Consiglio di Stato, sez. III, sentenza breve 2012-01-27, n. 201200368
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N. 00368/2012REG.PROV.COLL.
N. 09921/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 9921 del 2011, proposto da:
M M, rappresentato e difeso dagli avv. L S, G M, con domicilio eletto presso Carla Montanaro in Roma, via Renato Fucini, 63;
contro
Questura di Caserta, Ministero dell'Interno, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE V, 8 settembre 2011, n. 04435/2011, resa tra le parti, avente ad oggetto il provvedimento del querstore di Caserta del 23 maggio 2011, recante INIBIZIONE DI FAR RITORNO NEL COMUNE DI SAN MARCELLINO PER UN PERIODO DI TRE ANNI
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Questura di Caserta e di Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 gennaio 2012 il Cons. A B e uditi per le parti appellate l’avvocato dello Stato Urbani Neri;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
FATTO
Con ricorso notificato il 17 novembre 2011 Massimiliano Maio ha proposto appello avverso la sentenza del Tar Campania, Napoli, V, 8 settembre 2011 n. 4435/11, con la quale è stato respinto il ricorso presentato avverso il provvedimento del questore di Caserta del 23 maggio 2011, con cui è stato inibito al ricorrente di fare ritorno nel Comune di San Marcellino per un periodo di tre anni.
Afferma il ricorrente che la sentenza impugnata merita di essere riformata per i seguenti motivi:
1. violazione e falsa applicazione degli artt. 3 l. n. 241/1990, 1 e 2 l. n. 1423/1956, come modificati dagli artt. 2 e 3 della legge n. 327/1988;eccesso di potere per sviamento, travisamento dei fatti, difetto dei presupposti di fatto e di diritto, difetto d’istruttoria, motivazione insufficiente, illogicità, ingiustizia manifesta: per fare applicazione dell’ordine di rimpatrio per chi si trovi fuori dal luogo di residenza, infatti, occorrono due presupposti concorrenti, ossia che si tratti di un soggetto inquadrabile in una delle categorie previste dall’art. 1 della citata legge n. 1423/1956 e, dall’altro, che tale soggetto risulti pericoloso per la sicurezza pubblica.
Il provvedimento di rimpatrio, pertanto, dovrebbe specificare le circostanze in base alle quali l’autorità di polizia ritiene sussistenti i due presupposti sopra riportati;in particolare, il giudizio di pericolosità dovrebbe essere motivato con riferimento a comportamenti concreti dell’interessato, i quali rivelino un’apprezzabile probabilità di condotte penalmente rilevanti.
Ebbene, nel caso di specie, l’autorità di polizia si sarebbe invece limitata ad evidenziare i precedenti per violazione di armi ed esplosivi e la circostanza che il ricorrente era intento a mostrare un depliant di fuochi d’artificio non commerciabili in un negozio di fuochi pirotecnici. Peraltro, il ricorrente afferma di non avere precedenti penali per violazione in materia di armi, esplosivi e materie esplodenti. Quanto, poi, alla circostanza relativa al depliant di fuochi non commerciabili, non sarebbe di per sé elemento idoneo a giustificare un giudizio di pericolosità sociale.
2. Illogicità e carenza di motivazione, illogicità ed erronea applicazione degli artt. 1 e 2 della legge n. 1423/1956: il giudizio di pericolosità del ricorrente non sarebbe ricavabile né dal provvedimento impugnato, né dagli atti versati in giudizio, né dalla sentenza appellata, fondata quest’ultima su meri arresti giurisprudenziali. In sostanza, non si sarebbe in alcun modo argomentato sull’appartenenza del ricorrente ad una delle tre categorie di soggetti indicati dall’art. 1 della legge n. 1423/1956, né sarebbe motivato il giudizio di pericolosità sociale.
L’appellante chiede, infine, la sospensione dell’esecuzione della sentenza ed evidenzia in proposito il danno grave e irreparabile che sarebbe intrinseco alla natura del provvedimento impugnato in primo grado, che gli inibisce di recarsi nel Comune di San Marcellino, limitrofo a quello di residenza.
Si è costituita in giudizio l’Avvocatura Generale dello Stato, che ha chiesto di essere sentita in camera di consiglio.
All’odierna udienza camerale il Collegio ha avvisato le parti che sussistevano i presupposti per la definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata.
DIRITTO
L’appello è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Ed invero, come correttamente evidenziato dal giudice di primo grado, l’adozione di una misura di prevenzione da parte dell’autorità di polizia ha finalità preventiva e non repressiva: essa si fonda su di un giudizio prognostico circa la possibile attitudine alla commissione di atti lesivi della sicurezza e moralità pubblica, sulla base di fatti o contesti significativi in proposito, che possono anche prescindere dalla specifica commissione di reati.
In sostanza, l’autorità di polizia è chiamata ad una valutazione indiziaria di elementi fattuali sulla base di un giudizio caratterizzato da un’ampia discrezionalità tecnica, con obbligo, peraltro, di fornire esplicita ed adeguata contezza di tali elementi in sede motivazionale (cfr. C.d.S., VI, 9 marzo 2010 n. 1402;23 marzo 2009 n. 1709).
Orbene, facendo applicazione di tali principi nel caso di specie non v’è chi non veda come il provvedimento impugnato in primo grado abbia dato sufficiente ed idonea motivazione delle ragioni che hanno condotto all’adozione dell’ordine di allontanamento del ricorrente dal Comune di San Marcellino. Infatti, l’odierno appellante, già tratto in arresto per furto, è stato sottoposto ad un controllo mentre mostrava un depliant di materiale pirotecnico non commerciabile insieme ad un altro soggetto presso la cui abitazione sono stati rinvenuti ben venti quintali di fuochi d’artificio illegali.
La sentenza di primo grado, poi, ha correttamente esaminato le censure proposte, evidenziando come nella presente fattispecie ricorressero i presupposti per l’adozione del foglio di via.
Né il ricorrente ha in alcun modo giustificato la sua presenza nel Comune di San Marcellino, non essendo questo né il luogo della sua residenza, né quello della sua attività lavorativa abituale.
Giustificati motivi, tra cui la limitata attività svolta dalla difesa erariale in questa fase di giudizio, consentono di compensare tra le parti le spese di lite.