Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-09-26, n. 201704479
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Testo completo
Pubblicato il 26/09/2017
N. 04479/2017REG.PROV.COLL.
N. 02578/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2578 del 2007, proposto da:
Mobili &Immobili S.a.s. di Zanetti Remo &C., con sede in Trento, in persona del legale rappresentante
pro-tempore
, rappresentata e difesa dagli avv.ti F M B e G F R, e presso lo studio di quest’ultimo elettivamente domiciliata in Roma, alla via Cosseria n. 5, per mandato a margine dell’appello;
contro
Ministero delle Finanze, ora Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro in carica;
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro-tempore;
entrambi rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato e presso gli uffici della medesima domiciliati in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
per la riforma
della sentenza del T.R.G.A. – Sede di Trento, n. 46 del 13 febbraio 2006, resa tra le parti, con cui è stato rigettato, con compensazione di spese, il ricorso in primo grado n.r. 298/1997, proposto per l’annullamento della determinazione della Direzione provinciale delle Entrate di Trento n. 347/94 del 24 aprile 1997, recante diniego di esperimento di terzo incanto e conseguente devoluzione allo Stato, ai sensi dell’art. 87 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, di immobile appartenente all’interessata, ubicato in Trento alla via San Marco - Piazza della Mostra, particella edilizia 96/1 p.m. 1, nonché di ogni altro atto consequenziale
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Economia e delle Finanze e dell’Agenzia delle Entrate;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 giugno 2017 il Cons. Leonardo Spagnoletti e uditi l’avv. Migliaccio, per delega dell’avv. Bonazza, per la società appellante e l'avvocato dello Stato Palasciano per le Autorità appellate;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.) Mobili &Immobili S.a.s. di Zanetti Remo &C., con sede in Trento -dopo un primo ricorso n.r. 485/96 (con cui aveva impugnato la perizia di stima, effettuata a richiesta del concessionario della riscossione, ai sensi dell’art. 84 comma 2 ultima parte del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602) dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione con sentenza del T.R.G.A. Sede di Trento n. 7 del 13 gennaio 1998, non impugnata e passata in giudicato- con successivo ricorso in primo grado n.r. 298/1997 ha gravato la determinazione della Direzione provinciale delle Entrate di Trento n. 347/94 del 24 aprile 1997, recante diniego di esperimento di terzo incanto e conseguente devoluzione allo Stato, ai sensi dell’art. 87 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, di un immobile appartenente all’interessata, ubicato in Trento alla via San Marco - Piazza della Mostra, particella edilizia 96/1 p.m. 1.
2.) Con sentenza del T.R.G.A Sede di Trento n. 298 del 14 maggio 1998 il ricorso è stato del pari dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione, sul rilievo che tutte le posizioni giuridiche del debitore esecutato in sede esattoriale avrebbero consistenza di “ diritti soggettivi pien i”.
3.) Con sentenza di questa Sezione n. 3522 del 30 giugno 2005 la sentenza è stata annullata, con rinvio al primo giudice, in base ai seguenti testuali rilievi:
“ In analoga fattispecie, questo Consiglio di Stato ha già avuto modo di chiarire che l’autorizzazione ad esperire il terzo incanto nel corso della procedura esattoriale non può essere sottratto alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo (VI, 23 novembre 1999 n. 1742) (poiché essa) non solo non è esclusa dalla giurisdizione del giudice ordinario sull’azione di risarcimento del danno esperibile dal contribuente all’esito della procedura esattoriale, ma addirittura si pone, rispetto a essa, in termini di complementarietà, nel senso che opera come clausola generale di tutela volta ad assicurare, laddove non operi la giurisdizione ordinaria, la tutela costituzionalmente garantita avverso gli atti della procedura esattoriale.
La richiamata decisione di questo Consiglio di Stato è stata confermata dalle Sezioni unite della Corte di cassazione, la quale, adita ai fini della giurisdizione, ha precisato che ogni controversia sorta all’interno della procedura esattoriale –“fra le quali l’impugnabilità di atti della procedura non assunti dall’Intendente di finanza o l’esistenza di un atto diretto a disporre la devoluzione del bene immobile- attiene all’esercizio dei poteri giurisdizionali del giudice amministrativo” (Cass. 18 aprile 2002 n. 5557) ”.
4.) In sede di rinvio, con sentenza n. 46 del 13 febbraio 2006, il T.R.G.A. ha rigettato il ricorso, rilevando:
- l’infondatezza del primo motivo, incentrato su invalidità derivata dalla perizia di stima, stante l’intervenuta declaratoria di difetto di giurisdizione del ricorso n.r. 485/96;
- l’infondatezza del terzo motivo, concernente l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento e l’obliterazione della partecipazione, perché l’interessato “… ha sempre avuto modo di prospettare le proprie tesi e che la stessa ha sempre avuto pronta cognizione del procedere delle attività della P.A.;pur in disparte la speciale procedura posta in essere nell'ambito della vicenda qui in discussione ”;
- l’infondatezza del secondo motivo, inerente alla carente motivazione in ordine all’esclusione del terzo incanto e alla valutazione comparativa dell’interesse del debitore fiscale esecutato all’alienazione al miglior prezzo, perché:
-- “… l’atto qui sottoposto a scrutinio di legittimità trova fondamento, per la parte devolutiva, già nella chiara dizione della norma di legge e poi conforto esplicitativo negli artt. 87 del d.p.r. 602/73 e nell’art. 71 della l.p. 43/88 ”;
-- “… la censurata giustificazione appare, anche per il Collegio, congrua, sufficiente e non irrazionale, proprio se vista alla luce dell'intero svolgersi delle vicende ”;
-- “ anche con riguardo alla congruità o meno dei valori assegnati - pur non considerando il dichiarato difetto di giurisdizione intorno alla questione sollevata per la perizia di stima (T.R.G.A. 7/98 passata in giudicato) - si può osservare che, in tal modo, si finisce col dar luogo ad un conflitto di interesse nell’ambito di una medesima istanza;e ciò alla luce dei disposti di cui all'art. 90 del citato d.p.r. 602/73 ”.
5.) Con appello notificato il 27 marzo 2007 e depositato il 28 marzo 2007, la società ha impugnato la predetta sentenza, deducendo in sintesi i seguenti motivi:
1) Illogicità della sentenza impugnata. Errata applicazione di legge (artt. 7 e 8 legge n. 241/1990). Errata applicazione dei principi relativi alla partecipazione dell'esecutato alle fasi amministrative del procedimento di esecuzione fiscale
L’autorizzazione al terzo incanto, o la sua esclusione con devoluzione allo Stato dell’immobile assoggettato a esecuzione, non costituisce una fase della procedura esecutiva, sebbene un sub procedimento di natura amministrativa, e come tale richiede l’osservanza delle modalità partecipative.
2) Illogicità della sentenza. Errata applicazione di legge (artt. 85 e 86 d.P.R. n. 602/1973). Errata applicazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell'azione amministrazione sotto i profili dell'efficienza, economicità, efficacia, ragionevolezza e proporzionalità del procedimento di esecuzione fiscale (artt. 3 e 97 Cost., artt. 1 ss. legge n. 241/1990)
La determinazione che ha escluso l’esperimento del terzo incanto, con conseguente devoluzione dell’immobile allo Stato, poiché rispecchia ampia discrezionalità non può essere priva di congrua motivazione in ossequio ai principi di cui alla rubrica, evidenziando le ragioni specifiche per le quali si consideri più conveniente l’esclusione del terzo incanto secondo una valutazione di costi e benefici, né obliterare la ponderazione dell’interesse del debitore esecutato alla massimizzazione del ricavato della vendita, onde conseguire, la restituzione del maggior valore monetario eccedente il debito tributario.
Costituitesi in giudizio, le Autorità statali appellate, con memoria depositata il 3 maggio 2017, hanno dedotto a loro volta l’infondatezza dell’appello sul rilievo che:
- quanto al primo motivo, l’autorizzazione al terzo incanto deve considerarsi parte della procedura di riscossione, essendo noto al debitore esecutato, sin dall’avviso di vendita, che nel caso in cui i primi due incanti vadano deserti è possibile l’alternativa tra terzo incanto e devoluzione allo Stato;in ogni caso se anche essa innesti un subprocedimento esso rimane “… interno al rapporto tra concessionario e Amministrazione ”, dovendosi escludere la partecipazione del debitore esecutato;peraltro con il terzo incanto, ove autorizzato, il prezzo a base d’asta sarebbe stato ulteriormente ribassato (ai 2/3 del valore di stima), e quindi l’omessa comunicazione d’avvio non era in grado di pregiudicare l’interesse della società, con sua conseguente irrilevanza ex art. 21 octies comma 2 della legge n. 241/1990;
- quanto al secondo motivo, in disparte l’allegata destinazione dell’immobile a sede della commissione tributaria di secondo grado, già ex se giustificativo dell’esclusione del terzo incanto e della devoluzione allo Stato, l’interesse esclusivo perseguito e tutelabile dalla procedura esecutiva esattoriale, è, come chiarito dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 281 del 28 ottobre 2011, alla più rapida e pronta realizzazione del credito fiscale, onde non può assumere rilevanza alcuna quello del debitore esecutato.
Con memoria difensiva depositata il 12 maggio 2017 l’appellante ha controdedotto agli avversi rilievi difensivi, ribadendo che l’autorizzazione al terzo incanto individua un subprocedimento amministrativo assoggettato alle formalità partecipative, che al contrario doveva essere estrinsecata, in presenza peraltro di parere favorevole all’esperimento del terzo incanto come espresso dall’Ufficio distrettuale delle imposte dirette di Trento, la motivazione in base alla quale si escludeva il tentativo di vendita, che l’interesse alla più rapida conclusione del procedimento esecutivo può assumere rilievo solo a seguito dell’esperimento negativo del terzo incanto.
All’udienza pubblica del 15 giugno 2017 l’appello è stato discusso e riservato per la decisione.
6.) L’appello in epigrafe è fondato, onde, in riforma della sentenza gravata, deve accogliersi il ricorso proposto in primo grado, con annullamento del provvedimento impugnato.
6.1) Osserva il Collegio come in effetti già con la sentenza della Sezione n. 3522 del 30 giugno 2005 -che aveva riconosciuto la giurisdizione amministrativa, annullando la sentenza del T.R.G.A. n. 298 del 14 maggio 1998, il cui giudizio di rinvio è stato deciso con la sentenza del T.R.G.A. n. 46 del 13 febbraio 2006- , è stato già stato affermato, in modo implicito ma chiaro, che l’autorizzazione al terzo incanto individua un subprocedimento amministrativo che si innesta nella procedura esecutiva ma ne rimane distinto, e rispetto al quale non possono non operare le formalità partecipative, laddove l’avviso di vendita ex art. 81 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 è invece comunicazione propria della procedura di esecuzione che esaurisce i suoi effetti nella medesima .
6.2) Sotto altro profilo, la circostanza che per il terzo incanto sia richiesta specifica autorizzazione dall’art. 85 comma secondo del d.P.R. n. 602/1973 esclude che l’esperimento del terzo incanto o per converso la sua esclusione sia evenienza “ conoscibile ” in ragione dell’avviso di vendita e della ordinaria procedura che ne consegue, che riguarda appunto soltanto l’esperimento del primo e del secondo incanto.
6.3) In tale prospettiva non può nemmeno escludersi che, sol perché il prezzo a base del terzo incanto sia ribassato di 2/3 rispetto al valore di stima, ossia al prezzo posto a base del primo incanto, sia conseguito un prezzo che consenta al debitore esecutato di recuperare il maggior valore monetario possibile dedotto l’importo del debito tributario, e quindi non può invocarsi l’applicazione dell’art. 21 octies comma 2 della legge n. 241/1990.
6.4) Sotto altro aspetto, se è indubitabile che la procedura esecutiva, e lo stesso subprocedimento di autorizzazione e/o esclusione del terzo incanto, con le connesse valutazioni discrezionali, siano orientate principaliter alla realizzazione nel modo più rapido e satisfattivo dell’interesse fiscale, nondimeno non può obliterarsi del tutto la posizione del debitore esecutato a conseguire a sua volta il maggior ricavo possibile dalla vendita al fine di recuperare il maggior valore monetario residuo differenziale, ciò che invece è escluso in radice in ipotesi di devoluzione dell’immobile.
7.) In conclusione sono fondati entrambi i motivi di appello: il primo perché occorreva osservare le modalità partecipative generali come delineate dall’art. 7 e ss. della legge n. 241/1990 e s.m.i.;il secondo perché la determinazione che ha escluso l’esperimento del terzo incanto, con conseguente devoluzione dell’immobile allo Stato, doveva essere sorretta da specifica e congrua motivazione che desse conto delle ragioni che giustificavano l’esclusione del terzo incanto, in base a una ponderata valutazione di costi e benefici, anche in rapporto all’interesse del debitore esecutato alla massimizzazione del ricavato della vendita, onde conseguire, la restituzione del maggior valore monetario eccedente il debito tributario.
8.) In accoglimento dell’appello e in riforma della sentenza gravata, deve essere quindi accolto il ricorso in primo grado, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato, avendo il Collegio esaminato e toccato tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663), laddove gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a condurre a una conclusione di segno diverso.
9.) La novità delle questioni esaminate giustifica, peraltro, la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.