Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2016-03-07, n. 201600925

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2016-03-07, n. 201600925
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201600925
Data del deposito : 7 marzo 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02968/2015 REG.RIC.

N. 00925/2016REG.PROV.COLL.

N. 02968/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2968 del 2015, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. E M, con domicilio eletto presso E M in Roma, Via Tacito, 50;

contro

Ministero dell’Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, anche domiciliataria in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, SEZIONE I TER, n. 00074/2015, resa tra le parti, concernente sanzione disciplinare della destituzione dal servizio - diniego reintegrazione in servizio;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2016 il Cons. P U e uditi per le parti l’avvocato E M e l’avvocato dello Stato Paola Saulino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Nei confronti dell’odierno appellante, ex ispettore della Polizia di Stato, in ragione della reiterata emissione di assegni a vuoto, sono stati adottati tre provvedimenti di destituzione dal servizio.

2. I provvedimenti sono stati impugnati, con esiti diversi:

- il primo, in data 13 luglio 1999, con decorrenza 28 luglio 1999, è stato annullato dal TAR del Lazio, ma la sentenza è stata riformata in appello (Cons. Stato, VI, n. 758/2008);

- il secondo, in data 24 novembre 2000, con decorrenza 18 febbraio 1997, data di inizio della sospensione cautelare, è stato annullato dal TAR del Lazio, la cui sentenza è stata riformata in appello (Cons. Stato, VI, n. 2285/2008), con sentenza tuttavia revocata a causa della notifica dell’appello a procuratore diverso da quello domiciliatario in primo grado e dichiarazione di inammissibilità dell’appello (Cons. Stato, VI, n. 7941/2009);

- il terzo, in data 9 febbraio 2001, con efficacia espressamente condizionata al venir meno di quella del precedente, è stato annullato dal TAR del Lazio con sentenza n. 6467/2006, passata in giudicato per omessa impugnazione.

3. La presente controversia origina dal conseguente provvedimento in data 29 gennaio 2010, con cui il Capo della Polizia ha riconosciuto utile a tutti gli effetti il periodo di sospensione dal servizio dal 18 febbraio 1997 al 27 luglio 1999, ma non ha disposto la reintegrazione in servizio dell’appellante.

4. Il TAR del Lazio, con la sentenza appellata (I-ter, n. 74/2015) ha respinto il ricorso volto all’annullamento del predetto provvedimento, ritenendolo correttamente esecutivo del giudicato formatosi sulla legittimità ed efficacia della prima destituzione.

5. Nell’appello, si sostiene che:

(a) – il processo di primo grado doveva essere interrotto, in quanto il difensore del ricorrente, a seguito di cancellazione dall’albo su richiesta, ha perso lo ius postulandi il 4 dicembre, vale a dire il giorno prima dell’udienza di discussione dinanzi al TAR;

(b) – nessun avviso è pervenuto al ricorrente con riferimento alla fissazione dell’udienza (alla quale ovviamente non ha partecipato) ed anche tale circostanza determina la rimessione al primo grado, ex art. 105, cod. proc. amm.;

(c) – nel merito, la sentenza è erronea, laddove non ha ritenuto che vi fosse violazione dell’obbligo di ottemperare al giudicato formatosi sull’annullamento della seconda destituzione del 24 novembre 2000, che aveva travolto tutti i provvedimenti medio tempore adottati.

6. Per l’Amministrazione resiste l’Avvocatura Generale dello Stato, limitandosi a depositare la relazione di servizio predisposta per il primo grado.

7. Il Collegio ritiene di aderire alla tesi dell’appellante sulla necessità di rinviare la causa al giudice di primo grado.

Non per il mancato ricevimento dell’avviso di fissazione dell’udienza dinanzi al TAR, che dal sistema informativo risulta regolarmente inviato in data 6 febbraio 2014 al procuratore costituito.

Bensì, in ragione della causa interruttiva segnalata (il cui presupposto trova riscontro nella certificazione dell’Ordine degli avvocati di Roma in data 12 marzo 2015), che ha pregiudicato l’integrità del contraddittorio.

Infatti, sebbene la tesi secondo la quale la volontaria cancellazione dall’albo professionale del procuratore costituito non dà luogo all’applicazione dell’art. 301 c.p.c., comma 1, e non determina quindi l’interruzione del processo, sia stata anche recentemente affermata dalla Cassazione (cfr. Cass. civ., I, n. 12376/2014;
III, n. 22756/2013), non può non rilevarsi che la Corte Costituzionale (sent. n. 147/2008) ebbe a dichiarare inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 301, comma 1, c.p.c., censurato in riferimento all’art. 24, secondo comma, Cost., nella parte in cui non include la cancellazione volontaria dall’albo del procuratore tra le ipotesi di interruzione del processo, proprio affermando che il giudice a quo aveva trascurato l’esistenza di un orientamento opposto, espresso in sede di composizione di contrasto giurisprudenziale (cfr. Cass. SS.UU., n. 10284/1996;
n. 379/2007;
ordd. n. 448/2007 e 464/2007).

Tra il primo orientamento, che sottolinea la volontarietà della cancellazione, ai fini dell’assimilabilità alle ipotesi di revoca della procura o rinuncia ad essa previste dall’art. 301, comma 3, c.p.c., ed il secondo, che si muove nella prospettiva della tutela della parte comunque rimasta priva di difesa, il Collegio ritiene preferibile aderire a quest’ultimo, in quanto maggiormente coerente con il principio costituzionale del diritto alla difesa in giudizio (così come statuito anche da Cons. Stato, IV, n. 4323/2009).

8. In accoglimento dell’appello, la sentenza deve pertanto essere riformata, con rinvio della causa al TAR del Lazio, ai sensi dell’art. 105, comma 1, cod. proc. amm.

9. Spese compensate.

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