ha impugnato la sentenza n. 8918 del 5 luglio 2019 con due distinti ricorsi, entrambi notificati il 23 gennaio 2021 e depositati il primo il 5 febbraio (RG n. 1125/2020) e il secondo (RG n.1184/2020) il 6 febbraio successivo, avvalendosi del patrocinio di difensori in parte diversi.
In entrambi gli appelli ha formulato analoghe censure di erroneità della sentenza impugnata, riproponendo i motivi articolati e non esaminati in primo grado.
Nelle more è intervenuta la sentenza della Sez. VI di questo Consiglio, n. 395 del 12 gennaio 2021, che, in riforma della sentenza del T.A.R. Lazio n. 8655/2019, ha respinto il ricorso di primo grado.
Il Ministero intimato si è costituito nel presente grado di giudizio solo formalmente nel primo ricorso; viceversa non si è costituito nel secondo.
All’udienza pubblica del 25 luglio 2021 entrambe le cause sono state cancellate dal ruolo su istanza di parte.
In data 15 febbraio 2020 l’avv. Marone ha depositato copia della rinuncia al mandato, comunicata alla parte.
Le due cause sono state, infine, chiamate all’udienza pubblica del 15 marzo 2022 all’esito della quale sono state trattenute in decisione.
2. Preliminarmente, trattandosi di impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza (peraltro dalla medesima parte), deve essere disposta la riunione dei due giudizi ai sensi dell’art. 96, comma 1, c.p.a..
3. Passando all’esame del merito il Collegio rileva che le censure mosse avverso la pronuncia di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse sono fondate (nei termini già evidenziati da alcune pronunce della Sez. VI: 8 luglio 2021, n. 5199 e 15 febbraio 2021, n. 1356), in quanto:
- affinché si verifichi l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, occorre che sopraggiunga, nel corso del giudizio, una situazione tale da rendere certa e definitiva l’inutilità di una eventuale sentenza di accoglimento;
- l’indagine tesa a verificare il sopravvenuto difetto di interesse deve essere condotta con il massimo rigore, onde evitare che la declaratoria in oggetto si risolva in una ipotesi di denegata giustizia e quindi nella violazione di un diritto costituzionalmente garantito;
- nel caso di specie, la sopravvenienza delle sentenze (nn. 8655/2019 e n. 8670/2019), con le quali il T.A.R., nell’ambito di cause parallele intentate da altri ricorrenti, aveva annullato la procedura concorsuale per un ritenuto vizio di composizione della commissione in seduta plenaria in occasione della fissazione dei criteri valutativi, giammai poteva ritenersi idonea a determinare la cessazione dell’interesse alla decisione del ricorso proposto dall’odierna appellante, poiché, per un verso, si trattava di sentenze non ancora passate in giudicato con la conseguente non definitività dell’effetto annullatorio (infatti, le richiamate sentenze sono state appellate e riformate con le sentenza n. 395/2021 e n. 396/2021, con il conseguente venir meno dell’effetto caducatorio dell’intera procedura che, secondo il T.A.R., avrebbe determinato la sopravvenuta carenza di interesse); per altro verso, l’utilità perseguita dall’appellante era, in via principale, volta ad ottenere l’ammissione alle prove orali e, soltanto in via subordinata, all’annullamento dell’intera procedura, con la conseguente violazione anche del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
Tale esito,