Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2009-09-24, n. 200905751

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2009-09-24, n. 200905751
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 200905751
Data del deposito : 24 settembre 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 07034/2009 REG.RIC.

N. 05751/2009 REG.DEC.

N. 07034/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 7034 del 2009, proposto da:
Ministero della Giustizia, Commissione Esami Avvocato Sess. 2007/2008 c/o Corte di Appello di Bari, Commissione Esami Avvocato Sess. 2007/2008 c/o Corte di Appello di Milano, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

R C, non costituitosi in giudizio;

per la riforma della sentenza del T.A.R. PUGLIA - BARI: SEZIONE II n. 01447/2009, resa tra le parti.

Visto il ricorso, con i relativi allegati;

Visto che non si è costituito in giudizio l’appellato;

Vista l'istanza di sospensione dell'efficacia della sentenza impugnata, contenuta nell'atto di appello;

Visti tutti gli atti di causa;

Visto l'articolo 9, comma 1, della legge 21 luglio 2000, n. 205, che consente al Collegio di decidere la causa in forma semplificata in sede di trattazione dell’istanza cautelare;

Rilevato che nella specie sussistono i presupposti per l'immediata definizione dell'affare nel merito ai sensi della citata disposizione, essendo stata in particolare accertata la completezza del contraddittorio necessaria ai fini della presente pronuncia;

Informate le parti presenti circa la possibilità di definizione del giudizio nei termini di cui sopra;

Data per letta, alla Camera di Consiglio del 25 agosto 2009, la relazione del Consigliere S C;

Udito, alla stessa Camera di Consiglio, l’avv. Antonio Grumetto dello Stato per gli appellanti;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. - La sentenza impugnata ha accolto il ricorso proposto dall’odierno appellato contro la sua mancata ammissione alle prove orali degli esami indicati in epigrafe in ragione della ritenuta violazione del disposto dell’art. 23, comma 3, del R.D. n. 37/1934 ( non emergendo dal verbale una fase di correzione distinta da quella di giudizio ), nonché in ragione della asserita intervenuta violazione dei criterii direttivi per la correzione degli elaborati, di cui al verbale n. 2 in data 20 dicembre 2007 della Commissione per l’esame di avvocato istituita presso il Ministero della Giustizia ed alla cui osservanza la Commissione si sarebbe autovincolata, “atteso che gli elaborati scritti in atti evidenziano la pressoché totale assenza di segni e indicazioni grafiche” ( pag. 8 sent. ).

L'iter logico argomentativo della indicata sentenza viene censurato dall'appellante Amministrazione della Giustizia sotto i profili della violazione e/o falsa applicazione dell'art. 3 della legge n. 241/1990 e degli artt. 17-bis e 23 del R.D. n. 37/1934, nonché della sufficienza della motivazione espressa in termini numerici.

Non si è costituito in giudizio l’appellato.

L’appello dev’essere accolto, alla stregua dell'orientamento consolidato della Sezione (v. decisioni n. 1229/09 e n. 2576/09), secondo cui la fase della correzione degli elaborati non è isolabile dalla relativa attività di giudizio e non richiede pertanto l'annotazione, né sugli elaborati stessi né nel verbale delle attività della Commissione, di particolari chiarimenti circa gli errori o le inesattezze giuridiche rilevati: ciò perché, da un lato, secondo la stessa lettera della legge ( v. penultimo comma dell’art. 23 citato ), alla lettura dei “lavori” segue l’assegnazione del punteggio, che dunque non può considerarsi diversa od ulteriore rispetto alla “correzione” di cui ai commi 1 e 3 dello stesso articolo;
e, dall’altro, detto punteggio, pacificamente, è sufficiente ad esprimere in forma sintetica il giudizio tecnico-discrezionale demandato alla Commissione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni e chiarimenti ( v., per tutte, Cons. St., IV, 17 febbraio 2009, n. 855 ).

Se è vero, poi, che tale attività è regolata dai criterii fissati dalla Commissione di cui all’art. 22 del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, agli stessi non è certo riconducibile l’invito formulato nel caso di specie dalla anzidetta Commissione “ad indicare sull’elaborato il punto o i punti che eventualmente si ritengano non conformi alle direttive sopraindicate” ( come da verbale n. 2 in data 20 dicembre 2007 ), risultando esso del tutto estraneo al momento della valutazione e del giudizio tecnico-discrezionale di competenza della sottocommissione ( che, come già detto, è sufficientemente sintetizzato dal voto numerico ) e dunque piuttosto attinente a mere operazioni materiali dell’attività della sottocommissione stessa, sì da non essere in alcun modo in grado di assumere per essa quell’efficacia vincolante riconoscibile ai criterii di valutazione propriamente detti;
e nemmeno una qualche limitazione dell'attività delle competenti sottocommissioni può derivare dal conforme verbale, successivo alla adozione dei criterii di cui si è detto, dell'assemblea dei Presidenti titolari e supplenti delle sottocommissioni medesime, atteso che solo da deliberazioni delle sottocommissioni preposte alla revisione possono scaturire autolimitazioni, nella fattispecie non individuabili, alla attività a ciascuna di esse demandata (fermo, peraltro, che, anche in caso di autolimitazione in tal senso formalmente adottata, il mero dato formale della omessa effettuazione di operazioni materiali, cui la sottocommissione si fosse autovincolata in sovrappiù rispetto alle già minuziose indicazioni procedurali dettate dal legislatore, non può in ogni caso assumere carattere invalidante quando, come accade nella situazione in esame, criterii di riferimento per la valutazione siano comunque sussistenti e non vengano comunque segnalati errori di fatto nel giudizio reso ovvero elementi di macroscopica irrazionalità dello stesso, sì che la stessa eventuale omissione non è comunque di per sé idonea, in assenza quanto meno di un sufficiente principio di prova di erroneità del giudizio, a fornire un idoneo indizio di una valutazione palesemente incongrua o comunque di un qualche possibile sviamento).

2. - Alla stregua delle suesposte considerazioni, l'appello va accolto, con conseguente rigetto, in riforma della impugnata sentenza, del ricorso proposto in primo grado.

Sussistono giusti motivi per disporre la integrale compensazione fra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

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