Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2013-08-05, n. 201304084

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2013-08-05, n. 201304084
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201304084
Data del deposito : 5 agosto 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 09782/2011 REG.RIC.

N. 04084/2013REG.PROV.COLL.

N. 09782/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9782 del 2011, proposto da:
Fallimento Lorenzon Techmec System s.r.l. in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati P S R, S G,
e G M, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, viale Giuseppe Mazzini, 11;

contro

Inps - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati A C, V T, V S e E D R, con domicilio eletto presso l’Ufficio legale dell’Inps in Roma, via della Frezza 17;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. VENETO - VENEZIA :SEZIONE III n. 947/2011, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Inps;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 giugno 2013 il Cons. Claudio Boccia e uditi per le parti gli avvocati P S R ed A C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso n. 1431 del 2010, proposto al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, la società Fallimento Lorenzon Techmec System s.r.l. impugnava, lamentandone l'illegittimità, i provvedimenti del 31 maggio 2010 con i quali l’Inps le comunicava che la Commissione provinciale per la cassa integrazione guadagni aveva rigettato le due domande del 25 marzo e quella del 23 aprile 2010, avanzate dalla medesima società ricorrente, di integrazione salariale per “contrazione produttiva” relativamente al periodo dal 1° febbraio al 6 marzo 2010.

2. Con la sentenza n. 947 del 2011 il Tar per il Veneto respingeva il predetto ricorso, ritenendolo infondato.

3. Avverso detta sentenza la società Fallimento Lorenzon Techmec System s.r.l. ha proposto appello e, con la memoria del 20 maggio 2013, ha ulteriormente articolato le proprie difese.

Con la memoria del 25 aprile 2013 si è costituito in giudizio l’Inps, contestando nel merito la fondatezza dell'appello.

4. All’udienza dell’11 giugno 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.

5. Con un unico motivo l’appellante ha lamentato: “omessa e contraddittoria pronuncia su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 88, lett. d), cod. proc. amm. (d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104);
eccesso di potere per difetto ed illogicità della motivazione e comunque violazione di legge: violazione o falsa applicazione dell'art. 1 l. 20 maggio 1975, n. 164 e dei principi in materia nonché dell'art. 5 del d.lgs. C.p.S. n. 869 del 1947”.

A giudizio dell’appellante, infatti, il diniego dell'integrazione salariale per “contrazione produttiva” sarebbe fondato su una valutazione ex post (e non ex ante ) delle condizioni economiche della società: nello specifico l'Inps, per compiere la citata valutazione, avrebbe dato rilevo ad elementi irrilevanti (o quantomeno non decisivi), quali lo stato di messa in liquidazione della società avvenuta il 21 dicembre 2009 ed il fallimento della stessa, dichiarato dal Tribunale di Venezia il 4 marzo 2010 e cioè in data successiva rispetto ai periodi per il quali era stata richiesta la cassa integrazione guadagni.

In altri termini l’appellante ha censurato la presunta contraddittorietà della sentenza del Tar per il Veneto in considerazione del fatto che il giudice di primo grado, pur correttamente enunciando i principi giurisprudenziali che governano la materia, li avrebbe, poi, erroneamente applicati al caso di specie.

L’appellante ha lamentato, inoltre, che l’impugnata sentenza del Tar per il Veneto avrebbe pretermesso l’esame del secondo motivo con il quale era stato sollevato il vizio di eccesso di potere per errore nei presupposti, difetto e contraddittorietà della motivazione nonché difetto di istruttoria consistente nel fatto che l’Inps non avrebbe posto in essere un giudizio prognostico basato sulla “ragionevole prevedibilità, in base ad una considerazione della situazione ex ante , della ripresa lavorativa entro breve, seppur imprecisato, periodo”.

6. Entrambe le censure contenute nel motivo non sono condivisibili.

6.1. Per quanto riguarda la prima censura osserva il Collegio che, come emerge da consolidati indirizzi giurisprudenziali, da cui il Collegio medesimo non ravvisa ragioni per discostarsi, “il sindacato del giudice amministrativo sul provvedimento di diniego dell’ammissione alla Cassa integrazione guadagni, ordinaria o straordinaria, ha dei limiti connessi con l’ampio margine di discrezionalità tecnica che caratterizza la valutazione dell’Ente previdenziale sul riconoscimento di una situazione di crisi aziendale ai sensi dell’art. 1 della legge n. 164 del 1975 e, pertanto, le scelte dell'Ente sono sindacabili soltanto se evidentemente illogiche, manifestamente incongruenti o inattendibili ovvero viziate per palesi travisamenti in fatto” (Cons. di Stato, Sez. VI, 2 maggio 2012, n. 2503).

In altri termini “in base alla normativa applicabile in tema di cassa integrazione ordinaria, l'art. 1 l. 20 maggio 1975, n. 164, attribuisce alla autorità amministrativa un potere di natura tecnico-discrezionale, volto ad accertare se effettivamente sussistono i requisiti per l'ammissione ai relativi benefici. Tali requisiti, riguardanti la contrazione o la sospensione dell'attività produttiva, sono costituiti dall'accertamento di situazioni aziendali dovute a interventi transitori (e non imputabili all'imprenditore o ai dipendenti) o di situazioni determinate da temporanee situazioni di mercato, purché ragionevolmente risulti che, entro un breve periodo, i dipendenti siano riammessi nell'attività produttiva dell'impresa (così come dispone l'art. 5, d.lgs. C.p.S. n. 869 del 1947, come richiamato dalle lettere a) e b) dell'art. 1 della legge n. 164 del 1975)” (Cons. di Stato, Sez. VI, 31 luglio 2003, n. 4420).

Orbene, nel caso di specie, gli impugnati provvedimenti di diniego dell'Inps motivano la mancata ammissione alla cassa integrazione guadagni ordinaria come segue: “in data 21/12/2009 veniva nominato il liquidatore della società e in data 04/03/2010 il Tribunale di Venezia ne dichiarava il fallimento. Quindi, al momento della domanda non vi era una previsione fondata e certa di ripresa dell'attività lavorativa”.

L'Inps, dunque, nel motivare il citato diniego in base alla considerazione che non era prevedibile, entro un breve periodo, la riammissione dei lavoratori nell'attività produttiva della società appellante, ai sensi degli artt. 1 della legge n. 164 del 1975 e 5 del d.lgs. C.p.S. n. 869 del 1947, ha evidenziato la natura non congiunturale o temporanea della crisi aziendale, crisi, peraltro, confermata, dallo stato di messa in liquidazione in cui la società appellante versava dal 21 dicembre 2009 e, cioè, da una data anteriore rispetto al periodo per il quale era stata richiesta all’appellato istituto di previdenza l’integrazione salariale.

Osserva il Collegio che tale valutazione ex ante della situazione di fatto in cui versava la società appellante, compiuta ora per allora al momento della presentazione della domanda, risulta conforme alla ratio dell’art. 1 della legge n. 164 del 1975 ed immune da gravi vizi ictu oculi rilevabili: detta valutazione, pertanto, non può essere soggetta al sindacato di legittimità del giudice amministrativo anche perché tesa al perseguimento dell’interesse pubblico volto a garantire l’erogazione di denaro pubblico per l’integrazione salariale solo in presenza della possibilità da parte dell’azienda richiedente di riprendere, in breve tempo, l’attività produttiva.

Ritiene, altresì, il Collegio che quanto precede, relativamente alla non manifesta illogicità della decisione assunta dall’Inps, risulta confermato dalla constatazione che la stessa società appellante, nel quadro F del modulo per la terza domanda di fruizione dell'integrazione stipendiale ordinaria, presentata in data 23 aprile 2010, aveva indicato come “non prevedibile” la ripresa dell’attività lavorativa e dal fatto che, prima della presentazione delle domande oggetto degli impugnati dinieghi di integrazione salariale, la società de qua era stata dichiarata, in data 4 marzo 2010, fallita.

A quanto precede non può, peraltro, opporsi, come fatto dalla società appellante, il rilievo che alle dipendenze della società Simco Tecnovering s.r.l. - affittuaria dell'azienda della società Fallimento Lorenzon Techmec System s.r.l. - siano stati assunti 42 dipendenti precedentemente impiegati dalla società appellante, con la conseguenza che la crisi societaria non sarebbe stata definibile come “irreversibile”.

La cessione dell'azienda di proprietà della società Fallimento Lorenzon Techmec System s.r.l. dimostra, infatti, contrariamente a quanto rilevato dalla stessa società, la correttezza della valutazione ex ante compiuta dall'Amministrazione competente in merito all'irreversibilità della crisi economica in cui versava la medesima società, che non poteva che comportare una ristrutturazione e riorganizzazione aziendale rientrante nell’integrazione salariale straordinaria di cui all’art. 1, n. 2 lett. b) della legge n. 164 del 1975.

Analogamente non risulta condivisibile il rilievo, prospettato dall’appellante, relativo alla mancata applicazione, nel procedimento di cui è causa, delle disposizioni di cui alle Linee guida dell’Inps, contenute nella circolare n. 130 del 2003 atteso che, per quanto precedentemente esposto, la valutazione effettuata dall’Inps ha avuto luogo ora per allora ed alcuni eventi societari richiamati (stato di liquidazione e dichiarazione di fallimento) non possono che essere considerati confermativi del giudizio prognostico effettuato dall’Ente previdenziale.

6.2. Per quanto riguarda la seconda censura, relativa al vizio di eccesso di potere riscontrabile nei provvedimenti impugnati, osserva il Collegio che detto vizio trova sostegno sostanzialmente sulle medesime doglianze già esaminate al n. 6.1..

Ne deriva che, avendo il Collegio ritenuto infondate tali doglianze, non può trovare condivisione anche il predetto vizio riscontrato dall’appellante nei provvedimenti impugnati ritenuti viceversa dal Collegio conformi alla ratio legis dell’art. 1 della legge n. 164 del 1975.

7. Per quanto sin qui esposto l'appello deve ritenersi infondato e va, pertanto, respinto

8. Il Collegio ritiene che le spese della presente fase di giudizio debbano seguire il criterio della soccombenza ed essere liquidate nella misura indicata nel dispositivo.

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