Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-07-13, n. 202004530

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-07-13, n. 202004530
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202004530
Data del deposito : 13 luglio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/07/2020

N. 04530/2020REG.PROV.COLL.

N. 07236/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7236 del 2019, proposto dalla Società Ludificio Quarto Peperino a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati M D e L L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio M D in Roma, via Antonio Mordini, n. 14;

contro

Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato F L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Roma presso l’Avvocatura Capitolina, via del Tempio di Giove, n. 21;

nei confronti

il signor Pellegrino Sanseverino, rappresentato e difeso dagli avvocati Carlo Contaldi La Grotteria, Elisa Scotti ed Elena Conte, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Elisa Scotti in Roma, Lungotevere dei Mellini, n. 24;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 08513/2019, resa tra le parti, per l’annullamento dei seguenti atti di Roma Capitale:

a) determinazione 20 aprile 2017 rep. n. CU/456/2017 e prot. n. CU/29864/2017, notificata il giorno 8 maggio 2017, con cui la Direzione socio educativa – Ufficio asili nido, ha disposto la revoca della attività di ludoteca denominata “Giokificio” e la contestuale risoluzione della concessione in comodato d’uso di immobile di proprietà comunale in via Quarto Peperino 39 nei confronti della Ludificio Quarto Peperino s.r.l.;

b) della nota prot. n. CU/17945/2017, con cui la stessa Direzione ha comunicato l’avvio del procedimento di revoca e risoluzione di cui sopra;

c) della determinazione 1° marzo 2017 n. 245 e prot. n. CU/15698/2017, notificata il giorno 27 marzo 2017, con cui la Direzione Tecnica ha emesso nei confronti della Ludificio Quarto Peperino ingiunzione a demolire l’opera abusiva realizzata in via di Quarto Peperino, n. 39/41 su suoli di proprietà di Roma Capitale;

d) della determinazione 17 maggio 2016 prot. n. CU/559/2016, notificata il giorno 17 novembre 2016, con cui la stessa Direzione ha disposto l’accertamento e l’immediata sospensione dell’esecuzione dei lavori edilizi abusivi di cui sopra;

e) della nota 11 marzo 2016 Prot. n. CU/17173/2016, con cui la stessa Direzione ha dato la descrizione delle difformità riscontrate dello stato dei luoghi rispetto al titolo originario nonché della realizzazione di opere urbanistiche eseguite in assenza di titolo abilitativo;

f) del verbale di sopralluogo della Polizia municipale del XV gruppo “Cassia” menzionato nella suddetta nota della Direzione tecnica, mai notificato e di contenuto ignoto;

di ogni altro atto antecedente, previo o successivo comunque presupposto o connesso ai provvedimenti impugnati;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e di Pellegrino Sanseverino;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 maggio 2020 il cons. A P e uditi per le parti gli avvocati indicati nel verbale d’udineza;

Dato atto che l’udienza si svolge ai sensi dell’art. 84, comma 5, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto dalla circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario generale della Giustizia Amministrativa;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La Società Ludificio Quarto Peperino, titolare di un’attività commerciale sita in Roma, alla via di Quarto Peperino n. 39, avente ad oggetto la prestazione del servizio di ludoteca in virtù di provvedimento di autorizzazione del Municipio XV di Roma Capitale prot. n. CU/93847/2013 del 18 dicembre 2013, della determinazione dirigenziale prot. n. CU/616/2013 del 30 aprile 2013, della concessione in comodato d’uso oneroso dell’immobile di proprietà comunale sede d’esercizio della detta attività, nonché di apposita convenzione prot. n. CU/33726/2013 del 10 maggio 2013 di gestione del servizio di ludoteca, ha impugnato:

a) la determinazione dirigenziale di Roma Capitale, Municipio Roma XV, Direzione socio educativa - Ufficio asili nido, rep. n. CU/456/2017 e prot. n. CU/29864/2017 del 20 aprile 2017 avente ad oggetto “Revoca attività di ludoteca denominata Giokificio al Ludificio Quarto Peperino e concessione in comodato d’uso di immobile di proprietà comunale in via Quarto Peperino n. 39”, notificata in data 08/05/2017;

b) la determinazione dirigenziale n. 245 di Roma Capitale, Municipio Roma XV, Direzione Tecnica, prot. n. CU/15698/2017 del 1° marzo 2017 avente ad oggetto “ingiunzione a demolire l’opera abusiva realizzata in Via di Quarto Peperino, n. 39/41 su suoli di proprietà di Roma Capitale (ex Comune di Roma)”, notificata in data 27/03/2017.

2) La sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, qui impugnata, ha respinto il ricorso sulla base (per quel che qui rileva) delle seguenti considerazioni.

<<Roma Capitale ha revocato l’autorizzazione all’esercizio dell’attività di ludoteca con annessa risoluzione della convenzione per l’utilizzo in comodato d’uso per la gestione del servizio di ludoteca nei locali di proprietà comunale.

Dalla motivazione dell’atto si evince che: a) con nota della Direzione tecnica prot. n. 17173 dell’11 marzo 2016, redatta a seguito di sopralluogo congiunto del personale dell’Ufficio Edilizia Privata e Polizia municipale del XV Gruppo Cassia, sono state descritte le difformità riscontrate dello stato dei luoghi rispetto al titolo originario e la realizzazione opere urbanistiche eseguite sine titulo;
b) con determina dirigenziale n. 559 del 17 giugno 2016 ha confermato l’esecuzione di lavori edilizi abusivi e ne ha ingiunto l’immediata sospensione;
c) con determinazione dirigenziale prot. n. 1469 del 7 dicembre 2016 ha revocato l’autorizzazione rilasciata con determina dirigenziale n. 1896 del 18 dicembre 2013 per l’esercizio dell’attività di ludoteca, nonché ha disposto la risoluzione della convenzione n. 33726 del 10 maggio 2013 per l’utilizzazione in comodato d’uso per la gestione del relativo servizio;
d) con determina dirigenziale n. 1536 del 15 dicembre 2016 l’amministrazione ha però annullato in autotutela la predetta determina n. 469 del 7 dicembre 2016 per essere stata adotta senza previa comunicazione dell’avvio del procedimento e senza dare la possibilità alla società ricorrente di interloquire sulla stessa;
e) con successiva determina n. 245 del 1° 3 2017 è stata confermata l’esecuzione delle opere abusive e ne è stata ingiunta la demolizione;
f) con il provvedimento impugnato l’amministrazione, nonostante le osservazioni presentate dalla società ricorrente, ha ritenuto che sussistessero i presupposti per la revoca della concessione e per la risoluzione della convenzione, ai sensi dell’art. 11 punto d), ai sensi del quale “il fatto e la colpa del comodatario nell’ipotesi di mutata destinazione d’uso dell’immobile o l’esecuzione di lavori in contrasto con le norme edilizio—urbanistiche”.

La società ricorrente lamenta l’illegittimità della determinazione impugnata in quanto l’amministrazione resistente avrebbe erroneamente applicato l’art. 11 della Convenzione ai fini della sua risoluzione, mentre in presenza di una contestazione tra le parti in merito alla sussistenza dei presupposti per l’operatività della clausola risolutiva ex art. 1456 c.c., Roma Capitale non avrebbe dovuto richiamare siffatto meccanismo, ma avrebbe dovuto demandare la cognizione della relativa controversia all’autorità giudiziaria. Peraltro, secondo la prospettazione della società ricorrente, le opere edilizie contestate sarebbero state realizzate esclusivamente in funzione di una migliore fruizione del servizio da parte dell’utenza e ad esclusivo vantaggio della collettività, trattandosi di migliorie strettamente pertinenziali e funzionali alla struttura stessa e all’erogazione del servizio prestato, come tali inidonee a determinare un mutamento della destinazione d’uso dei locali oggetto di comodato>>.

La sentenza, dopo aver descritto le opere edilizie, rileva che: “Nel caso di specie l’amministrazione ha risolto la convenzione n. 133726, stipulata in data 10 maggio 2013, avvalendosi della previsione dell’art. 11 della stessa che ricomprende tra le cause di risoluzione “il fatto e la colpa del comodatario nelle ipotesi di mutata destinazione d’uso dell’immobile o di esecuzione di lavori in contrasto con le norme edilizio — urbanistiche”.

La convenzione di concessione è inquadrabile tra gli accordi di cui all’articolo 11 della legge n. 241 del 1990, ai quali “si applicano, ove non diversamente previsto, i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili”.

È un principio cardine del diritto civile quello della risolvibilità del vincolo contrattuale per inadempimento di un contraente (art. 1453 cc), purché si tratti di un inadempimento grave, avuto riguardo all’interesse dell’altra parte (art. 1455 cc), nonché della possibilità per i contraenti, mediante la fissazione di apposite clausole risolutive espresse, di prestabilire la risoluzione del contratto in caso di inadempimento una determinata obbligazione (art. 1456 cc).

Nel caso di specie i contraenti si sono, pertanto, avvalsi della possibilità contemplata dall’art. 1456 c.c. prevedendo all’art. 11 della più volte citata convenzione le obbligazioni a fronte del cui inadempimento si addiviene alla risoluzione del contratto.

Ne discende che la tipizzazione delle cause di risoluzione stabilita nella convenzione vale a predeterminare alcune ipotesi nelle quali l’inadempimento, secondo la valutazione delle parti, deve presumersi di per sé idoneo a determinare il venir meno della fiducia nel concessionario, senza possibilità di prova contraria.

La documentazione prodotta prova il rispetto di tutte le garanzie procedimentali, dimostrato anche dall’annullamento in autotutela della determina di revoca precedentemente emessa in assenza della previa comunicazione di avvio del procedimento, e che l’amministrazione resistente non era tenuta a specificare l’interesse pubblico sotteso alla revoca impugnata, in considerazione della pacifica esistenza di opere edilizie eseguite in assenza dei prescritti titoli e di una clausola risolutiva espressa, prevista nella convenzione stipulata inter partes e connessa alla commissione dei predetti fatti>>.

3) Propone ricorso in appello la società deducendo i seguenti motivi così epigrafati:

a) Error in iudicando: violazione e/o falsa applicazione degli articoli 24 e 97 della Costituzione;
violazione e/o falsa applicazione degli articoli 7 e ss., della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i.;
violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e s.m.i.;
violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 4, comma 2, del “Regolamento delle ludoteche pubbliche e private ubicate sul territorio del Comune di Roma”. Eccesso di potere per assenza e/o erroneità dei presupposti, travisamento dei fatti, nonché per insufficienza della motivazione.

b) Error in iudicando: violazione e/o falsa applicazione degli articoli 24 e 97, della Costituzione;
violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 3 e 7 e ss., della Legge 7 agosto 1990, 24 n. 241 e s.m.i.;
violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e s.m.i.;
violazione e/o falsa applicazione degli articoli 3 e 7, del “Regolamento delle ludoteche pubbliche e private ubicate sul territorio del Comune di Roma”. Eccesso di potere per assenza e/o erroneità dei presupposti, nonché per insufficienza della motivazione.

c) Error in iudicando: violazione e/o falsa applicazione degli articoli 24 e 97, della Costituzione;
violazione e/o falsa applicazione degli articoli 7 e ss., della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i.;
violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e s.m.i.;
violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 4, comma 2, del “Regolamento delle ludoteche pubbliche e private ubicate sul territorio del Comune di Roma”. Eccesso di potere per assenza e/o erroneità dei presupposti, travisamento dei fatti, nonché per insufficienza della motivazione.

d) Error in iudicando: violazione e/o falsa applicazione degli articoli 24 e 97, della Costituzione;
violazione e/o falsa applicazione degli articoli 7 e ss., della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i.;
violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e s.m.i.;
violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 4, comma 2, del “Regolamento delle ludoteche pubbliche e private ubicate sul territorio del Comune di Roma”. Eccesso di potere per assenza e/o erroneità dei presupposti, travisamento dei fatti, nonché per insufficienza della motivazione. Eccesso di potere per contraddittorietà manifesta.

e) Error in iudicando: violazione e/o falsa applicazione degli articoli 24 e 97, della Costituzione;
violazione e/o falsa applicazione degli articoli 7 e ss., della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i.;
violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e s.m.i.;
violazione e/o falsa applicazione degli articoli 3 e 7, del “Regolamento delle ludoteche pubbliche e private ubicate sul territorio del Comune di Roma”. Eccesso di potere per assenza e/o erroneità dei presupposti, nonché per insufficienza della motivazione.

f) Error in iudicando: violazione e/o falsa applicazione degli articoli 24 e 97, della Costituzione;
violazione e/o falsa applicazione degli articoli 7 e ss., della Legge 7 agosto 1990, n. 241 e s.m.i.;
violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e s.m.i.;
violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 4, comma 2, del “Regolamento delle ludoteche pubbliche e private ubicate sul territorio del Comune di Roma”. Eccesso di potere per assenza e/o erroneità dei presupposti, travisamento dei fatti, nonché per insufficienza della motivazione.

g) Error in iudicando: violazione e/o falsa applicazione degli articoli 24 e 97, della Costituzione;
violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 6, comma 1, lett. e-quinquies), del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e s.m.i., sotto un diverso ed ulteriore profilo. Eccesso di potere per assenza e/o erroneità dei presupposti, nonché per insufficienza della motivazione, sotto un diverso ed ulteriore profilo.

h) Error in iudicando: violazione e/o falsa applicazione degli articoli 24 e 97, della Costituzione;
violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 6, comma 1, lett. e-quinquies), del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e s.m.i., sotto un diverso ed ulteriore profilo. Eccesso di potere per assenza e/o erroneità dei presupposti, nonché per insufficienza della motivazione, sotto un diverso ed ulteriore profilo.

i) Error in iudicando: violazione e/o falsa applicazione degli articoli 24 e 97, della Costituzione;
violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 35, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e s.m.i.;
violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 21 della Legge Regione Lazio n. 15/2008 e s.m.i.;
violazione e/o falsa applicazione della Legge 7 agosto 1990, n. 241. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, assenza e/o erroneità dei presupposti, travisamento dei fatti, nonché per erroneità della motivazione.

4) Si sono costituiti in giudizio sia Roma Capitale che il signor Pellegrino Sanseverino.

DIRITTO

1) Roma Capitale, nella memoria depositata per la camera di consiglio del 26 settembre 2019 ha dedotto quanto segue: “Come è dato evincere chiaramente dal provvedimento CU/1822/ del 28 novembre 2018 l’Amministrazione ha anche dichiarato in autotutela l’inefficacia della scia di cui al prot. CU/23185/2017 per le opere al piano interrato, stante l’assenza dell’autorizzazione preventiva da parte dell’Amministrazione Capitolina proprietaria dell’immobile, prevista dalla convenzione quale condizione per l’esecuzione di qualunque intervento edile sull’area concessa.

Pertanto veniva da ultimo emessa la determinazione dirigenziale n. CU/1822/2018 del 28/11/2018 (successiva alla proposizione del ricorso di primo grado) con la quale veniva ingiunta la demolizione degli abusi eseguiti nel piano interrato”.

2) Parte appellante nulla ha dedotto al riguardo, con la conseguenza che, ai fini della decisione del ricorso in trattazione, può ritenersi accertata l’abusività delle opere realizzate.

3) La società appellante ha impugnato (sostanzialmente) due provvedimenti: un’ordinanza di demolizione di opere ritenute abusive e la revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività di ludoteca nei locali di proprietà comunale, con contestuale risoluzione dell’annessa convenzione, fondata sul primo (in ordine temporale) dei provvedimenti impugnati.

4) I motivi d’appello riguardano (com’è ovvio) entrambi i provvedimenti impugnati in primo grado.

I motivi contrassegnati in fatto dalla lettera e) alla lettera i) sono improcedibili perché attengono tutti al procedimento per l’accertamento dell’abusività delle opere realizzate, che risultano confermate dalla determinazione dirigenziale richiamata da Roma Capitale n. CU/1822/2018 del 28 novembre 2018.

L’accoglimento del ricorso in appello, nella parte in cui impugna la determinazione dirigenziale n. 245 di Roma Capitale n. CU/15698/2017 del 1° marzo 2017, non potrebbe arrecare all’appellante nessuna utilità perché quella determinazione è stata sostituita dalla determinazione del 2018.

5) Il primo motivo d’appello (lettera a) è inammissibile perché solo in appello, per la prima volta, è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 4, comma 2, del “Regolamento delle ludoteche pubbliche e private ubicate sul territorio del Comune di Roma”.

6) Il quarto motivo di ricorso (lettera d) è inammissibile.

Un ricorrente non può dedurre il difetto di giurisdizione del giudice che ha volontariamente adito.

Il Codice del processo amministrativo poi (articolo 105) disciplina in maniera rigorosa i casi in cui è possibile rimettere la causa al primo giudice, tra i quali non rientra il vizio di contraddittorietà o illogicità della sentenza.

7) Il secondo e il terzo motivo d’appello costituiscono il nucleo principale dell’intera impugnativa.

La Società appellante si duole dell’illegittimità della sentenza perché ella ritiene che alla fattispecie dovesse essere applicata la lettera e) dell’articolo 11 (risoluzione) della convenzione che la prevede “per fatto o colpa grave del comodatario che comporti grave pregiudizio nella prosecuzione del servizio” (terzo motivo).

Orbene è agevole notare che, a prescindere dall’inquadramento, effettuato dalla sentenza qui impugnata, della fattispecie nelle categorie civilistiche, la lettera d) del medesimo articolo disciplina una diversa e autonoma ipotesi di risoluzione “per fatto e colpa del comodatario per mutata destinazione dell’uso dell’immobile o di esecuzione di lavori in contrasto con le norme urbanistico-edilizie”.

Tale distinta ipotesi (che nasce dall’esperienza e dalla frequenza degli abusi edilizi piccoli o gravi che siano) manifesta la volontà dell’amministrazione di porre una regola rigida (che dovrebbe fungere da deterrente), proprio per impedire qualsiasi modificazione dei beni dati in comodato.

La ricostruita ratio della norma consente di esaminare anche il secondo motivo con il quale l’appellante lamenta la mancata applicazione dei principi generali vigenti in materia di procedimenti amministrativi di secondo grado, in particolare sub specie di motivazione dell’interesse pubblico legittimante la revoca.

La specificità della previsione è stata introdotta proprio al fine di evitare qualsiasi valutazione discrezionale in ordine alla risoluzione, conferendo all’amministrazione la facoltà di addivenirvi al solo verificarsi dell’evento (che nel caso di specie non può essere in alcun modo messo in dubbio).

Entrambi i motivi sono pertanto infondati.

8) Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

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