Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2022-05-02, n. 202203415

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2022-05-02, n. 202203415
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202203415
Data del deposito : 2 maggio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/05/2022

N. 03415/2022REG.PROV.COLL.

N. 08384/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8384 del 2021, proposto da
-OMISSIS1-, in proprio e quale mandataria del costituendo R.T.I. con -OMISSIS2-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati A C e M N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio A C in Roma, via Principessa Clotilde, 2;

contro

Comune di Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati G L, A M, S P, S P, D P ed E P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio G L in Roma, via Polibio n. 15;

nei confronti

-SocietàAL- S.p.a., -SocietàPVS- S.r.l., -SocietàSB- S.p.a., Anac - Autorità Nazionale Anticorruzione, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (Sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune di Milano;

Viste le memorie delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 aprile 2022 il Cons. E Q;

Preso atto delle richieste di passaggio in decisione, senza preventiva discussione, depositate da parte degli avvocati Napoli e Pagano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

-OMISSIS1-, in proprio e quale mandataria del costituendo r.t.i. con -OMISSIS2-, ha proposto ricorso per l’annullamento della determina dirigenziale n. -OMISSIS- del -OMISSIS- con la quale è stata annullata la sua aggiudicazione della gara di appalto n. -OMISSIS- indetta dal comune di Milano per l'affidamento di “ interventi di manutenzione ordinaria delle carreggiate stradali in conglomerato bituminoso e pietra naturale, dei marciapiedi in asfalto colato e pietra naturale, dei manufatti di scavalcamento e sottopassi - lotto 3 di 5 - carreggiate stradali e marciapiedi -z.d. 2-3-9 ”;
della medesima determina nella parte in cui dispone l’aggiudicazione del predetto appalto al r.t.i. controinteressato, prevedendo altresì di “procedere all’escussione della cauzione provvisoria n. 2046.00.27.2799748099 rilasciata da -SocietàSB- S.p.A.” e di “comunicare il provvedimento all’Autorità Nazionale Anticorruzione per l’inserimento del dato nel Casellario Informatico di cui all'art. 213 comma 10 del Codice dei Contratti”.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia ha respinto il ricorso con sentenza n. -OMISSIS-, appellata da -OMISSIS1- per i seguenti motivi di gravame:

I) sulla dichiarazione resa in gara dall’odierna appellante circa la titolarità dei suoi requisiti di ammissione: erroneità della sentenza per violazione dell’articolo 80, comma 5, lett. f-bis) del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 - violazione dei principi generali in materia di pubbliche gare - eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifesta, difetto di motivazione e di istruttoria, travisamento dei presupposti di fatto e diritto;

II) sulla inapplicabilità nei confronti dell’odierna appellante, della causa di esclusione per gravi infrazioni alle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro: erroneità della sentenza per violazione dell’articolo 80, comma 5, lett. a) del d.lgs. 50/2016 - violazione dell’articolo 80, comma 10, del d.lgs. 50/2016 - violazione dell’articolo 57, par. 7, della direttiva UE 24/2014 - violazione dei principi generali in materia di pubbliche gare - eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifesta, contraddittorietà, difetto di motivazione e di istruttoria, travisamento dei presupposti di fatto e diritto;

III) ancora sulla illegittimità del provvedimento gravato in prime cure: violazione dell’articolo 80 del d.lgs. 50/2016 - violazione dell’articolo 57, par. 7, della direttiva UE 24/2014 - violazione dei principi generali in materia di pubbliche gare - eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifesta, contraddittorietà, difetto di motivazione e di istruttoria, travisamento dei presupposti di fatto e diritto.

L’appellante ha, altresì, riproposto l’istanza di risarcimento del danno formulata nei confronti dell’amministrazione intimata e di restituzione della cauzione escussa.

Si è costituito per resistere all’appello il comune di Milano.

Successivamente le parti hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.

All’udienza pubblica del 21 aprile 2022 l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Giunge in decisione l’appello proposto da -OMISSIS1- contro la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia che ha respinto il suo ricorso per l’annullamento della determina dirigenziale n. -OMISSIS- del -OMISSIS- con la quale è stata annullata per falsa dichiarazione ex art. 80, comma 5, lett. a) , e lett. f-bis) del d.lgs. n. 50 del 2016, l’aggiudicazione a -OMISSIS1- dell’appalto n. -OMISSIS- indetto dal comune di Milano per l’affidamento di “ interventi di manutenzione ordinaria delle carreggiate stradali in conglomerato bituminoso e pietra naturale, dei marciapiedi in asfalto colato e pietra naturale, dei manufatti di scavalcamento e sottopassi - lotto 3 di 5 - carreggiate stradali e marciapiedi -z.d. 2-3-9 ”;
della medesima determina nella parte in cui dispone l’aggiudicazione del predetto appalto al r.t.i. controinteressato, prevedendo altresì di “procedere all’escussione della cauzione provvisoria n. 2046.00.27.2799748099 rilasciata da -SocietàSB- S.p.A.” e di “comunicare il provvedimento all’Autorità Nazionale Anticorruzione per l’inserimento del dato nel Casellario Informatico di cui all'art. 213 comma 10 del Codice dei Contratti”.

La sentenza appellata ha ritenuto legittimo l’annullamento dell’aggiudicazione dell’appalto, assunto per la complessiva non integrità e inaffidabilità della Società dopo che, dai controlli successivi all’aggiudicazione, il Comune aveva constatato che -OMISSIS- -OMISSIS1- - in qualità di amministratore delegato della -OMISSIS1-- era stato condannato, con sentenza emessa nel 2014 dal Tribunale di Como, confermata dalla Corte d’Appello di Milano nel 2018 e dalla Corte di Cassazione nel 2019, alla pena di un anno di reclusione, per il delitto di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni in danno di un dipendente.

In sede di partecipazione alla gara, la Società aveva, tuttavia, dichiarato: “di aver ricevuto dal Tribunale di Como – Ufficio del Giudice per le indagini preliminari – un avviso di fissazione dell’udienza preliminare”.

Per la sentenza appellata la dichiarazione era falsa, avendo definito il -OMISSIS1- “imputato” e non “condannato”, come invece era nella realtà. Tale dichiarazione non avrebbe consentito all’Amministrazione di poter compiutamente valutare le informazioni rilevanti ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. a) , del d.lgs. n. 50 del 2016.

Con il primo motivo di gravame l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza per aver respinto il primo motivo del ricorso di primo grado, atteso che la dichiarazione presentata in gara sarebbe meramente incompleta o omissiva e non falsa e, dunque, non potrebbe essere ricompresa nell’ambito dell’articolo 80, comma 5, lettera f-bis) , del d.lgs. n. 50 del 2016. Invero, non sarebbe stata dichiarata l’esistenza di un fatto contrario al vero, avendo, invece, la Società dato conto dell’esistenza del procedimento penale avviato nei confronti del Sig. -OMISSIS1-, ed avendo solo omesso per errore l’esistenza della successiva condanna. Illegittimamente, quindi, anche alla luce dei principi affermati dal Consiglio di Stato con la decisione resa in Adunanza Plenaria n. 16 del 2020, l’amministrazione avrebbe proceduto all’esclusione automatica della concorrente senza una previa valutazione in concreto della fattispecie.

Con il secondo e il terzo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza per non aver rilevato la violazione dell’art. 80, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016, applicabile alla fattispecie, secondo cui la durata della causa di esclusione di cui al comma 5, lett. a) , del medesimo articolo, non può superare i tre anni decorrenti dall’accertamento definitivo della violazione alle norme in materia di sicurezza dei lavoratori. Poiché nel caso di specie i fatti posti a fondamento del procedimento penale conclusosi con la sentenza che la ricorrente ha omesso di segnalare al Comune hanno dato luogo ad un procedimento sanzionatorio da parte della competente ASL per reati contravvenzionali già estinti per intervenuta oblazione nel 2012, sarebbe ampiamente decorso il termine di cui al predetto comma 5, lett. a) .

L’appello è infondato.

E’incontestato che, alla data in cui è stata resa la dichiarazione, erano già state emesse a carico del -OMISSIS1- -OMISSIS- due sentenze di condanna, in primo ed in secondo grado, e pertanto, diversamente da quanto dichiarato, lo stesso non poteva essere considerato “imputato” in un procedimento penale, ma già condannato, ciò che ha dato luogo ad una falsa dichiarazione che non ha consentito alla stazione appaltante di poter compiutamente valutare le informazioni rilevanti ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. a) , del d.lgs. n. 50 del 2016. Inoltre, il reato non dichiarato è stato commesso nell’esercizio dell’impresa, concernendo un incidente occorso in cantiere dal quale è derivata la morte di un dipendente, e doveva, quindi, essere portato all’attenzione dell’amministrazione, al fine dell’esercizio dei propri poteri valutativi, che in difetto sarebbero preclusi da scelte imputabili al singolo concorrente.

Instaurato il contraddittorio, l’impresa non ha fornito elementi di fatto o di diritto idonei a smentire la sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 80, comma 5, lettera a) e lett. f-bis) del d.lgs. n. 50 del 2016 e, pertanto, legittimamente il comune di Milano, previa valutazione della falsità della dichiarazione e della complessiva non integrità e inaffidabilità della società, ha proceduto ad annullare l’aggiudicazione, con articolata e congrua motivazione.

La dichiarazione dell’appellante non può ritenersi meramente reticente, ma propriamente falsa, nella misura in cui ha indicato che il Sig. -OMISSIS1- era stato imputato per il reato di cui agli artt. 113, 589, commi 1 e 2, Cod. pen., allorchè aveva già subito una condanna a tale titolo nel 2014, confermata in appello nel 2018, e definitivamente confermata dalla Corte di Cassazione con sentenza n. -OMISSIS-.

Nel caso di specie si tratta, dunque, di dichiarazione propriamente falsa. In ogni caso, anche se si trattasse di dichiarazione rientrante nella fattispecie di cui alla lett. c) , secondo i principi contenuti nella decisione del Consiglio di Stato resa in adunanza plenaria n. 16 del 2020, la stazione appaltante dovrebbe limitarsi a non procedere ad un’esclusione automatica, dovendo valutare se il comportamento reticente del concorrente abbia o meno inciso in concreto sulla complessiva integrità ed affidabilità dello stesso, e ciò è stato fatto dal comune di Milano, come si evince dalla complessiva motivazione del provvedimento di annullamento dell’aggiudicazione, che fa riferimento anche alla gravità e specificità del reato commesso (condanna per delitto di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro).

Invero, il comune di Milano ha adottato i provvedimenti impugnati dopo un articolato contraddittorio, in cui l’appellante ha presentato le proprie osservazioni che sono state valutate dalla stazione appaltante sia sotto il profilo della non veridicità della dichiarazione, sia sotto quello della mancanza di affidabilità dell’operatore economico, come risulta dalla documentazione versata in atti.

Nel provvedimento di annullamento dell’aggiudicazione il Comune ha, tra l’altro, precisato che:

- la condanna penale subita dal sig. -OMISSIS- -OMISSIS1-, irrevocabile dal -OMISSIS-, riguarda il delitto di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, da applicare anche nell’appalto oggetto della procedura di gara;

- la suddetta condanna è stata inflitta proprio al soggetto responsabile per la sicurezza dei lavoratori;

- il sig. -OMISSIS- -OMISSIS1-, oltre a non aver dichiarato in sede di gara la condanna subita in primo grado ed in appello, è cessato dalla carica solo il 21 marzo 2019, dopo la pronuncia della Corte di Cassazione del -OMISSIS-;

- nella memoria di partecipazione al procedimento amministrativo avviato dal comune di Milano per i fatti in questione, l’appellante nulla ha riferito in relazione a misure di self cleaning idonee e sufficienti a dimostrarne l’integrità rispetto alla previsione di cui all’art. 80, comma 5, lettera a) , del

d.lgs. n. 50 del 2016.

Ed invero, la stazione appaltante non poteva condurre alcuna indagine sul dolo o sulla colpa o sulla finalità della dichiarazione non veritiera che, in ogni caso, anche se frutto di un errore, era inescusabile.

Per giurisprudenza costante, infatti, nelle gare d’appalto sia la stazione appaltante che i concorrenti devono osservare precisi obblighi di trasparenza e di diligenza qualificata, ai sensi dell’art. 1176, comma 2, c.c., trattandosi di operatori professionali (cfr. Cons. Stato, V, 6 ottobre 2021, n. 6651).

E nel caso di specie tali obblighi sono stati violati da parte dell’appellante.

L’annullamento dell’aggiudicazione si fonda, dunque, sulla condanna definitiva per il delitto di omicidio colposo riportata dal sig. -OMISSIS- -OMISSIS1- al termine del procedimento penale suddetto, e non sulla precedente contravvenzione, emessa a carico di -E.- -OMISSIS1-, presidente del consiglio di amministrazione della Società, come risulta dai verbali di contravvenzione del 6 febbraio 2012 e del 20 marzo 2012 versati in atti.

Risulta, quindi, destituita di fondamento la tesi dell’appellante secondo cui sarebbero già decorsi tre anni dall’accertamento definitivo della violazione contestata, basata sull’art. 80, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016, che nella versione ratione temporis vigente disponeva che: “ Se la sentenza di condanna definitiva non fissa la durata della pena accessoria della incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione, ovvero non sia intervenuta riabilitazione, tale durata è pari a cinque anni,

salvo che la pena principale sia di durata inferiore, e in tale caso è pari alla durata della pena principale e a tre anni, decorrenti dalla data del suo accertamento definitivo, nei casi di cui ai commi 4 e 5 ove non sia intervenuta sentenza di condanna ”.

Come chiarito dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, l’art. 57, ultimo comma, della direttiva 2014/24/UE, deve essere interpretato nel senso secondo cui il periodo di esclusione deve decorrere “dalla data in cui il comportamento è stato oggetto di una constatazione di violazione da parte dell’autorità competente” (cfr. Corte di Giustizia UE, IV, 24 ottobre 2018, C-124/2017).

Nella fattispecie in questione, quindi, al momento dell’emanazione del provvedimento impugnato non risultavano ancora decorsi i tre anni dalla constatazione di violazione da parte dell’autorità competente, che deve intendersi come accertamento definitivo e che coincide, pertanto, con la sentenza di condanna della Corte di Cassazione, intervenuta il -OMISSIS-.

Alla luce delle suesposte considerazioni l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza appellata.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

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