Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-06-20, n. 202306067

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-06-20, n. 202306067
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202306067
Data del deposito : 20 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/06/2023

N. 06067/2023REG.PROV.COLL.

N. 06595/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 6595 del 2022, proposto da
-OMISSIS- s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato M B, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Antonio Bertoloni, 26/B;

contro

Ministero della difesa, in persona del Ministro pro tempore , nonché Arsenale Militare Marittimo di Taranto - Marinarsen, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, 12, sono elettivamente domiciliati;
-OMISSIS- s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituita in giudizio;

nei confronti

Autorità Nazionale Anticorruzione - ANAC, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, 12, è elettivamente domiciliata;
-OMISSIS- s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 10549/2022, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della difesa, dell’Arsenale Militare Marittimo di Taranto - Marinarsen e dell’Autorità Nazionale Anticorruzione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 marzo 2023 il Cons. V P ed udito per le parti l’avvocato Tomaselli, in dichiarata delega dell'avvocato Brugnoletti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Risulta dagli atti che nel mese di luglio 2020 l’Arsenale Militare Marittimo di Taranto attivava una apposita indagine di mercato al fine di individuare degli operatori economici a cui affidare, tramite piattaforma MEPA, i servizi a richiesta, a quantità indeterminata, di manutenzione preventiva e correttiva ed assistenza tecnica sui motori e relativi apparati ausiliari installati a bordo delle Unità navali, mezzi minori, galleggianti e bacini galleggianti della Marina militare nella sede di Taranto, per l’importo complessivo di euro 250.000,00.

All’esito delle operazioni di gara si collocava prima in graduatoria la società -OMISSIS- s.r.l., cui veniva aggiudicata la commessa.

L’aggiudicazione, tuttavia, veniva annullata in autotutela dalla stazione appaltante con provvedimento che la -OMISSIS- impugnava dinanzi al TAR della Puglia il quale, con sentenza n. 1130 del 15 luglio 2021, respingeva il ricorso. Avverso tale decisione -OMISSIS- s.r.l. proponeva quindi appello al Consiglio di Stato.

Nel frattempo, stante l’annullamento dell’aggiudicazione la stazione appaltante si rivolgeva alla

seconda classificata -OMISSIS- s.r.l. alla quale, tra l’altro, chiedeva documentati chiarimenti in ordine alla misura cautelare che, nell’ambito di un procedimento penale in corso, risultava essere stata applicata nei confronti del suo ex amministratore unico, solo di recente cessato dalla carica.

A mezzo nota dell’8 marzo 2021, il predetto operatore economico forniva le informazioni richieste, rappresentando in particolare che:

1) in luogo dell’amministratore unico era stata creata una governance societaria attraverso un Consiglio di amministrazione i cui componenti non avevano alcun rapporto di coniugio/parentela con l’ ex amministratore destinatario di misura cautelare personale;

2) era stato adottato il codice etico ed il modello di organizzazione di cui al d.lgs. n. 231 del 2001, unitamente alla nomina del relativo organismo di vigilanza;

3) la società si era riservata di esercitare in futuro l’azione sociale di responsabilità ex art. 2393 Cod. civ.

Con nota prot. n. 8565 in data 11 marzo 2021, la stazione appaltante chiedeva ulteriori chiarimenti alla società, che a riscontro produceva una comunicazione di Confindustria Taranto a data 12 marzo 2021, nella quale si faceva presente che:

1) l’amministratore cessato non rappresentava più l’azienda dal febbraio 2020, essendo legale rappresentante un’altra persona;

2) si era provveduto ad aggiornare il sito internet di Confindustria Taranto che ancora riportava il vecchio rappresentante della -OMISSIS- s.r.l.

Inoltre la società sottolineava che il padre dell’ ex -amministratore coinvolto nel procedimento penale aveva senza indugio revocato la cessione delle quote sociali già in mano al figlio, dopo avere avuto conoscenza delle indagini penali a carico di quest’ultimo, estromettendolo altresì da qualsiasi incombenza in seno alla società ricorrente;
faceva presente, inoltre, di aver adottato il modello organizzativo ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001 e di aver dato vita ad una gestione amministrativa collegiale con la costituzione di un Consiglio di amministrazione, i cui componenti non avevano rapporti di coniugio o simili con l’ ex -amministratore, allegando altresì una comunicazione dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, datata 8 settembre 2020, che certificava “ un rating di legalità a tre stelle ”.

Con la medesima nota la ditta ricorrente evidenziava altresì che la semplice titolarità delle quote societarie in capo al genitore dell’incolpato non poteva ragionevolmente determinare l’esclusione dalla partecipazione alla gara, attese le misure di “ self-cleaning ” adottate.

All’esito dell’istruttoria la stazione appaltante si determinava (con atto n. -OMISSIS-) ad escludere la società dalla procedura per mancanza di affidabilità professionale ex art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. 50/2016, non ritenendo adeguate le misure di “ self cleaning ” dalla stessa adottate.

Avverso tale provvedimento -OMISSIS- s.r.l. ricorreva al Tribunale amministrativo della Puglia (Sezione distaccata di Lecce) che però si riteneva privo di competenza con sentenza n. 265 del 16 febbraio 2022, “ in ragione della proposta impugnativa delle Linee Guida ANAC n. 6 ”.

In data 3 marzo 2022 la società proponeva quindi ricorso in riassunzione innanzi al TAR del Lazio.

Si costituivano, con unico atto, il Ministero della difesa, l’Arsenale Militare Marittimo Taranto - Marinarsen e l’ANAC, concludendo per l’infondatezza del gravame, del quale chiedevano la reiezione. Anche la controinteressata -OMISSIS- s.r.l. si costituiva, analogamente insistendo per il rigetto dell’impugnazione.

Con sentenza 25 luglio 2022, n. 10549, il giudice adito respingeva il ricorso.

Avverso tale decisione la -OMISSIS- s.r.l. interponeva appello, deducendo i seguenti motivi di impugnazione:

1) Errores in procedendo e in iudicando. Violazione art. 34 e 134 c.p.a. Eccesso di potere giurisdizionale. Violazione e falsa applicazione dell’7EFD32A1" data-article-version-id="15a722ee-d1a5-5ab6-bfb4-0f3c2aff6b0e::LREA3FEB8AE2EC7EFD32A1::2023-03-31" href="/norms/codes/itatextdq8boepdnezj55e/articles/itaart5cpzp85gum4cas?version=15a722ee-d1a5-5ab6-bfb4-0f3c2aff6b0e::LREA3FEB8AE2EC7EFD32A1::2023-03-31">art. 80, commi 5, 7 e 8 del D.lgs. n. 50/2016. Violazione dell’art. 57, par. 6 della Direttiva UE n. 24/2014. Difetto di motivazione e di istruttoria. Eccesso di potere per difetto assoluto dei presupposti e manifesta irragionevolezza. Ingiustizia manifesta .

2) Errores in iudicando. Violazione dell’art. 80, comma 5 lett. c), d.lgs. n. 50/2016. Difetto di motivazione e di istruttoria. Ingiustizia manifesta, difetto assoluto dei presupposti. Violazione degli artt. 27, comma 2, della Costituzione e 6, comma 2, della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo .

3) Errores in iudicando. Violazione dell’art. 80, comma 5 lett. c), del D.lgs. n. 50/2016 e dell’art. 57, par. 4 della Direttiva UE n. 24/2014, con riferimento ai relativi presupposti applicativi soggettivi. Erronea ed illegittima applicazione delle Linee Guida ANAC n.

6. Difetto di motivazione e di istruttoria. Ingiustizia manifesta, difetto assoluto dei presupposti. Violazione dei generali principi di proporzionalità e trasparenza di derivazione euro-unitaria e del generale principio della natura soggettiva e personale della responsabilità (divieto della c.d. “responsabilità oggettiva”)
.

4) Errores in iudicando. Violazione e falsa applicazione dell’art. 80, comma 5, lett. c) del D.lgs. n. 50/2016 - Violazione delle Linee Guida ANAC n.

6. Difetto di motivazione e di istruttoria. Ingiustizia manifesta, difetto assoluto dei presupposti. Violazione degli artt. 27 comma 2 della Costituzione e 6 comma 2 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo
.

Proponeva quindi istanza di risarcimento danni, in forma specifica o, in subordine, per equivalente monetario.

Il Ministero della difesa, l’Arsenale Militare Marittimo di Taranto - Marinarsen e l’ANAC si costituivano in giudizio con atto di forma.

All’udienza del 16 marzo 2023 la causa veniva quindi trattenuta in decisione.

DIRITTO

Con il primo motivo di appello si contesta la presunta, errata valutazione delle misure di self cleaning contenuta nel provvedimento di esclusione, ivi ritenute meramente “formali” e dunque non indicative di una vera dissociazione, nonché la carenza di istruttoria per aver la stazione appaltante del tutto omesso di valutare ogni singola misura adottata.

In ispecie, l’amministrazione non avrebbe ritenuto idonee le misure adottate dalla società, in primis sul presupposto che la dismissione, da parte dell’Ing. -OMISSIS- ( ex -amministratore unico), di ogni carica e delle quote societarie non fosse sufficiente ad esprimere una misura di self cleaning “tangibile”, mancando “ un effettivo mutamento delle quote societarie e/o di proprietà alla data di presentazione della offerta ”, posto che in tale momento dette partecipazioni erano detenute dal padre ( recte , ri-acquisite da questi – che le aveva in precedenza donate al figlio – a seguito di revoca della donazione), i cui legami familiari col primo lasciavano presupporre che il formale passaggio dei titoli fosse in realtà solo apparente.

Anche le ulteriori misure di self cleaning (adozione di un codice etico, modello di organizzazione di cui al d.lgs. n. 231 del 2001, nomina di un nuovo organismo di vigilanza, etc.) non sarebbero state determinanti ed effettive, come testimonierebbe tra l’altro il perdurante ruolo dell’Ing. -OMISSIS- quale referente della società in seno a Confindustria.

Parte appellante contesta al primo giudice di aver “integrato” le ragioni di esclusione – come individuate dall’amministrazione nel provvedimento ab origine impugnato – con l’ulteriore considerazione per cui vi sarebbe stata una perdurante “influenza” dell’ ex -amministratore unico nelle scelte della società, “ circostanza di cui non vi è alcuna traccia nel provvedimento impugnato e che dunque tanto meno poteva essere affermata dal Giudice anche perché estranea al thema decidendum ”. In particolare, si legge in sentenza, la “ cessione delle quote sociali al padre del soggetto coinvolto nel procedimento penale appare misura fortemente sospetta e sintomatica della volontà del Sig. F.G. di mantenere il controllo societario per interposta persona, attraverso uno stretto familiare che, oltretutto, conserva il ruolo di socio unico e, dunque, di dominus dell’intero capitale sociale, come tale capace di influenzare sotto ogni profilo le vicende societarie ”.

Quindi, in una società a socio unico, pur in presenza di un organo di governance collegiale quale il Consiglio di amministrazione, quest’ultimo sarebbe stato comunque “ influenzato dalla presenza del socio unico proprietario della totalità del capitale sociale ”, da cui la mera apparenza della separazione tra gestione e proprietà, nella specie – ad avviso del TAR – elusa dalla “ titolarità di persona in rapporto di parentela stretta con il sig. F.G. ”.

La revoca da parte del padre della precedente donazione delle quote societarie al figlio, in quanto retroattiva, sarebbe stata in ogni caso idonea a “ incidere sull’attuale proprietà della società a socio unico che giuridicamente è da riferire al G.G. anche al tempo delle condotte attribuite al figlio F.G. ” così testimoniando una commistione di interessi tra i due.

Il rilievo secondo cui tali circostanze di carattere presuntivo (unitamente alla “reticenza” che la società avrebbe mostrato nel riferire il rapporto di parentela tra il precedente socio unico e l’attuale) avrebbero denotato la perdurante “influenza” dell’Ing. -OMISSIS- nelle scelte della società, rappresenterebbe, secondo l’appellante, una inammissibile integrazione della motivazione del provvedimento impugnato, tale da determinare una indebita sostituzione del giudice nelle valutazioni discrezionali dell’amministrazione procedente.

Di tale rilievo, infatti, non si farebbe menzione nel provvedimento impugnato. Il TAR non si sarebbe quindi limitato a vagliare la congruità e ragionevolezza degli argomenti posti dall’amministrazione a fondamento dell’esclusione, ma ne avrebbe aggiunti di propri mediante una valutazione di merito (ben più ampia e ben più grave di quella effettuata dalla stazione appaltante), che non gli era minimamente consentita.

Nel merito della questione controversa, poi, parte appellante rileva come – contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice – il controllo societario connesso alla qualifica di socio unico della -OMISSIS- s.r.l. fosse stato sempre detenuto non dal -OMISSIS- bensì da suo padre (almeno a decorrere dal 2009), con l’eccezione di un periodo di circa un anno (dal 2019 al marzo 2020) per effetto della ricordata cessione delle quote societarie.

Se però – come documentato da visure camerali prodotte in atti – il sig. -OMISSIS- aveva rivestito la qualità di socio e la carica di amministratore unico solamente per un anno, non sarebbe plausibile sostenere che: i) la revoca delle quote abbia rappresentato un tentativo di “ mantenere il controllo societario per interposta persona ”;
ii) vi sia stata nel tempo un’alternanza di quote sociali della -OMISSIS- tra padre e figlio, progressivamente acquisite nel corso degli anni dal figlio -OMISSIS-.

Analogamente sarebbe solamente illatorio (e contraddetto dalla storia professionale della società) l’assunto secondo cui la cessione ad uno “ stretto familiare ” – che, peraltro, “ conserva il ruolo di socio unico e, dunque, di dominus dell’intero capitale sociale, come tale capace di influenzare sotto ogni profilo le vicende societarie ” (sentenza, pag. 17) – sia fortemente sintomatica del tentativo del figlio di “mantenere” il controllo sulla società.

Infine, a fronte di una domanda di partecipazione alla gara risalente al 7 ottobre 2020, le misure di self cleaning precedentemente adottate dalla società avrebbero dovuto essere analiticamente analizzate dal TAR: se infatti il 18 febbraio 2020 veniva emessa nei confronti dell’amministratore unico della -OMISSIS- un’ordinanza di custodia cautelare, già il giorno successivo lo stesso cessava dalla relativa carica ed i poteri in precedenza detenuti venivano attribuiti al padre.

Quindi, il 21 febbraio 2020 la società comunicava la sospensione immediata del proprio ex- amministratore dall’incarico di RSPP;
seguiva la revoca della procura il 23 marzo, mentre lo stesso giorno il padre lo privava delle quote societarie sino a quel momento detenute, revocando la donazione precedentemente effettuata in suo favore.

Il 12 maggio 2020 la società deliberava l’adozione del Modello 231/2001 e nominava un Organismo di Vigilanza collegiale, dandone formale informazione e diffusione aziendale, infine ottenendo – il 30 luglio 2020 – la certificazione della conformità del proprio sistema di gestione dell’anticorruzione alla norma UNI EN ISO 37001:2016.

Essendo l’emenda intervenuta prima della partecipazione alla gara, non sarebbe dato comprendere le reali ragioni dell’esclusione.

Il motivo non può essere accolto.

Va in primo luogo smentito il preliminare assunto di parte appellante, secondo cui le motivazioni della sentenza di primo grado conterrebbero una rivalutazione “ inammissibilmente ampliativa ed additiva ” di quelle sottese al provvedimento di esclusione, essendosi il primo giudice limitato ad interpretare – come è nel suo potere fare – queste ultime, analiticamente esplicandone il contenuto.

Invero, il rilievo che anche successivamente alla “retrocessione” delle quote sociali in precedenza donategli dal padre l’ ex -amministratore unico di -OMISSIS- s.r.l. mantenesse comunque una posizione di perdurante “influenza” altro non rappresenta che la ragion stessa fondante il contestato provvedimento di esclusione dalla gara, non già un nuovo ed ulteriore momento valutativo (svolto in via autonoma dal giudice, ulteriore ed a prescindere dal contenuto del provvedimento predetto) della sua inaffidabilità come contraente della pubblica amministrazione.

Del resto, sempre nell’impugnato provvedimento di esclusione si legge chiaramente “ […] attesa la posizione del nominato in parola, come peraltro si può leggere nella pagina web della -OMISSIS- s.r.l. che indica il Sig. -OMISSIS- alla guida dell’operatore economico de quo ”, con ciò evidenziandosi la ragione fondante il provvedimento reiettivo, ossia la ritenuta perdurante influenza del -OMISSIS- nelle azioni della società.

Nel merito, va ricordato come le valutazioni della stazione appaltante circa l’affidabilità dei potenziali contraenti siano connotate da amplissima discrezionalità tecnica, sì che il potere demolitorio del giudice amministrativo nei loro confronti può essere esercitato solo laddove si sia in presenza di evidente e macroscopica illegittimità, contraddittorietà o abnormità dei giudizi.

In particolare ( ex multis , Cons. Stato, V, 8 settembre 2022, n. 7823), nelle gare pubbliche il giudizio sui gravi illeciti professionali è espressione di ampia discrezionalità da parte dell'amministrazione, cui il legislatore ha voluto riconoscere un esteso margine di apprezzamento circa la sussistenza del requisito dell'affidabilità dell'appaltatore. Ne consegue che il sindacato che il giudice amministrativo è chiamato a compiere sulle motivazioni di tale apprezzamento deve essere mantenuto sul piano della “non pretestuosità” della valutazione degli elementi di fatto compiuta (nella specie, la non manifesta abnormità, contraddittorietà o contrarietà a norme imperative di legge nella valutazione degli elementi di fatto) e non può pervenire ad evidenziare una mera non condivisibilità della valutazione stessa (Cons. Stato, V, 27 ottobre 2021, n. 7223).

Spetta dunque alla stazione appaltante, nell'esercizio di tale ampia discrezionalità, apprezzare autonomamente le pregresse vicende professionali dell'operatore economico, persino se non abbiano dato luogo ad un provvedimento di condanna in sede penale, perché essa sola può fissare il punto di rottura dell'affidamento nel pregresso o futuro contraente.

Ritiene il Collegio, ad un complessivo esame delle risultanze di causa, che nel caso di specie non ricorrano i richiamati presupposti per l’annullamento giudiziale dei provvedimenti impugnati, né le conclusioni raggiunte dal primo giudice sulle questioni controverse, in primis il recupero da parte del padre delle quote sociali precedentemente donate al figlio (la cui posizione giudiziaria è all’origine dell’esclusione dalla gara), nel dare atto della sostanziale plausibilità e ragionevolezza dell’agire amministrativo, risultano a loro volta inficiate da evidenti vizi logici o di legittimità.

In primo luogo non può dirsi palesemente incoerente il rilievo per cui la “ cessione delle quote sociali al padre del soggetto coinvolto nel procedimento penale appare misura fortemente sospetta e sintomatica della volontà del Sig. F.G. di mantenere il controllo societario per interposta persona, attraverso uno stretto familiare che, oltretutto, conserva il ruolo di socio unico e, dunque, di dominus dell’intero capitale sociale, come tale capace di influenzare sotto ogni profilo le vicende societarie ”, ben potendo rappresentare lo stretto rapporto familiare tra cedente e cessionario un indice presuntivo del tentativo (del cedente) di mantenere (sia pure per interposta persona) un ruolo di controllo all’interno della compagine societaria.

Analogamente non può dirsi manifestamente privo di fondamento logico l’assunto per cui – ancorché in una società a socio unico sia stato previsto un modello di gestione di tipo collegiale, per mezzo di un Consiglio di amministrazione – in concreto le scelte di quest’organo ben potrebbero essere influenzate (se non anche condizionate) dalla volontà del proprietario dell’intero capitale sociale, nonostante la predetta formale distinzione tra gestione e proprietà.

A tali rilievi la stazione appaltante associava, quale ulteriore elemento qualificante le precedenti considerazioni di carattere generale, la scelta della società di non esercitare alcuna azione di responsabilità ex art. 2393 Cod. civ. nei confronti dell’ ex -amministratore unico, limitandosi – nel replicare ad una precisa richiesta di chiarimenti sul punto – a riservarsi di farlo eventualmente in futuro: scelta, quest’ultima, di per sé astrattamente del tutto legittima, ma certamente idonea a fondare un ulteriore elemento presuntivo coerente con i precedenti.

Con il secondo motivo di appello viene invece contestata la presunta, pedissequa adesione dell’amministrazione al giudizio operato dal GIP di Taranto con ordinanza del 18 febbraio 2020 e successiva richiesta di rinvio a giudizio del 25 gennaio 2021, acquiescenza che – denotando l’assenza di un autonomo apprezzamento dei fatti da parte della stazione appaltante – determinerebbe l’illegittimità del provvedimento di esclusione dalla gara, facendo difetto l’imprescindibile autonoma valutazione della stazione appaltante in ordine ai fatti di natura penale e la loro incidenza sul vincolo fiduciario.

Se il primo giudice aveva escluso il vizio de quo , ritenendo che la motivazione del provvedimento impugnato fosse anche desumibile per relationem dagli elementi raccolti ed esposti nell’ordinanza del GIP di Taranto, parte appellante eccepisce che così facendo la stazione appaltante prima ed il TAR poi non avrebbero tenuto in conto che l’apprezzamento dell’amministrazione “ deve investire il comportamento (o il fatto) in sé, senza arrestarsi alla qualificazione ed al trattamento riservato in sede penale ”.

In breve, ai sensi dell’80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50 del 2016 il grave illecito professionale che giustifica l’esclusione dalla gara non coincide con la rilevanza ai fini “penali” della condotta, la quale, se anche può rappresentare un indice da cui muovere, comunque non esaurisce la valutazione cui è tenuta l’amministrazione.

Il motivo non persuade.

Si legge invero, nel provvedimento ab origine impugnato, che “ tra i reati ascritti al Sig. -OMISSIS- vi sono i reati di corruzione e turbata libertà degli incanti pubblici, correlati anche all’attività d’impresa della stessa -OMISSIS- srl e perciò condotti nell’interesse e a vantaggio della società ”, laddove “ le condotte oggetto di valutazione da parte dell’Ordinanza del GIP del Tribunale di Taranto datata 18.02.2020 e della richiesta di rinvio a giudizio datata 25.01.2021, poste in essere dal Sig. -OMISSIS- -OMISSIS-, facendo rilevare una compagine organizzativa non integra, sono sintomatiche dell’inaffidabilità professionale della predetta Società ”.

Orbene, da tali passaggi non emergono le criticità ipotizzate dall’appellante, essendosi effettivamente in presenza – come già rilevato dal primo giudice – di un’ordinaria motivazione per relationem , nella quale cioè l’obbligo di cui all’art. 3 l. n. 241 del 1990 può ritenersi assolto purché: a) sia possibile desumere le ragioni in base alle quali la volontà dell’amministrazione si è determinata;
b) l’atto indicato al quale viene fatto riferimento sia reso disponibile agli interessati;
c) non vi siano pareri richiamati che siano in contrasto con altri pareri o determinazioni rese all’interno del medesimo procedimento.

Presupposti che risultano integrati, nel caso di specie, avendo la stazione appaltante espresso il proprio giudizio di inaffidabilità del concorrente.

Con il terzo motivo di gravame viene contestato all’amministrazione di aver esteso alla -OMISSIS- s.r.l. gli effetti di una condotta posta in essere da un suo cessato soggetto apicale, id est da un soggetto che, al momento della presentazione dell’offerta, da tempo non rappresentava più la predetta società.

Il primo giudice aveva disatteso tale doglianza fondandosi sulla teoria dell’immedesimazione organica, per cui la causa ostativa ricade “ in capo ai soggetti legittimati ad agire in rappresentanza dell’ente e, quindi, ai soggetti individuati dall’articolo 80, comma 3 del Codice dei contratti pubblici ”, così da consentire “ l’imputazione all’ente delle azioni poste in essere dai propri organi nel suo interesse ”;
parte appellante, per contro, contesta la correttezza di tale conclusione, sul presupposto che non corrispondesse al vero che le condotte penalmente rilevanti erano state poste in essere da un soggetto “ legittimato ad agire in rappresentanza dell’ente ” ed “ in nome e per conto dell’ente ”, in quanto al momento della presentazione dell’offerta (ottobre 2020) l’Ing. -OMISSIS- non rivestiva più alcuna carica idonea a farlo agire in nome e per conto della -OMISSIS-, essendo cessato da ogni incarico alcuni mesi prima.

Inoltre, sotto un profilo più prettamente giuridico, la formulazione testuale dell’art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016 porterebbe a ritenere che i fatti commessi da persone fisiche possano riverberare sull’operatore economico solo in relazione alle fattispecie previste nei commi 1 e 2, non potendo invece assurgere a cause di esclusione previste dai successivi commi 4 e 5 (in particolare quest’ultimo), atteso che solo ai primi due formalmente si riferisce il successivo comma 3 (riguardante, tra le altre, la figura del socio unico persona fisica).

Neppure questo motivo è fondato.

Quanto al primo profilo di doglianza, l’art. 80, comma 3 d.lgs. n. 50 del 2016 espressamente prevede che la causa di esclusione valga anche “ nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara ”, qualora l’impresa non dimostri – circostanza che la stazione appaltante aveva però a suo tempo escluso, come rilevato in relazione ai primi due motivi di appello – la propria completa ed effettiva dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata (qui dell’ ex -socio ed amministratore unico). In ogni caso, l’ulteriore presupposto da cui muoveva l’amministrazione nel disporre l’esclusione di -OMISSIS- s.r.l. dalla gara – ossia la sostanziale continuità nella gestione dell’impresa, pur a fronte della revoca della precedente donazione della totalità delle quote sociali – tendenzialmente si presterebbe a superare concettualmente l’argomento in questione, assorbendolo.

Quanto invece al secondo profilo di censura, secondo cui le cause di esclusione di cui al quinto comma dell’art. 80 non troverebbero applicazione per gli illeciti commessi dall’amministratore unico (ovvero dal socio unico) persona fisica, il comma 3 della norma facendo testuale riferimento solo alla “ esclusione di cui ai commi 1 e 2 ”, ritiene il Collegio di dover dare continuità all’orientamento ( ex multis Cons. Stato, V, 7 settembre 2022, n. 7795) che se da un lato circoscrive l’obbligo dichiarativo al socio unico persona fisica, dall’altro riconosce che la presenza di eventuali “gravi illeciti professionali” può assumere rilevanza ai fini dell’esclusione dalla gara solamente quando gli stessi siano riferiti direttamente all’operatore economico o ai soggetti individuati dall’art. 80, comma 3, del medesimo decreto (Cons. Stato, V, 8 aprile 2019, n. 2279), tra i quali, appunto, il socio unico persona fisica (entro un anno dalla cessazione dell’incarico, giusta la precisazione di cui al comma 3).

In estrema sintesi, va respinta l’interpretazione della norma che riferisce la valutazione della stazione appaltante al solo “operatore economico” partecipante alla gara, escludendo, nel caso in cui si tratti di persona giuridica, la valutabilità di condotte riferibili alle persone fisiche che ne abbiano la rappresentanza o che rivestano posizioni di direzione o controllo.

In proposito, vanno piuttosto ribaditi i principi affermati anche dalle Linee guida dell’Anac n. 6 (adottate con delibera del 16 novembre 2016, n. 1293, ed aggiornate con successiva delibera 11 ottobre 2017, n. 1008), confermati, tra le altre, dalla sentenza di questa Sezione V, 4 giugno 2020, n. 3507.

Giova tuttavia precisare quanto segue.

Rientrano nell’ambito dei gravi illeciti professionali sia le condotte imputabili direttamente all’operatore economico persona giuridica (es. le risoluzioni contrattuali, le penali, le annotazioni nel casellario informatico) sia i comportamenti posti in essere da persone fisiche ma riferibili all’impresa, ed in particolare le condotte penalmente rilevanti, poiché altrimenti queste ultime non sarebbero mai utili per decidere dell’affidabilità dell’operatore ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), del Codice dei contratti pubblici , dato che la responsabilità penale riguarda le sole persone fisiche e non anche le imprese;
ciò che sarebbe evidentemente contrario alla logica ed alla ratio della disposizione, trattandosi di condotte a rilevanza penale che, se realizzate dagli esponenti di cui l’impresa si avvale per operare sul mercato, incidono necessariamente sulla sua affidabilità.

Siffatta interpretazione estensiva della nozione di “operatore economico” è basata, secondo le citate Linee guida, sul principio di immedesimazione organica, per il quale sono imputate all’ente le azioni poste in essere dai propri organi nel suo interesse e, tra queste, appunto, le condotte penalmente rilevanti.

La sentenza n. 3507 del 2020, richiamando il precedente della stessa Sezione V, 3 dicembre 2018, n. 6866, afferma, a sua volta, che la società può essere esclusa da una procedura di gara ex art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 per un grave illecito professionale commesso da un suo esponente, ma precisa che “ questo non tanto in virtù del principio di immedesimazione organica – destinato ad operare propriamente nell’ambito negoziale come modalità di imputazione all’ente della volontà manifestata dalla persona fisica cui ne è affidata la rappresentanza – quanto, piuttosto, per altro principio già definito del “contagio” […] ”, secondo cui “ se la persona fisica che nella compagine sociale riveste un ruolo influente per le scelte della società, anche al di là di un’investitura formale e, dunque, anche se in via di fatto, è giudicata inaffidabile per aver commesso un illecito nella pregressa attività professionale, inaffidabile può essere considerata – in virtù appunto del suo potere necessariamente condizionante le decisioni di gestione – anche la società che dirige o è in grado di orientare con le sue indicazioni ”.

Orbene, malgrado il riferimento alla nozione non strettamente giuridica, ma molto suggestiva, del “contagio”, che la sentenza illustra in alternativa a quella di immedesimazione organica, si ritiene che il giudizio di affidabilità/inaffidabilità da esprimersi da parte della stazione appaltante rinvenga il proprio fondamento comunque nel principio di immedesimazione organica.

Tale giudizio, infatti, pur non muovendo dal presupposto che la condotta penalmente rilevante posta in essere dalla persona fisica vada ascritta (anche) all’operatore giuridico in forma societaria in forza dell’immedesimazione dei suoi organi, si fonda sulla constatazione che essa sia espressione di carenza di integrità e di affidabilità di quelle persone fisiche che, per i poteri di direzione, vigilanza o controllo che conseguono ai ruoli rivestiti in ambito societario, sono in grado di compromettere l’integrità e l’affidabilità dell’operatore economico concorrente incrinando il rapporto fiduciario con la stazione appaltante.

In definitiva, è del tutto irrilevante stabilire se la condotta sanzionata in sede penale sia stata commessa dalla persona fisica per interesse proprio ovvero per avvantaggiare la società di appartenenza, quel che conta è che essa abbia avuto luogo nell’esercizio dell’attività professionale;
accertata questa condizione, quale che fosse il beneficiario del reato, l’aver riportato una condanna penale è indice di carenza di integrità e di affidabilità morale che la stazione appaltante può apprezzare per decidere se tenere in gara l’operatore economico ovvero escluderlo (così Cons. Stato, V, n. 3507 del 2020, che richiama la Corte di giustizia dell’Unione europea, 20 dicembre 2017, nella causa C-178/16 Impresa di costruzioni ing. E. Mantovani s.p.a. , par. 34: “ il diritto dell’Unione muove dalla premessa che le persone giuridiche agiscono tramite i propri rappresentanti. Il comportamento contrario alla moralità professionale di questi ultimi può quindi costituire un elemento rilevante ai fini della valutazione della moralità professionale di un’impresa ”, nonché Cons. Stato, V, 12 marzo 2019, n. 1649).

Distinguere tra la condotta riprovevole del socio persona fisica e quella integerrima della società non coglie nel segno perché, quando l’illecito professionale è portato da una condanna penale, la valutazione di inaffidabilità morale è effettuata a carico dell’ente in virtù di una fictio iuris essendo essa indirizzata, in realtà, verso coloro che ne hanno la direzione o sono capaci di orientarne le scelte (così sempre Cons. Stato, V, n. 3507 del 2020, che cita Cons. Stato, V, 28 gennaio 2019, n. 702 per la quale: “ Verificare il possesso dei requisiti di moralità in capo al socio di maggioranza in grado di condizionare le decisioni della società significa, quindi, verificare detto possesso in capo all'operatore economico concorrente ”).

Quanto sopra vale anche a superare le considerazioni di parte appellante circa l’opportunità di investire il giudice eurounitario di una questione interpretativa ex art. 267 Tfue.

Infine, con il quarto motivo di appello si ribadisce l’inidoneità di mere indagini preliminari ad integrare un “ idoneo mezzo di prova ” per ritenere interrotto il vincolo fiduciario.

La sentenza impugnata aveva rilevato che il carattere meramente esemplificativo dell’elencazione dei gravi illeciti professionali contenuta nell’art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50 del 2016 avrebbe consentito alla stazione appaltante di escludere un operatore economico anche nel caso in cui i detti illeciti fossero desumibili da un provvedimento provvisorio (quale un’ordinanza di custodia cautelare), non essendo indispensabile che fossero contenuti in una sentenza, anche non definitiva.

Per contro, l’appellante obietta che, ancorché la norma rimetta la decisione alla discrezionalità dell’amministrazione, pur sempre imporrebbe a quest’ultima di compiere una valutazione sull’affidabilità dell’operatore fondata su “ adeguati mezzi di prova ”, locuzione che escluderebbe da subito le ordinanze cautelari penali (la cui natura provvisoria osterebbe a considerarle “mezzi di prova”), come ribadito anche dal tenore letterale della predetta lett. c), riferito a chi “ si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità ”, dunque presupponendo un giudizio di piena responsabilità e colpevolezza.

Neppure questo motivo è fondato, impropriamente sovrapponendo il fatto materiale e storico (considerato dalla stazione appaltante – agli autonomi fini della valutazione di affidabilità – così come rappresentato nell’ordinanza del GIP) con la rilevanza giuridica (in ispecie, penale) degli stessi e dell’atto giudiziario che ne dia conto.

Alla luce dei rilievi che precedono, l’appello va dunque respinto.

Le spese di lite del grado di giudizio possono essere interamente compensate tra le parti, non avendo le parti appellate svolto attività difensiva in giudizio.

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