Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-03-08, n. 202402268
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 08/03/2024
N. 02268/2024REG.PROV.COLL.
N. 04513/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4513 del 2019, proposto dalle Aziende agricole Strizzolo Desireé e T R, in persona dei rispettivi omonimi titolari, rappresentate e difese dall'avvocato M A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia ed elettivamente domiciliate presso lo studio dell’avvocato A P in Roma, via Nizza, n. 59;
contro
- l’AGEA - Agenzia per le erogazioni in agricoltura e il Ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo, in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore,
rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede domiciliano per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
- la Regione Friuli Venezia Giulia, in persona del Presidente
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati Ettore Volpe e Beatrice Croppo dell’Avvocatura regionale, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia ed elettivamente domiciliata presso l’Ufficio di rappresentanza della Regione in Roma, piazza Colonna, n. 335;
nei confronti
del Consorzio Cospalat del Friuli Venezia Giulia, in persona del legale rappresentante
pro tempore,
non costituito in giudizio;
per la riforma
Visto il ricorso in appello e i relativi allegati;
Vista la costituzione in giudizio di AGEA, del Ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo e della Regione Friuli Venezia Giulia e i documenti prodotti;
Vista l’ordinanza collegiale del Consiglio di Stato, Sez. III, 3 marzo 2020 n. 1575;
Esaminate le ulteriori memorie difensive, anche di replica e le note d’udienza con gli ulteriori atti depositati in giudizio;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 novembre 2023 il Cons. Stefano Toschei e udito, per la parte appellante, l’avvocato M A. Si registra il deposito di note d’udienza a cura dell’avvocato Beatrice Croppo, per la regione appellata, con richiesta di passaggio in decisione della controversia senza la preventiva discussione, ai sensi del Protocollo d’intesa sullo svolgimento delle udienze e delle camere di consiglio “in presenza” nella fase di superamento dello stato di emergenza del 10 gennaio 2023;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Con il ricorso indicato in epigrafe le Aziende agricole Strizzolo Desireé e T R hanno proposto appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Friuli Venezia Giulia, Sez. I, 14 novembre 2018 n. 349, con la quale sono stati dichiarati in parte improcedibili e inammissibili e in parte respinti il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti (n. R.g. 435/2015) presentati dalle suddette aziende agricole al fine di ottenere l’annullamento dei seguenti atti e/o provvedimenti: (con il ricorso introduttivo) a) la comunicazione AGEA prot. n. AGEA.AGA.2015.45191 dd. 29 luglio 2015 ad oggetto “Regime quote latte – esito dei calcoli di fine periodo per le consegne 2014/2015 e contestuale comunicazione del prelievo imputato”, inviata all’Azienda agricola Strizzolo Desireè, dalla quale risulta il prelievo sulle eccedenze imputato alla predetta per le consegne di latte effettuate nel corso della campagna lattiera 1° aprile 2014/31 marzo 2015 all’acquirente latte “Cospalat del Friuli Venezia Giulia” (prelievo che risulta indicato anche nella “lista di prelievo per acquirente” inviata al medesimo acquirente latte, che pure si impugna) e i presupposti conteggi, nella parte in cui detti atti incidono nella sfera giuridica della stessa azienda agricola ricorrente;b) la comunicazione AGEA prot. n. AGEA.AGA.2015.45022 dd. 29 luglio 2015 ad oggetto “Regime quote latte – esito dei calcoli di fine periodo per le consegne 2014/2015 e contestuale comunicazione del prelievo imputato”, inviata all’Azienda agricola T R, dalla quale risulta il prelievo sulle eccedenze imputato alla predetta per le consegne di latte effettuate nel corso della campagna lattiera 1° aprile 2014/31 marzo 2015 all’acquirente latte “Cospalat del Friuli Venezia Giulia” (prelievo che risulta indicato anche nella “lista di prelievo per acquirente” inviata al medesimo acquirente latte, che pure si impugna) e i presupposti conteggi, nella parte in cui detti atti incidono nella sfera giuridica della stessa azienda agricola ricorrente;c) la comunicazione AGEA prot. n. AGEA.AGA.2015.44329 dd. 27 luglio 2015 ad oggetto “Regime quote latte – esito dei calcoli di fine periodo per le consegne 2014/2015 e contestuale comunicazione del prelievo imputato”, inviata all’acquirente latte Cospalat del Friuli Venezia Giulia e relativi allegati, dalla quale risulta la quantificazione del prelievo per il periodo 1° aprile 2014/31 marzo 2015 imputato alle aziende agricole Strizzolo Desireè e T R, produttori di latte, nella parte in cui detti atti incidono nella sfera giuridica di ciascuno dei ricorrenti;d) ogni altro atto comunque connesso, presupposto o conseguente, anche in corso di definizione al momento di notificazione del presente ricorso e sebbene non conosciuto, compresi i provvedimenti AGEA dai quali risultano le operazioni di calcolo e di imputazione del prelievo per il periodo 2014/2015, con allegati, richiamati negli atti qui impugnati, e di prot. n. AGEA.uccu.2015.5272 del 26.08.2015, con cui AGEA ha stabilito le modalità applicative dell’art. 1 del decreto legge n. 51/2015 convertito in legge n. 91/2015, nella parte in cui detti atti incidono nella sfera giuridica degli stessi ricorrenti;(con ricorso recante motivi aggiunti) e) l’intimazione di versamento della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia – direzione centrale Risorse agricole, forestali e ittiche – Area di sviluppo rurale prot. n. 44029/P del 26 settembre 2016 emessa nei confronti di Strizzolo Desireè nonché nei confronti di Cospalat del Friuli Venezia Giulia ad oggetto “Quote latte. Intimazione al versamento del prelievo supplementare dovuto e non versato per la campagna 2014/2015. Rideterminazione degli importi dovuti ai sensi dell’art. 1, comma 4-bis, 4-quinquies e 4-sexies, del decreto legge 5 maggio 2015, n. 51, convertito con modificazioni in legge 2 luglio 2015, n. 91 e successive modificazioni (legge 7 agosto 2016, n. 160)(…)”, a firma del direttore del Servizio, con la quale è stato intimato il versamento del prelievo supplementare imputato da AGEA all’azienda agricola Strizzolo Desireè nella campagna di commercializzazione 2014/2015, come rideterminato a seguito delle modifiche legislative introdotte dalla legge n. 160/2016;f) l’intimazione di versamento della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia – direzione centrale Risorse agricole, forestali e ittiche – Area di sviluppo rurale prot. n. 44413/P del 27 settembre 2016 emessa nei confronti di T R nonché nei confronti di Cospalat del Friuli Venezia Giulia ad oggetto “Quote latte. Intimazione al versamento del prelievo supplementare dovuto e non versato per la campagna 2014/2015. Rideterminazione degli importi dovuti ai sensi dell’art. 1, comma 4-bis, 4-quinquies e 4-sexies, del decreto legge 5 maggio 2015, n. 51, convertito con modificazioni in legge 2 luglio 2015, n. 91 e successive modificazioni (legge 7 agosto 2016, n. 160) (…)”, a firma del direttore del Servizio, con la quale è stato intimato il versamento del prelievo supplementare imputato da AGEA all’azienda agricola T R nella campagna di commercializzazione 2014/2015, come rideterminato a seguito delle modifiche legislative introdotte dalla legge n. 160/2016;proponendo nel contempo domanda risarcitoria.
2. – I fatti che hanno dato luogo alla presente vicenda contenziosa, tenuto conto degli atti processuali e dei documenti versati dalle parti in giudizio nel fascicolo digitale del processo e da quanto emerge dalla parte “in fatto” della sentenza di primo grado qui oggetto di appello, possono essere sintetizzati come segue:
- le aziende agricole appellanti ricordano, in via preliminare, che il contenzioso qui in esame si iscrive nel tema della limitazione in ambito europeo della commercializzazione del latte, caratterizzata nel periodo dal 1984 al 2015 dal regime di contingentamento della produzione del latte vaccino. Con detto “sistema” l’Unione europea stabilì un tetto massimo di produzione europea di latte per ogni “campagna di riferimento” (corrispondente all’arco temporale che (anda)va dall’1 aprile al 31 marzo di ogni anno), stabilendo che tale quota venisse ripartita tra gli Stati membri e prevedendo che ogni Stato membro sarebbe stato tenuto a pagare una multa, il c.d. “prelievo supplementare”, nel caso in cui, a fine campagna, la produzione di latte interna fosse risultata superiore alla quota nazionale. Per effetto del sopra descritto “sistema” era dunque imposto agli Stati membri di suddividere la quota nazionale tra i produttori di latte (c.d. QRI), di aggiornarla annualmente anche in base agli aumenti comunitari e, in caso di eccedenze produttive a livello nazionale, di recuperare il prelievo dovuto alla comunità da tutti i produttori che, superando la propria quota individuale, avevano contribuito al superamento della quota nazionale;
- le aziende agricole appellanti procedevano quindi nella elencazione delle norme eurounitarie e nazionali che disciplinavano il surriprodotto “sistema”. Per le norme UE di riferimento indicava il Regolamento (CE) n. 1788/03 del Consiglio del 29 settembre 2003 e il Regolamento (CE) n. 595/04 della Commissione del 30 marzo 2004. Per le norme nazionali la ridetta società indicava il d.l. 28 marzo 2003, n. 49, convertito, con modificazioni, in l. 30 maggio 2003, n. 119, in seguito modificato dal d.l. 24 giugno 2004, n. 157 convertito, con modificazioni, in l. 3 agosto 2004, n. 204 [normativa, quest’ultima, emanata precedentemente all’entrata in vigore del precedentemente indicato Reg. (CE) n. 4];
- ricostruendo i principali dettati normativi sia nazionali che eurounitari e dando conto dell’interpretazione offerta dalla Corte di giustizia UE circa la corretta applicazione delle norme che regolano il “sistema” qui in esame, le aziende agricole appellanti contestano l’applicazione che di dette norme ha fatto lo Stato italiano e, per esso, l’AGEA, con riferimento, in particolare, (e anzitutto) alla compatibilità dell’intero “sistema” con le norme del Trattato UE nonché, nello specifico, alla errata individuazione dei quantitativi di latte commercializzati in Italia e, conseguentemente, all’errato calcolo del prelievo supplementare dovuto dalla singola azienda (e in tal caso all’entità del dovuto richiesto con l’atto principalmente impugnato nel presente giudizio);
- in ragione di tali criticità le aziende agricole oggi appellanti proponevano ricorso al TAR per il Friuli Venezia Giulia chiedendo l’annullamento degli atti con i quali AGEA pretendeva il versamento delle quote calcolate nonché (con successivo ricorso recante motivi aggiunti) degli atti di intimazione al pagamento, accompagnando la domanda annullatoria, oltre che la domanda risarcitoria, con due richieste pregiudiziali: a) anzitutto istando per il rinvio alla Corte di Giustizia UE, ai sensi dell’art. 267 del Trattato, su alcune questioni (pregiudiziali) che riguardano la metodologia con cui il legislatore italiano ha effettuato la compensazione nazionale a partire dal periodo 2003/2004;b) e comunque, per il rinvio alla Corte Costituzionale circa l’accertamento della legittimità dell’art. 2, comma 3 d.l. 157/2004, convertito dalla l. 204/2004, in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione, nonché delle leggi nn. 468/1992, 5/1998, 118/1999, 79/2000 e 119/2003 in relazione a vari articoli della Costituzione (citati nel ricorso);
- il TAR per il Friuli Venezia Giulia, con la sentenza n. 349/2018, ha dichiarato: a) in parte improcedibile ed inammissibile il ricorso introduttivo del giudizio proposto avverso le comunicazioni AGEA del 29 luglio 2015 aventi ad oggetto “Regime delle quote latte – esito dei calcoli di fine periodo per le consegne 2014/2015 e contestuale comunicazione del prelievo imputato” inviate ai ricorrenti;b) ha dichiarato in parte inammissibile ed in parte ha respinto i motivi aggiunti proposti avverso i provvedimenti emessi dalla Regione Friuli Venezia Giulia in data 26 e 27 settembre 2017 aventi ad oggetto: “Quote latte. Intimazione di versamento del prelievo supplementare dovuto e non versato per la campagna 2014/2015. Rideterminazione degli importi dovuti ai sensi dell’art. 1, comma 4-bis, 4-quinquies e 4-sexies del d.l. n. 51/2015, conv. con modificazioni in l. 2/7/2015 n. 91”.
3. - Di detta sentenza viene oggi chiesta la riforma in appello (con conseguente annullamento degli atti impugnati in primo grado) ritenendola errata.
Dopo aver ricostruito il quadro normativo eurounitario e nazionale e aver declinato il percorso decisionale che ha condotto l’AGEA ad assumere i provvedimenti di prelievo, come quello oggetto del presente contenzioso, le aziende agricole appellanti individuano in alcuni passaggi critici (in parte riconducibili ai motivi di ricorso disattesi dal giudice di prime cure, sia con riferimento al ricorso introduttivo che con riguardo al ricorso recante motivi aggiunti) le contestazioni rivolte al metodo con il quale lo Stato italiano ha ritenuto di poter procedere, in (asserita) applicazione dell’impianto normativo eurounitario e nazionale, alla quantificazione del prelievo basato sulla riassegnazione, a fine periodo, delle quote inutilizzate, determinando, nella specie una ingiustificata disparità di trattamento tra gli allevatori che, nel periodo 2014/2015, avevano fatto registrare esuberi produttivi e che quindi erano tenuti al versamento del prelievo (in tutto 10.879): (come testualmente indicato a pag. 8 dell’atto di appello): a) “ sia con riferimento alle modalità di ripartizione, tra gli stessi, del prelievo dovuto alla UE – poiché il legislatore italiano ha tra l’altro stabilito che i produttori che avevano consegnato ad acquirenti che avevano rispettato l’obbligo (non previsto dal diritto comunitario) del versamento mensile del prelievo, godessero in via prioritaria della riassegnazione della quota nazionale consegne non utilizzata – tanto che, in base alle illegittime categorie prioritarie previste dalla normativa italiana (peraltro modificate ai sensi della L. n. 91/15 dopo la chiusura della campagna 2014/2015) il prelievo è stato imputato solo a 2.040 aziende, rispetto alle 10.879 che avevano fatto registrare superamenti di quota ”;b) “ sia con riferimento alle modalità di estinzione del debito - perché comunque queste 2.040 aziende non sono state messe in grado di poter usufruire fin dall’inizio, ossia dalla chiusura della campagna 2014/2015, della rateizzazione dell’effettivo debito, senza interessi, in tre rate annuali di pari importo, come imposto ai sensi del Regolamento di Esecuzione 517/2015/UE, dato che solo nell’agosto del 2016, dopo che AGEA aveva già inviato le comunicazioni di imputazione del prelievo, lo stato italiano ha preso atto dell’illegittimità delle precedente operazioni di quantificazione (che avevano comportato un aumento ingiustificato di oltre il 71% del prelievo), stabilendo che AGEA provvedesse a ricalcolare il quantum imputato agli allevatori, ma non ha più previsto la possibilità per gli allevatori di pagare a rate ”.
Le aziende agricole appellanti quindi, formulando comunque le richieste di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE e alla Corte costituzionale, prospettano numerosi motivi di appello che contengono specifiche contestazioni agli atti impugnati, per come già espresse nel corso del giudizio di primo grado e altrettante censure nei confronti della sentenza del TAR per il Friuli Venezia Giulia che ha ritenuto di poter respingere detti rilievi contenziosi. Tali percorsi contestativi sono, poi, stati meglio chiariti nella memoria conclusiva depositata dopo la fase di sospensione (impropria) del processo disposta con ordinanza collegiale della Sezione Terza del Consiglio di Stato 3 marzo 2020 n. 1575.
4. – Si sono costituiti nel presente giudizio di appello, con foglio di stile, l’AGEA e il Ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo. Si è costituita altresì la Regione Friuli Venezia Giulia contestando analiticamente le avverse prospettazioni e ritenendo condivisibile il percorso logico costruito che ha costituito l’ossatura della sentenza qui oggetto di appello. Conseguentemente la Regione appellata, ribadendo la correttezza e la legittimità degli atti adottati dagli uffici e oggetto di impugnazione nel primo grado del presente giudizio, chiedeva la reiezione dell’appello proposto.
Non si costituiva in giudizio, nella sede di appello, il Consorzio Cospalat del Friuli Venezia Giulia.
Terminata la fase di sospensione impropria del processo le parti costituite depositavano memorie e repliche nonché note d’udienza attraverso le quali confermavano le conclusioni già rassegnate nei precedenti atti processuali.
5. – Ad avviso del Collegio, tenuto conto delle numerose censure dedotte nella presente sede di appello dalle aziende agricole appellanti, per evidenti ragioni di economia processuale, va evidenziato come nella memoria conclusiva le appellanti hanno “selezionato” come maggiormente rilevante, ai fini della decisione, l’esame in via pregiudiziale del motivo III (rectius IV), sub B, del ricorso in appello (pagg. 26/31), vale a dire il motivo con il quale “ è stata eccepita l’illegittimità derivata degli atti impugnati per contrarietà al diritto comunitario (e segnatamente l’art. 16, Reg. (CE) 595/04, oltre che con gli artt. 75, 78, 79, 80, 81 e 84 del Reg. (CE) n. 1234/2007), della normativa interna (ed in particolare degli artt. 5 e 9, L. 119/03, e degli artt. 1 e 2, L. n. 91/15, questi ultimi introdotti a campagna finita, con illegittimo effetto retroattivo) sia sotto il profilo della violazione di legge che dell’eccesso di potere, in quanto il legislatore italiano, al fine del computo del prelievo supplementare a carico dei singoli produttori, anche per il periodo 2014/2015 (come già per i precedenti, a partire dalla campagna 2003/04), ha stabilito un criterio prioritario di riassegnazione ex art. 16, Reg. (CE) n. 595/04 non solo senza la previa consultazione della Commissione, ma anche del tutto discriminatorio, favorendo i produttori che avevano consegnato ad acquirenti che avevano rispetto l’obbligo, non previsto dal diritto comunitario, del versamento mensile del prelievo, i quali si sono visti interamente azzerare il prelievo a discapito dei produttori che avevano consegnato ad acquirenti che non avevano rispettato tale obbligo, per i quali il prelievo è stato interamente confermato ” (così il contenuto sostanziale del motivo è stato riprodotto dalle appellanti a pag. 10 della memoria conclusiva).
Il Collegio ritiene di poter aderire a tale richiesta di esame preliminare, considerato il peso specifico degli interventi giurisprudenziali che sono intervenuti nel corso del processo che assumono un puntuale e incisivo effetto sulle questioni principali sottoposte dalle appellanti con le linee contestative prospettate fin dal primo grado del giudizio, di talché si rende indispensabile affrontare fin da subito la questione sottoposta all’esame della Corte di giustizia UE che ha provocato la sospensione impropria del presente giudizio, precisando che la soluzione al presente quesito preliminare non interferisce con le decisioni in rito che hanno parzialmente interessato il processo di primo grado (cfr., sullo specifico punto, Cons. Stato, Sez. III, 14 dicembre 2022 n.10947).
Peraltro nella ordinanza collegiale sopra richiamata (3 marzo 2020 n. 1575) la Terza Sezione del Consiglio di Stato ha motivato la decisione di sospendere il processo in corso in quanto:
a) nell’appello le aziende agricole appellanti hanno, tra l’altro, riproposto le doglianze svolte nel ricorso di primo e grado e nei successivi motivi aggiunti (pag. 26 e ss. dell’atto di appello) deducendo che il legislatore italiano, imponendo il versamento mensile a carico degli acquirenti ex art. 5 l. 119/2003 e prevedendo i criteri di riassegnazione dei quantitativi di riferimento inutilizzati, avrebbe stravolto la ratio delle norme comunitarie con riferimento al calcolo e alla quantificazione del prelievo;
b) in particolare, le appellanti hanno sostenuto la contrarietà al diritto comunitario delle norme interne rappresentando l’esigenza di disporre la sospensione impropria del presente giudizio in attesa della decisione della Corte di giustizia UE sulla causa C-377/2019 Benedetti Pietro e Angelo su rinvio pregiudiziale disposto dal Consiglio di Stato, Sez. III, con ordinanza n. 2437/2019).
6. - Viene qui contestata, in particolare, la contrarietà della normativa interna con il diritto comunitario, avendo il legislatore italiano favorito una categoria di produttori non prevista dal diritto unionale, quella dei c.d. produttori in regola con i versamenti, ossia dei produttori per i quali gli acquirenti avevano ottemperato all'obbligo di versare mensilmente, in corso di campagna, il prelievo supplementare, penalizzando notevolmente tutti gli altri produttori, fra i quali gli attuali appellanti.
Ciò ha determinato, argomentano le aziende agricole appellanti anche con la memoria conclusiva, la violazione dell'art. 4 del Regolamento CE 1788/2003 (rubricato "Contributo dei produttori al prelievo dovuto"), il quale dispone che “ Il prelievo è interamente ripartito (...) tra i produttori che hanno contribuito a ciascun superamento dei quantitativi di riferimento nazionali ”. Infatti, in Italia il prelievo è stato di fatto ripartito non tra tutti i produttori che avevano contribuito al superamento, ma solo tra una parte di essi, ovvero fra i soli produttori il cui primo acquirente non aveva ottemperato agli obblighi di versamento mensile, avendo gli altri beneficiato in via "prioritaria" della compensazione per l'intero loro esubero.
Inoltre, l'art. 10, paragrafo 3, del Regolamento n. 1788/2003 (recante "Prelievo sulle consegne") recita: “ A seconda della decisione dello Stato membro, il contributo dei produttori al pagamento del prelievo dovuto è stabilito, previa riassegnazione o meno della parte inutilizzata del quantitativo di riferimento nazionale destinato alle consegne, proporzionalmente ai quantitativi di riferimento individuali a disposizione di ciascun produttore o secondo criteri obiettivi che devono essere fissati dagli stati membri, a) a livello nazionale in base al superamento del quantitativo di riferimento a disposizione di ciascun produttore (...) ”. Pertanto, proseguono gli appellanti, secondo la disciplina europea, se lo Stato membro sceglie di riassegnare le quote non utilizzate, la riassegnazione va fatta tra tutti i produttori, senza discriminazione, come già riconosciuto dalla più autorevole giurisprudenza (cfr., ad esempio, Corte giustizia U.E., sez. I, 5 maggio 2011 n. 230/09 e Cons. Stato, Sez. VI, 16 dicembre 2019 n. 8504).
Viene altresì dedotta la violazione dell'art. 16 del reg. CE 595/2004 (recante le norme di attuazione del Reg. CE 1788/2003), il quale ha stabilito le categorie prioritarie di produttori che possono essere avvantaggiati al momento della "restituzione" di cui all'art. 13 del reg. 1788/2003 e che, nella versione modificata dal Reg. 4 ottobre 2006 n. 1468, applicabile nella campagna lattiera 1 aprile 2007/31 marzo 2008 statuisce che “ gli Stati membri determinano le categorie prioritarie di produttori menzionate all'articolo 13, paragrafo 1, lettera b) del regolamento (CE) n. 1788/2003, fondandosi su uno o più dei seguenti criteri oggettivi: a) il riconoscimento ufficiale, da parte dell'autorità competente dello Stato membro, che la totalità o una parte del prelievo è stata indebitamente imputata;b) la situazione geografica dell'azienda e in primo luogo le zone di montagna (...);c) la densità massima degli animali nell'azienda, caratterizzante l'estensione della produzione zootecnica;d) il superamento del quantitativo di riferimento individuale è inferiore al 5% o a 15.000 kg, se questo valore è quello più basso;e) la riduzione del quantitativo di riferimento individuale inferiore al 50% della media nazionale del quantitativo di riferimento individuale;f) altri criteri oggettivi adottati dallo Stato membro previa consultazione della Commissione ”. Al contrario, sarebbe stato applicato un "criterio non oggettivo", per di più senza alcuna consultazione (né preventiva, né posteriore) della Commissione europea, come invece voluto dalla norma sovraordinata. Pertanto, in virtù della diretta applicabilità del citato Regolamento nell'ordinamento nazionale e del principio generale di prevalenza del diritto comunitario sul diritto nazionale confliggente, le operazioni di restituzione del prelievo in eccesso avrebbero dovuto essere effettuate dall'AGEA sulla base dei criteri di priorità contenuti nell'art. 16 del Regolamento CE 595/2004 e non già basandosi sul diverso criterio di priorità previsto dall'art. 9 l. 119/2003 e dall'art. 2 l. 204/2004.
7. – Puntualizzato quanto sopra, anche in via di premessa deduttiva, le aziende appellanti ricordano che il Consiglio di Stato, in accoglimento di analoghe censure ed istanze sollevate in altre cause relative al prelievo inflitto per il periodo lattiero 2005/2006, con ordinanza 15 aprile 2019 n. 2437, ha sottoposto all'esame della Corte di giustizia UE la valutazione della compatibilità dei sopra citati art. 9 d.l. 49/2003 (convertito in l. 119/2003) e art. 2 d.l. 157/2004 (convertito in l. 204/2004) con il diritto dell'Unione, formulando il seguente quesito: " Se, in una fattispecie quale quella descritta, l'art. 16 del regolamento CEE n. 595/2004 osti ad una previsione nazionale, quale quella di cui all'articolo 9 del decreto legge n. 49/2003 in combinato disposto con l'art. 2, comma 3, del decreto legge del 24 giugno 2004, n. 157, che ha previsto quale criterio per l'individuazione della categoria prioritaria cui restituire il prelievo indebitamente imputato, quello del regolare versamento mensile da parte dell'acquirente ”.
Detta questione coinvolge, ovviamente, la denunciata (anche dalle aziende agricole appellanti nel presente contenzioso) contrarietà della disciplina italiana del meccanismo imperniato sulla restituzione prioritaria del prelievo pagato in eccesso agli allevatori che fossero in regola con i versamenti mensili, sulla base della quale sono stati adottati tali provvedimenti, rispetto al parametro comunitario rappresentato dal Regolamento 2003/1788/CE (nella versione modificata dal Regolamento 2006/1468/CE), e dall'articolo 16 del Regolamento 2004/595/UE, nella versione ratione temporis applicabile.
Come è stato già affermato da una consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (cfr., per tutte e più di recente, Cons. Stato, Sez. III, 27 gennaio 2023 n. 994, che per sinteticità e per economia dei mezzi processuali sarà qui di seguito riprodotta per ampi stralci nel contenuto della motivazione) la ridetta anticomunitarietà della norma interna attributiva del potere (articolo 9 d.l. 28 marzo 2003, n. 49, convertito, con modificazioni, dalla l. 30 maggio 2003, n. 119, come integrato dall'articolo 2 del d.l. 24 giugno 2004, n. 157, convertito, con modificazioni, dalla l. 3 agosto 2004, n. 204,) è stata accertata dalla Corte di Giustizia dell'UE.
E invero, in relazione all'annata lattiera 2003/2004, con sentenza in data 11 settembre 2019 (in causa C-46/18), la Corte ha chiarito che una normativa nazionale (come quella italiana) che, per individuare la categoria prioritaria dei produttori cui restituire il prelievo imputato in eccesso, si basa sul regolare versamento mensile da parte dell'acquirente "non si limita a richiedere un siffatto versamento, ma stabilisce un ordine di priorità nel rimborso fondato altresì sul rispetto di una normativa nazionale disciplinante le modalità di riscossione del prelievo, incompatibile con 10 l'articolo 2, paragrafo 2, del regolamento n. 3950/92" (punto 43) ed è quindi incompatibile anche con l'art. 11, paragrafo 3, del Reg. CE n. 1788/03, il quale non prevede che gli acquirenti possano essere obbligati a versare mensilmente ed anticipatamente il prelievo.
Quindi, con sentenza della II Sezione 13 gennaio 2022, in causa C-377/19 (Benedetti), la Corte di Giustizia ha ulteriormente affermato, stavolta con riferimento a vicenda afferente l'annata lattiera 2005/2006, il principio per cui “ L'articolo 16, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 595/2004 della Commissione, del 30 marzo 2004, recante modalità d'applicazione del regolamento (CE) n. 1788/2003 del Consiglio che stabilisce un prelievo nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale per effetto della quale beneficiano in via prioritaria della restituzione del prelievo supplementare riscosso in eccesso i produttori con riferimento ai quali gli acquirenti abbiano adempiuto il loro obbligo di versamento mensile di tale prelievo ”.
È pertanto fondata la censura di violazione di legge per la incompatibilità della disciplina introdotta con l'art. 9 d.l. 49/2003, convertito nella l. 119/2003, e della disposizione dell'art. 2 d.l. 157/2004, convertito nella l. 204/2004, che richiama il detto articolo 9, con la disciplina comunitaria applicabile all'annata lattiera in esame (cfr., in questo senso, Cons. Stato, Sez. III, 10 ottobre 2022 n. 8663 e 19 maggio 2022 n. 3961).
8. – Alla luce di tutto quanto sopra si è osservato e riportato il Collegio ritiene, nondimeno, indispensabile riferire quanto segue.
I profili di contrasto della normativa italiana con il diritto europeo sono stati accertati per gradi dalla Corte di giustizia UE, fino alla campagna 2006-2007. In particolare:
- in un primo momento, la pronuncia di Corte di giustizia UE, Sez. VII, 27 giugno 2019 C-348/18 (B) ha dichiarato l’incompatibilità della compensazione nazionale ex art. 1, comma 8, d.l. 1 marzo 1999, n. 43 (convertito con modificazioni dalla l. 27 aprile 1999, n. 118) nonché ex art. 1, comma 5, d.l. 4 febbraio 2000, n. 8 (convertito con modificazioni dalla l. 7 aprile 2000, n. 79), in vigore fino alla campagna 2002-2003, con l’art. 2, par. 1, comma 2, del Reg. CEE 28 dicembre 1992, n. 3950/92;
- successivamente, con la pronuncia di Corte di giustizia UE, Sez. II, 11 settembre 2019 C-46/18 (S R), la Corte ha poi dichiarato l’incompatibilità del meccanismo di rimborso del prelievo in eccesso ex art. 9, comma 3, d.l. 28 marzo 2003, n. 49 (convertito con modificazioni dalla l. 30 maggio 2003, n. 119), in vigore a partire dalla campagna 2003-2004, con l’art. 2, par. 4, del su citato Reg. CEE 3950/92, in combinato con l’art. 9, par. 1, del Reg. CE 9 luglio 2001 n. 1392/2001.
Entrambi questi regolamenti CEE (o CE) sono rimasti in vigore fino alla campagna 2003-2004.
Il contrasto con il diritto dell’Unione riguarda: a) nel caso della compensazione nazionale, la redistribuzione delle quote inutilizzate secondo categorie prioritarie anziché in modo proporzionale;b) nel caso del rimborso del prelievo in eccesso, l’esclusione dal rimborso dei produttori che non hanno versato il prelievo.
9. - Relativamente al rimborso del prelievo in eccesso, il contrasto tra l’art. 9, comma 3, d.l. 49/2003 e il diritto dell’Unione si è ripresentato anche con il subentrante Reg. CE 29 settembre 2003, n. 1788/2003, in vigore per le campagne dal 2004-2005 al 2007-2008, in combinato con il Reg. CE 30 marzo 2004, n. 595/2004.
In effetti, vi è corrispondenza, da un lato, tra l’art. 2, par.